GALLESIO, Giorgio
Nacque a Finalborgo, l'attuale Finale Ligure, da Giovanni Battista e da Giulia Prasca, nobili possidenti, il 23 maggio 1772. Nel 1793 si laureava in legge all'Università di Pavia, uno fra i centri più vivaci della cultura scientifica italiana, la circostanza cui può ascriversi la familiarità che, dottore in diritto, avrebbe dimostrato per la più aggiornata cultura naturalistica.
Negli anni della formazione scriveva versi (pubblicati a Pisa da N. Palmerini nel 1824 insieme con altri di molto posteriori, quale il brindisi - inneggiante al vino e al sesso - a madame de Staël, a Pisa tra 1815 e 1816). Il G. era affascinato dalla cultura francese, brillante e disinvolta: queste propensioni spiegano anche le sue scelte politiche dopo la conquista dell'Italia da parte di Napoleone Bonaparte e la successiva annessione alla Francia. Quando il dipartimento di Montenotte (nel quale era compreso il Savonese) inviò una delegazione a Parigi per presenziare al matrimonio dell'imperatore con Maria Luisa d'Asburgo-Lorena (marzo 1810), il G., allora membro del Consiglio del dipartimento, era tra i delegati, e veniva trattenuto nella capitale come uditore al Consiglio di Stato, il ruolo istituito da Napoleone per formare i quadri pubblici dell'Impero. Fece ritorno a Savona nel 1811 con il grado di sottoprefetto, con il quale guidava dapprima l'amministrazione di Savona, quindi quella di Pontremoli.
Profondeva passione e denaro, intanto, per arricchire la collezione di specie e varietà diverse di agrumi, disposta nel giardino della villa familiare a Finale, e per raccogliere da tutte le fonti storiche notizie sulle specie della famiglia. Ne studiava i caratteri morfologici, tentando, tra specie diverse, incroci di cui analizzava, con pazienza, i risultati. Dalle esperienze e dalle letture prendeva corpo il Traité du citrus, la sua opera più significativa, che pubblicava in francese, a Parigi, nel 1811 dedicandola al suo superiore, conte G.-J. Chabrol de Volvic con un indirizzo non privo di piaggeria.
Caduto Napoleone, il sottoprefetto francese si professò patriota ligure e veniva incluso prima nella Commissione di legislazione della città, quindi, come segretario del marchese Antonio Brignole Sale, nella legazione genovese che si recò a Vienna (agosto-settembre 1814) per perorare dai vincitori riuniti a congresso il ripristino della Repubblica di S. Giorgio. L'istanza non avrebbe trovato udienza: alcuni cronisti riferiscono i sospetti che a Vienna il G. si adoperasse per il naufragio della missione, e per l'annessione della Liguria al Piemonte. Concluso il periodo di impegno civile - la carica di commissario di leva per Savona cui era stato nominato nel 1816 era impegno di scarso rilievo - il G. concentrò le energie sul terreno scientifico preferito, quello della botanica applicata.
Aveva usato il soggiorno viennese per pubblicare in tedesco, con alcune integrazioni, il primo capitolo del Traité du citrus: nel 1816 lo ristampava in italiano, a Pisa, con il nuovo titolo di Teoria della riproduzione vegetale. Faceva della prefazione la propria apologia politica, proclamando l'amarezza per aver "dovuto" pubblicare la prima opera "in una lingua non mia". L'anno successivo l'editore Rosini pubblicava i primi fascicoli della Pomona italiana, ossia Trattato degli alberi fruttiferi (ibid.), la grande raccolta di tavole pomologiche il cui completamento sarebbe stato, fino alla morte, la suprema ragione di vita del Gallesio.
Il progetto, oltremodo ambizioso, richiedeva, insieme, competenza botanica, maestria grafica, solidità editoriale. Affrontandolo, il G. si proponeva di donare all'Italia il catalogo illustrato delle varietà frutticole nazionali che tra lo scorcio del '700 e i primi lustri dell'800 i più illustri botanici d'Europa avevano assicurato ai rispettivi paesi. Iniziata nel 1768 con la pubblicazione, a Parigi, del Traité des arbres fruitiers… di H.-L. Duhamel du Monceau, la grande stagione dell'editoria pomologica era proseguita, menzionando le opere maggiori, con la stampa della Pomona Franconica di J. Mayer (1776-79); quindi con la Pomona Bohemica di M. Roessler (1795), con la Pomona Britannica di G. Brookshaw (1812), cui seguiva - coeva all'atlante del G. - la Pomona Londinensis di W. Hooker (1818).
Sul piano botanico il progetto presupponeva la raccolta delle varietà diverse delle fondamentali specie frutticole - mele, pere, pesche, susine, agrumi, uva e fichi - e la loro riproduzione in disegni che illustrassero, con la maggiore fedeltà possibile, le peculiarità morfologiche di ognuna: un'incombenza mai assolta, precedentemente, in un paese diviso in una pluralità di Stati dalle caratteristiche climatiche e agrarie lontanissime, tra i quali mancava, però, ogni tradizione di studi botanici e agronomici comuni.
Consapevole dell'impossibilità di visitare l'intera penisola, il G. fissava l'attenzione alla Toscana, dove contava amici che partecipavano della tradizione pomologica che aveva avuto il proprio epicentro nelle ville medicee. A sottolineare le radici auguste di quella tradizione è sufficiente ricordare le osservazioni di F. Redi, medico di corte, tra le aranciere del cardinale Leopoldo de' Medici, la doviziosa serie di tele che B. Bimbi, pittore alla stessa corte, eseguì fissando con arte il caleidoscopio delle varietà di ciliege, susine, pesche, albicocche, mele, pere, uva e agrumi, distinte, su fruttiere separate, in precoci e tardive. Per la dovizia dei pomari patrizi, per la ricchezza di dipinti e disegni altrove inesistenti, per la disponibilità a collaborare di numerosi amatori, la Toscana offriva al G. il campo più fecondo. Quel campo lo induceva a immaginare per l'opera il titolo di Pomona toscana, che ragioni editoriali gli avrebbero suggerito di mutare in quello di Pomona italiana.
Sul piano grafico l'ostacolo maggiore con cui il progetto doveva misurarsi era la mancanza, in Italia, di una scuola di raffigurazione scientifica comparabile a quelle fiorite, nel secolo dei lumi, in Francia, in Svizzera, in Germania, ma proprio Firenze offriva al G. più di ogni altra città italiana; naturalisti come P.A. Micheli (1679-1737) e F. Fontana (1730-1805) si erano potuti avvalere di buoni disegnatori, per le raffigurazioni botaniche e zoologiche, e di modellatori, per le riproduzioni in cera di parti anatomiche. Consigliato da N. Palmerini, l'amico con cui avrebbe condiviso i costi dell'impresa, il G. affidava ad A. Serantoni il reperimento e il coordinamento di disegnatori, incisori e coloritori.
L'incognita più grave era tuttavia l'onere finanziario: l'opzione della pubblicazione di tavole a colori, con stampa a "mezzocolore" e successivo completamento manuale, era, infatti, sfida non priva di temerarietà. Convinto che l'opera fosse destinata al successo più felice, il G. ne affrontava la pubblicazione con i propri mezzi, ai quali convinceva l'amico Palmerini a unire un sostanzioso contributo. Come risulta da una nota sul Giornale del 2 febbr. 1820, Palmerini aggiungeva, così, 2500 paoli ai 7500 investiti dal Gallesio. Nonostante entrambi profondessero, nel corso dell'opera, cure incessanti, gli sperati guadagni avrebbero continuato a sfuggire mentre la pubblicazione avrebbe richiesto nuove anticipazioni. L'impresa si sarebbe arenata nelle secche, prossima, ormai, al completamento, nel 1839.
Era paradossalmente l'anno in cui il G. partecipò a Pisa, con una relazione sull'innesto, al congresso degli scienziati italiani che tributò gli onori dovuti al fondatore della pomologia nazionale. Il 2 settembre, licenziando il fascicolo XLII, indirizzava ai sottoscrittori un messaggio accorato in cui alludeva a dissensi con l'editore e prometteva di continuare la pubblicazione assicurando che alla dispensa successiva avrebbe accluso il piano per comporre tutte le tavole, pubblicate e da pubblicare, in cinque volumi: sin dall'inizio le tavole erano state stampate senza ordine, e i sottoscrittori avevano ricevuto il frontespizio e l'indice di due soli tomi.
Ma il 29 nov. 1839 il G. si spense a Firenze, ove fu sepolto in Santa Croce. Era stato insignito dai sovrani sabaudi dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (1824) e del Merito civile (1832); nel 1828 gli era stato riconosciuto il titolo comitale.
La morte interrompeva la stampa: attribuendo significati diversi alle allusioni dell'appello, i pomologi posteriori avrebbero dibattuto sulla consistenza che l'opera avrebbe dovuto avere al compimento. La mancata pubblicazione del piano promesso nel 1839, e la scomparsa del manoscritto, autorizzavano ogni illazione. Il suo ritrovamento, nella biblioteca americana di Dumbarton Oaks, ha fornito un indizio essenziale per sciogliere l'enigma. Per la maggior parte delle specie esso elenca, infatti, le tavole incluse nelle copie più complete, oltre a una decina di uve "da pubblicarsi". Nel 1839 la realizzazione si avvicinava, quindi, ai propositi. Erano i propositi dell'alba dell'opera? Offre la risposta il secondo indizio, da coordinare al primo, che fornisce la pagina del 16 luglio 1817 del Giornale, in cui il G. registra il ricevimento di 9 disegni di agrumi ultimati e di 10 incompleti "speditimi da Parigi dai sig. Poiteau e Turpin […], per unire a quelli dei Frutti eseguiti a Firenze e servire per la mia Pomona", la prova che immaginando l'opera, nel 1815, il G. vi avesse incluso la famiglia di fruttiferi che amava più di ogni altra: gli agrumi. E il numero degli agrumi catalogati nel Traité induce a ritenere che la loro inclusione avrebbe sospinto il numero delle tavole - 183 nelle raccolte più complete -, ben oltre la soglia delle 200 che sarebbe stata toccata completando il numero delle uve. E. Baldini ha reperito la prova, peraltro, che, esclusi gli agrumi dalla Pomona, il G. ne progettasse la disamina in un atlante pomologico parallelo.
Se con le proprie scelte civili propone al biografo più di un enigma, il G. apre a chi ne valuti l'opera naturalistica interrogativi tanto seducenti quanto ardui da risolvere. Delle opere che ha lasciato, la prima, il Traité du citrus, si compone, infatti, di un saggio sui problemi della riproduzione vegetale, della classificazione di quella famiglia e di uno studio di storia botanica; l'ultima, la Pomona italiana, è un imponente repertorio dei frutti e delle uve d'Italia. Ma se questa, monumentale, gli vale una menzione nella schiera dei catalogatori di forme botaniche e tra i curatori di edizioni pomologiche, è la prima ad assicurargli, insieme, i titoli di precorritore degli studi di genetica e di acuto scrutatore della storia dei rapporti tra l'uomo e le piante coltivate. Gli vale il primo merito il capitolo iniziale del Traité, gli vale il secondo la terza parte dell'opera.
Alle intuizioni sul terreno della genetica il G. giunse fondandosi sulla conoscenza più penetrante degli studi botanici del suo tempo, fiorenti soprattutto in Francia, dove l'eredità di Duhamel du Monceau era stata raccolta da P. Poncelet, A. De Candolle e A.A. Parmentier, naturalisti protesi a scrutare gli indizi della lunga vicenda attraverso la quale l'uomo ha consolidato la signoria sulle specie coltivate. I problemi della filogenesi erano, per i botanici francesi, tematica complementare alla classificazione dei vegetali. C. Linneo, componendo la sua monumentale classificazione, aveva toccato l'orizzonte estremo consentito ai "sistemi artificiali", le tassonomie, create, cioè, in base a criteri morfologici convenzionali, e aveva additato nei processi della riproduzione la sfera dalla cui esplorazione avrebbero preso forma nuovi "sistemi naturali", fondati, cioè, sui rapporti di parentela tra le piante.
Al fine di predisporre i criteri per la classificazione cui si accingeva, il G. affrontava il problema dei legami di parentela tra generi, specie e varietà. Facendosi largo tra i pregiudizi consolidati tra i pratici e non ancora smentiti dai botanici, stabilì che la forma dei vegetali dipende dall'operare simultaneo di due principî: quello della stabilità, che determina l'immutabilità dei caratteri intrinseci degli individui di ogni varietà, e quello della variabilità, che consente allo stesso individuo di modellarsi, assumendo forme diverse, al mutare delle condizioni climatiche e di coltura: il più lucido precorrimento dei principî moderni della stabilità del genotipo e della mutabilità del fenotipo.
Per indagare le manifestazioni delle due leggi aveva eseguito una molteplicità di incroci tra gli agrumi, da cui desumeva con chiarezza i concetti di incrocio entro la medesima specie, produttore di nuove varietà, e di incrocio tra specie, produttore di ibridi. Constatata, peraltro, l'entità dei tempi necessaria a verificare i risultati dell'incrocio sugli alberi fruttiferi, aveva deciso di ripetere le stesse esperienze su piante floreali. Scelto il ranuncolo d'India, effettuava per due generazioni l'incrocio di piante diverse per il carattere, semplice o molteplice, della corolla e per il suo colore. Era un disegno sperimentale singolarmente simile a quello che G. Mendel avrebbe realizzato con i piselli. Ma il G. non ne ricavò alcun risultato: il confronto con l'esperienza di Mendel dimostra che mentre questi seguì un'ipotesi rigorosa, il G. si era affidato, piuttosto, al caso. E il caso partorisce raramente scoperte scientifiche. Prova la casualità dell'esperimento l'assenza di ogni precauzione da parte del G. per accertare la purezza dei parenti impiegati: condotto, dall'analisi più rigorosa dei concetti chiave della tassonomia, sulle soglie del grande cimento biologico, lo ha tentato, senza l'intuito e la determinazione che guideranno Mendel. Ma nella personalità del G. la passione del classificatore soverchia l'intuizione dello scienziato: lasciate le esperienze di incrocio concludeva le indagini sulla storia degli agrumi per gettarsi nell'impegno cui avrebbe dedicato la seconda parte della vita, la ricerca di una ciliegia rara o di una susina curiosa, quella del disegnatore che sapesse riprodurne la forma, dell'acquarellista in grado di trasfonderne le screziature in una tavola in folio.
Opere. Oltre alle opere citate, ricordiamo ancora: Memoria sulla canapa, Torino 1829; Delle uve e dei vini italiani e più specialmente di quelli della Toscana, in Continuazione degli Atti dell'Acc. economico-agraria dei Georgofili, XVII (1839), pp. 136-156, un'interessante applicazione, sul terreno enologico del principio della costanza dei caratteri varietali; Gli agrumi dei giardini botanico-agrarii di Firenze, 3ª ed. del primo capitolo del Traité, che il G. allegò all'ultima dispensa della Pomona per difendere la propria classificazione degli agrumi da A. Risso, che nel 1818 ne aveva proclamato i limiti proponendone una radicalmente diversa nell'Histoire naturelle des orangers (Paris 1839).
Nello stesso 1839 veniva stampato a Pisa Della teoria degli innesti e della loro classificazione, la relazione al primo congresso degli scienziati italiani, stampata anche negli Atti della Prima Riunione degli scienziati italiani, ibid. 1839, pp. 302-314.
Non essendo stata completata la pubblicazione, tutte le copie di Pomona propongono diversità nel numero dei volumi e nell'ordine delle specie. Per qualunque raffronto, le copie più complete risultano quelle conservate alla Biblioteca Bertoliana di Vicenza e alla Biblioteca Berio di Genova. Queste diversità possono ora essere comprese grazie ai lavori di Baldini e Tosi.
Sono più di una le opere del G. pubblicate postume. L'elenco comprende il Saggio storico della caduta della Repubblica di Genova e della sua riunione al Piemonte, la versione del G. dell'attività della legazione a Vienna pubblicata da C. Varese nella Storia della Repubblica di Genova, Venezia 1840-42, con amputazioni censorie, quindi, integralmente da W. Piastra in La Berio, XIV (1974), 2, pp. 27-45. Esso comprende, quindi, il Giornale di agricoltura e viaggi, I-VIII, in folio, conservato dalla Biblioteca dell'Accademia delle scienze di Torino, di cui ha pubblicato stralci M.C. Lamberti, G. G. Dai giornali d'agricoltura e di viaggi, Genova 1985, col corredo di indici analitici del manoscritto, la cui pubblicazione integrale è stata effettuata, a cura di E. Baldini, dall'Accademia dei Georgofili: G. Gallesio, I giornali di viaggio, Firenze 1995. Una raccolta di lettere e appunti per la realizzazione della Pomona è conservata presso la Biblioteca di Dumbarton Oaks, Manoscritti per la Pomona e altri provenienti dall'editore Capurro, Pisa, M. Roller 2-3. Gran parte dell'archivio personale è rimasto proprietà delle famiglie Gallesio Piuma e Ferraro di Genova.
Fonti e Bibl.: I. Cantù, L'Italia scient. contemporanea, Milano 1844, p. 221; E. Celesia, Storia della Univ. di Genova dal 1814 fino a' dì nostri, Genova 1867, pp. 121-124; L. Marchini, G. G. e il suo "Saggio storico della caduta della Repubbl. di Genova e sua riunione al Piemonte", in La Berio, XIV (1974), 2, pp. 5-25. Ha analizzato le fonti biografiche, rilevandone le contraddizioni, B. Braschi, che in G. G. genetista e pomologo, in Annali di botanica, XIX [1930], 1, pp. 76-98, ha valutato le intuizioni biologiche del G., verificandone l'eco sulla scienza dei decenni successivi. Sui medesimi temi, più succintamente: S. Martini, in G. G. (1772-1839) als Vorläufer Gregor Mendels, in Schweizerische Landwirtschaftliche Monatshefte, L (1972), pp. 176-181 e in Geschichte der Baumologie in Europa, Bern 1988, p. 114; quindi A. Saltini, Storia delle scienze agrarie, II, Bologna 1987, pp. 615-631. Esaminano gli aspetti editoriali e grafici della pubblicazione della Pomona L. Tongiorgi Tomasi - A. Tosi, "Flora e pomona". L'orticoltura nei disegni e nelle incisioni dei secc. XVI-XIX, Firenze 1990, pp. 31-44. La prima analisi del materiale di Dumbarton Oaks è opera di S. Raphael, An Oak Spring Pomona, Upperville, VA, 1990. Sulla Pomona anche E. Baldini - A. Tosi, Scienza e arte nella Pomona italiana di G. G., Firenze 1994; A. Saltini - L. Tongiorgi Tomasi, G.: una certezza acquisita nella biografia degli enigmi, in I Georgofili. Atti della Accademia, s. 7, XLI (1994), pp. 481-492. Si deve a E. Baldini, infine, l'esame del progetto, che il G. aveva soltanto tratteggiato, di un catalogo agrumario: L'atlante citrografico di G. G., Firenze 1996. Offrono prova del rilievo del G. nella cultura naturalistica ottocentesca le numerose citazioni di C. Darwin nella Variazione degli animali e delle piante allo stato domestico, Torino s.d. [ma 1878], pp. 297-302, 351-361, 522-527, e di A. De Candolle nell'Ordine delle piante coltivate, Milano 1883, pp. 239-247; G.B. Grassi, I progressi della biologia…, in Cinquant'anni di storia italiana, III, Milano 1911, p. 107; G. Molon, Bibliogr. orticola, Milano 1927, p. 129. Per l'impiego attuale delle tavole della Pomona nelle indagini frutticole è esemplare E. Baldini - E. Bellini - P. Fiorino, Agrumi, frutta e uve nella Firenze di Bartolomeo Bimbi pittore mediceo, Firenze 1982. L'attuale proprietario dell'archivio di famiglia C. Ferraro ha scritto una biografia sulla base di materiale in parte inedito: G. G.…: vita, opere, scritti e documenti inediti, Firenze 1996.