VALLA, Giorgio
– Nacque a Piacenza nell’estate del 1447 da Andrea e da Cornelia Corvini, di nobile famiglia.
Subito dopo la nascita, fu condotto a Vigoleno dove rimase fino ai dieci anni e dove ebbe la prima educazione. Si spostò, quindi, a Piacenza presso il conte Antonio Scotti, con i figli del quale approfondì gli studi letterari in latino. Nel 1462 si trasferì a Milano per imparare il greco con Costantino Lascaris, in compagnia di celebri personaggi come Cicco Simonetta e Gian Giacomo Trivulzio, probabilmente fino al 1465 quando Lascaris lasciò Milano. Si distinse in questo periodo per la precocità e la versatilità delle capacità letterarie.
Nel 1465 si trasferì a Pavia per studiare dialettica, filosofia e medicina; approfondì così la conoscenza del greco con Andronico Callisto e si dedicò agli studi scientifici sotto la guida del medico e matematico Giovanni Marliani. Da questo momento in poi la sua attività di insegnamento e i suoi interessi di ricerca si divisero equamente tra studi letterari, filosofici e scientifici in greco e latino. Valla insegnò così a Pavia dal 1466 al 1485, dove ebbe allievi illustri come i figli di Ludovico il Moro, con alcuni periodi di docenza a Genova (1476-79) e Milano (1481-82).
La bravura di un allievo di Valla nel comporre orazioni e poesie in greco attirò l’attenzione di Ermolao Barbaro il Giovane durante il suo soggiorno a Milano come ambasciatore della Repubblica di Venezia. Questi si adoperò affinché Valla fosse chiamato a Venezia per sostituire Giorgio Merula come professore di latino e greco alla Scuola di San Marco. Negli ultimi anni la vita dell’umanista fu turbata da una disavventura giudiziaria: nel 1496 fu arrestato, interrogato, torturato e imprigionato per otto mesi (febbraio-ottobre), poiché fu sospettato, insieme al suo allievo Placido Amerino, di parteggiare per il re di Francia Carlo VIII per il tramite di Gian Giacomo Trivulzio e di aver passato a quest’ultimo informazioni a svantaggio dell’alleanza, in funzione antifrancese, tra Ludovico il Moro e la Repubblica Veneta.
Fin dall’esordio della sua attività editoriale Valla affiancò interessi letterari e scientifici. La sua prima opera a stampa, infatti, fu il Galeni ad medicinam introductorium (Milano 1481); subito dopo, tuttavia, venne la Lima in Ioannis Tortelli ortographiam (Venezia 1484) e, nell’anno del suo passaggio a Venezia, i Commentaria in Ciceronis Topica, de fato, de universitate (Venezia 1485). Nei primi anni del soggiorno veneziano pubblicò le Iuvenalis Saturae cum commentario (Venezia 1486), gli Astronomici veteres (Venezia 1488), che comprendono le opere astronomiche e geografiche di Avieno, le traduzioni degli Aratea di Germanico e Cicerone, insieme al Liber medicinalis di Quinto Sereno; inoltre, nel medesimo anno, curò un’edizione degli Alexandri Aphrodisiensis problemata (Venezia 1488). Sempre riconducibile a Giorgio Valla è un commento alla Rhetorica ad Herennium (Venezia 1490), stampato sotto lo pseudonimo di Girolamo Capiduro da Parenzo.
Il lavoro di commento, traduzione ed edizione di testi filosofici e scientifici greci si fece più intenso negli anni successivi. Valla, infatti, stampò la traduzione degli Aristotelis magna moralia (Venezia 1496), quella del Cleonidis harmonicum introductorium (Venezia 1497) e, soprattutto, un’ampia collezione di traduzioni dal greco (Venezia 1498).
Questa collezione comprende: Nicephori de arte disserendi; De expedita ratione argumentandi (un trattato dello stesso Valla); Euclidis elementorum liber XIV; Hypsiclis interpretatio eiusdem libri Euclidis; Procli Diadochi de fabrica usuque astrolabi; Nicephori astrolabi expositio; Aristarchi de distantia et magnitudine lunae et solis; Timaei Locri de mundo; Cleonidis musica; Eusebii de quibusdam theologicis ambiguitatibus; Cleomedis de mundo; Athenagorae de resurrectione; Aristotelis de coelo, poetica, magna moralia; Pselli de victus ratione; Galeni de optima corporis nostri confirmatione, de bono corporis habitu, de inaequali distemperantia, de praesagitura, praesagium experientia confirmatum; Alexandri Aphrodisiensis de febribus; Rhazis de pestilentia.
In questa miscellanea risulta evidente l’attenzione di Valla per retorica, dialettica, matematica, astronomia, musica, teologia, cosmologia, etica e medicina. Appare così con chiarezza la molteplicità degli interessi e l’originale enciclopedia di Valla: il punto di partenza è quello retorico, che permette la costruzione di una corretta organizzazione, esposizione e argomentazione delle conoscenze; il secondo pilastro è quello della matematica che consente di rappresentare la realtà in modo preciso e corretto.
Valla fu in corrispondenza con alcuni dei maggiori umanisti della sua epoca; in particolare, tra le sue lettere leggiamo scambi epistolari con Iacopo Antiquari, Ermolao Barbaro, Francesco Filelfo, Costantino Lascaris, Niccolò Leoniceno, Pico della Mirandola, Rutgerus Sycamber; fu anche in relazione con Marsilio Ficino e Angelo Poliziano. Tra i suoi allievi si ricordano i patrizi veneziani Gasparo Contarini, Lorenzo Loredan, Ludovico Mocenigo e Vittore Pisani; inoltre, si possono menzionare Giovanni Antonio Flaminio, Giovanni Piero Valeriano, Pontico Virunio e Bartolomeo Zamberti.
Fu celebre anche per la sua biblioteca, ricca di manoscritti greci e latini. Dalle sue lettere è noto che molti umanisti, come Pico della Mirandola, chiedevano in prestito i suoi codici. Per esempio, Niccolò Leoniceno ottenne da Valla una copia del manoscritto del IX secolo con le opere di Archimede ed Eutocio per Poliziano. Dopo la morte di Valla, Alberto Pio di Carpi acquistò la maggior parte dei suoi volumi manoscritti e a stampa; alla morte di Alberto, nel 1531, questi furono ereditati dal cardinale Rodolfo Pio di Carpi e alla sua morte, nel 1564, i manoscritti greci e orientali furono raccolti nella biblioteca del duca di Ferrara, Alfonso II d’Este, e ancora oggi sono conservati presso la Biblioteca Estense di Modena; i codici latini si dispersero, anche se alcuni di essi sono stati riconosciuti nella Biblioteca Ottoboniana di Roma.
Morì a Venezia il 23 gennaio 1500. È conservata l’orazione funebre composta in suo onore da Bartolomeo Zamberti (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Lat. XI, 6 (=3811)).
L’anno successivo (1501), il figlio adottivo di Valla, Giovanni Pietro da Cademosto, pubblicò la maggiore opera del padre, rimasta inedita, il De expetendis ac fugiendis rebus, in due grandi volumi in folio per i tipi di Aldo Manuzio. Il progetto di una grande enciclopedia delle scienze e della filosofia risaliva agli anni giovanili di Valla: il primo abbozzo del progetto si può leggere nel manoscritto Quibus rebus humana perfecta sit felicitas (Milano, Biblioteca Ambrosiana, G 18 sup.), risalente agli anni genovesi di Valla (1480 circa).
L’opera è organizzata in sette ebdomadi per un totale di quarantanove libri e la sua composizione accompagnò l’umanista durante tutta la sua vita: nel 1491 compose il libro XIX, nel 1494 terminò il libro XLII, nel 1498 completò l’ultimo libro. Il primo volume contiene: un’introduzione sulla distinzione tra aritmetica e filosofia (l. 1) e le trattazioni su aritmetica (ll. 2-4), musica (ll. 5-9), geometria (ll. 10-15), astrologia (ll. 16-19), fisiologia e metafisica (ll. 20-23). Il secondo volume presenta la medicina (ll. 24-30), la grammatica (ll. 31-34), la dialettica (ll. 35-37), la poetica (ll. 38), la retorica (ll. 39-40), la filosofia morale (l. 41), l’economia e l’architettura (ll. 42-44), la politica (l. 45), i vantaggi e gli svantaggi del corpo (ll. 46-48) e le res externae, come i concetti di gloria, amplitudo ecc. (l. 49).
In questo progetto, l’umanista coniugò la globalità delle conoscenze e la trasmissione didattica delle discipline, avendo come punto di partenza la fede in un principio assoluto e unitario della verità. In tale visione enciclopedica, Valla innovò l’ordine tradizionale delle discipline: la matematica e la musica furono anticipate, mentre la grammatica e la retorica venivano dopo la medicina. Il suo metodo di lavoro prevedeva soprattutto la riproposizione e la sistemazione in lingua latina delle opere greche che egli aveva raccolto, letto e commentato con i suoi studenti alla Scuola di San Marco.
Infine, due anni dopo la morte dell’umanista, il figlio adottivo raccolse e pubblicò in volume alcune opere del padre rimaste inedite, i Commentaria in Ptolemaei quadripartitum, in Ciceronis partitiones et Tusculanae disputationes, in Plinii naturalis historiae lib. II (Venezia 1502).
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