FERRERO, Giovan battista
Nacque a Pinerolo (Torino) verso il 1580, da Gianfrancesco dei signori di Buriasco e da Maria Bolatto. Quindicenne entrò a far parte dell'Ordine domenicano. Ordinato sacerdote e promosso lettore di teologia, svolse inizialmente la propria attività didattica presso la scuola del convento di Torino, ove, pur essendo stato soppresso nel 1551 lo Studio generale dell'Ordine, permanevano attivati corsi di teologia e filosofia. Inviato quindi presso lo Studio generale di S. Eustorgio di Milano a proseguire gli studi "pro gradu et forma magisterii", rientrò nel 1604 a Torino, dopo aver conseguito il titolo di baccelliere.
Designato, nel 1608, quale priore del convento di Mondovì, vi si trattenne sino al 1610, esercitando pure la funzione di vicario del padre provinciale. Rientrato in tale anno a Torino, fu per un biennio, ossia fino all'ottobre 1612, priore del convento torinese di S. Domenico. Il capitolo generale dell'Ordine, tenutosi a Parigi nel 1611, lo aveva nel frattempo promosso al grado di magister theologiae. Il duca di Savoia, Carlo Emanuele I, lo nominava inoltre, nell'ottobre 1612, proprio teologo. La stima di cui godeva, per dottrina e zelo religioso, tra i confratelli e presso la corte sabauda gli valsero la designazione, in occasione del capitolo provinciale rillnitosi in Biella nel 1620, a padre provinciale. Nel 1622 svolse pure funzione di definitore nell'ambito del capitolo generale tenutosi, in tale anno, in Milano. Concluso il biennio di provincialato, fu nuovamente priore del convento di Torino negli anni 1622-1624.
Particolarmente celebrato per le sue qualità di oratore, il F. tenne, in tale periodo, numerosi corsi di predicazione. Nel 1624 il duca Carlo Emanuele I lo elesse proprio confessore. Sempre a tali anni ed al diretto intervento del F. può ricondursi l'edificazione nella chiesa annessa al convento torinese di S. Domenico di una cappella in onore del futuro beato Amedeo IX di Savoia.
Nell'aprile 1626 Carlo Emanuele I incaricò il F. di una missione straordinaria presso la S. Sede, intrapresa a poche settimane dalla ratifica del trattato di Monzón tra Francia e Spagna, che concludeva la vertenza della Valtellina, lasciando irrealizzate le aspirazioni sabaude di annessione del Monferrato e di espansione in direzione del Genovesato. In tale frangente politico, il F. venne inviato a Roma quale latore di istruzioni, dirette al cardinale Maurizio di Savoia, in merito alle iniziative diplomatiche da intraprendere al fine di ottenere l'appoggio del pontefice ed evitare che il riavvicinamento tra Francia e Spagna potesse tradursi in una definitiva emarginazione del Ducato sabaudo.
I punti essenziali, menzionati nelle istruzioni ducali al F., in data 2 aprile, concernevano l'opportunità di indurre il papa a farsi promotore di una lega dei principi italiani in funzione antispagnola ed antifrancese, nonché l'esigenza di favorire il matrimonio tra il nipote di Urbano VIII ed una delle infanti figlie del duca, le principesse Maria e Francesca Caterina. Si auspicava inoltre, affidandone direttamente al F. la trattativa, di ottenere l'assenso papale al trasferimento alla diocesi di Moriana di mons. Giacomo Goria, vescovo di Vercelli, sul quale gravavano pesanti sospetti di connivenza con gli Spagnoli nel corso della guerra da poco conclusasi. Ancora al F. il duca attribuiva il compito di convincere il cardinale Maurizio ad accettare un eventuale matrimonio con la cugina Maria Gonzaga, figlia del defunto duca Francesco IV di Mantova e di Margherita di Savoia, matrimonio che, una volta concluso, avrebbe potuto risolvere in favore dei Savoia la vertenza per la successione nel Monferrato.
Il favore ducale nei confronti del F., che già l'affidamento di tale delicato incarico evidenziava, trovò ulteriore conferma in quegli stessi mesi nella proposta, presentata da Carlo Emanuele I al pontefice, del F. stesso quale successore di F. Milliet de Faverges, scomparso nel 1625, alla guida della diocesi torinese. Il 6 sett. 1626 Urbano VIII, accogliendo l'istanza ducale, lo nominò pertanto arcivescovo di Torino. Ricevuta a Roma la consacrazione episcopale, il F. rientrò quindi in Piemonte, solennizzando il suo ingresso nella diocesi con una visita ai confratelli del convento di S. Domenico. Il suo episcopato fu tuttavia di assai breve durata. Morì infatti a Torino il 12 luglio 1627.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Arch. di corte, Lettere di particolari,mazzo F 34, Ferreri Gio. Batta (frate);Ibid., Materie ecclesiastiche,cat. I, Negoziazioni con Roma,mazzo 4 di II addizione, 1626;Ibid., Arcivescovadi e vescovadi, Torino,mazzo I, n. 16;Ibid., Arch. camerale, Patenti controllo Finanze, reg. 1612 in 1614,f.89;reg. 1624/2º, f. 86; reg. 1627/2º, f. 100; Bullarium Ordinis fratrum praedicatorum,a cura di Th. Ripoll - A. Bremond, VI, Romae 1742, p. 138; Monumenta Ordinis fratrum praedicatorum historica,a cura di B. M. Reichert, XI, Romae 1903, pp. 174, 312; P. G. Gallizia, Atti dei santi che fiorirono nei domini della R. Casa di Savoia, VI,Torino 1757, p. 97; G. T.Arnendo, Torino sacra,Torino 1898, p. 20; F. Rondolino-R. Brayda, La chiesa di S. Domenico in Torino,Torino 1909, p. 26; P. Bianchi, Il S. Domenico e i domenicani di Torino,Torino 1932, p. 21; A. Erba, La Chiesa sabauda tra Cinque e Seicento, Roma 1979, p. 274; Archivio arcivescovile di Torino,a cura di G. Briacca, Torino 1980, p. 9; P. Gauchat, Hierarchia catholica,IV, Monasterii 1935, p. 329.