GRADENIGO, Giorgio
Nacque a Venezia il 10 ott. 1522 da Andrea di Taddeo e da Beltramina de' Gomberti da Udine.
La famiglia patrizia dei Gradenigo era originaria di Grado e per qualche tempo aveva risieduto anche ad Aquileia. Da parte di madre il G. ereditò alcuni beni nei dintorni di Cividale, dove egli tornò spesso per trascorrere periodi di riposo.
Il G. iniziò la sua attività politica e amministrativa come podestà di Portogruaro dal 29 maggio 1552 al 24 sett. 1553: il suo operato è ricordato in un'epigrafe sopra una delle torri che segnano l'ingresso in città. Successivamente, con il rango di senatore della Repubblica veneta, ricoprì altri incarichi: auditore vecchio (26 sett. 1557 - 25 genn. 1559), provveditore sopra Atti e cose del Regno di Cipro, avvocato fiscale (ottobre 1570), conservatore delle Leggi e soprintendente alle Fortificazioni (1592). Nel 1560 sposò Laura Valier, sorella del cardinale Agostino, vescovo di Verona. In occasione delle nozze, questi omaggiò la sposa con lo scritto Istruzione del modo di vivere delle donne maritate.
Dal matrimonio nacquero due figli, Andrea e Agostino. Il primo fu senatore, sindaco e inquisitore del Friuli dal 1622 al 1625. Agostino fu vescovo di Feltre e nel 1628 fu nominato patriarca di Aquileia.
Uomo di profonda cultura, ottimo conoscitore della letteratura antica e mecenate di letterati, il G. appartenne all'Accademia veneziana della Fama insieme con letterati e amici quali Girolamo Molin, Orsatto Giustinian, Domenico Venier. Il suo nome è legato a una celebre raccolta di rime in memoria d'Irene di Spilimbergo, di-lettante d'arte e di lettere, morta a diciott'anni. Il G. promosse la pubblicazione delle Rime di diversi nobilissimi et eccellentissimi autori in morte della signora Irene delle signore di Spilimbergo, alle quali sono aggiunti versi latini di diversi egregi poeti in morte della medesima signora (a cura di D. Atanagi, Venetia, D. e G.B. Guerra, 1561). Fra gli autori figurano Bernardo e Torquato Tasso, Benedetto Varchi, Luigi Tansillo, Angelo di Costanzo e altri letterati veneziani, che produssero rime amorose e funebri modellate sugli esempi di Catullo, Tibullo, Properzio e Ovidio. La raccolta contiene nove componimenti del G. (pp. 9, 13, 42, 52, 90, 119, 126, 130, 151).
Oltre che come verseggiatore in proprio, il G. fu anche partecipe e promotore di opere altrui. Lodovico Dolce lo coinvolse in alcune messe in scena delle proprie tragedie, ricordò la sua esortazione a tradurre l'Edipo re di Sofocle e gli dedicò la stampa del Cortegiano di B. Castiglione da lui curata per G. Giolito nel 1569, sottolineando le sue doti letterarie e i suoi interessi artistici: "né meno è bello scrittore, che parlatore, e, che in pochi si suol vedere, riesce non meno in parole legate, che sciolte. Si diletta appresso di pittura, e di musica, e d'ogni arte nobile".
La non vasta produzione del G. è sparsa in raccolte miscellanee del XVI e XVIII secolo: in tutto sono pervenute 35 poesie e 25 lettere. Particolarmente riusciti sono i due madrigali, Amorose viole, che spargete e Vermiglie rose, che col novo giorno, nei quali l'elegante rappresentazione di colori, luci e immagini floreali si accompagna alla ricerca di musicalità nei versi. I sonetti, da inquadrare nella tradizione petrarchista veneta, contengono spesso responsive ad amici e conoscenti: Bernardo Cappello, Lodovico Dolce, Girolamo Molino, Bernardo Tasso, Domenico Venier, Iacopo Zane e altri. Fra le particolarità della poesia del G. si nota una passione per la pittura (il sonetto Mentre che Tizian la mano e l'arte). Le lettere toccano i temi consueti del genere: letture dei classici (Omero, Aristotele, Orazio e Virgilio), impegni civili e religiosi, doveri morali. La prosa equilibrata ed elegante del G. emerge in talune pagine descrittive, come per esempio quella del paesaggio alpino nella lettera inviata a Giovan Battista Giustiniani.
Il G. morì a Venezia nel marzo del 1600 e fu sepolto nella chiesa di S. Zaccaria. Un volume di Rime di diversi nobilissimi spiriti della Patria del Friuli in morte dell'illustrissimo signor Gradenico, Udine 1600, uscì per cura di Vincenzo Giusti con dedica al figlio del G. Agostino.
Oltre che nelle edizioni cinque, sei e settecentesche, e in varie antologie moderne, la produzione del G. si legge in M.T. Acquaro Graziosi, Inediti e rari di G. G.: due lettere e due sonetti, in Giornale storico della letteratura italiana, CLXI (1984), pp. 279-281; G. Gradenigo, Rime e lettere, a cura di M.T. Acquaro Graziosi, Roma 1990.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Segretario alle Voci. Elezioni in Senato (1541-1552), II, c. 124; Notarile, Testamenti, 1192, n. 9; Ferrara, Bibl. comunale Ariostea, Mss., N.A. 5, c. 160; Bibl. apostolica Vaticana, Vat. lat. 392, c. 131; Udine, Bibl. comunale, Mss., 102, cc. 133-135, 137; Le Troiane, tragedia di m. Lodovico Dolce recitata in Vinegia l'anno MDLXVI, Venezia 1567, c. A2; F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare…, Venetia 1581, c. 281; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, pp. 35 s.; G. Podrecca, I dintorni di Cividale descritti da un patrizio veneto del sec. XVI, in Forumjuli, II (1885), passim; A. Sacchetti, Un entusiasta di Cividale (G. G.), in Memorie storiche forogiuliesi, III (1907), pp. 78-96; E. Bonora, Interpretazione del petrarchismo, in Id., Retorica e invenzione, Milano 1970, p. 95; E. Taddeo, Il manierismo letterario e i lirici veneziani del tardo Cinquecento, Roma 1974, p. 69; G. Petrocchi, Scrittori e poeti nella bottega di Tiziano, in Id., L'ultima dea, Roma 1977, pp. 247-260; G. Padoan, La commedia rinascimentale a Venezia: dalla sperimentazione umanistica alla commedia "regolare", in Storia della cultura veneta, 3, III, Dal primo Quattrocento al concilio di Trento, Vicenza 1981, p. 453; E. Favretti, Figure e fatti del Cinquecento veneto, Alessandria 1992, pp. V-VII, 49-56.