TURINETTI, Giovan Antonio
e Giorgio
– Nacquero rispettivamente nel 1602 e nel 1606, figli di Ercole (morto nel 1625) e di Maria Garagno.
Oltre a loro, la coppia ebbe anche Francesco (nato nel 1598), Giovan Giacomo (1599-1670), Giovan Domenico (1615-1676) e un altro Francesco (1618-1678/1680), laureatosi a Bologna nel 1637 e poi canonico a Chieri.
Il padre apparteneva a una famiglia del notabilato chierese. Rettore delle scuole locali, aveva fondato un’azienda di bachicoltura a La Moglia, dove in seguito sarebbe sorta la grande villa di famiglia, e aveva aperto un banco di prestito, impostosi come uno dei più ricchi e dinamici degli Stati sabaudi. Ercole si era trasferito in Monferrato nel 1616 e aveva iniziato a commerciarvi sete. In ciò fu centrale l’appoggio della famiglia della moglie.
Scomparso precocemente il primogenito Francesco, la guida della famiglia sarebbe dovuta passare a Giovan Giacomo, che però nel 1619 entrò nella Compagnia di Gesù. La gestione dei beni di casa Turinetti fu affidata dunque a Giovan Antonio. Questi lavorò in intesa con Giorgio, che aveva studiato diritto. Gia all’inizio degli anni Trenta, i fratelli Turinetti avevano trasferito il loro banco a Torino, imponendosi fra i principali finanzieri di corte. Nel 1631 Giovan Antonio acquistò una parte del feudo di Pralormo e nel 1635 sposò Francesca Maria Palma (testò nel 1687), figlia dell’avvocato fiscale generale Giovan Francesco. Nel frattempo, Vittorio Amedeo I imparò ad apprezzare l’abilità dei due fratelli, cui affidò importanti missioni in Francia per recuperare i sussidi di Luigi XIII all’esercito sabaudo e per trovare nuovi prestiti.
Fu soprattutto Cristina di Francia, duchessa di Savoia, però, a servirsi di loro per finanziare le proprie campagne, costruendo in cambio la loro fortuna sociale. Durante la guerra civile, infatti, Giovan Antonio e Giorgio Turinetti si rivelarono fondamentali per garantirle i prestiti necessari ad affrontare le campagne militari della guerra civile. Nel 1638, alle soglie del conflitto, madama reale li nominò banchieri di corte e il 23 ottobre donò a Giovan Antonio un ampio terreno nella «città nuova e nella piazza reale» (l’attuale piazza S. Carlo). Carlo Emanuele II, raccontando «del prestito di trentamile doble» fatto alla madre durante la guerra civile, notava che i Turinetti avevano «corrispondenze pro tutto il mondo» (Claretta, 1877, p. 382). Intendente della Casa di madama reale, Giorgio la seguì a Chambéry quando la reggente vi si trasferì dopo che Torino cadde in mano spagnola nel luglio del 1639. Il 1° marzo 1640 fu nominato maestro auditore della Camera dei conti di Savoia (particolare interessante, nella nomina era definito «bourgeois de Turin»). Rientrata a Torino il 19 novembre 1640 (la città era passata in mano francese il 24 settembre 1640), la duchessa il 10 dicembre nominò Giorgio generale delle Finanze. Dieci giorni dopo, il 20 dicembre 1640, passò a Giovan Antonio la carica di maestro uditore della Camera dei conti di Savoia, lasciata libera da Giorgio (Giovan Antonio tenne tale carica sino al 1647). Dopo l’arresto di Filippo San Martino conte di Agliè per ordine del cardinale Richelieu (31 dicembre 1640) Giorgio Turinetti si trovò di fatto al comando delle finanze ducali, che esercitò con crescente autorità sino alla fine del 1643, quando Agliè poté fare ritorno in patria.
Negli anni Quaranta i Turinetti consolidarono il proprio ruolo nel governo dello Stato, costruendo il loro nuovo rango nobiliare. Nel 1641 Giovan Antonio acquistò dagli eredi del banchiere milanese Gian Paolo Cinquevie il feudo di Bonavalle, nelle vicinanze di Racconigi. Nel 1642 Giorgio e Giovan Antonio comprarono insieme il feudo di Castiglione (oggi Castiglione Torinese). Nel 1644 fu la volta di quello di Pertengo, nel Vercellese (il fratello minore Francesco comprò, invece, parte del vicino feudo di Cortanzana).
Il 14 ottobre 1644, madama reale nominò Giorgio primo presidente delle Finanze. A sancire l’ascesa della famiglia sulla scena torinese, quello stesso anno Giovan Antonio e Giorgio diedero inizio alla costruzione dei loro palazzi: il primo nell’attuale via Arsenale, il secondo in piazza S. Carlo. Il 10 febbraio 1648, infine, furono accolti ufficialmente nelle file del patriziato chierese. Ulteriore attestazione dell’importanza ormai rivestita, nel 1649 Giorgio fu nominato rettore della potente Compagnia di S. Paolo, una delle realtà più importanti della capitale, con forti innervature sia a corte sia nel Comune (per il cui oratorio nel 1663 commissionò a Bartolomeo Caravoglia la realizzazione del dipinto San Paolo portato dalla Vergine morente).
Nella Compagnia rivestiva un ruolo di spicco il fratello Giovan Giacomo. Fra il 1632 e il 1633 era stato padre spirituale della Compagnia di S. Paolo e direttore spirituale dell’oratorio della stessa. Nei decenni successivi divenne rettore di alcuni dei principali collegi gesuiti del Piemonte: Mondovì, Cuneo e Torino. Fra il 1646 e il 1662, fu direttore spirituale della Compagnia delle Umiliate (nei cui ranghi erano principesse e dame di corte) e, soprattutto, confessore delle principesse Margherita e Ludovica. Questo suo ruolo fra corte, Compagnia di Gesù, Compagnia di S. Paolo e Compagnia delle Umiliate fu insieme causa ed effetto del ruolo dei Turinetti sulla scena della capitale.
Poiché Giovan Antonio dopo vent’anni di matrimonio non aveva avuto figli, nel 1655 Giorgio e Francesco sposarono rispettivamente Maria Violante Valperga di Rivara (1630-1690) e Vittoria Margherita Roero di Monticello (nata nel 1637). Si trattava di nozze importanti, che legavano i Turinetti a famiglie della corte e che furono patrocinate direttamente dalla duchessa. Valperga, infatti, era stata figlia d’onore e poi dama di Cristina. In quanto a Roero, il padre, Onorato, era stato maggiordomo dei principi. In quello stesso 1655, Giorgio ottenne dal duca il feudo di Pancalieri, già possesso in passato di Casa Savoia, con il titolo di marchese. Per comprendere la carriera di Giorgio è importante notare che egli era strettamente legato al conte Filippo d’Agliè, «sovrintendente generalissimo delle finanze» dal 28 marzo 1646, in società con il quale fece operazioni finanziare di ogni tipo. Agliè, inoltre, gli affidò il compito di sovrintendere alle spese per i lavori alle residenze sabaude, in primis Venaria («sovrintendono alle spese di queste fabbriche il conte Giorgio Turinetti, primo presidente e capo delle regie finanze, ministro di conosciuta integrità, e l’auditore Horatio Gina», ricordava l’architetto Amedeo di Castellamonte, 1674, p. 17). Si noti che Gina era genero di Giorgio Turinetti, avendone sposato una figlia naturale, Margherita. È interessante notare che nel Carnevale 1668, offrendo al duca un «divertissement en musique», Giorgio scelse come tema «une espece de chasse qu’il nomma la Venerie Royale» e come scena immaginaria la stessa residenza ducale, nel cui Tempio di Diana la dea riceveva il duca e i suoi cortigiani cacciatori (G.F. Menestrier, Des représentations en musique anciennes et modernes, Paris 1681, pp. 292-295). E, in effetti, madama reale vi trascorse lunghi soggiorni, che testimoniavano il rapporto che aveva con i due fratelli. Quale fosse l’immagine che di questi doveva esser accreditata ufficialmente, lo esplicita bene il Theatrum Sabaudiae che, alla voce Castiglione, ricordava come essi avessero servito i loro principi «incorrupta fide difficilissimis temporibus exactissime»; l’opera ne celebrava, inoltre, l’attività di costruttori di splendidi palazzi per i duchi e per sé: «de Subalpina regione erectis intra et extra Taurinensem Urbem magnificentissimis aedificiis, eidem Urbi splendorem, suis nominibus famam» (Theatrum statuum regiae celsitudinis Sabaudiae ducis, Pedemontii principis, Cypri regis, I-II, Amstelodami 1682, I, p. 83). Fra il 1665 e il 1666 Giorgio acquistò anche il feudo di Priero con il titolo di marchese.
Dopo la morte di Agliè, Carlo Emanuele II soppresse la carica d’intendente generale delle Finanze e ne passò le funzioni a Giorgio Turinetti, nella sua veste di presidente delle Finanze (Archivio di Stato di Torino, Camerale, Patenti controllo finanze, reg. 1666 in 1667, f. 25, 7 agosto 1667).
Giorgio morì a Torino il 13 aprile 1673 e fu sepolto nella chiesa di S. Carlo. Giovan Antonio lo seguì dieci anni dopo, il 20 dicembre 1683. L’attività del banco si chiuse con loro.
Il patrimonio dei Turinetti passò così ai figli di Giorgio. Ercole Ludovico (v. la voce in questo Dizionario) ereditò i beni del padre e originò i Turinetti di Priero. Anton Maurizio (1664-1739) ereditò parte dei beni di Giovan Antonio e, sposatosi con Gabriela Doria di Ciriè , diede origine alla linea dei Turinetti di Pertengo.
Fonti e Bibl.: A. di Castellamonte, La Venaria reale, palazzo di piacere e di caccia, Torino 1674 (ma 1679); P. Galli della Loggia, Dignità e cariche negli Stati della Real Casa di Savoia, III, Torino 1797, pp. 156, 158-160, 167; G. Casalis, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati del Re di Sardegna, IV, Torino 1837, Castiglione, pp. 266 s., Chieri, pp. 710, 774, XXI, 1851, Torino, pp. 404 s., 416, 529, 539, 859; G. Claretta, Storia della reggenza di Cristina di Francia duchessa di Savoia, II, Torino 1868, pp. 396, 541 s., 552, 595 s.; Id., Il Municipio Torinese ai tempi della pestilenza del 1630 e della reggente Cristina di Francia, Torino 1869, pp. 190-194, 198; Id., Storia del regno e dei tempi di Carlo Emanuele II, duca di Savoia, II, Genova 1877, pp. 130, 335, 363, 371, 374, 381 s.; Id., Sulle antiche società dei nobili della Repubblica di Chieri e sul suo patriziato sotto il dominio della Real Casa di Savoia, in Atti della Reale Accademia delle scienze di Torino, cl. di scienze morali, 1885, vol. 20, p. 577, nota 1; L. Bulferetti, La feudalità e il patriziato nel Piemonte di Carlo Emanuele II, Cagliari 1953, pp. 78 s.; F. Vitullo, I Turinetti di Priero, Pertengo e Cambiano: una insigne casata piemontese, Torino 1963, passim; E. Stumpo, Finanza e stato moderno nel Piemonte del Settecento, Roma 1979, pp. 202 s.; R. Sandri Giachino, I Turinetti: rapporti tra la storia della famiglia, l’evoluzione del patrimonio feudale e la variazione dello stemma, in Atti della Società italiana di studi araldici. 22° convivio, Mondovì 2005, pp. 173-199; C. Roggero, Palazzo Turinetti, Torino 2011; L. Palmucci, Il palazzo Turinetti-Ormea a Torino e i palazzi seicenteschi nella «Città nova», in Carlo e Amedeo di Castellamonte 1571-1683, ingegneri e architetti per i duchi di Savoia, a cura di A. Merlotti - C. Roggero, Roma 2013, pp. 221-238; L. Perrilat - C. Townley, Dictionnaire des magistrats du Sénat et de la Chambre de comtes de Savoie (1559-1848), Chambéry 2018, pp. 471, 530.
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