FIORINI, Giovan Battista
Non si conoscono gli estremi biografici di questo pittore bolognese, figlio di un Gabriele pittore (Gualandi, 1843, p. 158, dove in data 1580 risulta già defunto), forse identificabile con l'omonimo intagliatore ricordato in un documento del 5 genn. 1525 come incaricato dell'esecuzione di un'ancona per l'altare di S. Maria delle Grazie a Bologna.
È priva di fondamento l'ipotesi riportata dal Thieme - Becker che siano esistite due diverse persone, un Giovan Battista I e un Giovan Battista II.
La prima attività accertata del F. risale al 1564-65; ed è su queste basi che si è soliti porne la data di nascita nel 1535-40. Per primo fu Vasari (1568), nella vita di T. Zuccari, a ricordarlo al lavoro nella sala regia in Vaticano insieme con G. Porta, G. Siciolante da Sermoneta, O. Samacchini, L. Agresti, e riferisce che gli fu commissionata una storia "delle minori".
Le ricerche d'archivio di Bertolotti (1885) hanno permesso di rintracciare la registrazione del pagamento in data "9 febbraio 1565, a M. G.B. Fiorini pittore da Bologna, scudi 30 di moneta a buon conto et principio di pagamento di un quadro di pittura nella Sala Regia a man sinistra della Cappella Paolina dove si fa la spetieria", e di precisare che l'artista bolognese "fin dall'anno precedente aveva lavorato nel Palazzo Apostolico".
L'indicazione precisa dell'ubicazione della storia "minore" ha consentito agli studi moderni di nconoscere nell'affresco con Liutprando che conferma a Gregorio II la donazione di Ariperto - già elencato da Venturi (1933, p. 704) tra le opere di O. Samacchini - il contributo del F. alla decorazione della sala regia (Redig De Campos, 1967, p. 163, Röttgen, 1975, p. 94; Benati, 1986, p. 723, fig. a p. 725).
Nell'affresco si esprime un linguaggio pittorico improntato al manierismo tosco-romano, alla "regolata mescolanza" della cerchia degli Zuccari. Non vi si scorgono invece significativi segnali riguardo al problema, ancora aperto, della formazione del F. cresciuto sullo "stile del Bagnacavallo, sull'opre del quale avea fatto suoi studii" (Maivasia, 1678, p. 249): accenno ad un maestro che è stato inteso come Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo, morto nel 1542 (Thieme - Becker), ma che potrebbe anche essere Giovan Battista Ramenghi, figlio del precedente, detto il Bagnacavallo Iunior.
Dopo i lavori nella sala regia il F. dovette trattenersi a Roma ancora per qualche tempo: è nominato infatti in un documento, non datato ma di poco posteriore alla morte di T. Zuccari (avvenuta il 1° sett. 1566), per una stima, condotta insieme con G. Siciolante da Sermoneta e sottoscritta da P. Ligorio, su una pittura dell'artista marchigiano (Bertolotti, 1881). All'attività romana fanno seguito circa dieci anni privi di notizie sull'opera del F. come pittore.
Entro il 1570 risulta rientrato a Bologna: in questo anno - secondo la testimonianza di Orlandi (1719) - è nominato "per la pratica delle misure... Architetto della città". Si tratta di un raro accenno ad un'attività del F. come architetto, che non ha riscontri concreti.
Sulla sua vita le fonti e le carte d'archivio forniscono questi dati: il 1° ott. 1571 il F. fu immatricolato nell'arte dei pittori e bombasari (Oretti [sec.XVIII], C. 238 A bis); il 6 giugno 1576, in qualità di massaro della Compagnia dei pittori e bombasari, acquistò una bottega (Gualandi, 1843, p. 156); il 5 febbr. 1580 vendette una sua casa situata in strada S. Felice in Bologna (ibid., p. 158); il 1° ott. 1581 è documentata la sua presenza nel consiglio della Compagnia (Malaguzzi Valeri, 1897, p. 311).
La sua carriera pittorica riprese verso il 1576, quando comparve in società con C. Aretusi - un binomio che rimase costante per altri vent'anni - per un perduto dipinto sulla facciata della metropolitana di S. Pietro, ricordato dalle fonti, a partire da Cavazzoni (1603, p. 33, che però riferisce il disegno al Samacchini, anziché al F., cui lo attribuiscono le fonti successive) fino al 1743, quando alla vecchia facciata con portico fu sostituita la nuova di A. Torregiani. Il dipinto rappresentava la "memoria" del solenne giubileo, celebrato a Bologna nel 1576 (Malvasia, 1686, p. 45/17).
È in questo giro di anni che si realizza a Bologna l'impresa artistica più significativa dell'età di G.B. Paleotti: l'adattamento della cattedrale di S. Pietro alle nuove esigenze liturgiche scaturite dal concilio di Trento. Tra i vari artisti impegnati nella decorazione si ricordano: l'anziano Prospero Fontana e i più giovani F., C. Aretusi, B. Cesi, A. Procaccini, G. Morina.
Della decorazione, imperniata sul tema dell'esaltazione della Chiesa attraverso la figura dell'apostolo Pietro, rimangono soltanto la volta con il Padreterno e gli angeli musicanti di P. Fontana e l'affresco con la Consegna delle chiavi a s. Pietro, nel catino centrale dell'abside, eseguito dal F. e C. Aretusi (Benati, 1982, pp. 40-42) in cui si definisce lo stile solenne e severo una "chiara dipendenza dai modi del "manierismo classico"" (Id., 1986, p. 709). Di recente, su una delle vele della volta, si è rintracciata la data 1579, a segnalare probabilmente la conclusione dei lavori: un elemento nuovo e di grande importanza per la difficile questione della cronologia degli interventi decorativi (Fortunati Pietrantonio, in Pittura bolognese del '500, Bologna 1986, I, p. 348, fig. a p. 409).
Di difficile definizione risulta la collaborazione tra il più vecchio F. e C. Aretusi, un rapporto di lavoro che rimane un unicum nell'ambiente bolognese. Malvasia (1678, I, p. 249) tenta di spiegarlo attribuendo al F. il "disegno" o "invenzione" e all'Aretusi il "colorito", ma è distinzione astratta e troppo schematica. Più utile sembra ricordare il modello romano del Muziano e di C. Nebbia, spesso al lavoro insieme nelle "grandi imprese decorative durante i pontificati di Gregorio XIII e di Sisto V" (Benati, 1982, p. 41), quando le attese di una pittura sacra in funzione di illustrazione liturgica e di didascalia iconografica, facevano passare in secondo piano le singole personalità degli artisti.
Di recente si è riconosciuto in un foglio di Windsor Castle, già riferito a Polidoro da Caravaggio, il disegno preparatorio per l'affresco della cattedrale, pubblicato con attribuzione a C. Aretusi (I). Ekserdjian, Un disegno di C. Aretusi, in Atti e mem. dell'Accad. Clementina di Bologna, XXX-XXXI [1992], pp. 108 s.).
Cronologicamente vicina all'affresco della cattedrale si colloca la Natività della Vergine (Bologna, S. Giovanni in Monte, cappella Savignani), di accentuato sviluppo verticale. La composizione è ravvivata dall'indagine luministica e intenerita dall'affettuosità dei gesti.
Di impegno, subito dopo il 1580, è la pala con la Processione di Gregorio Magno (Bologna, S. Maria del Baraccano), sostitutiva della tela di identico soggetto dipinta da F. Zuccari (R. Zapperi, Federico Zuccati censurato a Bologna, in Städel-Jahrbuch, XIII [1991], p. 180).
Nella pala del Baraccano (Benati, 1986, figg. a p. 714) e il F. e C. Aretusi, guidati a livello ideativo da P. Fontana, "correggono" l'impianto compositivo di F. Zuccari e, in ossequio al "decoro" tridentino, arretrano i cadaveri degli appestati dal primo piano al fondo. Il dipinto ha brani di alta efficacia pittorica nella descrizione "tattile" dei piviali, delle dalmatiche, delle cotte e testimonia un'attenzione al cerimoniale liturgico quale ricompare nella Messa miracolosa di s. Gregorio Magno (Bologna, S. Maria dei Servi, cappella Giavarini), eseguito verso il 1585 (Id., 1982, p. 44). Qui il collaudato duo - il F. e l'Aretusi - si misurano con un'altra iconografia "gregoriana" che documenta la grande fortuna raggiunta dal santo papa medievale nell'età del pontificato di Gregorio XIII, a lui particolarmente devoto.
Si data 1588 l'Incoronazione della Vergine e santi, affrescata nello scalone del convento di S. Michele in Bosco, pagata ai due artisti il 7 ott. 1588; un altro lavoro, perduto, per gli olivetani risulta pagato in data 17 apr. 1590 per 14 lire e 8 soldi (Arch. di Stato di Bologna, Demaniale, S. Michele in Bosco, 177/2348, cc. 41, 48).
Del 1593 è la Deposizione di Cristo con i ss. Benedetto e Francesco di Paola (Bologna, S. Benedetto) e del 1595 la Madonna col Bambino in gloria adorata dalla Carità e da S. Francesco (Bologna, S. Maria della Carità), gravemente danneggiata dal bombardamento del settembre 1944 e ricollocata dopo un pesante restauro. Sono le ultime pale d'altare della collaborazione del F. con l'Aretusi (Benati, 1986, p. 710).
Sono perduti i dipinti con la S. Annunciata e la Madonna con s. Ludovico, nella chiesa di S. Francesco (cappelle Aldrovandi e Palmieri), che le guide alternativamente riferiscono a C. Aretusi, o ad entrambi. Ugualmente persa è l'opera ad affresco con gli apostoli che piangono intorno al feretro della Vergine, condotta dal solo F., nella cappella maggiore della chiesa di S. Maria della Morte, dove l'artista aveva lavorato a fianco di C. Procaccini, autore degli affreschi sull'altra parete (Malvasia, 1686, pp. 121/18, 124/28, 244/2, 245/3, 245/6).
Data al 20 dic. 1595 il primo testamento del F.; il secondo è dell'8 febbr. 1599 (Archivio di Stato di Bologna, Fondo Notarile, Notaio A. Rustichelli, cc. 176v-179r; Notaio M.A. Marchi: atti segnalati da Gualandi, 1842, pp. 162, 183).
Ancora vivo, ma "infermo", il F. è ricordato il 5 dic. 1599 (Malaguzzi Valeri, 1897, p. 312), quando risulta essere assente alla prima seduta della ricostituita Compagnia dei pittori; la morte fu probabilmente di poco successiva.
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, ms. B124: M. Oretti, Notizie de' professori del disegno (sec. XVIII), cc. 238 s.; G. Vasari, Le Vite... (1568), a cura di G. Mlanesi, VII, Firenze 1881, p. 94; F. Cavazzoni, Pitture e sculture ed altre cose notabili che sono a Bologna e dove si trovano (1603), in Una guida inedita del Seicento bolognese, a cura di R. Varese, in La Critica d'arte, XVI (1969), 104, pp. 32 s., 38; 108, p. 28; C.C. Malvasia, Felsina pittrice (1678), Bologna 1841, I, pp. 249-252; Id., Le pitture di Bologna (1686), a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, p. 28 e passim; P.A. Orlandi, L'Abcedario pittorico, Bologna 1719, p. 231; M. Gualandi, Memorie originali italiane risguardanti le belle arti, III, Bologna 1842, p. 183; IV, ibid. 1843, pp. 152, 156, 158, 162, 191; A. Bertolotti, Artisti urbinati in Roma prima del secolo XVII, Urbino 1881, p. 18; Id., Artisti bolognesi, ferraresi e alcuni altri del già Stato Pontificio in Roma nei secoli XV, XVI e XVII. Studi e ricerche negli archivi romani, Bologna 1885, p. 44; F. Malaguzzi Valeri, L'arte dei pittori a Bologna nel secolo XVI. Nuovi documenti, in Archivio storico dell'arte, s. 2, III (1897), pp. 311 s.; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IX, 6, Milano 1933, pp. 704, 757; D. Redig De Campos, I palazzi vaticani, Bologna 1967, p. 163; H. Röttgen, Zeügeschichtliche Bildprogramme der Katholischen Restauration unter Gregor XIII 1572-1585, in Münchner Jahrbuch der bildenden Kunst, XXVI (1975), p. 94; D. Benati, L'attività bolognese di Cesare Aretusi (1549-1612), in Il Carrobbio, VIII (1982), pp. 37-50; Id., in Pittura bolognese del '500, a cura di V. Fortunati Pietrantonio, II, Bologna 1986, pp. 709-719, 723-725; G. Cammarota, Gabriele Fiorini: uno Scultore all'Accademia degli Incamminati, in Atti e memorie dell'Accad. Clementina di Bologna, XIX (1986), pp. 37, 43; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 3.