INNOCENTI, Giorno degli
È la festa liturgica in cui la Chiesa romana celebra il martirio dei bambini che, secondo Matteo, II, 16-18, furono fatti uccidere da Erode (v.) a Betlemme, e fra i quali Erode pensava che sarebbe stato incluso anche Gesù.
Non consta in che epoca questa festa entrasse nel ciclo liturgico romano. Essa è ignota al calendario Filocaliano (del 354), ma appare al 28 dicembre (come ancora oggi) già nel calendario di Cartagine (sec. V-VI) e nei sacramentarî Leoniano (circa 485) e Gelasiano, mentre nel calendario siriaco appare al 23 settembre e presso gli Armeni il lunedì dopo la II domenica di Pentecoste. Certo la festa del Natale di Gesù dovette occasionare molto presto quella degl'Innocenti uccisi in sua vece; perciò a Roma questo giorno era di lutto e penitenza. Gli antichi ordines romani prescrivono per le funzioni liturgiche le vesti violacee, e all'ufficio notturno si ometteva il canto del Te Deum, alla messa quello del Gloria e dell'Alleluia, a meno che non fosse domenica: prescrizioni tuttora in vigore. Anticamente i fedeli si astenevano da cibi di carne. L'appellativo d'"innocenti" fu in uso solo nella Chiesa romana; in altre chiese latine si chiamarono semplicemente "bambini" (infantes).
Antichi documenti liturgici hanno fantasticato sul numero dei bambini uccisi da Erode, portandolo o a 14.000 (presso i Greci), o a 64.000 (presso i Siri), o anche a 144.000 (presso varî documenti medievali, certo sotto l'influenza di Apocalisse, XIV, 3). Calcoli di commentatori modemi del Vangelo hanno fissato tale numero a circa 15, e anche meno.
In varie chiese (S. Paolo fuori le Mura e S. Maria Maggiore a Roma, S. Giustina a Padova, il duomo di Milano e quello di Lisbona, ecc.) si conservano reliquie ritenute dei Ss. Innocenti. In parecchi luoghi di Inghilterra, Germania e Francia, anticamente nel giorno degl'Innocenti celebrava una particolare cerimonia il vescovo-bambino, cioè un bambino eletto a tale carica il giorno di S. Nicola (6 dicembre); egli portava la mitra e altre insegne vescovili, cantava orazioni, faceva un discorso e dava infine la benedizione al popolo sedendo sulla cattedra vescovile, mentre altri bambini sedevano sugli stalli dei canonici.
Bibl.: L. Helmeling, in Kirchenlexicon, 2ª ed., XII, p. 396 segg.; N. Nilles, Kalendarium man. utriusque eccl., Innsbruck 1897; J. Schuster, Liber sacramentorum, Roma 1924, II, p. 177.