DORIA, Giorgio
Nacque a Genova il 5 gennaio 1800 dal marchese Ambrogio. Compiuti gli studî a La Flèche in Francia, tornò in patria e sposò il 5 novembre 1823 Teresa Durazzo, donna di vasta cultura e di sentimenti liberali, che ebbe grande importanza nel diffondere la cultura popolare come base di miglioramento civile e nel mantenere vivi i sentimenti di patria e di libertà; e partecipò anche con aperte manifestazioni alla tradizionale avversione della nobiltà genovese per la monarchia del Piemonte, finché fu attratta anch'essa nell'orbita della politica riformatrice di Carlo Alberto. Un'identica evoluzione si compie nel marchese Giorgio, mazziniano, compromesso nel 1833, sorvegliato anche di poi e infine capo del partito moderato riformatore. La sua importanza si afferma durante il congresso scientifico del 1846, quando nel suo palazzo di Via Nuova convengono patrioti e scienziati di tutta Italia, e si accresce continuamente fino al 1848, poiché in quegli anni egli si fa iniziatore, centro e moderatore del movimento politico locale. Giobertiano e riformista, timoroso degli eccessi ma aspirante alle interne franchigie e all'indipendenza nazionale, designato dall'autorità del nome e dalla posizione personale ai posti di maggiore responsabilità, il D. si trova alla testa del Comitato dell'ordine che si costituisce nel settembre del 1847 per dirigere e disciplinare il movimento politico che porta alle riforme e alla costituzione e nel quale Genova ha avuto una funzione propulsiva d'importanza capitale.
In immediato contatto con le autorità locali, coi ministri, con lo stesso sovrano, il D. dirige con tatto e abilità quel movimento che mira a spingere sempre più Carlo Alberto sulla via delle riforme sotto la pressione popolare, senza che questa trasmodi, e conserva l'apparenza di guida anche quando in realtà è trascinato dai più accesi, capitanati da Nino Bixio e Goffredo Mameli. Organizzatore della Guardia civica, alla prima notizia della rivoluzione di Milano parte con seicento volontarî. Nominato senatore, torna a Genova nell'aprile e nel Circolo nazionale, derivazione dell'antico Comitato dell'ordine, fa ancora opera di saggezza e di moderazione, ma ormai nel tumultuoso succedersi degli avvenimenti e nella delusione recata dalla guerra si inaspriscono i dissidî e prevalgono i più accesi elementi, preparando la torbida situazione che porta alla dolorosa rivolta del 1849.
Il D., per un breve periodo commissario straordinario, non avendo poteri sufficienti e vedendosi sorpassato dagli elementi più avanzati, si dimette con una franca lettera a Carlo Alberto, e rivolge la sua attenzione ai lavori parlamentari, ai quali partecipa assiduamente, come a quelli del comune e della provincia negli anni successivi, ma ormai in posizione secondaria. Morì nel 1877.
Bibl.: G. Gallo, L'opera di G. D. a Genova negli albori della libertà, Genova 1927; A. Codignola, Goffredo Mameli, I, Venezia 1927.