PERGOLESI, Giovan Battista
Musicista, nato a Iesi nel 1710. Studiò contrappunto a Napoli con G. Greco, F. Durante e F. Feo. È dubbia la sua ammissione all'Istituto dei Poveri di Gesù Cristo. Esordì con gli oratorî La morte di S. Giuseppe e La conversione di S. Guglielmo d'Aquitania (1731). Le prime opere serie ottennero poco favore. Lo frate 'nnamurato invece, e la Messa in fa a 10 voci (1732) destarono entusiasmo. Neppure piacquero le successive opere serie, mentre gl'intermezzi comici gli procurarono le sole consolazioni della sua triste esistenza. Colpito dalla tisi, si ritirò (1735) nel convento dei francescani a Pozzuoli. Colà portò a termine lo Stabat Mater e morì il 16 marzo 1736.
Come melodrammista seguì la tradizione formalistica. Nella Salustia (1731), sono 17 arie tripartite, con poche fioriture, con qualche accento originale nell'accorammto, nella drammaticità, un quartetto come finale del secondo atto, un breve coro finale, insignificante al pari della sinfonia in tre tempi. Abbondano i recitativi secchi. Perduta la partitura del Ricimero, resta quella del Prigionier superbo (1733), sinfonia e due cori insignificanti. Efficace qualche recitativo obbligato. Molte arie convenzionali, qualcuna drammatica: un duetto, un terzetto, un quartetto. All'Adriano in Siria (1734), libretto pasticciato da quello di Metastasio, prepose la breve introduzione che appartenne già al S. Guglielmo. Un solo duetto, finale dell'opera. Delle venti arie, alcune sono patetiche, altre convenzionali e fiorite; una è precedute da un a solo di oboe, obbligato con la voce nei passi imitativi del canto dell'usignuolo; un'altra è alternamente accompagnata da due orchestre (come in L. Vinci). Un lungo e insignificante recitativo, seguito da un breve coro, chiude l'opera. Appare accentuato il carattere popolaresco di talune movenze melodiche. L'Olimpiade (1735), l'ultima fra le opere serie che gli fu dato di comporre, cadde clamorosamente al Tordinona di Roma. Al libretto metastasiano erano state aggiunte tre arie dell'Adriano in Siria. Insignificante la sinfonia, tolta dalla Conversione di S. Guglielmo. Ventiquattro arie tripartite, un duetto, una marcia di 22 battute, un recitativo obbligato d'uguale lunghezza, un quartetto finale di 16 battute. Neppure in questa opera si scorge la tendenza a coltivare i recitativi accompagnati e i pezzi orchestrali. La breve marcia è del tutto inadeguata alla solenne parata sacerdotale. La vocalità dell'unico recitativo accompagnato non differisce da quella consueta del recitativo secco. Lunghissimi i recitativi secchi; la declamazione è raramente commossa e dissueta. Sedici arie sono accompagnate soltanto dagli archi; sei o sette di esse appaiono fiorite, per lo più abbondantemente e senza pretesto di immagini pittoresche. Passando da queste arie a quelle patetiche, si nota che nell'orchestra tacciono gli oboi, i corni, le trombe, e che le espressioni risuonano cordiali, originali, commoventi. Infatti se all'esame formalistico egli appare indifferente agli elementi integratori dell'opera, l'analisi estetica discopre nella vena sentimentale una novità d'accenti tale da far sembrare lontani il razionalismo e l'Arcadia, e prossimo, anzi già presente, il preromanticismo.
Neppure in queste pagine egli rinnova l'armonistica e la ritmica dei suoi tempi, anzi le persegue, ma insinua tuttavia in esse il suo proprio sentimento.
Nel genere comico il P. congiunse alle caratteristiche patetiche già accennate, quelle dell'ironia, del brio, della caricatura. Fuori del convenzionale melodramma, la libertà della commedia poté attingere quella verità, che nel desiderio dei contemporanei era reazione al classicismo, all'arcadia, al razionalismo.
Il senso dell'osservazione brilla nelle arguzie della Serva padrona, negl'intermezzi al Prigionier superbo. E l'opericciuola, sorta su un libretto che può essere considerato il migliore di quel genere, è di per sé una vera e propria opera comica. Pezzi certamente delicati e vivaci non riescono invece a dare consistenza a Livietta e Tracollo, intermezzi per l'Adriano in Siria. Nella commedia del Frate 'nnamurato la qualità della musica è eccellente, ma spesso il patetico va oltre i sentimenti e le vicende della commedia, e assurge a quel tono tragico che, qui inopportuno, sarebbe stato desiderabile nel melodramma.
Importanti le composizioni d'argomento sacro. Nel giovanile oratorio La morte di S. Giuseppe le caratteristiche pergolesiane sono come celate dalle reminiscenze scolastiche e dalle maniere ornamentali. Breve, la sinfonia in 3 tempi. Melodie graziose, indifferenti al testo. Nel dramma sacro La conversione di S. Guglielmo d'Aquitania, il cui libretto contiene anche alcuni episodî comici, i personaggi risultano alquanto studiati. Nelle musiche a cappella e con orchestra si riflette il tentativo, comune alla scuola napoletana, di fondere antichità e modernità di maniere. I pezzi contrappuntistici mostrano l'esperienza magistrale e la fine sensibilità. Come nelle opere teatrali, così anche in quelle chiesastiche, si riscontrano pezzi trasferiti dall'una all'altra, cambiate le parole. I salmi Laetatus sum e Confitebor sono identici, la fuga del salmo Dixit e il Cum sancto della Messa in re, anche. Alcuni pezzi sono fondati, alla maniera di Durante, su temi gregoriani. A parte la modernità del sentimento e le libertà della stesura, il palestrinianesimo risulta curato meglio che in altri contemporanei. Redatto a somiglianza dello Stabat Mater di A. Scarlatti, quello di P., per soprano, contralto, coro, archi e organo, e contenente 6 arie, 4 duetti, 2 fugati, ottiene tuttora il favore che ha serbato intatto, durante due seeoli (a parte le polemiche per la richiesta di musiche severamente liturgiche). Bellezza d'invenzione, suggestività di accenti, delicatezza patetica, rappresentazione del dramma femminile, fanno passare in seconda linea le improprietà di alcune frasi e di alcune ripetizioni.
Notevoli, anche, nella produzione pergolesiana, la Salve Regina, e, nella musica da camera, la cantata Orfeo.
Bibl.: March. di Villarosa, Lettera biografica intorno alla patria e alla vita di G. B. P. attraverso i suoi biografi e le sue opere (Milano 1900), G. Radiciotti, G. B. P. Vita, opere e influenza su l'arte, Roma 1910; id., L'arte di G. B. P., in Rivista mus. italiana, XVII (1916); A. Della Corte, G. B. P., in L'opera comica italiana nel '700, I, Bari 1923, pp. 49-75.