AURELI, Giovan Battista
Nacque nel 1538 a San Sisto in Calabria (sebbene talora i documenti lo dicano "de Montalto" dal nome della vicina e maggiore borgata), cioè in uno dei villaggi popolati ai primi del Trecento dalle laboriose comunità valdesi trasmigrate dalle valli alpine alla lontana penisola meridionale. Destinato al ministero, lasciò la patria nel 1554 e fra i suoi compaesani "se diceva che andava a studiare", forse presso qualche "barba" delle valli valdesi, ma con maggior verosimiglianza a Ginevra; nel novembre 1559,inaugurandosi appunto a Ginevra la nuova Accademia di fresco istituita da Calvino, vi si iscrisse quale undicesimo alunno.
Sfuggì così allo sterminio dei Valdesi di Calabria, determinato dalla sanguinosa "crociata" della primavera del 1561: dei suoi parenti, un Vincenzo venne impiccato a Cosenza, Filippo e Costantino fuggirono e poterono raggiungerlo a Ginevra, altri furono deportati; mentre Francesco, un suo fratello diciottenne, si piegava all'abiura, l'A. stesso, "bannito e reputato contumace", patì il sequestro di tutti i beni.
Più tardi venne destinato a svolgere l'ufficio di pastore tra gli ugonotti francesi, dapprima a Montguyon in Saintonge (1564), poi a Nérac in Guascogna, e qualche anno più tardi Teodoro di Beza poteva notare il suo nome in una lista di ministri che Iddio aveva voluto salvare "ex carnificina", cioè dalla strage della notte di San Bartolomeo: due anni prima di quell'eccidio, nell'estate del 1570, l'A. aveva infatti avuto la ventura di essere chiamato a Londra per succedervi al defunto Girolamo Ferlito nell'ufficio di pastore della Chiesa italiana.
Quella piccola ed eterogenea comunità di esuli italiani, spagnoli e fiamminghi, instaurata al cadere del 1550, dispersa sotto il regno della cattolica Maria e ricostituita nel 1565, era allora in grave crisi disciplinare, agitata da dissidi interni e da infiltrazioni eterodosse rispetto alla dottrina evangelica di rigorosa ispirazione ginevrina abbracciata dalla maggioranza dei suoi componenti. Per ventisette anni l'A., in dignitosa povertà, dedicò a quel centinaio o poco più di esuli le cure di un ministero paziente, onesto, puntiglioso, mostrandosi in ogni circostanza tanto efficiente e serio, quanto alieno da levate d'ingegno (che era in lui modesto) e incapace di uscire da una certa grettezza conformistica. Ma seppe riorganizzare e ricondurre a unità la sua Chiesa vacillante, fu infaticabile nel reprimere scandali, dirimere beghe ecclesiastiche, metter pace fra i suoi litigiosi fedeli.
Teologo modesto, pubblicò a Francoforte nel 1586 una grigia De mortuorum resurrectione philosophica atque theologica disputatio, e l'anno dopo, a Londra, diede in luce un nutrito volume dedicato all'Esamine di varii giudicii dei politici e della dottrina e dei fatti dei Protestanti veri e dei cattolici romani. I "politici" chiamati in causa sono gli indifferentisti religiosi, i cristiani tiepidi e conformisti, e gran parte dell'opera non è che un parallelo sistematico delle concordanze e delle divergenze in materia dogmatica fra riformati e cattolici.
Sposatosi con una Mary, ne ebbe due figli, John e Abraham, dei quali soltanto il secondo (1575-1631) gli sopravvisse, laureandosi a Leida nel 1596 e coprendo poi per un quarto di secolo (dal 1605 alla sua morte) l'ufficio di ministro della Chiesa francese di Londra. L'A. morì a Londra nella primavera del 1597 e il concistoro della sua Chiesa gli cercò invano a Ginevra e nei Grigioni un idoneo successore: rimasta senza pastore, l'esigua comunità italiana finì col disperdersi e i suoi membri confluirono nelle fiorenti Chiese consorelle di lingua francese e fiamminga.
Fonti e Bibl.: Le livre du Recteur de l'Académie de Genève, a cura di S. Stelling-Michaud, I, Genève 1959, p. 81; L. Amabile, Il S. Officio dell'Inquisizione in Napoli,II, Città di Castello 1892, pp. 82-85; L. Firpo, La Chiesa italiana di Londra nel Cinquccento, in Ginevra e l'Italia, Firenze 1959, pp. 309-412.