DORIA, Giorgio
Nacque a Genova il 4 dic. 1708 dal marchese Andrea e da Livia Maria Centurione. Fu inviato a studiare a Roma nel collegio Clementino insieme col cugino Carlo Spinola. Terminò i suoi studi alla Sapienza di Roma conseguendo il dottorato in utroque iure. Divenne referendario di entrambe le Segnature.
La sua carriera ecclesiastica si svolse sotto la protezione della famiglia Spinola e del cardinale Sinibaldo Doria, da alcuni ritenuto erroneamente suo fratello, maestro di Camera di Innocenzo XIII e Clemente XII. In particolare Giambattista Spinola, cardinale di S. Cesareo, lo volle con sé quale vicelegato di Bologna (1736-1737).
A Bologna il D. fu nominato nel giugno del 1737 "commissario della fissazione de' confini" fra lo Stato della Chiesa e la Repubblica veneta e si guadagnò la fama di protettore della scienza e delle arti. Nel frattempo fu nominato governatore di Ascoli (8 febbr. 1737), ma non vi si recò stabilmente prima dell'aprile 1738, quando fu sostituito da Girolamo Spinola quale vicelegato di Bologna.
Il 20 ott. 1740 moriva l'imperatore Carlo VI d'Asburgo. L'elezione del nuovo imperatore rischiava di sconvolgere gli equilibri europei e creava grandi tensioni fra gli Stati cattolici. Erano infatti in conflitto la casa d'Austria, Carlo Alberto, principe elettore di Baviera, ed Elisabetta Farnese, regina di Spagna.
Nel novembre il cardinale S. Valenti Gonzaga propose il D. quale nunzio straordinario alla Dieta elettorale di Francoforte. In meno di un mese (13 novembre-9 dicembre) il D. fu ordinato sacerdote e divenne arcivescovo di Calcedonia, "procurator Sedis Apostolicae" e nunzio straordinario con pieni poteri di "legatus a latere". Le sue istruzioni erano di mediare fra Baviera e Austria, trattare con riguardo i protestanti, non irritare la Francia e difendere la posizione della Chiesa.
Il 31 dic. 1740 il D. era a Genova, il 4 genn. 1741 a Milano, il 14 a Trento, il 23 a Mörsburg, ai primi di febbraio a Bamberga e infine il 14 a Francoforte. Il lungo percorso gli permise di informarsi meglio sulla situazione grazie a una serie di incontri più o meno segreti e all'aiuto della diplomazia genovese. Il quadro generale era ben peggiore di quanto ci si fosse aspettati a Roma: le tensioni fra gli Stati cattolici non sembravano appianabili. Il D. avrebbe dovuto cautamente appoggiare la candidatura imperiale di Francesco Stefano di Lorena, sposo di Maria Teresa d'Austria e granduca di Toscana, ma in questo incontrò l'acerrima opposizione di Baviera, Spagna e Francia (quest'ultima protestò anche ufficialmente presso il nunzio in Francia).
Con il sostegno degli elettori di Treviri e Magonza e dei nunzi a Vienna e Venezia e in costante corrispondenza con i nunzi di Francia e Polonia, il D. incontrò gli inviati dei vari Stati e viaggiò per la Germania, rimanendo tuttavia in sostanza estraneo ai colloqui e alle conferenze più importanti. Aveva deciso infatti di non mettersi troppo in vista, se non per affermare "la piena e totale indifferenza" della S. Sede per la scelta del nuovo imperatore, purché fosse un difensore della fede cattolica. Il papa aveva riconosciuto nel dicembre 1740 il diritto ereditario di Maria Teresa, ma non voleva sostenerlo apertamente contro Francia e Spagna, proprio quando la Prussia aveva dato avvio alla guerra di successione invadendo la Slesia.
A maggio il cardinal Valenti Gonzaga iniziava a lamentarsi con il D. della lentezza dell'elezione, ma i mesi successivi dettero corpo alle previsioni più pessimistiche del nunzio. Da giugno iniziarono a circolare voci su un'alleanza antiaustriaca di Francia e Baviera: alla fine dell'estate Carlo Alberto di Baviera invadeva l'Austria nonostante un disperato tentativo del D. di distoglierlo da tal passo. Dopo essersi assicurata alcune basi sul Danubio, l'armata franco-bavarese puntava sulla Boemia e qui Carlo Alberto fu incoronato re il 26nov. 1741. Contemporaneamente le armate prussiane calavano dalla Slesia in Moravia.Il D. si convinse.e convinse Roma della ormai certa vittoria di Carlo Alberto. Già il 5 settembre aveva avuto a Monaco un colloquio con costui, che gli aveva espresso "singolare Pietà, Divozione ed Obbedienza verso la S. Sede" (Arch. segr. Vaticano, Segr. di Stato. Nunziatura di Germania 557, ff. 344-345): era quindi l'unica speranza contro "i nemici della religione". Nell'ottobre il D. appoggiava ormai apertamente l'elettore di Baviera, che si era guadagnato i voti degli elettori di Treviri, Sassonia (Augusto, re di Polonia) e Hannover (Giorgio II d'Inghilterra), nonphé quello dell'arcivescovo Clemente Augusto, suo fratello, elettore di Colonia.
Alla fine del 1741 fu dichiarata aperta la Dieta e il 24 genn. 1742 l'elettore di Baviera divenne l'imperatore Carlo VII. Il D. e il cardinale Valenti Gonzaga esultavano: la capitolazione della Dieta aveva rispettato la posizione dei cattolici e si poteva sperare nella pace. Senonché l'Austria passò al contrattacco: la Baviera fu invasa e Monaco conquistata. L'imperatore era impotente, mentre Prussia e Sassonia si accordavano con l'Austria, sia pure temporaneamente. Già ad aprile il D. si rese conto dello sbaglio commesso nel sostenere l'attuale imperatore e dell'improbabilità di una pace fra Austria e Baviera.
All'imperatore restava l'appoggio della Francia, ma l'Olanda e l'Inghilterra propendevano per l'Austria, che nel settembre poneva l'assedio a Praga. Nel novembre l'Inghilterra si adoperava per negoziare la pace tanto attesa dalla S. Sede, che vedeva ormai i suoi territori coinvolti nello scontro fra truppe spagnole ed austriache. Le proposte inglesi dovevano, pero, avere un seguito inatteso: Federico II di Prussia propose che, per indennizzare l'imperatore, fossero secolarizzati i vescovati di Salisburgo, Passavia, Frisinga, Ratisbona, Eichstätt, Augusta. Il D. fu messo al corrente di questo progetto da mons. C. Paolucci, nunzio apostolico a Vienna, nel dicembre 1742.
Il D. e il cardinale Valenti Gonzaga ritennero che si trattasse di una manovra anticattolica, ispirata dall'Inghilterra, della quale l'imperatore fosse all'oscuro. Fra il gennaio e il marzo 1743 il D. incontrò almeno tre volte Carlo VII e si rese conto invece che questi era favorevole al progetto e convinto che l'opposizione ad esso fosse solo del nunzio e non della S. Sede. Fortunatamente per il D., che era stato a un passo dall'essere sconfessato dal papa, la diplomazia austriaca si servì del progetto per accusare l'imperatore e Roma. Il clamore fu tale che il papa dovette scrivere personalmente all'imperatore il 4 marzo 1743, costringendolo a recedere (ma il progetto doveva riapparire più volte prima della morte di Carlo VII).
Nel frattempo la corte imperiale era minacciata sempre più da vicino dalle truppe austriache: iniziò per il D. una mal sofferta peregrinazione per la Germania. A luglio, ormai sfiduciato, scriveva che non restava altro se non una guerra più sanguinosa del solito o una pace peggiore della guerra. Nell'estate seppe di essere prossimo al termine della sua nunziatura e iniziò a preoccuparsi della situazione italiana (devastazioni di guerra ed epidemie) più di quella tedesca. Mentre preparava il terreno al suo successore, tentò di servire da tramite fra la S. Sede e il conte di Montijo, inviato spagnolo. Il 24 settembre gli fu annunciata la nomina cardinalizia (9 sett. 1743), presto seguita da quella a legato di Bologna. A ottobre e novembre, interesse principale del D. fu la preparazione del suo rientro: il 24 dicembre era infine in viaggio e il 12 genn. 1744 si avvicinava a Brescia, per dirigersi a Milano e quindi a Genova, dove si fermava nel febbraio a casa del marchese, suo fratello.
Alla legazione di Bologna il D. rimase per dieci anni (1744-1754) e fu anche rettore dello Studio sino al 1751. Appena tornato in Italia dovette affrontare il problema dell'acquartieramento delle truppe austriache. In particolare dovette convincere gli Austriaci a concentrarsi in alcune fortezze senza disperdersi presso i contadini del Bolognese e della Romagna.
La situazione era resa più pesante dalla presenza delle truppe napoletane e dal problema dei disertori, da una lunga epidemia bovina e dagli scarsi raccolti. La crisi economica provocò l'aumento dei delitti: furono dati al D. poteri particolari per combattere la falsificazione di cedole del Monte di pietà di Roma (1746-1747), la "tosatura" (1746) e la falsificazione di monete (1750). Dopo il 1750 l'attività del D. si ridusse e pochi furono i fatti di rilievo: il dibattito sulla costruzione di una nuova strada tra Firenze e Bologna, la promulgazione di leggi per l'incremento del pubblico erario.
Il 18 sett. 1754 il D. fu richiamato a Roma, dove fu preposto alla congregazione del Buon Governo e designato quale protettore dei romitani di S. Agostino (dei quali già si interessava almeno dal 1748) e dell'Impero. Fu anche ascritto alle congregazioni dei Riti, del Concilio, della Propaganda e della Consulta. Alla morte di Benedetto XIV partecipò al conclave, che elesse Clemente XIII, del quale il D. fu un sostenitore autorevole.
Morì il 30 genn. 1759, poco dopo il conclave e venne sepolto a Roma in S. Cecilia.
Il D. ha avuto scarsissima fortuna storiografica e pochissimi hanno utilizzato l'ingente documentazione rimastaci dei suoi anni come nunzio e legato. Soltanto recentemente si è iniziato a studiare i suoi provvedimenti per il risanamento dell'Erario bolognese e la convergenza di questi con le proposte di riforma del governo di Bologna formulate dall'ala più avanzata del Senato bolognese.
Fonti e Bibl.: L'epistolario familiare del D. si trova nell'Archivio Doria Pamphili in Roma: scaffale 79 (buste 84 e 86, int. 2, 3, e 6) e 80 (buste 1; 10, int. 2; 11; 12, int. 1; 14, int. 1 e 5; 15, int. 1 e 2). Dati sul periodo precedente alla nunziatura sono in Arch. segr. Vaticano, Processus Datariae 117. Le lettere e le istruzioni di e per il D., nunzio alla Dieta di Francoforte e quindi presso Carlo VII, si trovano Ibid., Segr. di Stato. Nunziatura di Germania 553-554, 557-574, 594, 643, 710, 783. Le lettere e le istruzioni della vicelegazione e della legazione di Bologna si trovano Ibid., Legazione di Bologna 101-102, 105-111, 205-207, 245-246, e cit., nell'Archivio Doria Pamphili, l'Archiviolo, buste 1-37. Per l'attività degli ultimi anni si veda Ibid., buste 40-57 (congregazione del Buon Governo), 58-59 (congregazione del Concilio) e 60-65 (congregazione della Consulta). Cfr. inoltre E. Bolognini, Memorie dell'antico e presente stato delle paludi pontine, Roma 1759, p. 35; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese... diRoma..., II, Roma 1873, p. 42; E. de Heeckeren, Correspondance de Benoît XIV, I, Paris 1912, pp. 20, 30; E. Viviani della Robbia, Bernardo Tanucci e il suo più importante carteggio, II, Firenze 1942, p. 52; L. Cardella, Memorie storiche dei cardinalidiS. R. C., IX, Roma 1797, pp. 12 s.; C. Malagola, Irettori dell'antico Studio e della moderna Università di Bologna, Bologna 1888, p. 58; W. von Hofman, Das Säkularisationsprojek von 1743, Kaiser Karl VII. und die römischen Kurie, in Beiträge zur bayerischen Geschichte, Gotha 1913, pp. 213-255; L. von Pastor, Storia dei papi, XVI, 1, Roma 1933, pp. 58-76; C. Casanova, Le mediazioni del privilegio. Economie e poteri nelle Legazioni pontificie del 1700, Bologna 1984, pp. 143 s.; A. De Benedictis, Patrizi e Comunità. Il governo del contado bolognese nel '700, Bologna 1984, ad Indicem; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VI, Patavii 1958, p. 161.