IMBRIANI, Giorgio
Nacque a Napoli il 28 apr. 1848 da Paolo Emilio e da Carlotta Poerio. Aveva solo due anni quando con la madre e cinque fratelli si ricongiunse al padre che la repressione borbonica del 1849 aveva costretto all'esilio in Piemonte. Compì gli studi elementari a Torino e quelli medi a Pisa. Quando poi, nel 1860, crollato il Regno delle Due Sicilie, la famiglia poté tornare a Napoli, il giovane I., dotato d'intelligenza vivace e precocissima, già denotava nell'indocilità, nell'asprezza dei modi e nella rigidità di giudizio i lati del carattere che, isolandolo all'interno degli stessi rapporti familiari, lo avrebbero posto in aperto conflitto con il liberalismo classico del padre e con il conservatorismo del fratello Vittorio; per gli stessi motivi altri problemi avrebbe avuto nel contatto con i compagni di studio.
Destinata ad accentuarsi col tempo, l'insoddisfazione paterna nei suoi confronti aveva una base concreta nel discontinuo andamento dei suoi studi. Collocato al ritorno a Napoli nel R. Collegio di Marina, nel 1862 l'I. chiese e ottenne di uscirne preferendo "la carriera del soldato di terra". Passò quindi al Collegio militare della Nunziatella, ma ne uscì nel 1863, avendo ottenuto un posto semigratuito all'Accademia militare di Torino: bastarono pochi mesi perché il nuovo ambiente gli apparisse insopportabile per lo spirito piemontesista da cui gli sembrò pervaso. Amareggiati, i genitori lo richiamarono a Napoli dopo che era stato punito per avere sfidato a duello un compagno che aveva dileggiato il Sud e i suoi abitanti.
Fu la madre che, seguendolo più da vicino, si sforzò senza successo di temperarne gli impulsi antiautoritari da cui era sospinto a innestare sull'ideale di libertà ereditato dai genitori il rifiuto aprioristico e radicale della soluzione unitaria monarchica. La sua strada l'I. aveva cominciato a sceglierla allorché nel 1862 era scappato di casa per aggregarsi ai garibaldini diretti in Aspromonte. Riportato a Napoli, ebbe in G. Nicotera, con cui era imparentato per via materna, in G. Ricciardi e in genere nei repubblicani napoletani coloro che lo introdussero alle ideologie rivoluzionarie, mazziniane o garibaldine o anche soltanto atee che fossero, ma fu tutto suo il cipiglio da idealista con cui, contestando il sistema e in genere la società moderna, cominciò a dipingerne nella sdegnata corrispondenza con gli amici le brutture morali, per sottrarsi alle quali, non ancora quindicenne, disegnò per sé e auspicò per gli altri un futuro fatto di grandi valori e di rinunzie. Così, chi lo conobbe qualche anno più tardi lo descrisse "di costumi integerrimi che troppo spesso contrastavano coi nostri rilassati e pervertiti" (Musini, p. 133); altri ne avrebbero ricordato "la straordinaria purezza dei costumi e la concezione quasi ideale che egli aveva della donna e dell'amore" (Pantano, p. 288).
A compimento di questa prima fase della sua esistenza che lo aveva visto già assai attivo nei circoli democratici, nelle organizzazioni studentesche, tra i liberi pensatori, e anche in massoneria, l'I. prese parte alla fondazione e alla redazione di un settimanale, Libertà e lavoro, "giornale sociale per l'educazione del popolo", che, diretto da S. Verratti, durò dal 2 sett. 1865 al 2 giugno 1866 e fu compilato da "un saldo gruppo di mazziniani, tutti orientati decisamente a idee progressiste" (Romano, I, p. 218): le 12.000 copie di tiratura erano distribuite gratis agli operai con l'intento di diffondere tra di loro i principî dell'associazionismo mazziniano, che nei suoi articoli l'I. declinava con una più avvertita sensibilità alla questione sociale (tanto che la madre dovette spiegargli che tra gli obiettivi di Mazzini non c'era certo il comunismo). Qualche anno dopo, i soggiorni estivi nella proprietà familiare di San Martino Valle Caudina lo spinsero a riflettere sulla condizione dei contadini e conferirono un tono anche più acceso alle sue tirate antiborghesi.
Il settimanale era cessato quando, all'inizio della guerra del 1866, l'I. insieme con il fratello Vittorio entrò nel 5° reggimento del Corpo dei volontari italiani come soldato semplice. Avendo preso parte allo scontro di Bezzecca, sperava in un esito migliore del conflitto che aveva portato i garibaldini fin quasi nel Tirolo: invece l'armistizio cui fu costretto Garibaldi rinfocolò la sua avversione per la monarchia e per l'esercito regolare, così come l'anno seguente la sconfitta inflitta dai Francesi ai garibaldini a Mentana (dove anche era presente) suscitò in lui un odio incontenibile per Napoleone III e la certezza che Vittorio Emanuele II fosse stato suo complice.
Aveva intanto intrapreso a Napoli gli studi universitari frequentando i corsi di diritto di L. Zuppetta. Più interessato alla propaganda che alle lezioni, fondò una sua Associazione democratica giovanile e, insieme con N. Colajanni, E. Pantano e il suo grande amico C. Dotto de' Dauli, si calò in pieno nella lotta politica cittadina come esponente della mazziniana Alleanza repubblicana universale, l'organizzazione segreta di cui fu capo-nucleo e per conto della quale pubblicò insieme con il siciliano G. Scarlata un giornale clandestino poligrafato, l'Italia nuova, di cui tra il marzo e l'aprile 1869 uscirono quattro numeri. A fine maggio 1869 questo lavorio, fatto anche di tentativi di proselitismo tra i militari di stanza tra Napoli e Gaeta, lo portò in carcere per quattro mesi con un'imputazione di "cospirazione contro la sicurezza interna dello Stato".
Quando uscì, il padre per fargli cambiare aria (la madre era morta all'inizio del 1867) lo mandò a studiare a Bologna. Non fu una buona mossa: a contatto con un clima politicamente ancora più vivace di quello napoletano e con personaggi quali il giovane Carducci e G. Ceneri, l'I. approfittò della vicinanza alla centrale mazziniana in Svizzera per inserirsi operativamente nella cospirazione del 1869-70. Protagonista di infuocati comizi, divenne inoltre assiduo collaboratore di fogli democratici bolognesi (Il Popolo) e torinesi (La Democrazia) con articoli in cui i consueti attacchi alla monarchia e ai suoi supporti più o meno istituzionali (l'esercito, i tre poteri, il clero) puntavano ora, in nome di quella che egli stesso definiva "l'Idea", sull'invocazione di una Costituente da convocarsi per via rivoluzionaria. Per riportarlo sulla retta via il padre gli impose di trasferirsi all'Università di Graz: dopo aver finto di piegarsi, l'I. si spostò a Torino.
Il 6 ag. 1870 a Lugano conobbe di persona Mazzini che lo mise a parte dei suoi prossimi piani per il Mezzogiorno. Nell'autunno, però, sopraggiunse l'intervento di Garibaldi nella Francia occupata dai Prussiani: l'I. si arruolò subito nella legione comandata da F. Tanara, opponendo alle implorazioni del padre - che per richiamarlo a casa gli parlava della malattia della sorella - la sua certezza di combattere non per vocazione militare ma per "fare guerra alla guerra, per fondare la Repubblica universale, cioè il regno della libertà, dell'uguaglianza, del diritto, della pace" (Coppola, p. 71). Analoga fede nell'affermazione della repubblica anche in Italia esprimeva nelle corrispondenze inviate all'Unità italiana di Milano e alla Gazzetta del popolo di Torino. I primi scontri cui partecipò il 26-27 nov. 1870 gli valsero una menzione onorevole da parte del suo comandante e la proposta di promuoverlo ufficiale. Garibaldi ne decretò la nomina a sottotenente il 15 genn. 1871, ma il 21 gennaio l'I. cadde colpito a morte nelle fasi iniziali della battaglia di Digione. Tre giorni prima gli era arrivata la notizia che il 2 gennaio era morta la sorella Giulia.
Trasportata in Italia, la salma dell'I. giunse il 4 febbraio e fu tumulata a Pomigliano d'Arco nella tomba di famiglia. Carducci lo ricordò con commozione accostandolo, nell'introduzione al volume delle sue Poesie edito a Firenze nel 1871, ai "grandi morti della Repubblica partenopea".
Fonti e Bibl.: Albo a G. I., Napoli 1871; E. Maccanti, Biografie militari, Firenze 1876, pp. 27-31; E. Mariani, Memorie e figure, Milano 1899, pp. 43-57; I. Scodnik, I fratelli Imbriani, Benevento 1922; E. Pantano, Memorie: dai rintocchi della Gancia a quelli di San Giusto, I, 1860-1870, Bologna 1933, ad ind.; Comitato per la Domus Mazziniana - Pisa, Catalogo degli autografi, documenti e cimeli, a cura di A. Mancini - E. Michel - E. Tongiorgi, Pisa 1952, p. 44; N. Coppola, Un martire della repubblica universale, G. I.: saggio biogr. con lettere inedite, Napoli 1953; L. Musini, Da Garibaldi al socialismo. Memorie e cronache per gli anni dal 1858 al 1890, a cura di G. Bosio, Milano 1961, ad ind.; Carteggi di Vittorio Imbriani, a cura di N. Coppola, I-II, Roma 1963-65, ad ind.; A. Romano, Storia del movimento socialista in Italia, I-III, Bari 1966-67, ad ind.; A. Scirocco, Democrazia e socialismo a Napoli dopo l'Unità (1860-1878), Napoli 1973, ad ind.; G. Asproni, Diario politico 1855-1876, V, 1868-1870, a cura di C. Sole, Milano 1982, pp. 188, 365.