Gemisto Pletone, Giorgio Filosofo (Costantinopoli 1355 ca
Mistrà 1450 ca.). Nel 1393 si trasferì in Grecia a Mistrà, presso l’antica Sparta, e vi rimase per molti anni a capo di una scuola filosofico-religiosa di schietta impronta neoplatonica: egli si proponeva infatti di resuscitare l’antica cultura per farne la base di un rinnovamento spirituale e politico. Nel 1438 venne in Italia, come consigliere dell’imperatore bizantino Giovanni VIII al Concilio di Ferrara e Firenze. Fu in questa occasione che, secondo Ficino, avrebbe ispirato il cosiddetto ‘ritorno’ di Platone e spinto Cosimo de’ Medici a fondare l’Accademia platonica fiorentina (➔). In realtà la presenza di G. al concilio suscitò interesse in Italia (da Bruni allo stesso Cosimo) soprattutto per le implicazioni politiche e religiose del suo pensiero, informato all’ideale di una società e di una spiritualità basate sui principi platonici e sulla sapienza ellenica. Accusato di sovvertire la religione rivelata, fu tacciato di ateismo da Giorgio Scolario, patriarca di Costantinopoli, che ordinò la distruzione del Νόμων συγγραφή (De legibus), di cui restano alcuni frammenti. Oltre al Περὶ εἱμαρμένης (De fato, pubbl. 1722), agli Opuscula de historia graeca e agli Oracula magica Zoroastris (pubbl. 1599), G. fu autore del Περὶ ὧν ’Αριστοτέλης πρὸς Πλάτωνα διαφέρεται (De Platonicae atque Aristotelicae philosophiae differentiis, pubbl. 1532), contro cui si scagliò Giorgio Trapezunzio dando l’avvio alla vivace querelle tra platonici e aristotelici che si sviluppò intorno alla metà del sec. 15°.