MELLONI, Giovan Battista. –
Nacque a Pieve di Cento, nel Bolognese, il 23 giugno 1713 da Francesco e da Girolama Vancini.
Compiuti i primi studi presso il collegio degli scolopi della città natale, dal 1731 frequentò lo Studium bolognese, dedicandosi alle discipline filosofiche, teologiche e giuridiche sotto la guida rispettivamente dei lettori P.F. Peggi, M. Galvani e A. Macchiavelli. Contemporaneamente agli studi universitari fu membro attivo del mondo delle Accademie: partecipò a quella degli Illustrati di Pieve di Cento, alla Colonia Renia degli Arcadi bolognesi con il nome di Elmino Alfeoniano, e promosse nel 1733 la rifondazione di quella bolognese dei Ravvivati.
Ordinato sacerdote il 20 dic. 1737 e conseguita la laurea in utroque iure l’11 giugno 1740, il M. fu chiamato alla cattedra di umanità nel seminario arcivescovile di Bologna, incarico che conservò fino al 1743 quando, per volere di Benedetto XIV (che aveva mantenuto la titolarità dell’arcivescovato bolognese), l’insegnamento delle diverse discipline fu affidato in via esclusiva ai barnabiti. Rifiutato l’incarico di precettore della scuola dei chierici della basilica di S. Petronio, il 20 dic. 1743 entrò nella Congregazione dell’Oratorio di S. Filippo Neri, nella quale negli anni successivi ricoprì le funzioni di prefetto dell’oratorio, di maestro dei novizi e di bibliotecario.
Formatosi durante l’episcopato del cardinale Prospero Lambertini, futuro papa BenedettoXIV caratterizzato da un forte impulso all’azione pastorale e dalla costante attenzione alla preparazione culturale del clero al fine di favorire l’affermarsi di una religiosità più equilibrata e consapevole, il M. trovò nell’ambiente oratoriano, permeabile alle tendenze culturali più aggiornate ed estraneo agli eccessi devozionali, le condizioni favorevoli per perseguire l’obiettivo lambertiniano di coniugare scienza e fede nella prospettiva di un sentimento religioso in grado di conciliare il ruolo della ragione con la fedeltà all’ortodossia. Se alla cultura era affidato il compito di illuminare la fede, questa doveva conferire alla scienza una valenza spirituale che avrebbe evitato il suo tramutarsi in un vano esercizio di superbia intellettuale.
Questa radicata concezione e la tradizione cultuale oratoriana imperniata sul valore esemplificativo delle vite dei santi indirizzarono il M. verso gli studi agiografici, inizialmente finalizzati alla preparazione dei propri sermoni e solo in seguito, per effetto dell’interesse suscitato negli ascoltatori, destinati a concretizzarsi in una copiosa produzione storico-erudita.
Il suo intento nel tratteggiare le vite dei santi era quello di sottolinearne le virtù cristiane indicando un modello che il fedele doveva sforzarsi di imitare. Una visione eminentemente pratica che, superando il tradizionale approccio miracolistico-taumaturgico, mirava a consolidare la conversione personale e a stimolare la ricerca della perfezione cristiana nella vita quotidiana. Nell’ottica lambertiniana di un rinnovamento profondo dei modi e delle forme della predicazione, i concetti utilizzati dovevano essere semplici e chiari, espressi in un linguaggio accessibile a tutti che evitasse volutamente ogni artificio retorico. La duplice necessità di rendere più comprensibile la liturgia e di elaborare nuovi strumenti per l’azione pastorale si saldava negli studi agiografici del M. con l’esigenza di fornire un racconto storicamente attendibile, solidamente appoggiato sulle fonti e sfrondato da leggende persistenti quanto non documentate. In questa attenzione per il dato storico e per la critica delle fonti, che tese progressivamente a rafforzarsi, è evidente l’influsso esercitato dai precedenti lavori dei bollandisti e dalla coeva opera muratoriana.
La produzione letteraria del M. comprende complessivamente 55 opere, 16 delle quali pubblicate postume (l’elenco completo è edito in G. Melloni, Atti o memorie degli uomini illustri in santità nati o morti in Bologna…, a cura di A. Benati - M. Fanti, Roma 1971, pp. XLII-LII). Oltre che di numerosi studi agiografici, che in una prima fase – corrispondente agli anni 1746-1764 – furono spesso eseguiti su commissione e dedicati non solo all’ambito bolognese, egli fu autore di componimenti elegiaci e di compilazioni di precettistica religiosa.
Se nelle prime opere agiografiche del M. è ancora predominante il fine devozionale, incentrato sull’edificazione morale e religiosa dei fedeli, quelle successive sono caratterizzate da un più esplicito intento erudito, al quale non era estraneo il risveglio dell’ambiente storiografico e più in generale del clima culturale bolognese.
Questa evoluzione si concretizzò nella progettazione di un’opera di grande impegno e respiro, sul modello della tradizione erudita settecentesca: Gli Atti o memorie degli uomini illustri in santità nati o morti in Bologna (I-VI, Bologna 1773-1818) aspiravano a configurarsi come un lavoro autenticamente storico, fondato sul rigore della ricerca documentaria e arricchito da poderosi apparati critici che, superando le lacune e i limiti metodologici della produzione agiografica precedente, fornisse una ricostruzione il più possibile esauriente e rigorosa. Un tentativo non privo di rischi: da un lato, la revisione dell’agiografia bolognese, che comportava la necessaria depurazione di vicende ed eventi privi di evidenza documentaria, poteva alimentare la montante polemica antireligiosa; dall’altro, un’opera che fosse pesantemente condizionata dalla forza della tradizione, con il corollario di avallare leggende e racconti non verificati, avrebbe perduto qualsiasi presupposto di scientificità. La scelta del M. fu ispirata all’equilibrio e alla prudenza: se la raccolta delle testimonianze sui santi bolognesi era orientata a fornire le basi documentarie sulle quali doveva fondarsi il loro culto, per converso l’assenza di prove certe, pur facendolo propendere per l’incertezza, non lo spingeva a una semplice operazione di disconoscimento, ma lo spronava a elaborare ipotesi più attendibili e tentativi di ricostruire la genesi degli errori che si erano prodotti. Il piano dell’opera prevedeva tre classi di santi e beati: la prima comprendeva quelli il cui culto era approvato dalla Chiesa; la seconda quelli con culto tollerato; la terza quelli privi di qualsiasi culto. I primi tre volumi, relativi alla seconda classe, furono editi tra il 1773 e il 1780. La pubblicazione proseguì postuma, nel 1786, per terminare nel 1818 con l’uscita dell’ultimo dei tre volumi della prima classe. La terza classe, malgrado l’esistenza di una stesura in forma manoscritta, rimase invece inedita.
Il M. morì a Bologna il 24 dic. 1781.
Fonti e Bibl.: L. Preti, Breve notizia del padre Giovambattista M. dell’oratorio di Bologna, Bologna 1786; L. Gessi, Giambattista M. (1713-1781). Note storico-bibliografiche, Bologna 1912; M. Fanti, Giovambattista M.: cultura e pietà in un agiografo del Settecento, in Giovambattista M. agiografo (1713-1781) nel suo tempo e nel suo ambiente. Giornate di studio nel secondo centenario della morte…1981-82, a cura di A. Berselli - A. Samaritani, Pieve di Cento 1984, pp. 17-37; T. Giberti Cavicchi, G.B. M. accademico nella cultura umanistico-religiosa di Pieve nel ’700, ibid., pp. 39-63.
A. Daltri