FOSCARINI, Giovan Battista
Terzogenito di Sebastiano di Nicolò (1497-1588), del ramo di S. Polo, e della prima moglie Contarina Contarini di Alvise, appartenente a uno dei rami più illustri della casata, nacque a Venezia il 14 dic. 1521.
Poco aiutato dal padre, la cui presenza politica fu di scarso rilievo, preceduto nel servizio dello Stato dal fratello Daniele (1510-1595), che arrivò a essere luogotenente a Udine, il F. "non s'applicò agli honori della patria se non in età di 40 anni, ma, havuta ch'ebbe occasione di mostrar il merito della sua virtù, diede saggio tale del suo valore, che, adoperato fruttuosamente dentro e fuori della città, non lasciò che desiderare dal suo governo" (Priuli, c. 35v). Nel 1544 il F. aveva sposato Elisabetta Morosini e aveva lasciato trascorrere un'altra dozzina d'anni prima di tentare di ottenere qualche carica pubblica: Cottimo di Londra (1556 e 1557), ambasciata di Spagna (1556), ambasciata di Francia e Savoia (1559). L'esordio avvenne con la carica di rettore a Feltre, che prevedeva la doppia funzione di podestà e capitano, nel gennaio del 1561 (1560 more veneto).
Assunto l'ufficio quattro mesi più tardi, si recò in quella provincia, dove alla durezza di vita degli abitanti faceva riscontro un buon andamento dell'economia, legata alla vite e alla lavorazione della lana. Trovò una popolazione relativamente tranquilla e non troppi problemi di ordine pubblico, se si eccettuano le dispute tra le consorterie della potente aristocrazia locale, e l'esteso confine con i territori imperiali.
La Terraferma chiamò nuovamente il F. nel 1565 allorché, nel maggio, fu nominato capitano a Bergamo, sede più importante della precedente, nella quale si recò ai primi del mese di ottobre.
La carica, che fu mantenuta fino al gennaio 1567 (1566 more veneto), prevedeva mansioni di natura prevalentemente militare con speciale attenzione al sistema difensivo, che il F. osservò con particolare scrupolo.
Tornato da Bergamo, nell'ottobre del 1567 il F. fu nominato savio di Terraferma. In tale veste, l'anno seguente, fu inviato, insieme con il savio del Consiglio Vincenzo Morosini, a trattare con l'ambasciatore del re di Francia un prestito di 100.000 ducati offerto dalla Serenissima per sostenerne la guerra contro gli ugonotti. Fu riconfermato nella carica di savio nel 1568, nel 1569 e per due volte nel corso del 1571. Nel 1568 era stato di nuovo eletto a un governo di Terraferma, quello di Crema, che assunse solo nel giugno dell'anno seguente e mantenne fino al luglio del 1570.
Il territorio di Crema costituiva un'enclave quasi separata dal resto del Dominio veneto e non erano infrequenti i contrasti per motivi di confine tra il rettore veneziano e le autorità milanesi. Era, in particolare, cronico motivo di tensione l'unica strada che collegava Crema con Bergamo e lo Stato veneto; per gli spostamenti delle loro truppe essa era utilizzata anche da Spagnoli e Imperiali, costretti a chiedere di volta in volta l'autorizzazione della Serenissima: l'alternarsi dei permessi e dei dinieghi da parte della Repubblica costituiva una sorta di misura dello stato dei rapporti tra i confinanti. Soprattutto a questo problema dovette dunque applicarsi il Foscarini. Ma, come si evince dalle informazioni lasciate dai suoi predecessori e successori - in assenza di scritti e in specie della relazione finale del F. - primaria importanza rivestivano anche le bonifiche, lo sviluppo agricolo, nonché il fenomeno del contrabbando dei cereali e, per quanto riguarda l'aspetto politico-sociale, i conflitti tra i diversi ceti che, per la loro asperità, mettevano a dura prova le capacità di mediazione del rettore. Il F., inoltre, non mancò di assumere un atteggiamento di ferma difesa delle prerogative dello Stato nei confronti delle autorità ecclesiastiche in materia di religione e di lotta all'eresia.
Nello stesso anno del suo ritorno a Venezia il F. fu eletto giudice sopra il Banco Sanuto e la sua reputazione fu tale che anche negli anni a venire, allorquando si dovette con una certa frequenza pervenire alla liquidazione dei banchi privati, egli fu tra i patrizi cui si preferì ricorrere: avvenne nel 1578 per il Banco Dolfin, nel 1586 per quello Dolfin - Tiepolo e ancora per quello Pisani. Nel corso del 1571 (l'anno della battaglia di Lepanto) il F., che si trovava, in qualità di savio di Terraferma, alla direzione politico-militare della Serenissima, fu insignito della dignità di senatore ordinario e l'anno dopo fu mandato con incarico straordinario "a rasegnar et pagar le militie che si spedivano in armata". Dopo aver fallito un tentativo di farsi eleggere podestà a Bergamo, alla fine di settembre del 1572, entrò di nuovo al Senato in qualità di membro della zonta. Nel maggio del 1574 fu per dodici mesi provveditore sopra le Beccarie. Seguirono, nel corso dei due anni seguenti, tentativi falliti di farsi eleggere censore, podestà a Verona e membro aggiunto del Senato. A quest'ultima carica approdò invece nel settembre del 1576 e l'anno dopo a quella di giudice sopra l'Appellation dei beni inculti.
Mentre andava consolidandosi la sua fama di politico capace e prudente, il cursus honorum del F. si arricchiva di nuovi incarichi, di conferme e di frequenti apparizioni nelle liste delle candidature di un certo rilievo. Nel settembre del 1577 fu di nuovo senatore ordinario e nella rosa degli aspiranti alla carica di giudice e inquisitore straordinario in Terraferma. A un anno dalla precedente ottenne un'altra volta la nomina a senatore e nel corso degli anni 1578 e 1579 fu in corsa per diverse magistrature: provveditore alle Biave, savio alla Mercanzia, sopra le Spese superflue, savio di Terraferma e del Consiglio, nonché provveditore a Cattaro. Nel 1580 e ancora nel 1581 entrò con la zonta in Senato. Nel 1582 fu eletto senatore ordinario e nel medesimo anno, per la prima volta, nel Consiglio dei dieci, di cui divenne anche uno dei capi e di nuovo consigliere nel 1592. Nel 1583 era stato eletto anche giudice dei Sopra atti, carica cui fece seguito una nutrita serie di altre nomine: senatore, magistrato sopra Ori, esecutore delle deliberazioni pertinenti ai luoghi del Levante; ancora senatore ordinario e provveditore sopra i Denari, tra il 1585 e il 1586, mentre sullo sfondo si snodava la consueta partecipazione a diverse candidature amministrative, giudiziarie e diplomatiche, che continuarono a ripetersi con immutata intensità negli anni a venire fino alla morte.
Il 3 ott. 1587 il F. fu uno dei tre magistrati sopra Confini e nel 1588 entrò dapprima a far parte del gruppo di patrizi che sovrintendevano alla fabbrica di Rialto, per essere poi eletto revisore dei conti delle Procuratie, un lavoro faticoso che costituì un ulteriore riconoscimento della sua probità. Ne seguì, nel settembre dello stesso anno, la nomina a senatore ordinario, carica che, proprio a partire da quest'anno, il F. tornerà a ricoprire con cadenza annuale, ininterrottamente, fino al 1594, accompagnandola ad altri importanti incarichi: savio del Consiglio (1591), consigliere dei Dieci oltre che giudice nel Collegio della Milizia da mar (1591), revisore delle leggi e provveditore sopra Monti (1592) e provveditore sopra Fortezze (1593). Dopo un mese e mezzo di malattia, il 25 giugno 1595 morì nella sua dimora in affitto a S. Margherita.
Aveva disposto che il suo corpo fosse tumulato ai Frari nell'arca di famiglia. Nel testamento il F., senza figli, lasciava erede universale la prediletta pronipote Bettina, figlia del nipote Sebastiano di Nicolò. Tra i numerosi legati che riguardavano alcuni congiunti figuravano anche dipinti di artisti quali Tintoretto e Veronese.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd. I, Storia veneta 19, M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi veneti…, III, p. 533; Ibid., Avogaria di Comun. Contratti di nozze, reg. 9, c. 59v; Ibid. Libri d'oro. Nascite, reg. 51, c. 134; Ibid., Notai di Venezia. Testamenti, b. 81, n. 917 (not. Bianco); b. 194 n. 501 (not. M.A. Cavanis); Ibid., Provveditori e sopraprovveditori alla Sanità. Necrologi, b. 826; Ibid., Dieci savi alle decime in Rialto, b. 135, condizioni di decima S. Polo (1566); b. 164, n. 1074, condizioni di decima S. Felice (1582): redditi del Foscarini. Sul cursus honorum e la sua carriera, Ibid., Consiglio dei dieci. Giuramenti dei rettori, reg. 4, cc. 67, 74v, 84; Ibid. Lettere dei rettori. Bergamo, b. 2; ibid. Crema, b. 67, ff. 49-51; Ibid., Segretario alle Voci. Elezioni Pregadi, regg. 3, c. 11v; 4, cc. 6v, 8v, 41, 78, 91v, 97v; 5, cc. 54v, 73, 85, 116, 132, 149, 152v, 155v, 161v, 183v; 6, cc. 2v, 29v, 52v, 55v, 70v, 71v, 99v, 100; Segretario alle Voci. Elezioni Maggior Consiglio, regg. 3, c. 101v; 4, cc. 139v, 141v. Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna, 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti…, c. 35; Ibid., Mss. P.D. 866/66; 867/18, 85; 868/64; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII 825 (=8904): Raccolta dei Consegi…, cc. 50, 61v, 91, 294v, 376; 826 (=8905), cc. 149v, 187v, 257v, 287; 827 (=8906), cc. 150, 172, 306, 307; 828 (=8907), cc. 78, 101, 103, 105, 314v; 829 (=8908), cc. 11v, 31, 33, 35, 115, 119, 182, 194, 195v, 198v, 211v, 215v, 242, 263v, 293, 308, 338; 830 (=8909), cc. 32, 38, 55, 80v, 95, 132v, 159, 198v, 203, 213v, 214, 216, 225, 228v, 267v, 296 ss., 306v, 313, 16v [sic], 19v, 29, 47v, 55v, 71, 85, 101, 104, 107v; 931 (=8910), cc. 31, 32v, 41v, 47v, 68v, 90, 92r-v, 163, 186v, 187v, 188, 211v, 226 ss., 234v, 235v, 280v, 299 s., 305, 353v, 364, 377, 439, 447v, 449, 456v; 832 (=8911), c. 15v. Nunziature di Venezia, VIII, a cura di A. Stella, Roma 1963, pp. 113, 509, 513, 518; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, II, Podestaria e capitaniato di Belluno - Pod. e cap. di Feltre, a cura di A. Tagliaferri, Milano 1974, p. LV; XII, Podestaria e capitaniato di Bergamo, Bergamo 1978, p. XL; XIII, Podestaria e capitaniato di Crema, a cura di L. Firpo, Milano 1979, p. LIII; A. Morosini, Historia veneta…, in Degl'istorici delle cose veneziane…, II, Venezia 1720, p. 246; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane…, IV, Venezia 1834, p. 458; A. Cambruzzi, Storia di Feltre, III, Feltre 1886, pp. 44 s.