PIRELLI, Giovan Battista
PIRELLI, Giovan Battista. – Nacque a Varenna, sul lago di Como, il 27 dicembre 1848, da Santino, fornaio, e Rosa Riva, ottavo di dieci figli.
Il nonno materno lavorava come imbianchino; nonostante ciò era registrato all’anagrafe come «possidente».
Nel 1861 Giovan Battista si trasferì a Milano per frequentare la sezione fisico-matematica dell’Istituto tecnico di Santa Marta (oggi Carlo Cattaneo). Ottenuta la licenza con il massimo dei voti, nel 1865 si iscrisse alla facoltà di scienze fisiche, matematiche e naturali dell’Università di Pavia, dove seguì il biennio propedeutico di studi fisico-matematici.
In quegli anni i fermenti patriottici di stampo risorgimentale, largamente diffusi in tutti gli strati della società lombarda, svolsero una parte importante nella formazione politica e culturale del giovane Pirelli. Nel 1866, insieme a molti compagni di studi e al suo professore Giuseppe Colombo – futuro creatore della società Edison –, si arruolò nel 3° reggimento dei volontari garibaldini e partecipò alla terza guerra di indipendenza, combattendo nella battaglia di Monte Suello (Brescia) del 3 luglio 1866, e, in seguito, alla sfortunata impresa di Mentana (in provincia di Roma) il 3 novembre 1867.
Nel 1867 si iscrisse all’istituto tecnico superiore di Milano (il futuro Politecnico), dapprima frequentando i corsi della sezione di ingegneria civile ma, dopo il primo anno, optando per quella di ingegneria industriale, dove ritrovò il suo maestro Colombo. Il 10 settembre 1870 Pirelli conseguì il diploma di ingegnere industriale ottenendo i migliori voti della sua sezione.
Questo risultato gli consentì di vincere una delle due borse di studio istituite dalla nobildonna milanese Teresa Berra Kramer, destinate ai due migliori laureati del Politecnico. Il premio Kramer gli permise di intraprendere un «viaggio di istruzione» all’estero con l’obiettivo di individuare e studiare «una industria nuova»: il viaggio durò quasi dieci mesi (novembre 1870-settembre 1871) e lo portò nelle più sviluppate regioni industriali dell’Europa continentale; Pirelli acquisì così un’esperienza diretta delle realtà produttive più moderne dell’epoca ed entrò in contatto con alcuni dei protagonisti dello sviluppo industriale europeo, in particolare nel nascente settore della lavorazione della gomma elastica (caucciù).
Dopo il suo rientro a Milano costituì, nel gennaio 1872, la prima impresa italiana per la manifattura di oggetti in caucciù, la società in accomandita semplice G.B. Pirelli & C., della quale venne nominato gerente e al cui capitale parteciparono personalità importanti della vita economica milanese. Il primo stabilimento, sorto sulle rive del torrente Sevesetto (nell’area dove oggi sorge il grattacielo Pirelli), aveva proporzioni modeste: poco meno di 1000 m2 coperti, una motrice a vapore di 26 Hp effettivi, cinque impiegati e quaranta operai, destinati a superare i duecentocinquanta in meno di dieci anni.
La nuova impresa si trovava a operare in un settore industriale ancora nella sua prima fase di sviluppo, soprattutto se si considera che il processo di vulcanizzazione, essenziale per eliminare la grande sensibilità del caucciù ai cambiamenti termici, era divenuto pienamente applicabile solo nel 1844 e si era andato diffondendo piuttosto lentamente nei decenni successivi. Le lavorazioni della Pirelli si estesero rapidamente dal nucleo iniziale dei cosiddetti articoli tecnici – prodotti semplici per l’industria come cinghie e tubi – arrivando a comprendere la fabbricazione di prodotti in gomma per un’ampia varietà di settori, dai cavi ai pneumatici, ai beni di consumo come impermeabili e calzature. Superato il difficile biennio d’esordio, nel quale Pirelli dovette farsi carico anche della gestione tecnica, l’impresa conobbe una progressiva affermazione, prima sul mercato interno, grazie anche alle commesse dell’amministrazione militare, e poi all’estero: al termine del terzo anno di attività le vendite coprivano più di metà del consumo nazionale di manufatti di gomma.
A partire dalla seconda metà degli anni Settanta, Pirelli affiancò all’attività imprenditoriale l’impegno nella vita politica milanese. Nel 1877 accettò di entrare nel Consiglio comunale, rimanendovi fino al 1889 e occupandosi in particolare dei problemi del quartiere dove risiedeva e aveva sede la sua fabbrica. Nello stesso periodo, dal 1879 al 1886, e poi nel biennio 1889-90, fu anche consigliere della Camera di commercio cittadina. Nel 1883 entrò inoltre a far parte della commissione esaminatrice, formata da tecnici e industriali, del nuovo piano regolatore edilizio della città, e presentò una relazione in cui sottolineava la necessità di garantire migliori collegamenti fra il centro cittadino e le aree industriali del circondario. L’esperienza ‘politica’ maturata in questi anni fu impiegata da Pirelli anche nella risoluzione di uno dei problemi che più influivano sullo sviluppo dell’azienda, ossia quello delle tariffe doganali sui prodotti di caucciù.
Al momento della fondazione della società, il regime vigente non offriva praticamente alcuna protezione dalla concorrenza estera, assai più avanzata sul piano tecnico, né i tentativi compiuti negli anni seguenti di riformare la tariffa doganale sui prodotti in gomma avevano ottenuto grande successo. Insieme ad altri imprenditori di orientamento protezionista, riuniti nel Circolo industriale e commerciale di Milano, Pirelli si rese protagonista di una efficace azione di lobbying nei confronti degli ambienti politici nazionali, impegnati nella discussione sulla riforma della tariffa doganale poi entrata in vigore nel 1887, sia attraverso le petizioni inviate in Parlamento, sia come membro del comitato direttivo di una nuova rivista: l’Industria. Con la nuova tariffa, l’industria della gomma vide così per la prima volta riconosciuta l’esigenza di una protezione, sia pure non elevata, dei propri prodotti.
Nel frattempo, nel maggio 1880, aveva sposato Maria Sormani, dal matrimonio con la quale ebbe otto figli.
Nel corso degli anni Ottanta Pirelli iniziò a interessarsi ai nuovi prodotti richiesti dal nascente settore elettrico: nel 1881 avviò la produzione industriale di conduttori elettrici e nel 1883 quella di cavi elettrici subacquei. A partire dal 1887 la Pirelli iniziò la posa dei primi cavi telegrafici sottomarini nel Mar Rosso e nel Mediterraneo per conto del governo italiano, una commessa a cui fece seguito, nel 1888-90, l’incarico da parte del governo spagnolo di costruire e immergere una serie di linee telegrafiche fra la Spagna, le Baleari e il Marocco. La G.B. Pirelli & C. faceva così il suo ingresso in un campo di attività fino ad allora monopolio assoluto, con la relativa tecnologia, di poche compagnie inglesi. Per sostenere questo nuovo business, sarebbe stato appositamente costruito nel 1896, presso La Spezia, il primo stabilimento di cavi sottomarini sul continente europeo, e contemporaneamente sarebbe entrata in servizio la nave posacavi Città di Milano. Nel decennio successivo, intuendo le grandi potenzialità di un nuovo prodotto appena apparso sul mercato – lo pneumatico –, Pirelli impegnò l’azienda in quello che diventerà uno dei settori più importanti per la sua evoluzione futura: nel 1890 iniziò la produzione di pneumatici per biciclette e nel 1901 avviò la produzione industriale di pneumatici per automobili e motocicli.
La sua strategia si caratterizzò fin dai primi anni di vita dell’azienda per l’abilità nel costruire solide relazioni con le maggiori imprese a livello internazionale – le inglesi Henley Telegraph ed Eastern Telegraph per i cavi telegrafici, l’americana Western Telegraph dal 1898 per i cavi telefonici – al fine di acquisire tecnologia e know-how e nel mantenere una continua attenzione ai mercati internazionali: dal 1891 più del 20% della produzione degli stabilimenti italiani della Pirelli iniziò a trovare sbocco all’estero, specialmente in Spagna, Portogallo e Inghilterra, e la percentuale crebbe costantemente fino a superare il 40% dopo il 1910. La fase favorevole attraversata dal mercato della gomma ai primi del secolo fu così sfruttata dall’impresa, che registrò una notevole crescita del fatturato. Per adeguare i mezzi della società ai nuovi impegni e alle nuove dimensioni, Pirelli ricorse a ripetuti aumenti di capitale che permisero l’ampliamento della rete commerciale e, soprattutto, la costruzione di un nuovo grande stabilimento nell’area di Milano-Bicocca, completato nel 1908. Dall’inizio del secolo diventò più incisiva anche la penetrazione sul mercato internazionale, tramite il ricorso a massicci investimenti legati alla creazione di partecipate e all’apertura di impianti produttivi all’estero: nel 1901 venne costruito uno stabilimento in Spagna e nel 1913 uno in Inghilterra per la produzione di cavi elettrici; nel 1909 fu creata una filiale commerciale inglese e nel 1910 furono aperte filiali a Buenos Aires, Bruxelles e Parigi. Negli stessi anni crebbe costantemente la produzione di pneumatici per autovettura: alla vigilia della prima guerra mondiale questa linea di prodotto rappresentava già un quarto del fatturato della società milanese.
L’età giolittiana fu per Pirelli non solo il periodo del consolidamento della sua posizione all’interno del ristretto circolo dei grandi industriali italiani, ma anche l’apice della sua partecipazione alla vita pubblica, non più strettamente limitata all’area milanese bensì proiettata sul piano nazionale. Fu consigliere e poi presidente del Credito italiano – incarichi che gli diedero modo di partecipare, in qualità di fiduciario della banca, ai consigli di amministrazione di alcune tra le più importanti imprese industriali dell’epoca – e presidente della Edison. Lasciato il Consiglio comunale di Milano, fu eletto in quello provinciale dove rimase fino al 1902. Nello stesso anno venne nominato cavaliere del lavoro per i suoi meriti imprenditoriali, mentre nel 1909 fu insignito della carica di senatore del Regno d’Italia. Entrò a far parte fin dalla fondazione dell’ateneo, nel 1902, del consiglio direttivo dell’Università commerciale Luigi Bocconi, prima come rappresentante del Consiglio provinciale, quindi per nomina diretta dell’erede del fondatore. Pirelli mostrò inoltre un particolare interesse per il mondo dell’informazione, divenendo uno dei principali soci del Corriere della sera. La sua attiva presenza in diversi ambienti politici e di rappresentanza economica industriale (dal luglio al dicembre del 1919 fu anche presidente della Confederazione generale dell’industria italiana - Confindustria) era altresì un segnale del progressivo trasferimento di responsabilità nella conduzione dell’impresa ai due figli maggiori, Piero e Alberto (v. le voci in questo Dizionario), sancito dalla loro nomina a cogerenti della Pirelli & C. nel dicembre del 1904.
La guerra colse l’azienda al culmine di un trend di forte espansione, testimoniato dall’aumento costante del capitale sociale e del fatturato, un quarto del quale derivante – nel 1914 – dall’esportazione. La crescita continuò tuttavia anche nel periodo bellico, soprattutto grazie all’aumento della domanda interna: l’azienda riuscì infatti a coprire oltre i 4/5 dell’intero fabbisogno dell’esercito italiano in termini di cavi elettrici per telegrafi e telefoni da campo, pneumatici e gomme piene per veicoli militari, biciclette, aeroplani.
Il trauma della riconversione postbellica, seppure piuttosto intenso – gli operai occupati negli stabilimenti italiani della Pirelli passarono da un massimo di 9520 nel 1918 a 4580 nel 1921 –, fu comunque di breve durata, tant’è che già dall’inizio degli anni Venti la Pirelli poté dedicarsi a un ampio programma di ristrutturazione societaria e di consolidamento delle strutture internazionali. La riorganizzazione, volta innanzitutto a creare una maggiore chiarezza organizzativa e ad accentrare le decisioni strategiche, aveva anche il fine non secondario di consentire una raccolta di capitali più ampia sia sul mercato nazionale, sia su quelli internazionali, strutturando però le partecipazioni azionarie in modo tale che – anche con limitate quote di possesso – fosse garantito comunque il controllo da parte della famiglia Pirelli e del management a essa vicino.
Nel corso del 1920 fu quindi creata a Bruxelles – essenzialmente per i benefici fiscali che da questa ubicazione si potevano trarre – la Compagnie internationale Pirelli (CIP), che assunse il controllo delle società estere del gruppo. Parallelamente fu costituita in patria una nuova società anonima, la Società italiana Pirelli (SIP), cui la Pirelli & C. conferì gli stabilimenti italiani. A far parte del primo consiglio di amministrazione della SIP, insieme a Giovan Battista e ai suoi due figli, anche tre dei dirigenti più anziani del gruppo: Emilio Calcagni, Fabio Palandri e Giuseppe Venosta. Sulla stessa falsariga il primo Cda della CIP risultò formato dai tre Pirelli e da due esterni, Alfred Orban ed Eduard Wiener. Piero e Alberto Pirelli assunsero la carica di amministratori delegati di entrambe le nuove società operative, cui furono affidate tutte le attività produttive fino a quel momento in carico alla Pirelli & C., che fu così trasformata in una holding finanziaria.
La riorganizzazione del 1920 diede al gruppo una struttura integrata, il cui vertice era saldamente ubicato a Milano, permettendo allo stesso tempo di allungarne la catena di controllo: una premessa necessaria per aprire il capitale sociale ad altri investitori, sia nazionali sia esteri, senza compromettere la posizione degli azionisti storici. L’espansione delle attività nel corso degli anni Venti – furono aperte due nuove filiali commerciali in Romania e in Svizzera e in molti casi si procedette ad aumentare la capacità produttiva degli stabilimenti di produzione avviati nel decennio precedente – rese infatti necessario disporre di ingenti risorse finanziarie che la Pirelli cercò di procurarsi a partire dalla metà del decennio, prima attraverso un prestito obbligazionario di 4 milioni di dollari, ottenuto nel 1927 da un gruppo di banche americane, capeggiate dalla Banca Morgan di New York, poi con la quotazione della Società italiana Pirelli presso la Borsa di New York nel 1929.
Morì a Milano il 20 ottobre 1932.
Fonti e Bibl.: I pochi documenti personali sopravvissuti di G.B. P. e i documenti relativi alla storia dell’azienda, tra cui i bilanci e i libri sociali di tutte le società del gruppo, sono conservati presso l’Archivio storico Pirelli di Milano depositato presso l’omonima Fondazione (consultabile all’indirizzo www.fondazionepirelli. org/IT_archivio).
La principale fonte disponibile sulla sua vita è il volume scritto dal figlio Alberto, Pirelli. Vita di un’azienda industriale, Milano 1946. Sulla fondamentale esperienza del viaggio all’estero si veda il diario G.B. Pirelli, Viaggio di istruzione all’estero. Diario 1870-1871, a cura di F. Polese, Venezia 2003, e F. Polese, Alla ricerca di un’industria nuova. Il viaggio all’estero del giovane Pirelli e le origini di una grande impresa (1870-1877), Venezia 2004. Sulla storia dell’azienda si veda: Pirelli, 1914-1980: strategia aziendale e relazioni industriali nella storia di una multinazionale, t. I, Dalla prima guerra mondiale all’autunno caldo, a cura di P. Anelli - G. Bonvini - A. Montenegro, Milano 1985; Pirelli 1872-1997: centoventicinque anni di imprese, a cura di G. Vergani, Milano 1997.