CACCINI, Giovan Battista
Scultore e architetto, di famiglia romana trasferitasi a Firenze, dove nel 1600 il C. ottenne la cittadinanza (Baldinucci-Manni, p. 111 nota) e dove il fratello Giulio fu celebre musico alla corte granducale. La data di nascita (24 ottobre 1556) riferita senza alcuna indicazione documentaria dal Milanesi contrasta con le citazioni delle fonti (Borghini; Diario del Lapini), che indurrebbero a spostare la data stessa tra il 1559 e il 1562.
La prima opera del C. è il sepolcro di s. Giovanni Gualberto nella badia di Passignano, datato 1580; per la cappella Carnesecchi in S. Maria Maggiore a Firenze egli eseguì le statue di S. Bartolomeo e di S. Zanobi e per il palazzo del vescovo di Marsi una statua della Temperanza, ricomparsa di recente ed acquistata dal Metropolitan Museum di New York (Raggio): opere citate dal Borghini e quindi anteriori al 1584. è del 1585 il busto del giureconsulto Biagio Curini sul suo sepolcro alla SS. Annunziata a Firenze, e un busto di Cristo, in un tabernacolo in via de' Cerretani a Firenze, è citato nel Diario del Lapini alla data 1587. Partecipò nel 1589 agli apparati per le nozze del granduca Ferdinando I con una statua in stucco di S. Giovanni Gualberto per la facciata provvisoria del duomo fiorentino allestita dal Dosio, statua conservata oggi in uno dei vani di accesso alla cupola. Nel nono decennio sono inoltre documentati, nelle filze di archivio della Guardaroba granducale, molti restauri, o pressoché totali rifacimenti, di statue antiche nelle raccolte medicee (v. Mansuelli). Il C. completò nel 1591 un S. Giacomo Maggiore per il duomo di Orvieto, ora nel Museo dell'Opera, commissionatogli nel 1589 (L. Fumi, IlDuomo…, Roma 1891, p. 318), mentre non condusse mai a termine i quattro santi per la certosa di S. Martino a Napoli, che gli erano stati affidati nel 1593 tramite il Dosio e che furono causa di una serie di controversie tra i committenti napoletani e gli eredi dello scultore (per i documenti, v. Morini). Le statue (S. Giovanni Battista, S. Brunone, S. Pietro e S. Paolo), terminate dal Fanzago, si trovano ora nel chiostro. è del 1594 il bassorilievo della Trinità per la facciata della chiesa di S. Trinita a Firenze (Giglioli; sulla stessa facciata è del B. anche la statua di S. Alessio) e dello stesso anno sono anche le statue per il salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, il Francesco I e il gruppo Carlo V di fronte a Clemente VII (per la figura del papa in quest'ultimo gruppo viene avanzato il nome del Bandinelli). Altre opere di attribuzione controversa sono le statue di S. Pietro e S. Paolo all'ingresso della tribuna della SS. Annunziata la cui esecuzione, su progetto del C., è riferita anche al Foggini e al Silvani (Paatz, Die Kirchen von Florenz, I, Frankfurt a. M. 1940, pp. 101 163 ss., 282).
La sua prima attività pisana non riscosse molto successo: la facciata per la chiesa di S. Stefano (1594) rimase soltanto allo stato di progetto (Da Morrona), mentre il disegno del coro del duomo (1596) fu bocciato dal granduca; ma tra il 1599 e il 1600 sono documentati i pagamenti per cinque riquadri con le Storie della Vergine per una delle nuove porte del duomo pisano che vennero a sostituire quelle antiche, perdute nell'incendio del 1595 (Tanfani Centofanti, pp. 245 ss.).
Allo scorcio del secolo iniziò la costruzione del ciborio per la chiesa fiorentina di Santo Spirito, dopo che nel 1590 G. B. Michelozzi aveva avuto dal granduca il permesso di decorarne la crociera. Il C. condusse a termine l'opera entro il primo decennio del sec. XVII con l'aiuto di G. Silvani, A. Ubaldini e A. Novelli: gli spettano due dei quattro Angeli e i santi Giovanni Battista ed Evangelista, Pietro e Agostino.Risalgono ai primissimi anni del secolo i busti (uno dei quali, S. Ambrogio, firmato e datato 1602) per il chiostro dell'ex convento di S. Maria degli Angeli (oggi inserito in un istituto universitario). Del 1603 sono le statue di S. Agnese e di S. Lucia per la cappella Strozzi in S. Trinita. del 1606 il busto di Andrea del Sarto nel chiostrino dei voti della SS. Annunziata. Al 1605 risalgono le due statue famose dell'Estate e dell'Autunno sulponte a S. Trinita e dello stesso periodo all'incirca sono le statue decorative del giardino di Boboli (Estate, Autunno, la cosiddetta Prudenza, Esculapio e Ippolito).
Il C. fu membro dell'Accademia del disegno dal 18 ott. 1582 (N. Pevsner, Einige Regesten…, in Mitteil. des kunsthist. Institutes in Florenz, IV[1933], p. 129). Morì a Firenze nel marzo 1613.
Tra le opere di architettura riferibili con sicurezza all'artista sono il portico della SS. Annunziata (compiuto nel 1599-1601) e la cappella Pucci annessa alla medesima chiesa, terminata però, dopo la morte del C., da G. Silvani. La sua collaborazione al palazzo Nonfinito è individuata, per lo più, nello stemma all'angolo.
Il Baldinucci lo dice scolaro dell'architetto Giovanni Antonio Dosio, notizia che potrebbe trovar conferma nei rapporti che intercorsero tra lui e il C. in occasione della commissione napoletana degli apparati del 1589 in cui il Dosio ebbe un ruolo dominante, e per l'incertezza attributiva, nelle fonti e nelle guide, di un'opera come la tribuna della chiesa di S. Domenico di Fiesole, riferita, volta a volta, al C. o al Dosio.
Per quanto riguarda la scultura, che per altro fu l'attività prevalente dell'artista, la personalità del C. deve essere inserita in quella cultura tardomanieristica fiorentina che ebbe nel Giambologna il suo maggiore esponente e che, soprattutto nelle personalità di secondo piano, fu fortemente influenzata dalle norme emanate dal concilio tridentino le quali, in nome dell'onestà e del decoro, condannavano le troppo audaci soluzioni formali o i troppo liberi miti pagani. Il C. desume dal repertorio classicheggiante (quello antico e quello di primo Cinquecento) forme più composte e moderate che concorrono a stemperare il guizzo della forma serpentinata manieristica; riveste le figure sacre di ridondanti e decorosi panneggi, aderendo fedelmente (per esempio nel S. Alessio per la facciata di S. Trinita) al dato iconografico, come esigeva il Borghini; ritrae i personaggi storici come severi e tetri modelli di virtù (il cit. Biagio Curini, il Baccio Valori del Bargello, i ritratti granducali nel salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, i busti dei SS. Apostoli e quelli già di proprietà Galli e ora di ubicazione ignota); affronta di preferenza allegorie villerecce, come nelle statue delle Stagioni, o temi moraleggianti (la Temperanza, la cosiddetta Prudenza);ed è sintomatico che due temi squisitamente controriformistici come il Martirio e la Gloria, eseguiti per la cappella Pucci all'Annunziata ed ora perduti, in cui forse tornava ad affacciarsi il tema del nudo, furono rifiutati dai conunittenti, probabilmente per ragioni "morali".
Elemento importante della sua formazione dovette essere lo studio della statuaria antica che il C. compì interpretando i busti e i gruppi ellenistici o romani affidati al suo restauro, restauro di larghissima integrazione per esempio nell'Ercole e il Centauro (cfr. E. Galli, Intorno al restauro e al significato…, in Riv. d'arte, V [1907], pp. 77-84) o nel Bacco e Ampelio (ambedue agli Uffizi). Partendo dal torso del Centauro e da quello del Bacco, intervenne reintegrando le parti e le figure mancanti sulla base di scarse tracce e di insignificanti frammenti. La critica più recente (Pope-Hennessy) considera le Storie della Vergine, peruna delle porte del duomo di Pisa, le opere più significative dello scultore. Nelle cinque storie (Natività, Presentazione al tempio, Annunciazione. Sposalizio, Assunzione, ma in quest'ultima la qualità diminuita lascia supporre la presenza di un aiuto identificabile in A. Serani) il C. sembra felicemente riassumere nello stiacciato sapientemente graduato, nelle spaziose composizioni prospettiche, nella decorazione delle comici tutte le esperienze del bassorilievo toscano tra Quattro e Cinquecento. Evidentemente si trovava più a suo agio nel modellare la creta e la cera che non di fronte al blocco di marmo, come si può notare anche confrontando il S. Giovanni Gualberto in stucco per il duomo di Firenze e la statua in marmo dello stesso soggetto per la badia di Passignano.
Altre opere di recente riferite al C. sono una testina frammentaria di donna al Victoria and Albert Museum (v. E. Maclagan-M. H. Longhurst, Catalogue of Ital. sculpture, London 1932, p. 151) strettamente legata per via stilistica alla S. Agnese di S. Trinita, un bronzetto con Bacco e Cerere al Museo Jacquemart André di Parigi, un piccolo Bacco in bronzo nel Museo del Bargello (Weinberger, p. 232), un rilievo in terracotta patinata (la Storia del toro di Falaride), ora nell'Art Institute di Chicago (v. Ch. Avery, The bull of Perilles… ca. 1600, in Museum Studies, VI[1971], pp. 23-33).
Quanto all'architettura, il C. è corretto interprete di forme del primo Cinquecento, come nel portico di accesso alla SS. Annunziata o nelle misurate proporzioni del ciborio della chiesa di Santo Spirito, che tuttavia ha il grave torto di alterare profondamente l'architettura brunelleschiana interrompendo il ritmo delle arcate nel transetto e nell'abside.
Fonti e Bibl.: R. Borghini, IlRiposo, Firenze 1584, p. 647; A. Lapini, Diario fiorentino dal 252 al 1596, a cura di G. O. Corazzini, Firenze 1900, pp. 257 s.; F. Baldinucci, Not. dei prof. del disegno, a cura di D. M. Manni, IX, Firenze 1771, pp. 110-127; A. Da Morrona, Pisa illustr., Pisa 1793, III, pp. 17 s.; C. Pini-G. Milanesi, La scritt. degli artisti ital., Firenze 1876, III, p. 241; N. F. Faraglia, Not. di alcuni artisti che lavorarono nella chiesa di S. Martino e nel Tesoro di S. Gennaro, in Arch. stor. per le province napoletane, X(1885), p. 436; L. Tanfani Centofanti, Notizie di artisti tratte da documenti pisani, Pisa 1898, pp. 173 ss., 245-252; I. B. Supino, Le porte del duomo di Pisa, in L'Arte, II(1899), pp. 382-384; A. Grünwald, Über einige unechte Werke Michelangelos, in Münchner Jahrbuch der bildenden Kunst, VI(1911), p. 10; O. H. Giglioli, La Trinità di G. C. scolpita per la chiesa di S. Trinita, in L'Illustratore fiorentino, X (1913), pp. 111-113; M. Neusser, Die Antikenergänzungen der Florentiner Manieristen, in Wiener Jahrbuch für Kunstgesch., VI(1929), pp. 27 ss.; M. Weinberger, Bronze Statuettes by G. C., in The Burlington Mag., LVIII(1931), pp. 231-235; A. Venturi, Storia dell'arte ital., X, 3, Milano 1937, pp. 792-816; A. Morini, G. C., tesi di laurea, università di Firenze, facoltà di magist., 1940 (anche presso il Kunsthistor. Inst. di Firenze); E. Mandowsky, Two Menelaus and Patroclus. Replicas in Florence…, in The Art Bulletin, XXVIII(1946), pp. 115 ss.; G. A. Mansuelli, La galleria degli Uffizi. Le sculture, Roma 1958, I, ad Indicem; J. Pope-Hennessy, La scultura ital. Il Cinquecento e il Barocco, Milano 1966, ad Indicem; J.K. Schmidt, Le statue per la facciata di S. Maria del Fiore in occasione delle nozze di Ferdinando I, in Antichità viva, VII(1968), 5, pp. 45, 51 s.; J. Holderbaum, Surviving Colossal Sculpture for the Florentine Widding Festivities of 1589, in Journal of the Society of Architectural Historians, XXVII(1968), pp.210 s.; O. Raggio, The Metropolitan Marbles, in Art News, LXVII(1968), 4, pp. 45 s.; U.Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 336-338; Encicl. Ital, VIII, p. 229.