CAPPELLO, Giovan Battista
Nacque a Bologna intorno al 1525 da famiglia probabilmente di modeste condizioni giacché non se ne trova menzione nelle carte bolognesi di quel tempo. È però da osservare che il suo cognome potrebbe anche essere stato Capello, come si legge in talune sue edizioni e come è preferito dai bibliografi del British Museum che elencano sotto questa rubrica le opere a stampa di lui.
Il C. si trasferì a Venezia attorno alla metà del secolo, ed entrò nella bottega dei Giolito, eccellenti maestri della stampa ed editori di larga attività. In quella bottega dovette apprendere l'arte sino a diventare quel tipografo provetto che dimostrò di essere nella sua maturità, quando aprì in Napoli la sua stamperia. Tuttavia non dovette richiedere di essere immatricolato nella confraternita degli "stampadori, ligadori e libreri" di Venezia giacché il suo nome non compare nel registro delle matricole e - di conseguenza - nei verbali di "Banca e Borsa" di quella numerosa confraternita. Nel 1565 il C. era ancora presso i Giolito, come dimostra un rogito del notaio Catti ove egli compare come teste per i suoi principali. È probabile che in quegli anni il C. sia stato trasferito dalla tipografia all'amministrazione della grande azienda giolitina, che esercitava il commercio del libro in tutta Italia; in queste sue nuove mansioni il C. dovette mostrare notevole capacità, giacché i Giolito lo inviarono a Napoli come loro "fattore" con procura per le piazze di tutto il Regno. Nel 1573, lasciati i Giolito, aprì un negozio di libraio in via S. Biagio.
Poteva sembrare iniziativa più temeraria che coraggiosa: erano, quelli, anni assai difficili per i tipografi ed i librai del Regno; i rigori delle prammatiche vicereali, gli editti pontifici fatti puntigliosamente osservare dall'autorità politica, la sorveglianza del Consiglio collaterale e del cappellano maggiore e quella - che era ben più temuta e sempre implacabile - del delegato diocesano della Inquisizione rendevano molto precaria, quando non era pericolosa, l'attività di tipografi, editori e librai, nonché, naturalmente, quella degli autori. Le prammatiche del viceré Pedro de Toledo De impress. librorum (15 ott. 1544 e 1º nov. 1550)ordinavano che nessun libro, o neanche la più piccola carta", potesse essere stampato senza licenza del cappellano maggiore. E questa licenza doveva essere assai ardua ad ottenersi poiché dopo il 1550si stamparono pochissimi libri a Napoli e nessuno durante il 1554. Ilduca d'Ossuna nella sua prammatica del 20 marzo 1585inasprì le pene già comminate e sottopose a permesso anche "le più piccole e volanti cose". Il conte di Olivares impose il 31 ag. 1598 che nessuna stamperia o libreria fosse aperta senza sua personale licenza; questo spiega la decadenza della tipografia napoletana già tanto gloriosa nel periodo aragonese.
Il C. fu, per qualità di edizioni letterarie ed erudite, inferiore a diversi altri stampatori suoi contemporanei: Cacchi, Salviani, Carlino, Longo, ma fu più di essi tipografo "eccellente", come lo qualifica a buon diritto il Giustiniani. Le serie dei caratteri usati denotano la loro origine veneziana, specie i corsivi analoghi a quelli dei Giolito; probabilmente d'origine veneziana sono anche i suoi capilettere ornati ed i fregi tipografici; le due diverse marche tipografiche che usò sembrano intagliate da artisti napoletani che lavorarono per altri tipografi del Regno. Usò buona carta ed i correttori delle stampe si dimostrarono attenti più del comune. Nelle ultime sue edizioni si appropriò dell'insegna degli eredi di Aldo (poco modificandola) che gli eredi del Cancer continuarono ad usare, dopo la cessazione dell'attività del Cappello. Si conosce (almeno per ora) una sola sua edizione commissionatagli dai padri della Compagnia di Gesù, i quali facevano lavorare abbondantemente i tipografi di Napoli; è del 1581: Fulvio Andreasi S.I., Opere spirituali,parti tre. Aggiuntovi un trattato di mons. ill. cardinale Borromeo: Del vivere schristiano (sic). Et un altro del r.p. Gaspar Loarto S.I. Due sue edizioni sono datate da Vico Equense: la prima (La vita dell'angelico dottore san Tommaso d'Aquino del vescovo Paolo Regio) fu stampata da Orazio Salviani nel 1580, mentre la seconda, del 1585, fu pubblicata socialmente con Giuseppe Cacchi e probabilmente stampata da questo che altre edizioni diede in luce in quella località: Luigi Tansillo da Nola, Le lagrime di san Pietro. In Vico Equense per Giov. Battista Cappello e Giuseppe Cacchi, 1585. Procurata da Giov. Battista Attendolo è la prima edizione completa del poemetto in quindici "pianti". L'ediz. Cacchi-Cappell0 fu replicata da vari. Meritano inoltre ricordo le seguenti edizioni: Tommaso Costo, La vittoria della Lega (1582), e Il pianto di Ruggiero con alcune stanze del sign. Scipione Monti (1582), Joannes ab Altomari, Quod ea quae Donatus Antonius ab Altomari de arte medendi divisione ... conscripsit verissima sunt omnia (1583): èuna appassionata difesa del trattato paterno fatta dal figlio Giovanni, anch'egli medico.
Secondo l'Ascarelli, autrice del più recente manuale della tipografia cinquecentina italiana, l'attività del C. sarebbe terminata nel 1585, ossia con la stampa della Practica Vicariae del nunzio Tartaglia, ma migliori ricerche han fatto conoscere un volume del 1586 stampato dal C.: Scipione Mazzella, Descrittione del Regno di Napoli. Funel 1586 che il C., ormai stanco molto probabilmente delle angherie inquisitorie, decise di abbandonare Napoli per tornarsene a Venezia. Egli era ormai in età avanzata e non risulta che abbia chiesto l'immatricolazione nella confraternita dei librai e stampatori; tuttavia dovette ancora interessarsi di libri perché esiste l'edizione di un libretto di Tommaso Costo: Gionta di tre libri al Compendio delle istorie del Regno di Napoli datata Venetia 1588 e sottoscritta Cappelli e Peluso. Di questo Peluso non si conosce più che il nome, compreso tra i matricolati tipografi veneziani. È probabile che il C. si sia giovato di quel matricolato per far stampare per suo conto un'edizione che non poteva pubblicare a proprio nome soltanto.
Dopo il 1588 di lui non si hanno altre notizie.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Notarile,Notaio F. Gatti, atti, c. 84; L. Giustiniani, Saggiocritico sulla tipografia del Regno di Napoli, Napoli 1793, p. 150; Catalogo della biblioteca Minieri-Riccio, II, Napoli 1865, p. 474; J.-G.-Th. Graesse, Trésor de livres rares et précieux, Dresde 1859-69, VI, 2, p. 26; VII, p. 210; G. Bresciano, Le marche dei tipografi napoletani, in Bollettino del bibliofilo, I (1919), p. 151; E. Ascarelli, La tipografia cinquecentina italiana, Firenze 1953, pp. 35 s.; P. Manzi, La stampa in Italia..., in Accademie e biblioteche, XXXIX(1971), pp. 304, 311; G. Fumagalli, Lexicon typographicum Italiae, Firenze 1905, p. 51; Short-title catalogue of books printed in Italy... from 1465to 1600, London 1958, ad Indicem; M. E.Cosenza, Biographical and bibliogr. dictionary of the Italian printers..., Boston, Mass., 1968, pp. 134, 146.