NOVELLO, Giovan Battista
NOVELLO, Giovan Battista. – Nacque a Padova, nella parrocchia di S. Giacomo, il 1° settembre 1715 da Giovanni e da Caterina Fedricci.
Nel 1717 nacque il fratello Francesco. Nel 1718 il padre morì e la madre si trasferì con i figli a Venezia come balia presso la famiglia di Pietro Girolamo Cappello.
Grazie al legame con la famiglia patrizia i due fratelli ricevettero un’approfondita educazione in campo artistico: Francesco divenne incisore, attivo poi a Castelfranco Veneto; Giovan Battista, invece, studiò architettura. Secondo il primo biografo, l’abate Bonaventura Sberti (1799), acquisì i rudimenti in campo architettonico grazie alla frequentazione della scuola di Tommaso Temanza, con il quale mantenne una solida e duratura amicizia, testimoniata da alcune lettere (Olivato, 1974). Rowan (1966) ha suggerito che la sua formazione avvenisse presso Giovanni Antonio Scalfarotto, di cui Temanza, di soli dieci anni più vecchio di Novello, era nipote.
Fu comunque il legame instauratosi con i Cappello a favorire la sua carriera. Nel 1735 Pietro Andrea Cappello, nominato ambasciatore presso la corte di Spagna, condusse con sé il giovane architetto. Il ruolo che questi ricoprì durante il soggiorno madrileno è ancora in gran parte da chiarire, in quanto le poche testimonianze sinora note provengono dalle sue memorie raccolte dai primi biografi, Sberti e Antonio Diedo (1800), secondo cui, all’arrivo a Madrid, grazie alla mediazione dell’ambasciatore veneto, avrebbe sottoposto alla valutazione del re Filippo V alcuni suoi disegni per la costruzione di un nuovo palazzo reale dopo che un incendio del dicembre del 1734 aveva distrutto l’antico Alcazar. Apprezzati i disegni, il re avrebbe quindi assegnato al giovane padovano l’incarico di realizzare il nuovo edificio, nominandolo «ingegnere civile di sua Maestà Cattolica con regio stipendio» (Sberti, 1799).
La rivendicazione del ruolo principale in un cantiere così importante è contraddetta però dai fatti: la costruzione del nuovo complesso, in realtà, fu affidata a Filippo Juvarra e dopo la sua morte, nel 1737, nella carica di principale architetto subentrò l’allievo Giovanni Battista Sacchetti. Finora le fonti documentarie reperite presso l’Archivio de Palacio (La Plaza, 1974) permettono di assegnare a Novello un coinvolgimento nel cantiere reale con compiti subalterni o di esecutore di disegni a fianco di Sacchetti.
La sua permanenza in Spagna durò 18 anni, impiegati presumibilmente al servizio della corte, con un ruolo che Novello al ritorno in Italia rivendicava, firmandosi sovente «architetto di sua Maestà Cattolica».
Legato al suo periodo spagnolo resta un dossier di disegni, conservato a Venezia presso la Biblioteca Marciana (Cod. marc., It.IV.267 = 5076) e proveniente dalle raccolte del giurista padovano Marc’Antonio Lenguazza, nel quale sono riunite 21 tavole, di cui 16 illustrano i progetti per il palazzo madrileno (due sono copie del progetto di Juvarra), mentre 5 sono dedicate alle altre principali residenze reali di villa. La raccolta è corredata da un indice, steso dall’artista stesso negli ultimi mesi prima della morte, in cui sono descritte le singole tavole e al quale è premessa una «informazione preventiva» datata 1° giugno 1799, in cui ricapitola le vicende del suo soggiorno in terra di Spagna, rivendicando che «per la facitura del detto nuovo Palazzo io, Giovan Battista Novello [...] dalla Maestà sudetta, fui impiegato e stipendiato sua vita durante, e fu per il tempo d’anni dodici» (Olivato, 1974, pp. 355-357). Si tratta di tavole di grande qualità grafica, ma per molti aspetti di non grande precisione. Una serrata analisi dei disegni che ritraggono le residenze di villeggiatura ha fatto emergere la presenza di molti dettagli non corrispondenti a quanto effettivamente esistente o ai progetti predisposti al tempo (Tovar Martín, 1991). Si è addirittura supposto che la veduta di Toledo, disseminata di molti dettagli fantasiosi, possa essere stata realizzata in Italia da un altro autore e poi inserita da Novello tra le sue carte (Suarez Quevedo, 1993).
Gli anni trascorsi presso la corte a contatto con Juvarra e i suoi continuatori, a ogni modo, permisero a Novello di portare a compimento la propria formazione, ampliando le competenze apprese in ambiente veneziano, ancora fortemente legato alla lezione di Palladio e Scamozzi. Il ritorno in Italia, nel 1753, fu favorito da una licenza di sei mesi concessagli dal primo ministro José de Carvajal per curare alcuni non ben precisati interessi familiari. Il soggiorno si trasformò in definitivo a seguito di una serie di vicissitudini legate a una infermità che lo colpì. La morte di Carvajal, inoltre, lo lasciò privo di legami di committenza con la corte spagnola.
L’esperienza maturata a livello internazionale gli fruttò numerose commissioni in patria, inizialmente come consulente per questioni tecnico-costruttive. Nel 1753-56 fu coinvolto nella fabbrica della cattedrale di Padova, per il completamento degli interni, con l’erezione di volte e cupole. Al suo intervento sono assegnate la costruzione delle volte delle navate minori e la soluzione architettonica adottata nella controfacciata. Elaborati grafici relativi a questo incarico sono conservati presso l’Archivio della Biblioteca capitolare di Padova (Zaggia, 2008). Nel 1758 ottenne dal magistrato dei Beni comuni la nomina a «pubblico perito e agrimensore», titolo che consentiva di svolgere compiti di stima, valutazione e consulenza per le magistrature venete.
A detta di Sberti, sarebbero state migliaia le perizie relative a questa attività professionale. Almeno una tavola di stima eseguita in veste di pubblico perito è conservata a Venezia presso il Museo Correr (Fondo cartografico, Archivio Lazara Pisani Zusto, 3/38): si tratta di una misurazione di terreni condotta con un altro tecnico, Domenico Bedo, per la famiglia Da Rio, datata 1765.
Nel 1760 il conte Giambattista Trento gli affidò l’incarico di progettare un nuovo ambizioso palazzo familiare, da costruire all’imbocco della contrada dello Spirito Santo (ora via Marsala). Fu questa la prima occasione per dimostrare nella propria città, con un edificio completo, le competenze e qualità apprese in Spagna. Il cantiere fu avviato celermente e proseguì sino al 1763 quando, per ragioni non del tutto chiarite, i lavori s’interruppero lasciando l’edificio in uno stato d’incompiutezza. Dopo la morte dell’ultimo rappresentante della famiglia Trento, nel 1805, la proprietà fu acquistata per via ereditaria dalla famiglia Papafava dei Carraresi.
Il palazzo emerge per la mole, sviluppata su 19 campate, e la ricca scansione del prospetto classicista sul tessuto circostante, mentre l’impostazione degli spazi interni esplicita una concezione inusuale per l’area veneta: le stanze si organizzano a partire da un grande atrio d’accesso con colonne doriche su cui si apre uno scalone d’ascendenza juvarriana. Tre disegni relativi al progetto (prospetto principale, sezione dell’atrio e sezione del cortile), conservati nella collezione privata dei conti Papafava, furono pubblicati da Rowan (1966).
La realizzazione del palazzo procurò a Novello grande visibilità all’interno della società padovana, facendolo divenire il principale punto di riferimento per importanti famiglie padovane nel rinnovo e riorganizzazione interna di edifici di antica costruzione. Il carattere dell’architettura da lui introdotta si distingueva nettamente da quanto sino a quel momento era stato praticato in ambito padovano, ma anche, per certi aspetti, dalla predilezione per la scansione semplificata e la sobrietà ornamentale promulgate dall’amico Temanza.
Nel 1767 fu coinvolto nella spinosa questione del rinnovo e lastricatura del sagrato della basilica del Santo che da alcuni anni vedeva coinvolti in un serrato dibattito le autorità amministrative e diversi architetti e tecnici veneti (tra cui Domenico Cerato, Filippo Rossi, Bartolomeo Ferracina, Andrea Zorzi). I lavori erano iniziati nel 1762 sulla base di un piano elaborato dal matematico Simone Stratico, ma le demolizioni di antichi sepolcri e, soprattutto, il rialzo del livello del selciato avevano suscitato non poche polemiche. Novello elaborò una proposta alternativa, suggerendo la demolizione di quanto già fatto e l’abbassamento del livello del terreno onde non alterare l’assetto delle porte della chiesa e del convento. Il suo progetto, sostenuto dal parere favorevole del professore di matematiche Giovanni Alberto Colombo, fu approvato dal Consiglio dei dieci (16 novembre 1767) e quindi posto in opera (documento pubblicato da Sartori, 1961, p. 375).
L’anno successivo fu incaricato dal giurista Andrea Maldura di progettare un nuovo palazzo accorpando unità immobiliari acquisite allo scopo. Il recupero di parte delle strutture di un palazzo medievale preesistente diede come esito l’articolazione del complesso a partire da un grandioso corpo centrale svettante sulle ali e contenente un vasto atrio passante, lo scalone e una sala a doppia altezza al piano superiore. Anche in questo caso l’edificio (oggi sede dipartimentale dell’Università di Padova) imponeva il proprio volume sul contesto circostante, ponendosi come fondale architettonico dell’asse viario proveniente dalla porta di Codalunga.
Tra il 1780 e il 1781 fu impegnato per la famiglia Capodilista curando la sistemazione interna dell’antico palazzo magnatizio (nell’attuale via Umberto I) e realizzando un palazzetto a due piani ubicato sul fronte strada opposto. Se il primo intervento di allestimento interno è attribuito dalla storiografia, la costruzione del casino è documentata dalle fonti (Gennari, 1982). Per la facciata del palazzetto adottò una scansione semplificata dell’ordine maggiore, a contrasto con una ricca ornamentazione nel dettaglio delle cornici di portali e finestre.
La storiografia (Olivato, 1977, p. 209) gli ascrive anche il riordino, concluso nel 1783, del seicentesco palazzo di proprietà Cappello nell’attuale via Altinate, la cui fase d’impianto è attribuita a Vincenzo Scamozzi. Condusse l’intervento con un’estrema parsimonia di mezzi e nella finitura del prospetto principale si limitò a inserire nuove balaustre, nuovi capitelli e un rinnovato cornicione sommitale. Sempre negli anni Ottanta intervenne nel palazzo di proprietà dalla famiglia Venezze: di origine cinquecentesca, era appartenuto a Marco Mantova Benavides e aveva visto l’intervento di Bartolomeo Ammannati. L’opera di Novello in questo caso si concentrò nella sistemazione interna, risolta con l’innesto di un ampio scalone.
A Novello è stato attribuito anche, sulla base delle informazioni dei primi biografi (Diedo, 1800), il progetto di sistemazione degli interni del palazzo Da Rio, nell’attuale via Dante. Il cantiere era in corso nel marzo 1793, come documenta Giuseppe Gennari che, però, attribuisce la facciata ad Angelo Sacchetti. Infine gli è stato assegnato (Universo, 1975, p. 327) il disegno dell’altare maggiore – realizzato dallo scultore Giovanni Battista Danieletti – della chiesa di S. Maria Assunta, annessa al convento delle Dimesse. È molto probabile che nell’ultima fase della vita attendesse principalmente alla stesura di un trattato di architettura. Di tale sforzo teorico rimangono due libri conservati in allegato alla Memoria scritta dall’abate Sberti.
Ad accompagnare il testo è una lettera, datata 7 agosto 1794, scritta da Novello stesso in cui sembra voler destinare il trattato a un uso eminentemente didattico: «Breve istruzione dedicata alli scolari d’Architettura Civile di me Giovan Battista Novelli architetto di sua Maestà Cattolica». Le due sezioni del manuale presentano un’organizzazione tutto sommato tradizionale, riprendendo gli schemi usuali del trattato di origine rinascimentale: la prima parte espone l’origine degli ordini e le forme dei templi; la seconda si sofferma con maggiore dettaglio sulle ‘regole’ per il proporzionamento dei cinque ordini.
Morì a Padova il 15 dicembre 1799, dopo breve infermità, nella parrocchia di S. Egidio.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Padova, Ufficio di Sanità, b. 511, 15 dicembre 1799; Padova, Biblioteca del seminario, cod. 261: B. Sberti, Memoria intorno a G.B. N. padovano scritta il 30 dicembre 1799; Ibid., Biblioteca capitolare, ms. L. 273 (versione originale della nota informativa sui disegni spagnoli, conservati presso la Bibl. Marciana); Ibid., Biblioteca civica, ms. B.P. 831, pp. 3-8; (copia della biografia redatta da Sberti); Venezia, Biblioteca del Museo Correr, Fondo Moschini, s.v. Novelli (lettere tra Temanza e Novello); A. Diedo, Memoria intorno a G.B. N., architetto, in Memorie per servire alla storia letteraria e civile, Venezia 1800, pp. 3-14; N. Petrucci, Biografia degli artisti padovani, Padova 1858, pp. 210 s.; Lettere del veneto architetto Tommaso Temanza pubblicate la prima volta nella fausta occasione delle nobili nozze Marcello-Zon, a cura di F. Wcovich Lazzari, Venezia 1858; A. Sartori, Il sagrato del Santo, in Il Santo, I (1961), 3, pp. 345-376; A. Rowan, The architect of the Palazzo Papafava in Padua, in The Burlington Magazine, CVIII (1966), 757, pp. 184-191; L. Olivato, Nota su Giambattista N. Con qualche inedito, in Padova e la sua provincia, 1974, n. 3, pp. 8-12; Id, Giambattista N., un arquitecto paduano del XVIII en la corte de España, in Archivio Español de arte, XLVII (1974), 188, pp. 351-358; Los planos de N. para el Palacio Real de Madrid, ibid., pp. 410 s.; F.J. de La Plaza Santiago, Investigaciones sobre el Palacio Real Nuevo de Madrid, Valladolid 1975, pp. 104-106, 341-344; M. Universo, Chiesa di S. Maria Assunta, in Padova. Basiliche e chiese, a cura di C. Bellinati - L. Puppi, II, Vicenza 1975, p. 327; L. Olivato, Tradizionalismo, eversione e rinnovamento tipologico nell’edilizia tra ‘700 e ‘800, in Padova. Case e palazzi, a cura di L. Puppi - F. Zuliani, Vicenza 1977, pp. 181-221, 203-210; G. Bresciani Alvarez, Le fasi costruttiva e l’arredo plastico-architettonico della cattedrale, (1977), ora in Id., Architettura a Padova, a cura di G. Lorenzoni - G. Mazzi - G. Vivianetti, Padova 1999, pp. 183 s.; M. Brusatin, Venezia nel Settecento, Torino 1982, pp. 350-352; G. Gennari, Notizie giornaliere di quanto avvenne specialmente in Padova dall’anno 1739 all’anno 1800, a cura di L. Olivato, Fossalta di Piave 1982-84, pp. 46, 61, 210; V. Tovar Martín, El «diseño» de Giambattista N.: fantasía y visión arbitraria del arte cortesano español, in Academia, 1991, n. 72, pp. 153-173; D. Suarez Quevedo, La veduta de Toledo por Giambattista N. (en España: 1735-1753), o un ejercicio entre realidad, fantasía y pintoresquismo, Atti del Convegno “Coloquios de iconografía” ... 1992, inCuadernos de arte e iconografía, XII (1993) 6, pp. 220-225; S. Zaggia, Cattedrale, in Clemente XIII Rezzonico. Un papa veneto nella Roma di metà Settecento, a cura di A. Nante - C. Cavalli - S. Pasquali, Cinisello Balsamo-Milano 2008, pp. 106-108; D. McReynolds, Padova, in Storia dell’architettura nel Veneto, Il Settecento, a cura di E. Kieven - S. Pasquali, Venezia 2012, pp. 228-230; G.B. N., ibid., pp. 316 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 539; Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica, IV, Roma 1969, pp. 238 s.