ANDREINI, Giovambattista
Nato a Firenze nel 1578, figliuolo primogenito di Francesco e d'Isabella Andreini, fu comico non men famoso dei genitori, e poeta che fu salutato come sommo dai contemporanei in Italia e fuori. Passò la prima giovinezza a Bologna, attendendovi agli studî. Nel 1594 fu chiamato a Firenze a sostener la parte d'innamorato nella compagnia comica dei Gelosi, e quivi assunse il nome di Lelio, che non abbandonò più, rivelandosi subito artista perfetto. Nel 1601, a Milano, rappresentò alcuni suoi lavori teatrali con gran successo; ed ivi anche prese in moglie quella Virginia Ramponi, che, iniziata da lui all'arte scenica, doveva salir poi a grande rinomanza col nome di Florinda. Nel 1604, scioltasi la compagnia dei Gelosi, entrò, con la moglie, nell'altra dei Fedeli, sorta allora per opera del duca Vincenzo I di Mantova; e ne era direttore nel 1620, quando la compagnia stessa s'avviò a Parigi, dove già egli era stato fra il '13 e il '14, e dove fu ancora nel '23, tra il '24 e il '25 e di nuovo nel '43. Nel '27 fu, con i suoi comici, in Germania, e là probabilmente gli morì la moglie. Nel '52, dopo aver girato instancabilmente per l'Italia settentrionale e centrale, era a Milano. Possedeva alcuni beni in quel di Mantova, e forse là si ritirò a vivere; ma morì a Reggio nell'Emilia, dov'era di passaggio, nel giugno del 1654. Scrittore fecondo, compose opere liriche, narrative e drammatiche, religiose e profane: sonetti in lode di santi che in vita calcarono le scene (Teatro celeste, Parigi 1625), un poema in ottave e un'azione scenica con lunghi brani musicati su La Maddalena (rispettivamente Venezia 1610 e Mantova 1617); un poemetto in ottave ad esaltazione di san Carlo Borromeo (La divina visione, Firenze 1604), e accanto a questo e a più altre opere ascetiche, commedie licenziose, come la Turca (composta nel 1608, ma stampata a Venezia 1620), lo Schiavetto (Milano 1612), le Due commedie in commedia (Venezia 1623), I due Lelii simili (Venezia 1622), ecc., tragicommedie pastorali, come La Centaura (Parigi 1622) e La Rosetta (Bologna 1632), un poema faceto in 25 canti in ottave (L'Olivastro ovvero il poeta sfortunato, Bologna 1642) e più altre cose ancora. Notevole, nelle sue commedie, il tentativo di unire la vecchia tradizione classicheggiante, con le forme e le abitudini della commedia improvvisa; ma il nome dell'A. è rimasto legato, più che a qualsiasi altra sua opera (e qualcuna, delle poetiche, ha veri pregi), all'Adamo (Milano 1613, ristampato di recente, Lanciano 1913), ad una cui rappresentazione in Milano si dice abbia assistito il Milton e ne abbia tratto il disegno del Paradiso perduto. La critica moderna, pur non potendo affermare o negare la presenza del grande inglese alla rappresentazione dell'opera andreiniana riconosce i punti di contatto fra questa e il celebre poema.
Bibl.: Magnin, "Teatro celeste": les commencements de la comédie italienne en France, in Revue des deux mondes, IV (1847); K. Trautmann, Italienische Schauspieler am bayrisch. Hofe, in Jahrb. f. Münchener Gesch., Monaco, I, 1887; E. Picot, Gli ultimi anni di G. B. A. in Francia, in Rass. bibliogr. d. lett. ital., IX (1901); V. Mazzetti, Un famoso comico e autore drammatico del Seicento morto in Reggio nell'Emilia, Reggio Em. 1915; cfr. Giorn. stor. d. letterat. ital., LXV (1915), p. 475; e le opere di F. Bartoli, A. Bartoli, Baschet, D'Ancona, Solerti, Bevilacqua, Rasi citate nell'articolo precedente.