RICASOLI, Giovan Battista
RICASOLI, Giovan Battista. – Nacque, forse a Firenze, nel 1504 da Simone e da Maria Gomiel di Burgos, gentildonna spagnola figlia di Alfonso e di Silvia Borgia, nipote di Alessandro VI. Ebbe quattro fratelli: Alfonso, Silvia, Benedetto e Pietro cui spettò proseguire la discendenza sposando Lucrezia di Zanobi Girolami.
Simone fu compagno di educazione di Lorenzo de’ Medici, da cui ricevette l’incarico di accompagnare il figlio Giovanni, neocardinale, a Roma. Qui Simone, intraprendendo una strada inusuale per la tradizione di famiglia, aprì con successo una casa di commercio. Continuò a prestare i suoi servizi a Giovanni de’ Medici anche quando questi divenne papa Leone X. Da allora la sua attività di banchiere acquisì rilievo pubblico: nominato tesoriere pontificio, fu al contempo gratificato della signoria di Castel Chiodato, presso Roma. Durante il pontificato di Adriano VI, Simone fu di nuovo ai vertici della società romana. Fu infatti tra quei personaggi di alto rango che gli imperiali presero in ostaggio a garanzia del pagamento del riscatto dopo il sacco di Roma del 1527, e sembra sia morto mentre era prigioniero nella propria casa, accudito dal figlio Giovan Battista.
In parallelo all’ascesa del compare al battesimo Leone X, Ricasoli venne destinato alla carriera ecclesiastica. Sotto il pontificato leonino ottenne numerosi benefici: tra cui la pievania di S. Polo in Rosso, patronato dei Ricasoli, S. Andrea a Cercina, S. Pietro in Casale e S. Stefano di Modigliana. Clemente VII lo nominò cameriere segreto, veste in cui seguì il pontefice a Bologna presenziando all’incoronazione di Carlo V (24 febbraio 1530). All’interno del rapporto di fedeltà che legava i Ricasoli ai Medici, nel 1533, durante il governo del duca Alessandro, Giovan Battista Ricasoli accompagnò a Marsiglia Caterina de’ Medici, nipote di papa Clemente, che andava in sposa a Enrico d’Orléans poi Enrico II, re di Francia. In quello stesso anno, in linea con la vocazione militare di molti esponenti del casato, Ricasoli fu nominato commissario papale delle truppe inviate in Ungheria contro i turchi. Scomparso Clemente VII, nel 1534, passò al servizio del cardinale Ippolito de’ Medici.
È in questa fase che sembra si sia verificato un fugace avvicinamento di Ricasoli al partito dei fuoriusciti; ma, morto Ippolito, nel 1535, egli era già di ritorno a Firenze, servitore fedele del duca Alessandro, di cui era luogotenente il parente Antonio di Bettino Ricasoli. Giovan Battista fu al fianco del duca nel viaggio a Napoli del 1535, dove Alessandro de’ Medici difese davanti all’imperatore Carlo V la legittimità delle sue azioni dalle accuse mosse dai fuoriusciti. La dedizione di Giovan Battista ai Medici, in linea con l’orientamento degli altri Ricasoli (del ramo poi definito dei Baroni), da allora fu assoluta.
Nel novembre del 1537, dopo la vittoria ottenuta sugli antimedicei a Montemurlo, Cosimo de’ Medici destinò Ricasoli ambasciatore in Piemonte ad Alfonso del Vasto affinché ottenesse il ritiro dei militari spagnoli, che stavano devastando le campagne toscane, rivalendosi delle paghe non corrisposte. Da Asti Ricasoli scrisse di aver incontrato fugacemente Lorenzino de’ Medici, e ne riferiva al duca ridimensionando il favore che questi avrebbe goduto presso il re francese Francesco I. Fin da questa prima missione si mostrò una delle figure su cui il duca Cosimo avrebbe fondato la stabilità del potere principesco, ancora fragile e incerto, avversato da gran parte dell’aristocrazia repubblicana cittadina che aveva esaltato Lorenzino, l’assassino di Alessandro. Dopo la tregua di Nizza, patteggiando il ritiro dell’Interdetto su Firenze, Cosimo I concesse a Paolo III la riscossione delle decime ecclesiastiche, affidando a Ricasoli la funzione di collettore. Nell’ottobre 1538 Cosimo appoggiò la nomina di Ricasoli a vescovo di Cortona. Nonostante avesse ottenuto l’abito episcopale, tuttavia Ricasoli svolse per tutta la vita soprattutto il ruolo di diplomatico.
Nel 1538 fu inviato nella sua prima missione straordinaria presso Carlo V. Alla corte itinerante dell’imperatore sarebbe tornato nel 1543-45. Inizialmente in Spagna assieme con Iacopo Guidi, seguì poi Carlo V nei Paesi Bassi e in Germania. All’inizio del viaggio, a Bologna incrociò il più celebre oppositore mediceo, Piero Strozzi, che fece vigilare dai suoi emissari, sollecitando nel frattempo il duca a inviare alcuni archibugieri medicei oltre confine per eliminarlo (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 4301, c. 11r, 27 giugno 1543). Raggiunta la corte imperiale, Ricasoli svolse il suo mandato in un periodo cruciale della storia europea e decisivo per il consolidamento del potere cosimiano, ancora fortemente contestato dai fuoriusciti, tra lo svolgimento delle Diete di Spira e di Worms, l’apertura del concilio, le strategie antimedicee di Paolo III Farnese. Fu Ricasoli a recare materialmente all’imperatore alcune importanti somme di denaro a lui destinate e fu ancora lui ad arruolare in Germania per conto di Cosimo tremila fanti (4301, c. 4r, 29 marzo 1544). A corte si trovò calato nel cuore della politica internazionale, mentre venivano prodotte le decisioni che avrebbero condizionato anche le sorti dei domini italiani, e non mancava mai materia degna di resoconto, come scriveva da Bruxelles il 1° dicembre 1544 al segretario Lorenzo Pagni: «che questa corte è come un prato di primavera dove a’ ogni hora surgono nuovi et strani fiori» (4302, c. 4r).
Da Worms poteva seguire la missione del cardinale Alessandro Farnese, finalizzata a ottenere la costituzione di un Ducato per i nipoti finanziando la campagna imperiale in Ungheria, poteva altresì essere informato sulle rivendicazioni presentate a Carlo V dai principi protestanti e sulle reazioni dell’imperatore, ma anche assistere agli effetti della frattura confessionale nella realtà quotidiana del culto. Come accade, per esempio, con il resoconto di una lite tra cattolici e luterani per presenziare alla celebrazione liturgica in una chiesa domenicana della stessa Worms.
Presso la corte di Carlo V Ricasoli continuò a gestire i più diretti interessi medicei, non sempre con successo, come accadde quando Cosimo cercò di subentrare nel Principato di Piombino agli Appiano. Tuttavia, nel fallimento dei progetti espansionistici su Piombino sembra abbia giocato un ruolo decisivo non tanto l’imperizia diplomatica, quanto la netta opposizione di Paolo III al progetto nel quadro della sua forte politica nepotistica e antimedicea. In queste missioni Ricasoli fu coadiuvato dal giovane segretario Bartolomeo Concini, che di lì a poco sarebbe diventato il segretario di fiducia di Cosimo I, imparentandosi anche con la più prestigiosa famiglia Ricasoli quando la figlia Eleonora sposò Bindaccio di Braccio.
Nel 1545 Ricasoli lasciò la legazione imperiale, avendone guadagnato la stima di Carlo V e il diploma di consigliere e maggiordomo dell’imperatore. Nel luglio del 1547 fu in Francia e presenziando all’incoronazione di Enrico II subì lo sgarbo diplomatico di essere posposto agli ambasciatori mantovano e ferrarese. Sempre in Francia ebbe modo di vigilare sull’oppositore Roberto Strozzi, in quei giorni seriamente malato, e ricevette direttamente dal duca la notizia dell’uccisione di Lorenzino de’ Medici, avvenuta a Venezia.
Rientrato in Toscana nel novembre del 1548, accompagnò il principe Francesco de’ Medici a Genova per omaggiare Filippo d’Asburgo, passando poi a Milano. Nel 1549 era di nuovo a Firenze, dove serviva presso la corte ducale nell’importante ruolo di maestro di casa di Cosimo, ma la cura degli interessi ducali lo mise di nuovo in viaggio. Era infatti morto Paolo III, e Ricasoli, come oratore mediceo presso il conclave, fu chiamato ad adoperarsi per l’elezione di un papa non ostile a Cosimo, dopo gli anni del difficile pontificato farnesiano. La cosa riuscì con l’elezione di Giulio III, al secolo Giovan Maria Ciocchi del Monte di Monte San Savino, suddito del duca. Nel 1554, quando i francesi mossero militarmente verso la Toscana per soccorrere la Repubblica di Siena e i fuoriusciti fiorentini suoi alleati, Ricasoli venne mandato nelle Fiandre per chiedere soccorsi militari all’imperatore. Da lì passò direttamente in Inghilterra per presenziare, come rappresentante di Cosimo, alla cerimonia delle nozze di Filippo d’Asburgo che sposava l’erede al trono inglese. Il 21 luglio di quell’anno esprimeva all’ambasciatore toscano a Bruxelles, Pier Filippo Pandolfini, il proprio disagio per dover lasciare Londra per presenziare presso Winchester all’incontro tra Maria Tudor e il principe Filippo (Archivio di Stato di Fiorenze, Carte Strozziane, Serie prima, 75, c. 68r).
Rientrato in Italia, nel 1557 fu ancora a Roma presso Paolo IV Carafa, pontefice ostile all’imperatore e ai suoi collegati, per trattare la liberazione di Bartolomeo Concini, arrestato dal pontefice come ritorsione del mancato allineamento di Cosimo nella guerra contro l’imperatore. Nello stesso anno si recò in Francia per convincere Enrico II a eliminare Piero Strozzi e altri fuoriusciti rifugiati Oltralpe, forse addirittura recando con sé il veleno, preparato nella fonderia ducale. Non riuscì a convincere Enrico II a procedere contro gli oppositori di Cosimo, anzi sembra che gli intenti dell’inviato fossero resi pubblici costringendolo a fuggire di nascosto, ricevendo l’infamia del soprannome di ‘vescovo dell’ampollina’.
Nonostante il fallimento dell’operazione francese, la fiducia di Cosimo in Ricasoli rimase intatta. Dal marzo 1557 al gennaio 1561 fu ambasciatore residente a Roma; nel 1560 lasciò temporaneamente la città per recarsi alla corte di Ferrara a negoziare il matrimonio della figlia di Cosimo, Lucrezia, con Alfonso II d’Este. In seguito sarebbe tornato a Ferrara operando come mediatore tra i Farnese e gli Este in alcune controversie. Dal 1557 visse prevalentemente a Roma, come ambasciatore residente. Dall’Urbe riferì dell’arresto dei nipoti di Paolo IV, Carlo e Alfonso Carafa, condotto da Gabrio Serbelloni, e dell’operazione di raccolta della documentazione a carico dei Carafa organizzata dal procuratore fiscale Girolamo Pallantieri. Ricasoli era intanto rientrato nelle grazie di Paolo IV nelle ultime fasi del suo pontificato. Alla morte del Carafa, poi, si era adoperato per favorire l’elezione del cardinale Giovanni Angelo Medici di Milano, fratello di Giangiacomo Medici, marchese di Marignano, comandante in capo delle armi medicee nella guerra di Siena.
Nell’ultima parte della sua vita l’impegno diplomatico portò Ricasoli a essere residente mediceo nella Roma di Pio IV. Le sue relazioni colgono con lucidità non solo i cambiamenti istituzionali registrati in Curia, come la volontà di riorganizzazione degli uffici, in particolare la Segnatura, ma anche il mondo degli affetti, quale la predilezione del pontefice per il giovane nipote Carlo Borromeo. Da Roma Ricasoli, dal dicembre 1559 vescovo di Pistoia, si adoperò per concordare la fondazione della nunziatura apostolica a Firenze, che iniziò proprio nel 1560. Ebbe anche il compito di sorvegliare e proteggere il neoeletto cardinale Giovanni de’ Medici, che in quello stesso anno si recò a Roma a prendere il cappello, e consigliò di accettare, vincendo la diffidenza di Cosimo, desideroso che il figlio raggiungesse subito Roma, una deviazione con sosta a Bracciano, dove il duca Paolo Giordano Orsini aveva approntato con grande spesa i festeggiamenti dell’accoglienza a palazzo. Più spinosa fu invece la gestione delle lotte tra gli Orsini di Pitigliano, il conte Niccolò e suo figlio Alessandro: una questione politica al confine tra lo Stato della Chiesa e lo Stato mediceo, in relazione alla protezione sollecitata dalle due parti. Ricasoli sembrò dar credito alle voci che circondavano il conte Niccolò, supponendo che avesse addirittura stuprato la nuora.
Dopo il biennio romano l’ultima ambasceria sostenuta fu quella a Ferrara, nel 1561, per condolersi della morte della duchessa. Nel 1563 fu di nuovo nei ruoli della corte cosimiana come maestro di casa, affiancato dai segretari Iacopo Guidi e Bartolomeo Concini, che lo avevano coadiuvato nelle missioni all’estero di molti anni addietro. Ma anche nella fase estrema della sua vita fu interessato ad affari più importanti, come la questione della concessione del titolo granducale, accordata a Cosimo da Pio V Ghislieri. Negli ultimi anni, spinto da uno zelo pastorale non emerso in precedenza, sembra abbia assolto agli obblighi della residenza a Pistoia, dove risiedette fino al 1572.
A Pistoia morì il 21 febbraio. Fu sepolto a Firenze in S. Maria Novella.
Oltre a svolgere un’inesausta attività di agente mediceo, si adoperò nella fondazione dell’Accademia fiorentina e, ben inserito nel mondo culturale della città, fu amico e protettore di letterati: tra questi, Benedetto Accolti gli dedicò la sua fatica Sulla guerra de’ Cristiani contro i barbari per recuperare i luoghi santi.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, fzz. 9, 332, 335, 348, 350, 373-393, 394a-397, 400-404, 407, 410, 411, 413, 413a, 443, 445, 453, 456, 457, 466, 471-474, 483-487a, 489, 490, 492-499a, 515a, 516, 517, 519, 521, 526, 528, 529a, 616, 652, 4301-4303, 4319, 4320, 4305, 4592 (le carte sono in larga parte rintracciabili dall’inventario del Carteggio universale di Cosimo I); Carte Strozziane, Serie prima, 75, nn. 47-49; 81, c. 38; 336, cc. 38, 41; Miscellanea Medicea, 28, ins. 27; 320, ins. 12.
Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di A. Desjardins – G. Canestrini, III, Paris 1865, pp. 187-210; L. von Pastor, Storia dei papi, VI, Roma 1922, p. 585; VII, Roma 1923, pp. 68, 73, 77 s., 80, 99, 108-111, 113 s., 139, 145, 148, 601; C. Eubel, Hierarchia Catholica, III, Monasterii 1923, pp. 179, 255; M. Dal Piazzo, Gli ambasciatori toscani del principato (1537-1737), Roma 1953, ad ind.; A. D’Addario, Aspetti della Contriforma a Firenze, Roma 1972, pp. 159, 368, 497; G. Spini, Cosimo I e l’indipendenza del principato mediceo, Firenze 1980, pp. 68, 98 s., 120, 179, 231; M. Firpo, Gli affreschi di Pontormo a San Lorenzo. Eresia, politica e cultura nella Firenze di Cosimo I, Torino 1997, ad ind.; Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’“Italia Spagnola” (1536-1648), I, 1536-1586, a cura di A. Contini - P. Volpini, Roma 2007, ad ind.; S. Dall’Aglio, L’assassino del duca. Esilio e morte di Lorenzino de’ Medici, Firenze 2011, ad ind.; E. Bonora, Aspettando l’Imperatore. Principi italiani tra il papa e Carlo V, Torino 2014, ad ind.; S. Calonaci, Cosimo I e la corte: percorsi storiografici e alcune riflessioni, in Annali di storia di Firenze, IX (2014), p. 69 e n.; Id. Giurisdizione e fedeltà. Poteri feudali dentro lo Stato mediceo, in Feudalesimi nella Toscana moderna, a cura di S. Calonaci - A. Savelli, in Ricerche storiche, 2014, n. 2-3, p. 189; M. Firpo, La presa di potere dell’Inquisizione romana, 1550-1553, Roma-Bari 2014, pp. 11, 22, 28-30.