SPINOLA, Giovambattista.
– Nacque a Madrid il 20 settembre 1615 da Gianluca e da Battista Lomellini. Entrambi i genitori appartenevano alle fasce più alte dell’aristocrazia genovese.
Compì i primi studi in Spagna, dove la sua famiglia aveva estesi interessi, conseguendo la laurea in diritto civile e canonico. Anche gli esordi della sua carriera ecclesiastica si svolsero sotto la protezione della monarchia spagnola. Dopo aver ricevuto in commenda l’abbazia dei Ss. Pietro e Giovanni di Taranto e una pensione sul vescovato di Mazara, ottenne, alla morte dello zio, il cardinale Giovanni Domenico, il vescovato di Acerenza e Matera il 18 maggio 1648. Prese possesso della diocesi tramite un procuratore e vi si trasferì solo due anni dopo, nel maggio del 1650.
Il suo governo della diocesi non sembra essersi caratterizzato per un particolare impegno pastorale. Secondo una più tarda relazione sui cardinali, in quel periodo «attese a darsi bel tempo et a mercantizzare in grani con suo poco decoro e minor lode» (Seidler, 1996, p. 389). In realtà Spinola non fu un vescovo del tutto incolore. Restaurò il palazzo vescovile e nel 1652 fece celebrare un sinodo diocesano e attuò una politica di rigida difesa delle immunità ecclesiastiche, scomunicando in diverse occasioni le autorità cittadine che avevano attentato ai privilegi fiscali del clero.
Il 10 novembre 1664 Alessandro VII lo nominò arcivescovo di Genova, al posto del cardinale Stefano Durazzo, che aveva rinunciato alla sede. Il suo episcopato fu caratterizzato da forti tensioni giurisdizionali, in larga parte già avviatesi negli anni precedenti, con il Senato di Genova, aventi per oggetto sia questioni di precedenza sia la tassazione delle proprietà ecclesiastiche. Particolare rilievo ebbe la vicenda dell’inquisitore Michele Pio Passi, che la Repubblica genovese espulse dai suoi territori nel 1669. Dal 1675 Spinola risiedette a Roma e amministrò la diocesi tramite vicari generali, fino al 1681, quando gli successe Giulio Vincenzo Gentile.
Ottenne poi, anche grazie alle pressioni del suo parente Paolo Spinola, marchese de los Balbases e autorevole esponente del Consiglio reale spagnolo, la carica di segretario della congregazione dei Vescovi e regolari. In seguito, quando monsignor Luigi Bevilacqua fu inviato come plenipotenziario alla pace di Nimega, gli successe come governatore di Roma. Ricoprì la carica dall’ottobre del 1675, senza dismettere la segreteria della congregazione dei Vescovi. Il 1° settembre 1681, nella prima promozione cardinalizia di Innocenzo XI, fu nominato cardinale, ma mantenne ad interim la carica di governatore ancora per circa dieci anni, fino al luglio del 1691.
Nel suo governatorato, molto lungo rispetto a quello dei suoi predecessori, Spinola si dovette confrontare, oltre che con i gravi problemi dell’ordine pubblico, con una delicata questione politica, quella delle immunità che gli ambasciatori delle potenze europee pretendevano sulla aree prossime alle sedi delle legazioni. Il tema era diventato di stringente attualità dopo l’elezione al papato, nel 1676, di Innocenzo XI, poiché il papa aveva dichiarato di subordinare l’accettazione dei nuovi rappresentati diplomatici alla cessazione di una pratica che toglieva ampie zone della città di Roma al controllo delle autorità pontificie, favorendo il contrabbando e sottraendo alla giustizia i ricercati. Mentre la Spagna e la Repubblica di Venezia cedettero, la Francia rifiutò qualunque concessione.
La rottura con il governo di Luigi XIV si realizzò definitivamente nel 1687, alla morte dell’ambasciatore François Hannibal D’Estrées. Il 12 maggio il papa promulgò una bolla con cui dichiarava cessati i privilegi delle ambasciate. Il governo francese rispose inviando a Roma un nuovo ambasciatore, Henri de Beaumanoir de Lavardin, con un vasto seguito armato. In questo frangente, alcuni prelati, tra cui Urbano Giori e Spinola, si attivarono per una soluzione di compromesso e proposero a Innocenzo XI di riconoscere all’ambasciata di Francia un limitato privilegio di quartiere nelle strade adiacenti al palazzo Farnese, sede della legazione. Il papa, però, rifiutò decisamente questa opzione e a Spinola non rimase che gestire nella maniera più indolore possibile gli interventi della polizia pontificia nel quartiere dell’ambasciata. Nonostante la cauta azione di Spinola, la tensione crebbe durante tutto l’anno. Oltre a non ricevere Lavardin, il 26 dicembre 1687 Innocenzo XI lanciò l’interdetto sulla chiesa ‘nazionale’ di S. Luigi dei Francesi, mentre Luigi XIV fece occupare per ritorsione Avignone e il contado venassino. La crisi diplomatica si risolse solo due anni più tardi, dopo la morte di Innocenzo XI e una serie di rovesci diplomatici subiti dalla Francia.
Il ruolo svolto nella vicenda dei quartieri delle ambasciate non danneggiò la posizione di Spinola. Anche le istruzioni che il governo francese indirizzò, nel pieno della crisi, a Lavardin, sottolineavano che Spinola, pur essendo legato per tradizione familiare alla Spagna, si era rivelato personalità moderata e politicamente affidabile. Per questo motivo, non si riteneva di opporsi a una sua eventuale elezione al papato.
Nel conclave del 1689 ebbe un ruolo di guida del gruppo dei cardinali ‘innocenziani’ e sostenne la candidatura del cardinale Pietro Ottoboni, che fu eletto con il nome di Alessandro VIII. Durante i pontificati di Alessandro VIII (1689-91) e Innocenzo XII (1691-1700) mantenne un ruolo di spicco, ma non assunse cariche di rilievo. Ciò sia a causa del progressivo peggioramento della sua salute, sia anche a causa di una certa difficoltà di Spinola a collocarsi nella temperie ‘zelante’ che si andava affermando negli anni Novanta del Seicento.
Nel 1696 cambiò la sua chiesa titolare di S. Cecilia con quella di S. Agnese fuori le mura. Passò, poi, nel 1698, a S. Maria in Trastevere.
Nel conclave del 1700 la sua candidatura al papato acquisì qualche consistenza. Fu però avversata dal gruppo dei cardinali ‘zelanti’, che propugnavano l’elezione di un pontefice più giovane e, soprattutto, caratterizzato da una volontà riformatrice di cui Spinola era sostanzialmente privo. Anche le istruzioni agli ambasciatori di Francia gli riconoscevano del resto «esprit» e «habileté», ma segnalavano la difficoltà di far pervenire al pontificato un cardinale di cui erano dubbie «la pieté et meme la probité» (Recueil..., 1911, II, p. 191).
Alla fine del 1702 era malato di podagra, ma, come rilevava il diarista Francesco Valesio (1977-1978), «si mantiene con testa fresca e sano» (II, p. 349), e animava nel suo palazzo attività letterarie e musicali.
Morì a Roma il 4 gennaio 1704.
Fonti e Bibl.: M. Guarnacci, Vitae et res gestae pontificum romanorum et S.R.E cardinalium a Clemente X usque ad Clementem XII, I, Romae 1751, coll. 127-130; F.P. Volpe, Memorie storiche profane e religiose su la città di Matera, Napoli 1818, pp. 224, 301 s.; Mémoires de M. de Coulanges, suivis de lettres inédites de Mme de Sévigné, de son fils, de l’abbé de Coulanges, d’Arnauld d’Andilly, d’Arnauld de Pomponne, de Jean de La Fontaine, et d’autres personnages du même siècle, cura di M. de Monmerqué, Paris 1820, pp. 71, 86 s., 120, 177, 189, 269 s.; G. Semeria, Secoli cristiani della Liguria, I, Torino 1843, pp. 265 s.; C. Gérin, Le pape Alexandre VIII et Louis XIV d’après des documents inédits, Paris 1877, pp. 19, 37; E. Michaud, Louis XIV et Innocent XI: d’après les correspondances diplomatiques inédites du ministère des affaires étrangères de France, I, Paris 1882, pp. 140, 222 s., 227, 385, 410, 541, II, 1883, pp. 340, 398 s., III, 1883, pp. 24, 28, 40, 82, 108, 122, 208, 387, 437, IV, 1883, p. 92; Recueil des instructions données aux ambassadeurs et ministres de France depuis les traités de Westphalie jusqu’à la Révolution française, Rome, a cura di G. Hanotaux, I, Paris 1888, pp. 352, 370, II, 1911, pp. 33, 38, 46, 58, 111, 180, 191, 198 s., 253, 270; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, XIV, 2, Roma 1932, pp. 255, 257, 265, 303, 350, 386, 472, 505; Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, IV, a cura di P. Gauchat, Monasterii 1935, pp. 67, 207, V, a cura di R. Ritzler - P. Sefrin, Patavii 1958 , p. 11; Istruzioni e relazioni degli ambasciatori genovesi, V, a cura di R. Ciasca, Roma 1957, pp. 125, 129; N. Del Re, Monsignor governatore di Roma, Roma 1972, p. 110; F. Valesio, Diario di Roma, I-II, a cura di G. Scano, Milano 1977-1978, I, pp. 38, 41, 47, 60, 67, 91, 93, 114, 216, 246, 286, 325, 398, 412, 450 s., 462, 539, II, pp. 251, 528, 580, 591, 641, 731; Ch. Weber, Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), Roma 1994, pp. 361, 928; Riforme, religione e politica durante il pontificato di Innocenzo XII: 1691-1700. Atti del Convegno di studio... 1991, a cura di B. Pellegrino, Lecce 1994, pp. 138, 148, 176, 178, 336; S.M. Seidler, Il teatro del mondo: diplomatische und journalistische relationen vom römischen Hof aus dem 17. jahrhundert, Frankfurt am Main 1996, pp. 388-391; L. Nuovo, Cure pastorali e giurisdizionalismo: il Seicento, in Il cammino della Chiesa genovese dalle origini ai nostri giorni, a cura di D. Puncuch, in Atti della Società ligure di storia patria, n.s., XXXIX (1999), 2, pp. 329-360 (in partic. pp. 338 s.); Ch. Weber, Die päpstlichen Referendare 1566–1809. Chronologie und Prosopographie, Stuttgart 2003-2004, p. 922.