PAGANI, Giovan Battista
PAGANI, Giovan Battista. – Figlio di Francesco e di Aurora Briani, nacque a Verona il 27 agosto 1784, da famiglia originaria di Lonato del Garda.
Laureato in utroque iure a Pavia, il padre esercitò come notaio a Venezia e Verona; alla caduta dell’invisa Repubblica Veneta, resse le sorti di Lonato, divenendo membro di spicco dell’alta burocrazia del Regno d’Italia: segretario generale del Direttorio, poi giudice di revisione e d’appello, presidente del tribunale criminale e commissario di governo per i tribunali del Mella fu, infine, procuratore generale per la Corte di giustizia.
Giovan Battista trascorse la fanciullezza a Lonato con le sorelle (Marianna, Maria Teresa, Maria Elisabetta e Barbara), i genitori e gli zii, sino a quando, nel 1798, le entrature professionali paterne gli consentirono di andare «in educazione a Milano» (Lonato, Arch. parrocchiale di S. Giovanni Battista, Liber Animarum Lonati, 1800, n. 71, c. 57r), presso il convitto Longone, normalmente destinato ai rampolli delle più nobili famiglie.
Qui condivise per un triennio il soggiorno scolastico con un timido e introverso Alessandro Manzoni, con il quale allacciò un intenso ma burrascoso rapporto umano. A colmare i vuoti affettivi di «Sandrino» intervenne «Gianni, il veneto» (Lonato del Garda, Biblioteca G. Papa, ms. anonimo, cc. 1-29, in Pionna, 2011, pp. 155-159), in grado di influenzare con il proprio carattere volitivo, imbevuto di una sconfinata ammirazione per «il generalino corso» il più schivo amico e gli altri giovani del sodalizio, fra i quali Luigi Arese, Ignazio Calderari ed Ermes Visconti.
Nell’estate del 1801 Pagani partì alla volta di Pavia per intraprendere gli studi universitari, dopo un breve soggiorno a casa in cui portò con sé alcuni lavori di Manzoni, con ogni probabilità il sonetto Autoritratto, l’ode Qual su le Cinzie cime e il poemetto Il trionfo della libertà, che avrebbe conservato sino alla morte insieme al sermone a lui stesso dedicato (A Giovan Battista Pagani), composto nel 1803.
Furono anni formativi, nei quali ebbe modo di distinguersi e di fare proficue conoscenze. Presidente dell’Accademia scientifico letteraria ticinese, associazione studentesca dagli ampi orizzonti culturali, si appassionò inoltre a tematiche metagiuridiche che ne influenzarono la successiva produzione. Contemporaneamente rafforzò l’amicizia con Vincenzo Monti, già professore di eloquenza presso l’Ateneo pavese, sotto le cui ali la «vera perla del diritto» (Brescia, Biblioteca Queriniana, Autografi, cart. 7: 6 novembre 1804) ottenne, nel 1804, la licenza dottorale con lode.
Terminata nel 1805 la pratica legale presso il rinomato studio di Andrea Squadrelli, si trasferì da Milano a Brescia. Fidando nei meriti acquisiti con la pubblicazione, curata insieme con l’avvocato Giammaria Febrari, del commento allo Spirito del Codice Napoleone di Jean-Guillaume Locrè (I-IV, Brescia 1806-11), chiese e ottenne da Manzoni e da Ferdinando Marescalchi una raccomandazione presso il gran giudice Giuseppe Luosi. L’iniziativa editoriale, caldeggiata anche da Monti, non gli valse tuttavia l’agognato incarico di sostituto del regio procuratore presso la corte di prima istanza di Brescia, e anche l’amicizia con Manzoni – caduta nella rete di un eccessivo turbinio di omaggi e ringraziamenti per le raccomandazioni ricevute – finì temporaneamente per incrinarsi. Nel 1806 inoltre Pagani suscitò il risentimento di Manzoni, premettendo di sua iniziativa una lettera dedicatoria a Monti alla stampa milanese del carme In morte di Carlo Imbonati, già uscito in Francia. L’ira manzoniana, grazie all’aiuto dei compagni di gioventù, successivamente si placò, consentendo all’amicizia di ritrovare, seppur per breve tempo, serenità.
Il 4 marzo 1807 Pagani si unì in matrimonio con Marianna Gerardi, appartenente a una delle famiglie filofrancesi più influenti di Lonato, e il 10 ottobre dello stesso anno trovò definitiva collocazione professionale quale conservatore dell’Ufficio delle ipoteche in Brescia, incarico che tenne fino al 1831, quando andò in pensione, formalmente per motivi di salute, ma molto probabilmente perché invischiato in affari politici.
Gli uffici pubblici non gli impedirono di svolgere un’intensa attività: esponente del patriottismo romantico, nel 1807 entrò nella loggia massonica Amalia Augusta fondata dallo stampatore Nicolò Bettoni, divenendo l’anello di congiunzione della colonia bresciana con le altre del Lombardo-Veneto. In quest’ambito seppe coniugare il fine scientifico e letterario con quello sociale, perseguendo ideali progressisti unitari.
Il ritorno degli austriaci ne raffreddò tuttavia gli entusiasmi. Esaurita la vivacità intellettuale giovanile, si avviò verso la maturità in un clima di più cauta opposizione allo straniero. Per non compromettersi pubblicò, da quel «covo di cospiratori» (Arch. di Stato di Milano, Presidenza di Governo, Brebbia-Strassoldo, 1823) che pure era l’Accademia di scienze, lettere, agricoltura ed arti del Dipartimento del Mella (poi denominata Ateneo di Brescia), una serie di saggi avulsi da ogni polemica col regime, dalla letteratura alla filosofia, dalle scienze al diritto e all’economia. Per la sua Istruzione agraria ai possidenti della Provincia bresciana nell’anno 1820 ricevette un consistente riconoscimento da parte dell’Ateneo.
Dopo il pensionamento, pregressi debiti fiscali e il divieto di riprendere l’attività legale lo costrinsero, prossimo alla povertà, a richiedere, senza successo, un modesto sussidio all’Istituto lombardo, di cui frattanto Manzoni era divenuto presidente.
Nel 1848, il governo provvisorio bresciano lo nominò membro del Comitato di giustizia, ma il ripristino dell’ordine costituito ne aggravò la già incerta posizione, facendolo bersaglio di costanti investigazioni segrete. I suoi sentimenti erano chiari, come attesta la collaborazione tra il 1850 e il 1851 al giornale antiaustriaco Il Cenomano.
Solo nel 1859, cessata la pressione asburgica, ormai vedovo e con la sola consolazione dell’ultimogenita Silvia Marianna, ottenne la croce dei Ss. Maurizio e Lazzaro, onore di cui pochi bresciani furono insigniti. Tuttavia l’età ormai avanzata e le precarie condizioni di salute ne avevano infiacchito irrimediabilmente corpo e spirito.
Morì a Brescia il 19 febbraio 1864.
Opere: Della cospicua produzione presente nei Commentari dell’Ateneo di Brescia, in particolare si ricordino: Sull’utilità delle belle lettere nello studio della giurisprudenza, 1809, pp. 26-29; Se offre più vantaggi al sistema di collocare per regola generale nelle pubbliche cariche i nobili e doviziosi o gli uomini forniti di soli meriti personali, 1812, pp. 43-45; Apologia della tragedia di A. Manzoni intitolata Carmagnola, 1820, pp. 63-71; Sul pregio degli studi legali e sulle opere criminali del sig. conte Barbacovi, 1821, pp. 41-45; Discorso sulla tragedia romantica del sig. A. Manzoni intitolata Adelchi, 1823, p. 14-16. Anche negli Annali universali di statistica economia pubblica, storia, viaggi e commercio pubblicò numerosi studi, fra cui: Considerazioni sul valore delle monete, XXXIV [1832], ff. 100-101, pp. 95-112; Alcune idee sul lusso (con note di G.D. Romagnosi), XXXVI [1833], pp. 27-38. Da ricordare poi due repertori legali apparsi nel Giornale di letteratura scienze e arti, 1833, voll. 36, 70, 71 e, infine, il Trattato delle rendite giuridiche (in collab. con G. Sacchi), Milano-Brescia 1834.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Verona, Ufficio Sanità, reg. 17, c. 183r; Arch. di Stato di Pavia, Università, Fac. politico-legale, cart. 631; Almanacco Imp. R. per le prov. del Lombardo-Veneto, 1817-20; Arch. di Stato di Milano, Misc. Cantù, cart. 7; Brescia, Arch. parrocchiale di Ss. Faustino e Giovita, Reg. dei morti, 1864, n. 51; Ibid., Biblioteca Queriniana, Mss., K.II.9; K.IV.1; K.II.10; Autografi: Manzoni, cart. 7; Luosi, cart. 57; Monti, cart. 71; Calderari, cart. 193; Milano, Centro nazionale di studi manzoniani, Codice Ugoni-Gallia. G. Gallia, Giambattista P.: ricordo letto all’Ateneo di Brescia il 18 aprile 1875, inCommentari dell’Ateneo di Brescia, 1875, pp. 23-26; P. Guerrini, La massoneria a Brescia prima del 1821, inI cospiratori bresciani del ’21 nel primo centenario dei loro processi, Brescia 1924, in partic. pp. 183-231; V. Peroni, Biblioteca bresciana, III, ad ind.; Storia di Brescia, IV, Dalla Repubblica bresciana ai giorni nostri, Brescia 1964, pp. 700 s.; G.P. Bognetti, Manzoni giovane, Napoli 1977, pp.165-251; (G.M. Costantini), G.B. P., in Österreichisches Biographisches Lexikon, VII, p. 287; B. Martinelli, Il Manzoni e la cerchia degli amici bresciani, in Il Manzoni e il suo impegno civile…, Azzate 1986, pp. 137-215; S. Onger, I fondi manoscritti e bibliografici, in Biblioteca queriniana, a cura di A. Pirola, Brescia 2000, p. 74; P. Frare, Bettoni 1806: tra i «Versi in morte di Carlo Imbonati» e i «Sepolcri», in «A egregie cose». Studi sui «Sepolcri» di Ugo Foscolo, a cura di F. Danelon, Venezia 2008, pp. 135-151; G. Pionna, Giambattista P. un amico lonatese di Alessandro Manzoni, Milano 2011.