giornalismo
s. m. – L'insieme delle persone impiegate nel settore dell'informazione, le aziende che ne fanno parte e i modi e le tecniche con i quali viene svolta l'attività di diffondere e commentare le notizie. Il g. e l'informazione riguardano soltanto una parte dei mezzi di comunicazione di massa, dalla quale resta fuori l'industria dell'intrattenimento, anche se la distinzione è sempre meno rigida. Il sistema dell'informazione italiana è caratterizzato dalla mancanza nella legge di una definizione del g. e delle sue pratiche e dal fatto che tale definizione si è andata costituendo, più che altro, sulla base di sentenze della Cassazione e della Consulta. Secondo alcuni il g., inteso tradizionalmente come quello della carta stampata, sarebbe entrato in crisi fin dall'avvento del mezzo televisivo e, prima ancora, di quello radiofonico. Tuttavia nel 21° secolo l'enorme diffusione di Internet ha cambiato il quadro. Le notizie possono essere ricevute attraverso mezzi digitali (v. ) con grande velocità e capillarità: l'offerta si è enormemente ampliata e le aziende editoriali hanno cercato di adeguarsi offrendo i loro contenuti anche su supporti digitali, come abbonamenti via Internet fruibili attraverso personal computer, e . Inoltre le aziende, soprattutto quelle più importanti nel settore della stampa di informazione, hanno sviluppato siti Internet che forniscono notizie aggiornate, in un certo senso come agenzie di stampa: questi contenuti sono in genere gratuiti, ma negli ultimi anni in alcuni casi è invalso l'obbligo di registrazione e di pagamento per gli utenti, lasciando eventualmente alla consultazione gratuita solo un sommario. In questa situazione le aziende hanno dovuto rapidamente cambiare impostazione nel 21° secolo, a iniziare dalla limitazione dei formati dei quotidiani cartacei per contenere i costi, passando spesso dal formato tradizionale a quello tabloid, che un tempo era stato tipico dei quotidiani popolari e scandalistici, o al formato berlinese (47x31,5 cm), intermedio fra i due. La necessità di contenere i costi è causata, almeno in parte, dalla diminuzione degli introiti pubblicitari della carta stampata, collegata all'aumento invece della pubblicità televisiva e, negli ultimi anni, anche di quella su Internet. Secondo dati Nielsen citati dalla FIEG (Federazione italiana editori giornali), l'investimento pubblicitario nella stampa italiana, diminuito da 2080 milioni di euro del 2010 a 1953 milioni di euro del 2011 (-6,1%), è in continuo calo rispetto a quello televisivo e in un solo anno si è scesi dello 0,7% sul totale del mercato della pubblicità; inoltre dal 2005 al 2011 l'investimento percentuale in pubblicità sulla stampa è calato dal 32,3% al 24,7% (sommando quotidiani e periodici), mentre quello su Internet è salito nello stesso periodo dall'1,7% al 14,6%. Tale tendenza è diffusa in tutti i paesi industrializzati, ma in Italia la raccolta pubblicitaria della stampa è più bassa rispetto, per esempio, a Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti. Le vendite e i ricavi della stampa continuano a scendere condizionando il modo di fare giornalismo. L'occupazione nel settore è in diminuzione dal 2007 per i giornalisti e fin dal 1991, anno da cui partono i dati FIEG, per gli operai e tecnici poligrafici. La stampa italiana nel 21° secolo, più ancora che in precedenza, aveva cercato di aumentare i suoi introiti collegando la vendita dei giornali a dei prodotti collaterali: libri o supporti multimediali di musica, video o altro, come oggetti di utilità di vario genere o collezionabili, i cosiddetti gadget. L'operazione è sostanzialmente riuscita fino al 2008, l'anno dell'inizio della crisi economica ancora in corso nel 2012, quando i ricavi di questo genere hanno iniziato a diminuire: nel 2007 essi rappresentavano il 12,2% del fatturato editoriale, nel 2010 appena il 6,6%. Inoltre i ricavi dai soli libri 'collaterali' sono scesi del 37,7% dal 2009 al 2010, contro il -19,2% degli altri prodotti nello stesso periodo: anche questo dato sembra rientrare in quella che per la FIEG è una delle caratteristiche della crisi, ovvero che gli italiani tendano a iniziare a risparmiare, fra le altre cose, sugli acquisti di prodotti editoriali. I dati Istat infatti mostrano che la spesa delle famiglie per l'acquisto di giornali (aggregati agli articoli di cancelleria) è scesa dall'1,17% del totale nell'anno 2000 allo 0,85% nel 2010, pur leggermente in risalita dallo 0,83% del 2009.
Crisi e prospettive del giornalismo. – Quale sia il peso di Internet sulla cosiddetta crisi del g. non è così evidente perché, al di là dei dati dell'occupazione in Italia, l'informazione online ha anche creato nuove possibilità. Dapprima i giornalisti si sono orientati su un nuovo mezzo di comunicazione messo a disposizione dalla rete, il , visto come un mezzo editoriale a basso costo rispetto alla complessa macchina organizzativa della carta stampata. Alcuni di questi blog sono diventati di grande importanza, come Huffington post; d'altra parte alcuni blog sono stati anche un modo nel quale hanno potuto esprimere la propria opinione tantissime persone al di fuori del tradizionale percorso professionale dei giornalisti. Inoltre i blog, sebbene meno in auge negli ultimi anni per la grande diffusione dei , sono entrati tra le fonti dei giornalisti, data l'abitudine di alcuni personaggi di rilievo di esprimersi attraverso di essi. Internet, tuttavia, non è necessariamente in concorrenza con la carta stampata, in una battaglia che potrebbe avere un solo vincitore, la rete, almeno per la velocità. Il confronto si può risolvere, secondo alcuni, nel modo che ha la carta stampata di riflettere sui fatti e darne un'interpretazione, come ha del resto tradizionalmente fatto e ora dovrebbe fare in misura superiore, per differenziarsi. Le poche ore in più che un quotidiano ha per prepararsi a uscire la mattina dopo possono essere utilizzate per elaborare analisi e fornire risposte a domande complesse, cosa che più difficilmente può dare Internet con la sua velocità nemica dell'approfondimento. L'uso di massa di Internet ha poi dato origine a un fenomeno di grande rilevanza sociale e politica, quasi più che giornalistica, il : esso è parte di un fenomeno più ampio che si può definire user generated content «contenuti creati dall'utente», nel quale rientrano anche i commenti attraverso Internet che i giornalisti ormai spesso ricercano da parte degli utenti dei siti, per instaurare un dialogo con i lettori e talvolta 'fare notizia'. Infatti l'enorme numero di commenti che notizie di particolare rilevanza hanno talvolta generato, così come il numero di sottoscrizioni, in alcuni casi elevatissimo, di petizioni su Internet per cause varie, politiche e no, sono un esempio di come l'interattività possa generare notizie e anche, ritengono alcuni, contribuire a una nuova forma di democrazia. Partendo da questo si è parlato molto di nuovi g., nei quali l'interattività tra professionisti e no si può esplicare in vari modi, o, per esempio, di data journalism, fondato sull'analisi di grandi quantità di dati dai quali si possono trarre delle notizie rilevanti, che altrimenti resterebbero nascoste per la difficoltà e l'estensione della ricerca. Conseguentemente il g. sembra essere sempre più lontano da quello che era un tempo, risentendo anche di una crisi di credibilità e del calo del g. d'inchiesta. Tuttavia l'inchiesta nel senso tradizionale del termine ha dato impulso nel 21° secolo sia a quotidiani sia, soprattutto, a trasmissioni televisive (per es. Report su Rai 3). Il g. di inchiesta, o investigativo, è comunque di per sé più dispendioso in termini di tempo e di costi rispetto a quello che tende a basarsi solo su fonti istituzionali o comunque abituali, quelle di solito utilizzate dalle agenzie di stampa (Report, per es., ricorre a inchieste realizzate all'esterno della struttura della Rai per contenere i costi). Un problema tipico del g. del 21° secolo è la diffusione della comunicazione e la sua crescente sovrapposizione con l'informazione. Già la parola comunicazione è in questo caso usata nel senso aziendale del termine, come trasmissione di informazioni su un ente o un'azienda attraverso tecniche, una delle quali può essere il giornalismo. Infatti una figura professionale come quella dell'addetto stampa sempre più spesso è definita responsabile della comunicazione, intendendo una persona che può avere una formazione e una mentalità aziendali. A questo proposito la Carta dei doveri del giornalista degli uffici stampa, un documento del 2002 dell'Ordine dei giornalisti, è esplicita sui problemi che si possono presentare e, pur riferendosi al caso di un ufficio stampa di una pubblica amministrazione, non sembra avere bisogno di commenti: «Il giornalista deve, in armonia con il dettato legislativo, dividere nettamente il compito degli altri soggetti previsti dalle norme di legge in materia di informazione e comunicazione da quello di operatore dell'ufficio stampa, evitando situazioni di confusione nelle quali il dovere di informare in maniera obiettiva ed accurata può finire col configgere con le esigenze di una informazione personalistica e subordinata all'immagine». Oltre a ciò il giornalista, risulta dallo stesso documento, «annovera tra i suoi doveri d'ufficio l'obbligo di difendere la propria autonomia e la propria credibilità professionale. Tale obbligo si sostanzia altresì nel tenere l'informazione distinta da altre attività di comunicazione e di promozione, pur cooperando nella distinzione dei ruoli e nella chiarezza dei messaggi». Secondo un'indagine demoscopica del 2011 di AstraRicerche, per di più, gli italiani ritengono che i giornalisti in genere non seguano la loro deontologia professionale (v. ): il 53,7% degli intervistati ritiene che sia nulla o bassa la diffusione dei comportamenti eticamente corretti da parte dei giornalisti e Internet è considerata eticamente più virtuosa (6,68 in media in una scala fino a 10) rispetto ai giornalisti stessi (5,37), ai quotidiani (5,11) e alla televisione pubblica (4,69). La percezione che gli italiani hanno del g. è quindi abbastanza negativa e questa è una delle sfide che la professione deve affrontare. Altri problemi aperti sono quelli dell'accesso alla professione e, più in generale, del senso dell'esistenza dell'Ordine come strumento di autogoverno della categoria. L'accesso alla professione è stato oggetto di numerosi progetti e dibattiti negli anni, che spesso contenevano l'introduzione della laurea come titolo necessario; questa innovazione è contenuta nelle linee guida della riforma che l'Ordine dei giornalisti ha approvato all'inizio del 2012, in attesa che essa diventi legge. Il governo infatti, dalla fine del 2011, ha ripreso a occuparsi della riforma delle professioni, anche quelle già regolamentate come quella di giornalista, e ne ha fissato delle scadenze: entro la fine dell'anno successivo dovrebbe determinarsi un testo unico delle professioni. Contro l'ordine professionale si levano periodicamente voci e nel 1997 si era svolto un referendum popolare, che non aveva raggiunto il quorum, per chiederne l'abolizione.