LUXARDO, Giorgio
Nacque a Zara il 1( sett. 1897 da Michelangelo e Giuseppina Illich.
Il capostipite, fondatore della società Luxardo, fu Girolamo (Santa Margherita Ligure, 29 sett. 1784 - Zara, 8 sett. 1865). Egli iniziò svolgendo l'attività di mercante di funi (una delle produzioni tipiche del centro ligure). A Trieste, dove si recò più volte per le forniture delle sue merci alla Marina austriaca, nel 1814 conobbe il fabbricante di rosoli Giacomo Balletti. Dopo un infelice tentativo di commercializzare i prodotti di questo, si legò sempre a Trieste alla casa commerciale Swachhofer. Nel 1817 Girolamo si recò a Zara, per iniziarvi il commercio di coralli. Accumulato un buon capitale, nel 1821 lo impiegò nella produzione di una tipica bevanda zaratina, un distillato a base di ciliegie noto con il nome di "rosolio maraschino", conosciuto nella zona sin dal Medioevo. Nel 1823 ottenne dal re di Sardegna l'incarico di vice console a Zara.
Nel 1829 la ditta - denominata Girolamo Luxardo - aveva ottenuto dall'imperatore d'Austria un privilegio che le attribuiva in via esclusiva la facoltà di produrre il liquore di ciliegie per quindici anni. Con il tempo, alla produzione originaria si aggiunse un'altra decina di distillati e rosoli di diversa gradazione alcolica. Grazie a una rete distributiva eccezionalmente ampia, che si estendeva da Zara a Venezia e Trieste per arrivare sino a Genova, e alle relazioni che le cariche di vice console e di dirigente della Camera di commercio di Zara gli avevano consentito di intessere, Girolamo poté rapidamente espandere la sua attività non soltanto nel mercato locale, ma anche in quelli esteri. Corrispondenze commerciali dell'epoca mostrano come, già a metà Ottocento, il maraschino Luxardo fosse esportato nell'Europa centrale, nel bacino danubiano, in Russia, sul Mediterraneo, nelle Americhe, addirittura in India e Australia.
Dopo la morte di Girolamo la direzione dell'azienda passò di mano in mano al figlio, Nicolò (Santa Margherita Ligure, 11 febbr. 1815 - Zara, 7 dic. 1882) avuto da Maria Canevari, sposata nel 1806; quindi ai nipoti Demetrio (Trieste, 17 ag. 1852 - Zara, 25 dic. 1906) e Michelangelo (Zara, 29 sett. 1857 - ibid., 23 genn. 1934).
Il L. entrò in azienda nel 1922, appena compiuti venticinque anni, affiancando i fratelli Nicolò (1886-1944), Demetrio (1890-1940) e Pietro (1892-1944). Negli anni precedenti, dopo aver ultimato gli studi ginnasiali e aver frequentato la scuola per allievi ufficiali a Zara, aveva trascorso due anni tra Ginevra e Parigi, dove aveva lavorato presso Sudameris, la filiale della Banca commerciale italiana responsabile dei rapporti con l'area sudamericana. Tali esperienze gli avevano consentito di affinare sensibilmente le sue conoscenze in materia di finanza e commercio e di dotarsi di un know-how che gli sarebbe tornato di estrema utilità per l'attività imprenditoriale. Rientrato a Zara alla vigilia del primo conflitto mondiale, il L. fu arruolato nella cavalleria dell'esercito austro-ungarico, combatté sul fronte russo e fu insignito di una medaglia di bronzo per meriti di guerra.
Al momento del suo ingresso in azienda, la fabbrica di Zara, che dal 1913 si era trasferita in un grande stabilimento di fronte al porto, si stava faticosamente riprendendo dalle spoliazioni subite durante il conflitto. La perdita del mercato russo, causata dalla rivoluzione bolscevica, aveva cagionato alla ditta un deciso calo delle vendite e, fatto ancor più rilevante, aveva reso improvvisamente inesigibile un ammontare di crediti pari a circa 110.000 franchi in oro. In aggiunta a ciò, le requisizioni austriache di macchinari e materiale metallico, subite negli anni 1916-18, avevano sensibilmente impoverito la fabbrica delle sue attrezzature.
Sotto la guida della quarta generazione, tuttavia, la situazione andò lentamente migliorando. I quattro figli di Michelangelo razionalizzarono l'organigramma aziendale, spartendosi i diversi ruoli secondo le rispettive attitudini e competenze: il primogenito Nicolò assunse il comando dello stabilimento, Demetrio e Pietro andarono a ricoprire, rispettivamente, le funzioni di direttore organizzativo e di responsabile della produzione, mentre al L. venne demandato il compito di allestire e sovrintendere alla rete commerciale e distributiva.
Tale ruolo lo portò a viaggiare senza sosta per l'Italia e l'Europa, intessendo rapporti con clienti e fornitori e promuovendo i prodotti della ditta nelle varie fiere di settore. Di ritorno da uno dei suoi viaggi, il L. ebbe la felice intuizione di introdurre la pratica, decisamente innovativa per l'epoca, delle "visite guidate in azienda".
Si trattava di soggiorni di una settimana interamente spesati dalla ditta, destinati ai clienti effettivi o potenziali, nel corso dei quali ai momenti di visita degli stabilimenti, finalizzati a una migliore conoscenza dei liquori Luxardo, si abbinavano occasioni di svago e turismo predisposte ad hoc. Tale iniziativa riscosse un notevole successo e fu perpetuata di anno in anno, contribuendo a estendere ulteriormente la rete di vendita dell'azienda.
Grazie all'oculata gestione dei quattro fratelli e alla fama che il maraschino Luxardo si era ormai conquistato dentro e fuori Europa, nel periodo 1922-40 il volume d'affari della ditta non fece che crescere. Nel 1936, il 66% delle esportazioni zaratine di liquori era coperto dalla fabbrica Luxardo; alla vigilia del secondo conflitto mondiale l'azienda occupava oltre 250 dipendenti impiegati su un'area di 12.000 m2.
In modo del tutto parallelo all'avventura industriale, nel frattempo, le vicende della famiglia si legavano a doppio filo con le vicissitudini politiche dell'epoca.
Sin dal 1915, allo scoppio della guerra mondiale, Pietro e Nicolò si erano schierati apertamente per l'annessione della Dalmazia all'Italia. Nel 1919, inoltre, Pietro aveva esplicitamente appoggiato l'impresa di G. D'Annunzio a Fiume; Nicolò aveva aderito al fascismo tanto da ottenere, nel 1939, un seggio nella Camera dei fasci e delle corporazioni. Il L., al contrario dei fratelli, decise di rimanere politicamente più defilato; allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel 1940, fu richiamato alle armi e inviato a Bologna, presso l'Ufficio della censura. Contemporaneamente Nicolò e Pietro (Demetrio morì quell'anno) rimasero a Zara a presidiare l'attività dell'azienda.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale portò anzitutto notevoli restrizioni alla produzione della ditta: a causa del razionamento dello zucchero e del totale contingentamento dell'alcool, che doveva essere interamente destinato a usi bellici, la confezione di liquori venne sospesa per oltre due anni. Più tardi, nel novembre 1943, un intenso e prolungato attacco aereo da parte degli Anglo-Americani causò la completa devastazione di Zara e la quasi totale distruzione dello stabilimento Luxardo.
Un incendio durato ben quattro giorni incenerì diversi edifici della ditta e causò la perdita di ricchissime scorte di materiali, tra cui 230.000 kg di zucchero, 48.000 litri di alcool e oltre un milione di bottiglie.
Il colpo di grazia fu assestato l'anno successivo, quando, in seguito alla ritirata delle truppe tedesche dalla Dalmazia, Zara venne occupata dai partigiani comunisti del maresciallo Tito. Al tragico bilancio delle perdite umane e infrastrutturali che la città aveva subito in oltre un anno di bombardamenti (il 92% del patrimonio edilizio urbano, infatti, era andato irrimediabilmente distrutto), per gli italiani residenti in Dalmazia si aggiunsero gli ingenti danni economici provocati dalle confische dei loro beni a opera degli Iugoslavi. Anche la fabbrica di maraschino, nell'ottobre 1944, fu messa sotto sequestro e immediatamente nazionalizzata. Entrambi i fratelli del L., rimasti a Zara per difendere l'impresa familiare, andarono incontro a una triste fine: Nicolò e la moglie morirono annegati nel mare di fronte alla città, mentre Pietro fu deportato e, non avendo più dato notizie di sé, nel 1950 ne fu decretata la morte presunta.
Distrutto lo stabilimento, e dispersa la famiglia, sembrava che - dopo oltre un secolo - l'attività della Luxardo fosse destinata a cessare. Al termine della guerra, invece, il L., unico superstite della quarta generazione - coadiuvato dal ventenne nipote Nicolò, figlio di Pietro - prese la coraggiosa decisione di ricominciare, in altra sede, l'attività familiare.
Il primo passo fu quello di interpellare un agronomo toscano, il prof. A. Morettini dell'Università di Firenze, il quale, negli anni precedenti il conflitto, aveva condotto uno studio approfondito sulle ciliegie marasche di Zara e aveva trasportato nei vivai dell'Università alcuni esemplari delle celebri piante dalmate. Fu proprio Morettini a individuare nei colli Euganei la regione più adatta dal punto di vista climatico e per le caratteristiche chimico-fisiche del terreno, al trapianto dei marascheti zaratini.
Nell'ambito dell'area segnalata dall'agronomo, la scelta del L. cadde sulla cittadina di Torreglia poiché laggiù ebbe l'occasione di entrare in possesso di un terreno dalle dimensioni sufficientemente ampie (pari a circa 3 ha), dotato di una struttura soltanto parzialmente edificata che poteva prestarsi a essere riconvertita in stabilimento per la produzione di liquori. L'intera superficie era di proprietà di un'azienda di Padova, la Pezziol che, nel 1946, si risolse a cedere l'area al L., ricevendone in contropartita una preziosa licenza di importare alcool, che la ditta Luxardo aveva conseguito durante la guerra. Di conseguenza, senza alcun esborso di capitale, usufruendo peraltro del donativo dei ciliegi zaratini conservati nei vivai dell'Università di Firenze e del sostanzioso mutuo concesso dalla filiale padovana della Banca commerciale italiana per l'acquisto delle attrezzature necessarie alla produzione, il L. poté ricominciare l'attività a costi d'avvio quasi nulli. Nel 1947, anno dell'inaugurazione dello stabilimento di Torreglia, si apriva, dunque, un nuovo capitolo nella storia della Girolamo Luxardo.
Poiché la produzione di maraschino non poteva essere istantaneamente riattivata (le piante erano ancora troppo giovani, e inoltre la distillazione e l'invecchiamento del liquore avrebbero comportato ulteriori tempi di attesa), il L. ebbe l'idea di puntare su altri prodotti di più veloce preparazione: l'Apricot, elisir a base di albicocche, e il Triplo Secco, entrambi appartenenti alla storica produzione della ditta di Zara. Tale operazione ebbe un notevole ritorno d'immagine, rendendo immediatamente riconoscibili alla ex clientela le lontane origini della nuova impresa, e consentendo al L. di riannodare i fili con l'antica rete distributiva e commerciale. Dopo qualche anno fu possibile tornare a produrre il celebre liquore di ciliegie, cui andarono ad affiancarsi altre bevande (Cherry Brandy, Lacrima d'oro e Sangue Morlacco).
La diversificazione dei prodotti procedette di pari passo con l'accesso a nuovi mercati, tra cui, a partire dai primi anni Cinquanta, quello statunitense, destinato rapidamente a diventare, insieme con il Canada, il principale importatore dei liquori confezionati nell'azienda del Luxardo. La rinata fabbrica di Torreglia, che all'atto della riapertura nel 1947 contava sei operai reclutati tra i contadini della zona, con l'andare del tempo accolse diversi ex dipendenti della storica ditta Luxardo, ponendosi come punto di riferimento per molti esuli zaratini giunti in Italia.
Nello stesso periodo, il L. dovette misurarsi con il problema della concorrenza illegittima da parte del vecchio stabilimento di Zara (nel frattempo ribattezzato I Tvornica Likera Maraska), nel quale, già a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale, il governo iugoslavo aveva iniziato a produrre maraschino spacciandolo per l'originale Luxardo.
Negli anni Sessanta un lungo processo che opponeva i due stabilimenti prese avvio dinanzi al tribunale di Genova: esso si sarebbe concluso dopo anni di fronte al tribunale di Monaco di Baviera, con la condanna definitiva dell'azienda di Zara per contraffazione di marchi registrati, concorrenza sleale e uso scorretto di affermazioni pubblicitarie.
Il L. non poté assistere a questo successo poiché morì improvvisamente il 1( luglio 1963 a Torreglia.
Al momento della sua scomparsa, il processo di acclimatamento delle ciliegie dalmate sulle colline di Torreglia, da lui tenacemente perseguito, poteva dirsi concluso. In quello stesso anno l'azienda, cresciuta sino a occupare oltre trenta dipendenti, passò nelle mani della quinta generazione della famiglia Luxardo.
Fonti e Bibl.: Impressioni della stampa inglese sull'industria italiana del "maraschino", Como 1927; N. Luxardo De Franchi, Maraschino Luxardo: evolution and history of a famous Italian liqueur, Torreglia-Padova 1952; Id., Storia del maraschino, Padova 1952; Id., Cenni storici sui Luxardo, Padova 1958; Girolamo Luxardo Privilegiata Fabbrica Maraschino "Excelsior" contro Distilleria I Tvornica Likera Maraska (sentenza del tribunale di Genova del 1965), Padova 1965; N. Luxardo De Franchi, Nicolò Luxardo. Vita di un uomo, Padova 1968; N. Luxardo - F. Pagnacco, Pietro Luxardo: Iadra ad cedem, Padova 1971; G. Bonfiglio Dosio, La fabbrica di maraschino Francesco Drioli di Zara: 1759-1943, Cittadella 1986 (contiene tracce di un carteggio con i Luxardo); N. Luxardo De Franchi, Gli stemmi dei Luxardo, Padova 1989; Id., Dietro gli scogli di Zara, Gorizia 1999.