SANTILLANA, Giorgio Diaz (de)
– Nacque a Roma il 30 maggio 1902 da David de Santillana, illustre arabista, ed Emilia Maggiorani, attiva nel movimento per l’emancipazione femminile come dirigente del Consiglio nazionale delle donne italiane.
Studiò a Roma, dove si laureò in fisica nel 1925, con una tesi sul principio di minima azione nella dinamica relativistica. Dopo un soggiorno di studio a Parigi, nel biennio 1926-27 lavorò al dipartimento di fisica dell’Università di Milano con Aldo Pontremoli. Al 1927 risale l’inizio della decisiva collaborazione con Federigo Enriques, sotto la cui guida tenne all’Università di Roma, tra il 1929 e il 1932, corsi di storia del pensiero scientifico, soffermandosi in particolare sui problemi della scienza antica. Alla ricostruzione delle concezioni naturalistiche dell’antichità è dedicato il volume che Enriques e Santillana pubblicarono nel 1932: Storia del pensiero scientifico, I, Il mondo antico.
In linea con i convincimenti e con l’iniziativa culturale di Enriques, il contributo sottolineava il valore del «reale sviluppo delle idee» (p. 4) ai fini di una adeguata comprensione del significato della scienza, rilevando la sostanziale «continuità dello sviluppo scientifico dai tempi antichi ai moderni» (p. 7). Così, la recente affermazione della relatività einsteniana ha «rimesso in discussione i grandi problemi del passato: spazio, materia, tempo, moto», a dimostrazione di come i concetti della scienza antica abbiano «influito ed influiscano ancora sul nostro pensiero» (p. 7). La dimensione storica ha quindi una valenza immediatamente epistemologica e serve a correggere le rigidità e l’unilateralità dell’analisi logica delle teorie e a penetrare con maggiore acutezza e precisione la reale natura dell’impresa scientifica.
Il contributo sulla scienza antica doveva, negli intenti degli autori, rappresentare il primo capitolo di una ricostruzione integrale della storia del pensiero scientifico. Il progetto non si realizzò secondo il disegno originario, ma solo in epitome, attraverso il Compendio di storia del pensiero scientifico dall’antichità fino ai tempi moderni (1936).
Nel 1935 Santillana tornò a Parigi per una serie di lezioni alla Sorbona, seguite da alcuni seminari a Bruxelles e a Pontigny. Il 6 aprile 1936 si imbarcò a Cherbourg sul transatlantico Aquitania raggiungendo New York il 14 aprile.
Come si desume da una breve nota autobiografica pubblicata sul Middlebury College Bulletin (marzo 1938), nel biennio 1936-37 Santillana insegnò presso la New school for social research di New York, tenendo anche diverse conferenze in Università (Columbia, Chicago, Iowa) e colleges americani (Vassar, Smith e Swarthmore).
Nel primo semestre del 1938 era nel Vermont, per insegnare italiano presso il Middlebury College mentre, tra il 1937 e il 1939, a varie riprese, fu visiting lecturer a Harvard. Dopo un breve soggiorno in Europa nell’estate del 1939, Santillana ottenne, nel 1941, una posizione come assistant professor presso il Massachusetts Institute of technology (MIT) dove svolse tutta la carriera, passando al ruolo di associate (1948) e poi di full professor (1954). Cessò l’attività didattica nel 1967, ricevendo il prestigioso titolo di emeritus. Il MIT lo salutò con un convegno (2 maggio 1967) tenutosi presso la Hayden Library Lounge, cui parteciparono, tra gli altri, Jerome B. Wiesner, Noam Chomsky, Bernhard Cohen, Jerome Y. Lettvin, Everett Mendelson, Cyril Stanley Smith, e in cui vennero ricordate le sue apprezzate qualità di «goliard, umanista, historian and philosopher» (MIT Bulletin, Report of the president. 1967, Cambridge, Mass., 1967, p. 283).
Durante gli anni della guerra, Santillana lavorò al periodico dell’esercito americano Stars and stripes, e collaborò in seguito a The Atlantic, The Commonweal, The New Republic, Harper’s Magazine. L’interesse per la politica internazionale lo aveva già condotto a pubblicare, nel 1938, un volume su La Cina e i problemi dell’Asia centrale, accurata analisi dei problemi dell’area che l’autore definiva «la prima sull’argomento nella letteratura internazionale» (p. 5). Nel dopoguerra studiò la situazione dell’Africa ‘nera’, soggiornando in Kenia e in Congo (cfr. The Tech, 13 novembre 1953). Di questioni politiche e sociali scrisse anche su riviste italiane. Risalgono agli anni Cinquanta l’appassionato ricordo di Gaetano Salvemini (in Controcorrente, 1958, n. 5, pp. 13-19), diversi interventi su Tempo presente e l’opuscolo, pubblicato dalla Associazione italiana per la libertà della cultura, Italia e USA: il rovescio della medaglia (1955).
Acquisita la cittadinanza americana (26 marzo 1945), Santillana sposò nel marzo del 1948 Dorothy Hancock Tilton (1904-1980), con cui visse fino alla morte in un’ampia casa a Beverly (Mass.). Si trattava del terzo matrimonio. Il 27 ottobre 1927, a Utrecht, era infatti già convolato a nozze con Anne Jonkman (1899-1954), da cui, il 16 marzo 1931, nacque Ludovico. Nel marzo del 1938 aveva sposato a Cumberland (Rhode Island) una certa Constance (si ignora il cognome), nata a Bristol nel 1904 e che, il 16 novembre 1939, gli diede il figlio Gerald.
Fin dai primi anni del suo soggiorno al MIT Santillana si legò a un gruppo di studiosi che stavano cambiando radicalmente il campo delle scienze cognitive: Warren McCulloch, Jerome Lettvin, Walter Pitts, Norbert Wiener. Con quest’ultimo e con il politologo Karl Deutsch pubblicò sulla popolare rivista Life un articolo volto a illustrare un piano per difendere le città americane da un attacco atomico (How U.S. cities can prepare for atomic war, in Life, 18 dicembre 1950, pp. 76-88). I suoi interessi continuavano tuttavia a vertere prioritariamente sul terreno professionale della storia e della filosofia della scienza. Nel 1941, insieme a Edgar Zilsel, diede alle stampe un contributo per la International encyclopedia of unified science, intitolato The development of rationalism and empiricism. Il saggio era diviso in due parti; Santillana era autore della prima (Aspects of scientific rationalism in the Nineteenth century), dedicata all’esame degli sviluppi del ‘razionalismo’ nella scienza ottocentesca.
Lo studioso precisava di non riferirsi all’omonima corrente filosofica, ma all’idea dominante tra gli scienziati di un ordine unico e necessario del mondo che «può esprimersi nella semplice, logica certezza di Parmenide e Wittgenstein: quel che accade è pensabile» (p. 1). Richiamandosi a Émile Meyerson, Santillana scorgeva nella nozione di ‘unità’ il cardine epistemologico del razionalismo scientifico ed evidenziava il problematico rapporto tra questo fondamento metafisico e la concreta difformità del molteplice empirico: «La scienza – sosteneva – è un sistema di simboli ben definito e articolato. Tuttavia il simbolo ultimo, quello di ‘unità’, manca di un corrispettivo referenziale» (p. 51).
Tra gli autori citati per esemplificare il concetto di ‘razionalismo’ vi era anche Galileo. E proprio alla figura dello scienziato toscano Santillana dedicò alcuni dei suoi più rilevanti studi, a partire dal volume del 1955 The crime of Galileo, in cui riesaminava dettagliatamente le circostanze del processo del 1633. L’opera doveva inizialmente costituire una premessa alla revisione della classica traduzione inglese del Dialogo sopra i due massimi sistemi di Thomas Salusbury (1661), che Santillana pubblicò nel 1953. Il progetto originario si trasformò in un corposo studio a sé stante, che analizzava minutamente gli snodi del dramma processuale di Galileo.
La vicenda inquisitoriale galileiana assume un carattere emblematico dell’affermazione della modernità, della rottura del vincolo religioso nel segno di un ‘rifiuto’, che «investe tutto il mondo post-galileiano, dalla filosofia scientifica al liberalismo» (The crime of Galileo, 1955, trad. it. 1960, p. 24). Le implicazioni della condanna andarono, a giudizio di Santillana, ben oltre le intenzioni del suo sfortunato protagonista: Galileo – si legge nell’Introduzione all’edizione italiana – era «il figlio del Rinascimento che porta in sé a cielo aperto le speranze e le contraddizioni del passato, colui che cerca di salvare la tradizione filosofica rinsaldandola sul vero, di contro a quelli che ciecamente danno mano a scalzarla. Furono l’accecamento e il fanatismo dei suoi avversari a fare di lui il punto di partenza del pensiero secolare, non la sua volontà» (p. 25).
Nel 1961 Santillana tornò alla scienza antica pubblicando The origins of scientific thought. From Anaximander to Proclus. Nel prologo illustrava le linee guida di un programma di ricerca attinente alla stretta relazione che, nel più remoto passato, avrebbe legato lo studio dei cieli al «vasto materiale protostorico di miti e di leggende di dei ed eroi» (trad. it. 1966, p. 17).
Espressione di un «linguaggio tecnico di tuttora ignoti astronomi arcaici» (p. 17), le narrazioni mitologiche servirebbero a trasmettere alle generazioni successive (in «una specie di cifrario di cui ora si comincia ad avere la chiave» p. 19) le istruzioni per comprendere i moti celesti. Le conoscenze affidate a questi racconti immaginifici sono tuttavia sofisticate e recano testimonianza di «antiche civiltà altamente sviluppate» (p. 15), cui si deve l’elaborazione del senso più vero del discorso scientifico: «È l’osservazione dei moti celesti che ha stimolato l’uomo a ricercare gli invarianti impersonali che si celano dietro gli avvenimenti. Tutto sommato è questo il significato della scienza» (p. 17).
Negli anni seguenti Santillana perseguì tenacemente il progetto di studiare il contenuto astronomico dell’immaginario mitologico. In una conferenza tenuta a Torino il 29 marzo 1963 sul tema Fato antico e fato moderno – una lezione che esercitò una forte influenza su Italo Calvino (cfr. Bucciantini, 2007) – espresse con decisione il convincimento che «i cosiddetti miti storici si rivelano all’analisi costruzioni astronomiche» (Reflections on men and ideas, 1968; trad. it. 1985, p. 17). Nel rappresentare, pur in modi enigmatici e fantastici, la «regolarità della macchina cosmica», le antiche saghe e leggende esprimevano una «visione dell’universo come un ordine rigoroso, dominata da una Necessità assoluta di natura matematica» (p. 15).
La ricerca di Santillana si avvalse, a partire dagli inizi degli anni Sessanta, della collaborazione dell’etnologa tedesca Hertha von Dechend, allieva di Leo Frobenius e studiosa delle cosmogonie primitive. Santillana la conobbe a Francoforte nel 1958 e la invitò al MIT, dove tenne seminari e corsi dal 1960 al 1969. Già in una relazione a un convegno a Oxford nel 1961 (On forgotten sources in the history of science, in Scientific change: historical studies in the intellectual, social and technical conditions for scientific discovery and technical invention, from antiquity to the present. Symposium on the history of science..., Oxford... 1961, a cura di A.C. Crombie, London 1963, pp. 813-828, 876-878), lo studioso riconosceva il debito intellettuale nei confronti della sua collaboratrice. Risale a questo periodo il disegno di elaborare una vasta ricostruzione comparativa dei materiali mitologici di significato astronomico. Prese così forma l’opera che i due pubblicarono nel 1969, Hamlet’s mill, un libro affascinante e controverso, che ebbe vasta eco e suscitò molte reazioni critiche.
Il mulino di Amleto si riferisce a «quel gigantesco orologio che forma il cosmo arcaico» e che è stato appunto interpretato in diverse narrazioni mitologiche come «un mulino che macina il tempo» (1969; trad. it. 1983, p. 16). Fin dalla più remota antichità gli uomini conoscevano il fenomeno della precessione degli equinozi ed erano in grado di computare «l’irresistibile moto circolare del tempo» (p. 84) scandito dai rivolgimenti celesti. Il volume esamina un gran numero di racconti di significato astronomico presenti in varie civiltà ed epoche, nella convinzione di una indissolubile continuità tra mito e scienza fondata sulla «ricerca della struttura invariabile del numero sotto le molteplici apparenze» (p. 87).
Alla fine degli anni Sessanta Santillana cominciò a soffrire di persistenti vertigini. Erano le avvisaglie di una malattia che ne intaccò progressivamente la capacità di parola e di movimento. Morì nella sua casa di Beverly l’8 giugno 1974.
Opere. Storia del pensiero scientifico, I, Il mondo antico, Milano 1932 (con F. Enriques); Compendio di storia del pensiero scientifico dall’antichità fino ai tempi moderni, Bologna 1936 (con F. Enriques, trad. fr. in 6 fascicoli, Paris 1936-1939); La Cina e i problemi dell’Asia centrale, Messina 1938; The development of rationalism and empiricism, Chicago 1941 (con E. Zilsel); Lights and shadows on the philosophy of science, Boston 1954; The crime of Galileo, Chicago 1955 (trad. it. Milano 1960); The age of adventure. The Renaissance philosophers, Boston 1956; Aristotle and science. A critical controversy, Boston 1959 (con H.A.T.O. Reiche); The origins of scientific thought. From Anaximander to Proclus, Chicago 1961 (trad. it. Firenze 1966); Reflections on men and ideas, Cambridge (Mass.) 1968 (trad. it. parziale, Fato antico e fato moderno, Milano 1985); Hamlet’s mill. An essay on the frame of time, Boston 1969 (con H. von Dechend; trad. it. Milano 1983, ed. ampliata 2000).
Fonti e Bibl.: Le carte di Santillana furono donate dalla famiglia agli archivi del MIT (cfr. MIT Bulletin. Report of the president. 1977-78, Cambridge 1978, p. 86; MIT Bulletin. Report of the president. 1981-82, Cambridge 1982, p. 73). Sempre negli archivi del MIT, nel fondo Norbert Wiener Papers (cartt. 71, 81, 83, 84, 133, 135, 156, 275) sono presenti lettere di Santillana a Wiener. Il George Sarton Papers Archive, Houghton Library, Harvard conserva 21 missive (dal 1936 al 1954) di Santillana più 4 a lui indirizzate (1944-1948). Nella stessa biblioteca, ci sono lettere di Santillana (1929-1941) nel carteggio di Nancy Cox-McCormack e presso il fondo Gaetano Salvemini Papers. Diverse lettere a quest’ultimo si trovano inoltre presso l’Archivio Salvemini, Istituto storico della Resistenza in Toscana, Firenze, dove si trova anche il Fondo Michele Cantarella, che contiene altra corrispondenza di Santillana. Ulteriore documentazione epistolare può reperirsi presso le seguenti istituzioni: Austin, Harry Ransom Humanities Research Center, Guy Davenport’s Papers; The University of Texas, Arthur Livingston Papers; Chicago, The Newberry Library, James M. Barker Papers (box 11, folder 252); New York, The New York Public Library, Emergency committee in aid of displaced foreign scholars records (1927-1949); Washington, Library of Congress, Archibald MacLeish Archive (box 20).
N. Sivin, Éloge. G. D. de S., in Isis, 1976, vol. 67, n. 3, pp. 439-443; G.D. Thompson, Critics and criticisms of Hamlet’s mill, 2004-2017, http://members.westnet.com.au/gary-david-thompson/page 9j.html (6 settembre 2017); E. Giannetto, Saggi di storia del pensiero scientifico, Bergamo 2005, pp. 27-36 e passim; M. Bucciantini, Italo Calvino e la scienza, Roma 2007, pp. 65-86; D. Scarpa, Torino, 29 marzo 1963. L’esordio dell’iperstoria, in Atlante della letteratura italiana, a cura di S. Luzzatto - G. Pedullà, III, Dal romanticismo a oggi, a cura di D. Scarpa, Torino 2012, pp. 842-848.