FORTINI, Giovacchino
Nacque a Settignano presso Firenze il 20 ott. 1670 da Pier Maria e da Margherita Tortoli.
Fratello maggiore di Benedetto, il F. apparteneva a una famiglia che contava scultori, scalpellini e stuccatori, come il padre morto nel 1701 mentre operava nella basilica fiorentina della Ss. Annunziata.
Compì il tirocinio presso Carlo Marcellini e Giuseppe Piamontini. La sua prima opera degna di nota è la coppia di angeli marmorei nel pennacchio della cupola a destra dell'altare nella cappella Feroni alla Ss. Annunziata (1691-1693) che rivelano l'influenza dello stile di G.B. Foggini, direttore dei lavori.
Un'opera minore del periodo è la maschera funebre del servita Filippo Franci, assai amato in città per le opere di carità. Al 1694 risale l'immatricolazione del F. all'Accademia del disegno di Firenze, istituzione nella quale percorse il cursus honorum fino a ricoprire le cariche di maestro e di provveditore. Sempre nello stesso anno partecipò alla decorazione plastica della navata dei Ss. Michele e Gaetano con la statua di S. Matteo che sovrasta il bassorilievo, pure del F., col Martirio del santo (1694-1696). Al 1697 risalgono tre busti marmorei di divinità antiche per le nicchie del salone grande di palazzo Corsini in Parione (Visonà, 1988).
All'inizio del 1699 Fabio Feroni, con l'intento di decorare la villa di Bellosguardo in Valdinievole fatta erigere dal padre Francesco, chiamò il F. a scolpire in marmo i due angeli che sostengono il ciborio della cappella, conformi al modello in piccolo presentato al committente (Milano, Arch. Cerrina Feroni, Fabbriche di Bellavista… dal 1675 al 1786, busta "Scritte con diversi manufattori per la fabbrica di Bellavista dal 1698 al 1702", cc. n.n.). Col nuovo secolo il F. entrò nel novero degli artisti prediletti da Cosimo III de' Medici e dai committenti internazionali. Nel 1701 firmò e datò il monumento funebre di Philipp von Hochkirchen, generale della cavalleria e consigliere militare dell'elettore palatino Giovanni Guglielmo, consorte di Anna Maria Luisa de' Medici.
L'opera, eseguita per la chiesa degli osservanti di Colonia, con la soppressione dei conventi nel 1802 fu trasferita nella cappella di S. Stefano del duomo della città. Sono conservati la figura semigiacente del committente, ricavata in un unico blocco di marmo, lo stemma della sua casata e l'iscrizione, mentre risultano mancanti gli elementi architettonici e decorativi, come i trofei e i due geni portatori di fiaccole. Il grandioso monumento parietale richiese probabilmente la presenza del F. a Colonia.
Sempre nel 1701 il F. continuò a lavorare per il Feroni scolpendo le statue in travertino della Giustizia e dell'Abbondanza a ornamento del prato della villa di Bellavista, cui fecero seguito l'anno successivo le Quattro stagioni (Milano, Arch. Cerrina Feroni, Scritture private dal 1606 al 1789, cc. n.n.). Fabio Feroni si fece ritrarre dal F. in un busto in terracotta (il modello conservato a Berlino, Staatliche Museen, è datato 1701), in una medaglia, che sul rovescio presenta la veduta della villa, e in un ritratto in marmo (Edimburgo, Royal Scottish Museum).
Dalle carte Feroni risulta che nel novembre 1702 il F. attendeva ai ritratti postumi in marmo dei genitori del Feroni: Francesco e Prudenza. Del ritratto di Francesco si conosce il bellissimo modello in terracotta datato 1702 (Sotheby's, New York, 6 giugno 1994, n. 101).
Un ritratto femminile in marmo (forse Prudenza Feroni) con l'assegnazione al F. si trova nella raccolta di Piero Bigongiari a Firenze (la versione in terracotta, con restauri nel volto, è comparsa all'asta Pandolfini, marzo 1994: vedi catal., n. 598).
In contiguità stilistica col ritratto di Fabio Feroni si colloca il busto eseguito postumo in terracotta, patinata di bruno, di Geri Della Rena (Mostra del ritratto italiano, 1911), che reca la firma del Fortini. L'opera fu realizzata in preparazione al busto marmoreo inserito nel monumento commemorativo fatto collocare nel 1712 in palazzo Pucci.
Nel 1704 il F. ritornò a lavorare nella basilica della Ss. Annunziata.
Disegnò l'altar maggiore in marmi colorati, i cherubini alle estremità, i genietti nel terzo gradino, e i due cherubini in funzione di impugnature delle porte del coro ai lati dell'altare, realizzati in bronzo dorato dall'orafo Giovan Francesco Bertini. Scolpì l'anno dopo le immagini marmoree a grandezza naturale di S. Filippo Benizi e S. Giuliana Falconieri, poste sul recinto del coro, opere assai apprezzate dal Gabburri. Fra il 1706 e il 1707 il F. approntò i tre angeli in marmo che sostengono il ciborio argenteo dell'altar maggiore.
Per le terziarie dell'Ordine dei servi, dette le mantellate, il F. eseguì nel 1708 un Cristo morto in marmo, molto lodato dalle fonti; il F. progettò successivamente per le monache il nuovo convento di via della Crocetta (oggi via Laura), dove le mantellate si trasferirono alla fine del secondo decennio. Anche la costruzione della chiesa fu condotta su disegno del F. (il complesso conventuale è andato distrutto).
Intorno al 1709 si pone il S. Sebastiano della Confraternita della Misericordia di Firenze.
In legno e gesso dorato, di altezza maggiore del naturale, l'immagine figurò nell'apparato approntato dal F. per la festa del santo patrono in quell'anno. La sfinata eleganza neo-parmigianinesca di questa scultura è la nota distintiva della coppia di statue dell'Autunno e della Primavera della villa del Barone a Montemurlo (Firenze).
Nel 1715 il F. intervenne su un reperto antico, trasformandolo in una figura di Venere, con l'aggiunta della testa, del panneggio e di altre parti (Firenze, palazzo Capponi); allo stesso modo dovette procedere per il Nettuno collocato a pendant, ora disperso. Nello stesso palazzo realizzò due putti che reggono lo stemma di famiglia (1711). La conoscenza dell'antico coltivata dal F. si esplicò anche nella valutazione della raccolta di antichità di palazzo Del Nero e nella piccola copia in terracotta dei Lottatori, derivata dal marmo della tribuna degli Uffizi (già Londra, coll. Heim).
Nel secondo decennio il F. fu impegnato nell'allestimento di spettacoli e di architetture di apparato. Nel 1711 preparò i disegni per la cerimonia funebre di Francesco Maria de' Medici alla Ss. Annunziata. Seguirono fra il 1711 e il 1712 le statue effimere della Dalmazia per le esequie dell'imperatore Giuseppe I in S. Lorenzo e della Gratitudine per la canonizzazione di papa Pio V, nella stessa chiesa. Per l'arrivo a Firenze del principe elettore di Sassonia, Federico Augusto, nel 1712 allestì, con A. Cornacchini, G.C. Ciabilli e G. Tonelli, la festa nel teatro della Pergola (Arch. di Stato di Firenze, Depositeria generale, Parte antica, 579, Libro di debitori e creditori della Depositeria, 1711-1715, c. 107). Nella casa avita di Settignano fece rappresentare pièces teatrali e musicali, fra cui l'Amante spiantato di Carlo Marcellini (Visonà, 1990).
In quegli stessi anni il F. assunse nuovi lavori per la Ss. Annunziata, e il 24 marzo 1711 fu pagato per il disegno di una coperta da messale in argento (Brown, 1981).
Lavorò inoltre alla decorazione a stucco con ritocchi d'oro raffigurante gli Strumenti della Passione commissionata da Angiolo M. Bandinelli per la cappella della Pietà nella basilica, che le ricordanze del convento collocano nel 1715 (Arch. di Stato di Firenze, Corporazioni religiose soppresse…, 119, 56, c. 527). Anche nel terzo decennio il F. fu richiamato a più riprese dai servi alla Ss. Annunziata. Nel 1721 fornì il disegno del paliotto eseguito in argento da Lorenzo Loi per l'altare di S. Filippo Benizi, scomparso al tempo dei Francesi a Firenze. L'anno seguente completò la sontuosa decorazione dell'intera cappella del capitolo in marmi colorati e stucchi. Nel 1727 eseguì la statua del servita S. Pellegrino Laziosi per la festa della sua canonizzazione (ibid., 119, 57, c. 144).
La ritrattistica assorbì molta parte dell'attività del F., che praticava questo genere anche nella medaglistica.
Un capolavoro è il ritratto del Gran principe Ferdinando de' Medici (Port Sunlight, Trustees of Lady Lever Art Gallery), per il quale si propone una datazione vicina ai ritratti di quattro principi della famiglia reale francese, il Delfino, Filippo II d'Orléans, Charles, duca di Berry e Filippo d'Orléans, fratello di Luigi XIV, realizzate fra il 1702 e il 1705. A volte realizzò imitazioni caricate, come nel caso del medaglione in marmo raffigurante il re di Danimarca, Federico IV del 1709 (Firenze, Museo dell'Opificio delle pietre dure). È assegnato al F. il monumento funebre dedicato nel 1714 a Giuseppe Neri nella chiesa di S. Giuseppe, il cui ritratto in marmo apuano spicca sullo sfondo di marmi maculati. Dal 1713 al 1725 modellò una serie di medaglie bronzee per principi e patrizi della corte fiorentina, in cui rivelò particolari capacità nelle invenzioni rapide ed efficaci dei rovesci. Si considerino, come esempi di alto livello, le medaglie di Francesco Riccardi, di Ludovico Tempi, di Cosimo III e di Anna Maria Luisa de' Medici del 1717 (Firenze, Museo del Bargello e coll. private). Un tono di sofisticata ricercatezza emana dal ritratto in bronzo su fondo in marmo maculato di Cosimo III de' Medici (Baltimora, Walters Art Gallery), assegnato al F. dalla Langedijk (1981-87). La data proposta (1720) trova riscontro nelle due medaglie cosimiane fuse dal Fortini. Quattro busti, conosciuti come Eugenio di Savoia, Annibale Visconti (ora nella National Gallery di Edimburgo), un membro di questa famiglia e un gentiluomo in armatura, si legano all'elegantissimo busto, dove l'impressione del vero si fa più viva, di Ludovico Fantoni inserito nel 1725 nella "memoria" funebre nella chiesa di Badia.
Al 1713 risale l'inizio dell'attività nella chiesa dei filippini di S. Firenze.
Il 9 giugno dell'anno seguente presero avvio i pagamenti protrattisi fino al 1716 per le statue della Carità e della Purità destinate alle edicole ai lati dell'altar maggiore e per i due medaglioni in pietra della navata con Storie di s. Filippo Neri. Nell'atrio del convento (ora sede del tribunale), sono conservati i modelli preparatori in gesso con varianti. Quindi, fra il 1715 e il 1716 il F. scolpì ancora per la chiesa dei filippini due acquasantiere in marmo rosso sostenute da cherubini in marmo bianco e i cherubini alla sommità della cornice centinata di tre altari laterali. Negli stessi anni il F. sostituì G.B. Foggini come sovrintendente della fabbrica dei filippini, ruolo che mantenne, con qualche interruzione, fino al 1736, anno della morte. Al F. si deve la messa a punto dell'arredo in pietra della chiesa: i sei altari della navata, nonché l'altar maggiore. Nel 1730 preparò il modello della facciata della chiesa, affiancato da Ferdinando Ruggieri, che approntò i disegni. I due sovrintesero all'opera di muratura ultimata nel 1733, la decorazione plastica fu completata nel 1736 dal F. con le statue marmoree della Fede e della Speranza.
Grazie al favore del granduca Gian Gastone de' Medici, nel 1725, alla morte del Foggini, ebbe la carica di "Architetto della Real Cappella e Galleria", che comportava l'organizzazione del proseguimento dei lavori per il mausoleo dinastico di S. Lorenzo e la realizzazione degli arredi e manufatti per la corte medicea. All'epoca dei primi lavori per S. Firenze il F. aveva sentito la necessità di misurarsi con Roma, come attesta una lettera del 6 nov. 1715 al cardinale Bandino Panciatichi, che pregava di intervenire per ottenere l'incarico di scolpire una delle statue del Pantheon, ma non risulta che tale richiesta abbia avuto seguito. Alla fine del secondo decennio il F. eseguì per il chiostro di S. Domenico a Prato il Monumento funebre di Domenico Bartolozzi. Nel 1715 il F. aveva dedicato a Francesco Riccardi la medaglia con la veduta del palazzo (già Medici). Per il figlio Cosimo disegnò fra il 1720 e il 1721 una ricca lumiera in bronzo argentato, decorata con gocce in cristallo di rocca, oltre a sei girandole dello stesso materiale, poste su supporti raffiguranti le Quattro stagioni, la Notte e il Mattino intagliati in legno dorato da uno specialista (opere scomparse; vedi i disegni del F. in Gli ultimi Medici…, 1974). Nel giugno 1722 il F. approntò due tavole in marmo per Cosimo Riccardi, che nel 1729 gli affidò il rinnovamento della villa di Castelpulci. F. Ruggieri lo assistette nei lavori, che dopo la morte del F. furono diretti da A. Saller (Arch. di Stato di Firenze, Arch. Riccardi, 143, cc. 103 s.; 146, cc. 39, 42, 47, 53; 150, cc. 72, 100, 176).
Il gusto per l'accostamento di materiali diversi impronta l'Educazione della Vergine (Colonia, Kunstgewerbemuseum), commissionato al F. da Anna Maria Luisa de' Medici per la sala delle porcellane in palazzo Pitti, gruppo in bronzo a tre figure firmato e datato 1723, che poggia sulla base in marmo nero lumeggiata da cartigli, nastri e peducci in bronzo dorato.
Nel 1724 il F. partecipò alla commemorazione per la morte di Cosimo III, avvenuta l'anno precedente, e celebrata in S. Lorenzo, con la figura della Religione inserita nell'apparato disegnato da Alessandro Galilei. Il F. ottenne nuovi incarichi con il granduca Gian Gastone, di cui eseguì un ritratto in marmo (Bellesi, 1992). Nel 1726, con il fratello Benedetto, realizzò l'altar maggiore della chiesa pistoiese di S. Domenico, trasferito nel 1941 nella pieve di Popiglio. Fra il 1724 e il 1727 il F. fu incaricato da Anna Maria Luisa de' Medici di realizzare il gruppo in pietra di Cristo e la Samaritana al pozzo per la fontana nel giardino del convento della Quiete, scelto dalla principessa come ritiro spirituale.
A Violante di Baviera, vedova del gran principe Ferdinando, è dedicata dai confratelli della compagnia l'immagine della Madonna della Quercia, forse la stessa che si venera nel santuario di Montepulciano, disegnata dal F. e incisa da Cosimo Mogalli (Roma, Biblioteca Casanatense, 20. B.I. 44, n. 155).
Dal 1725 il F. fu direttore dell'Arazzeria medicea; sebbene documentato nelle carte contabili, rimane tuttavia da indagare e valutare il contributo del F. all'invenzione dei disegni tradotti nei cartoni dai pittori dell'epoca (Arch. di Stato di Firenze, Guardaroba, Appendice 65, Conti dell'Arazzeria, 1713-1744, cc. 195, 229, 415).
Come architetto lavorò fra il 1726 e il 1731 per la famiglia Ximenes d'Aragona intervenendo, col fratello Benedetto, nella villa Il Diluvio a Scandicci .
All'inizio del quarto decennio il F. fu tra gli scultori chiamati dal re del Portogallo, Giovanni V, a decorare la colossale basilica di Mafra, per la quale realizzò le statue di S. Filippo e di S. Jacopo, quest'ultima datata 1732. Allo stesso periodo appartengono i bassorilievi in terracotta dei Ss. Rocco e Cristina dell'oratorio della Madonna del Vannella a Settignano e il lavamano della sagrestia di S. Maria Novella (1734-1736).
Il F. morì a Firenze il 12 dic. 1736. Il giorno dopo fu sepolto nella prioria di S. Maria a Settignano, ai piedi del cenotafio da lui stesso disegnato nel 1733 a memoria del fratello Benedetto già defunto.
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