BORGO (De Borgo, De Burgo), Giovambattista
Non ci sono note né la data né la località della nascita: il Mazzuchelli, che ne ricorda gli scritti con un brevissimo cenno, lo considera italiano, ma il B. in alcuni passi delle sue opere si dice irlandese e nell'introduzione al primo volume del suo Viaggio di cinque anni elenca una lunga serie di nobili antenati e parenti d'Irlanda. In questo paese, in effetti, egli tenne alcune cariche nella gerarchia cattolica, e come tale è ricordato nelle storie ecclesiastiche locali, ma forse nacque nello Stato di Milano o in altra regione dell'Italia settentrionale, dove, a quanto riferisce, soggiornò per più tempo.
Secondo il Burke, il B., dopo essere stato a lungo ufficiale nell'esercito austriaco, si era dimesso e aveva intrapreso la camera ecclesiastica; nel 1647 fu nominato vicario generale a Killaloe, in Irlanda, allora sede vescovile e nel 1671 fu designato vicario apostolico di Killala, altra diocesi irlandese, con la clausola, pena la decadenza dalla nomina, ch'egli dovesse assumere l'esercizio della carica entro quattro mesi. Poiché allora si trovava in viaggio in Italia, questa condizione non poté essere assolta e la nomina venne rinnovata il 30 maggio 1672. Il B. giunse nella sede assegnatagli prima della fine dell'anno, ma nel frattempo l'arcivescovo di Tuam aveva inviato un altro prelato, il Dowling, quale vicario generale per la sede di Killala, che da lui gerarchicamente dipendeva, rifiutando di riconoscere la designazione del B. sino a quando non gli fosse ufficialmente pervenuto il secondo documento di nomina. Il B., invece, non volle riconoscere l'autorità dell'arcivescovo Lynch e si appellò al primate d'Irlanda, Oliver Plunket.
Secondo quanto il B. stesso narra nel suo Viaggio, egli partì da Milano, ove gli pervenne la nomina per la sede di Killala, nel maggio 1672;con un lungo itinerario, passando per Vienna, la Germania e l'Olanda sino a Ostenda, dove si imbarcò alla volta di Londra, pervenne alla diocesi assegnatagli. Egli non riferisce con chiarezza i motivi e le vicende del suo contrasto con l'arcivescovo Lynch: secondo il Burke, il primate Plunket si espresse a suo favore, ma la stessa Curia romana sanzionò la nomina del Dowling a vicario apostolico.
Nel corso di un movimento di reazione antiromana il B. nel 1674 venne arrestato, processato e condannato a morte, pena poi commutata nell'ergastolo. Dopo due anni di detenzione venne liberato, con la condizione di lasciare l'Irlanda entro un mese. Tornò quindi in Italia ed ebbe, per qualche tempo, a Roma l'incarico di confessore generale nell'ospedale di S. Giovanni in Laterano. Nel 1678, per adempiere al voto di visitare i Luoghi Santi, formulato quando si era trovato in pericolo di vita per la condanna del tribunale irlandese, s'imbarcò da Livorno su nave inglese alla volta del Levante.
Dei cinque anni di peregrinazioni il B. ci offre, nel suo Viaggio, un racconto spesso molto dettagliato, ma sovente confuso e frammentario. Dopo aver fatto scalo a Napoli e a Messina e aver schivato il pericolo di alcuni legni corsari barbareschi che infestavano le acque tirreniche, con favorevole navigazione il vascello giunse in una settimana ad Alessandria d'Egitto; da Rosetta il B. s'imbarcò per raggiungere il Cairo lungo il Nilo, ma nel corso del viaggio venne aggredito e derubato; molto pericolosamente poté raggiungere il Cairo, ove incontrò mercanti e religiosi europei. Si portò quindi a Suez e poi a Gaza; imbarcatosi di nuovo giunse a San Giovanni d'Acri e di qui (ormai si è nel 1679), con un itinerario non accertabile con sicurezza, secondo quanto il B. narra nel Viaggio, pervenne a Gerusalemme, visitò Nazareth, proseguì per Damasco, percorse il Libano, fu a Tripoli di Siria e si spinse sino ad Aleppo. Nel viaggio di ritorno sostò di nuovo a Gerusalemme, ove alloggiò nel convento dei francescani, visitò Gerico, Betlemme e altre località di interesse religioso; sostò due mesi a Giaffa e da qui, via mare, giunse a Damietta.
Ad Alessandria, nel 1680, s'imbarcò su una nave messinese, che aveva un carico di lino e di seta, per far ritorno in Italia. Dopo aver costeggiato Candia e Cerigo, entrata nel canale di Zante, la nave fu avvistata da tre legni corsari tripolini, al comando di un rinnegato francese. L'equipaggio cercò scampo abbandonando il vascello, sul quale rimase il B. che venne fatto schiavo. Per circa un anno restò imbarcato sulle navi tripoline, percorrendo varie rotte nel Mediterraneo orientale in prevalenza nei pressi della Grecia, e assistendo alla cattura, da parte della squadra tripolina, di ben tredici vascelli europei in sei mesi. Per quanto accenna a un certo punto del Viaggio, sembra che mentre era schiavo a bordo d'un legno corsaro visitasse alcuni porti del Magreb occidentale, sino a Ceuta e Melilla.
A causa del ritorno delle navi corsare nel porto di Tripoli il B. sostò in questa città, sempre nella condizione di schiavo, per una quarantina di giorni. Forse rivenduto ad altro padrone, venne quindi imbarcato su una nave della squadra di Mustafà Chico, un rinnegato greco, delle cui imprese nel Levante fu testimone, in particolare della cattura di due vascelli francesi e d'uno sbarco a Famagosta. Per quattro mesi sostò nel porto di Chio e qui ebbe modo di far pervenire un biglietto al duca di Grafion, il quale si trovava con due navi nei pressi di Troia; attraverso l'autorevole intervento di questo riuscì ad essere liberato. Il B. non volle tuttavia tornare in Europa: dopo aver sostato ancora, sei settimane a Chio, successivamente si recò a Costantinopoli, ove si fermò per almeno un anno, potendo così acquistare una completa conoscenza della città.
Nel 1682 ricevette dal sultano Maometto IV un passaporto per rientrare in Europa (Viaggio, II, p.199), ma non se ne servì, intraprendendo invece un altro lungo viaggio, il cui itinerario è difficile stabilire con precisione in base alle indicazioni del Viaggio, anche per le difficoltà di identificare molte località citate. Postosi in compagnia d'un gruppo di mercanti olandesi, lungo il Mar Nero giunse a Trebisonda, donde proseguì per l'Armenia e da qui, in parte navigando sul Tigri, pervenne a Mossul e a Baghdād, ove sostò una ventina di giorni. Piuttosto confuse le notizie circa le ulteriori peregrinazioni dopo il ritorno al Mar Nero: il B. visitò, a quanto afferma la Georgia e la Mingrelia, la Moldavia e la Valacchia, spingendosi poi sino a Mosca, ove soggiornò un mese e mezzo. Attraverso la Crimea tornò nella penisola balcanica, percorrendo la Bulgaria e l'Ungheria.
Dall'opera del B. non risulta quando e dove egli terminasse il suo viaggio, conclusosi verosimilmente nel 1683. Secondo le notizie riferite dal Burke si trovò successivamente a Roma in condizioni quasi di miseria. Non conosciamo la data della sua morte.
Nel Viaggio risultano due dediche, rispettivamente all'inizio del primo e del secondo volume, datate da Milano nel marzo e nel luglio 1686, a Maria Beatrice d'Este, moglie del re d'Inghilterra Giacomo II, alla quale il B. chiedeva un autorevole intervento per la revoca del bando dalla Gran Bretagna. Il terzo volume è dedicato al cardinale d'Este.
Quel che suscita maggiore interesse nel Viaggio è la serie di notizie e di descrizioni attinte dalla viva esperienza dell'autore, ma nell'opera trovano anche largo posto banali digressioni storiche, elenchi di sovrani, brevi biografie di personaggi famosi (come quelle di Maometto, di Lutero, del Richelieu). I tre volumi contengono anche trattazioni specifiche, fra cui una Descrittione succinta della Vita,e cose più memorabili delli ventiquattro Imperatori Turchi da Osman sino a Maometto IV, e una serie di relazioni sulle campagne contro i Turchi negli anni dal 1684 al 1688. Un'altra opera del B. è la Hydraulica,o sia trattato dell'Acque minerali del Massino,S. Mauritio,Favera,Scultz (sic) e Bormio,con la guerra della Valtellina del 1618,fin'al 1638,e altre curiosità (Milano 1689), ove descrive le sorgenti e le qualità delle acque minerali della Valtellina.
Fonti e Bibl.: Fonte principale per la biografia del B. è il suo Viaggio di cinque anni in Asia,Africa e Europa…, 3voll., Milano 1686-1689. Vedi inoltre G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, p. 1759; O. J. Burke, The history of the Catholic archbishops of Tuam, Dublin 1882, pp. 179-81.