SIDOTI (Sidotti, Sydot, Sydoti), Giovan Battista
SIDOTI (Sidotti, Sydot, Sydoti), Giovan Battista. – Nacque a Palermo il 22 agosto 1667 (datazione certa e documentata, in Torcivia, 2017, p. 35), terzogenito di Giovanni ed Eleonora D’Amico, da famiglia che si è ritenuta nobile e di origini asturiane. La sorella maggiore Giovanna Eleonora fu monaca terziaria francescana e il fratello Filippo fu personalità ragguardevole del clero palermitano, mentre il minore, Paolo, morì in giovane età. Le incerte notizie sulla famiglia e la formazione sono state recentemente chiarite da Mario Torcivia (pp. 41 s.), che attesta tra il 1684 e il 1689 lo status di seminarista, l’ordinazione, il ruolo di beneficiato («vivanderius») della cattedrale, il conseguimento dei gradi accademici in filosofia e teologia presso il collegio gesuitico di Palermo e in utroque iure alla Sapienza, dopo il suo trasferimento Roma, la cui prima traccia data dicembre 1693 (Oratio habita in sacello Quirinali coram sanctiss. D.N. Innocentio XII pontifice maximo die S. Joannis…, Romae 1693).
Non si hanno molte informazioni sugli anni romani, se non che collaborò come «uditore» con Tommaso Maria Ferrari, domenicano e cardinale giudicante delle più importanti congregazioni, concesse la approbatio revisoris per le Disceptationum ecclesiasticarum dell’avvocato romano Francesco Maria Pittoni (edite nel 1704), partecipò come padrino di battesimo alla eclatante conversione del rabbino Mosè de Cave (Bernini, 1722), promosse nel 1689 l’invio di reliquie romane alla diocesi di Palermo. Da fonti del clero regolare (post mortem) il sacerdote risulta godere a Roma di grande stima per la sua grande virtù e «letteratura», ed essere «terciario franciscano» come vagamente riferisce Manuel (Puga) de San Juan Bautista che lo frequentò negli anni a seguire (Abad Pérez, 1983, p. 112).
Benché sia attestata fin dagli anni giovanili una sua intensa vocazione missionaria che l’anelito al martirio e l’eco potente delle atroci persecuzioni di cristiani succedutesi dal 1597 e per i primi quattro decenni del Seicento indirizzavano verso il Giappone (ormai blindato all’Occidente e al cristianesimo), non sono documentate frequentazioni romane di ambienti missionari, anche se l’abate «Sydoti» risulta noto a una significativa figura dell’apostolato in Cina su mandato della congregazione di Propaganda Fide, il prete diocesano Matteo Ripa che decenni più tardi lo racconta «compatire» il Giappone privo del Vangelo (Ripa, 1832, p. 287). Non risultano rapporti con i gesuiti che avevano di fatto improntato la sua formazione a Palermo, né con gli ordini religiosi impegnati all’apostolato nelle estreme Indie orientali dopo la liberalizzazione rispetto al monopolio gesuitico decisa da Urbano VIII nel 1633, e neppure con la Propaganda Fide, almeno fino al 1701.
Il 31 dicembre di quell’anno, nella variante «Sidotti» (sui cognomi e i dati anagrafici attribuitigli: Torcivia, 2017, pp. 133 s.) compare nella lista dei 17 candidati a seguire in Cina mons. Carlo Maillard de Tournon, legato di Clemente XI per affrontare in situ la controversa questione dei riti, allora al suo culmine polemico, e programmare (contro i diritti di patronato) un controllo centrale dei missionari presenti nell’Impero. Al nome Sidotti, il primo dell’elenco, sono affiancate l’età, 34 anni, l’origine, Palermo; l’ultima voce, «educazione e impiego» presenta una rettifica significativa, da sacerdote «gesuita» a «secolare» (Menegon, 2013, pp. 579 s.); la facoltà di missionario apostolico non gli era stata dunque ancora concessa e, per avvicinarsi al Giappone, il sacerdote aveva «sollecitato il favore» di aggregarsi alla delegazione de Tournon (Debroas, 1902).
La missione, composta di preti diocesani di stretta obbedienza alla congregazione romana, partì il 4 luglio del 1702 da Civitavecchia su un vascello genovese, lungo un itinerario sconvolto dalla guerra di successione spagnola per il blocco navale anglo-olandese su Gibilterra e dal controllo francese della carrera de las Indias nell’eccezionale triennio 1701-03 che unì Spagna e Francia sotto la stessa dinastia borbonica. Nella tappa a Tenerife, raggiunta nel febbraio 1703, Sidoti risolse un «caso di spiriti» (Arai, Seiyō Kibun in Contarini, pre-1998, p. 95), e offrì alla locale chiesa della Sant Cruz due reliquie romane ancor oggi onorate (Viera y Clavijo, 2016). Fermo alle Canarie per oltre due mesi in attesa del convoglio della Compagnie française des Indes orientales, raggiunse Pondichery nei primi giorni di novembre (Relazione del Viaggio, 1704; Memorie storiche, 1761; Lettera scritta da Pondisceri, 1705), e di lì, via Madras, arrivò a Manila il 22 settembre. Vi restò quattro anni, ampiamente documentati: riprese lo studio della 'nazione' e della lingua giapponese avviati a Roma sulla base dell’ampia letteratura e dei consistenti strumenti linguistici già disponibili (Debergh, 1982; Mancini, 2009; Arimura, 2011), anche avvalendosi di giapponesi naufraghi a Manila o lì rifugiati (Barrio Muñoz, 2017, pp. 17 s.; Higashibaba, 2001).
In un contesto segnato da rivalità tra ordini religiosi e conflitti giurisdizionali con la diocesi, dalle complicate controversie politiche del primo governatorato dell’era borbonica (Domingo Zabálburu de Echevarri: Coello de la Rosa, 2013, pp. 118-121), Sidoti fu considerato a Manila un esempio di compostezza e indefesso zelo. «Cognominato Battista Stella, che ciò vuol dire Sydot», si segnalò per l’impegno pastorale, nella cura degli infermi e dei fanciulli, per il contributo alla realizzazione del seminario diocesano, del quale scrisse il regolamento e fu amministratore (Agostino da Madrid, 1718, pp. 3-5, 40; Pedot, 1946; altre fonti in Torcivia, 2017, pp. 56-59).
La sua più interessante realizzazione (settembre 1705) fu l’atto di costituzione di un’opera pia finalizzata a riscattare e formare al cristianesimo bimbi abbandonati «por la pobreza de sus padres infieles», a sostentare 30 missionari francescani e minori osservanti «para los montes de Filipinas y otras partes de Oriente», provvedere ad altre finalità caritative e devote. Attorno all’opera, affidata amministrativamente alla Mesa de la Misericordia, si trascinò un trentennale contenzioso interecclesiastico che interessò anche Roma e la Corona (Manchado López, 2011, pp. 419 s.; Pelliccia, 2017, pp. 118 s.). Nel giugno 1707, Sidoti stesso fu oggetto di un malevolo rapporto inviato a Madrid in cui era accusato di farsi scudo del suo pericoloso mandato missionario per ottenere consenso (Rubio Merino, 1958).
Nel 1707, il progetto giapponese si fece concreto grazie al governatore, che finanziò la costruzione e rifornì «di armi e gente» il vascello Santísima Trinidad (de Charlevoix, 1736, p. 484; Brou, 1937; Ripa, 1832, p. 289), e si placarono le tensioni con gli agostiniani, interessati a tornare in Giappone dopo i tanti martirii dell’Ordine nelle persecuzioni secentesche, e il recolletto scalzo Manuel de San Nicolas si imbarcò con Sidoti nel primo viaggio verso il Giappone, interrotto forzatamente sulle coste cinesi, e seguito da altri due falliti tentativi (Juan de la Conceptión, 1788).
Il 9 ottobre 1708, dopo circa 50 giorni di navigazione, Sidoti raggiunse «quello, che si credeva inarrivabile», e sbarcò nottetempo a Yakushima, isola all’estremo nord del gruppo delle Nansei, nei pressi del villaggio di Koshima (Furui, 2017), come riferisce il capitano del vascello in un ampio resoconto del viaggio e dello sbarco (Manchado López, 2011, pp. 417 s.; Lettre du père Faure, 1810, p. 222).
Vestito alla giapponese, con spada, rasatura e crocchia dei samurai, il sacerdote prese terra con la sua «valigetta de’ sagri arredi», con un breviario, due grammatiche giapponesi, alcuni libri di pietà, un piccolo dipinto (copia in rame della Madonna del dito di Caro Dolci ritrovata nel 2014 nel luogo della morte e ora conservata al Tokyo National Museum: Molteni, 2017, p. 31), e un piccolo crocifisso che aveva «portato al collo» il gesuita nolano Michele Mastrilli, il cui martirio in Giappone nel 1637 aveva avuto grande eco specie nel Regno di Napoli e sulla scia dell’onore dedicatogli da Daniello Bartoli (Dell’Historia della Compagnia di Giesu. Il Giappone seconda Parte dell’Asia, Roma 1660, l. V).
«Quello che accadde al detto Abate […] non si sa con certezza, essendosi dovuto stare alle relazioni degli Olandesi» (Ripa, 1832, p. 289), i soli occidentali autorizzati a trafficare con l’Impero, nonché a resoconti di mercanti cinesi e naufraghi giapponesi a Manila e nella Gran China. Tutti riferirono della sua immediata cattura: «apenas puso el pie en terra, al puntu fuè reconocido, preso» (Juan de la Conceptión, 1788, pp. 82 s.), condotto dal Bugyō dell’isola che ne informò il Satsuma di Kami, e successivamente a Nagasaki, dove il 20 dicembre 1708 fu imprigionato per essere interrogato da un qualificato interprete, e poi da cinque olandesi della Compagnia delle Indie orientali (van Haren, 1778; Torcivia, 2017, p. 76; Tollini, 1979, p. 106), dal momento che (diversamente da quanto sostenuto da diversi biografi) «lo straniero» non era in grado di comprendere la lingua. L’attenta ricerca di Torcivia (2017, pp. 77-86) documenta gli interrogatori svolti con domande prefissate, in portoghese e poi in latino, complicati dalla reciproca diffidenza di segno confessionale e politico tra gli olandesi e «il Romano» che, al di là di un separé, sempre vestito alla giapponese, ma con un crocifisso al collo, un rosario e due libri tra le mani, rivelò il suo nome e la sua identità di «Sacerdote Christiano Catholico Romano Italiae, di Palermo, Auditore», e in quanto «né Castigliano, né Portoghese, bensi Italiano» esente dalla proibizione di entrare in Giappone.
Si aprì a quel punto, a Edo (Tokyo), una seconda fase di interrogatori, gestita direttamente dallo shogunato: Sidoti fu internato nel «Kirishitan Yashiki», residenza-prigione dei cristiani, ed esaminato da Arai Hakuseki, sapiente consigliere dello shogunato dal 1709 al 1716 (Nakai, 1988), sulle ragioni del viaggio nonché sulla geografia, cartografia e religione dell’Occidente, nel quadro di un progetto di una modernizzazione scientifica dell’Impero senza intaccarne l’autarchia (Lu, 1997; Paramore, 2009; Dubois, 2012). I verbali dei quattro interrogatori-colloqui intrattenuti con Sidoti nel dicembre 1709 e gennaio 1710 (Iannello, 2012, pp. 105, 90; Torcivia, 2017, pp. 87-108) furono trascritti nel 1713 nel Seiyō Kibun (Rapporto sull’Occidente), tradotto in inglese (Brown, 1865-66; Wright, 1930) e poi in italiano dal missionario saveriano Lorenzo Contarini (Arai, Seiyō Kibun, in Contarini, pre-1998). Arai si trovò di fronte uno «straniero» dalla lingua incomprensibile e dall’aspetto «come quello d’uno dei nostri», un «erudito occidentale» di «vasta cultura e forte memoria» che, «senza pari» nell’astronomia e geografia, esponeva «la sua dottrina religiosa senza una parola che si avvicinasse alla logica», ma del tutto simile «a quel che dicono i Maestri Buddisti» (pp. 12-18, 25, 136 ).
Pur confermando la pericolosità e inammissibilità del cristianesimo, e in specie di quello cattolico romano che Sidoti intendeva chiaramente diffondere per «salvare il Giappone», e contro il quale agiva una aggressiva propaganda olandese, il sacerdote non fu condannato a morte con specifica sentenza, e neppure torturato, come era avvenuto per centinaia di missionari nelle persecuzioni del ‘600. Lo shogunato aveva unificato il Paese mettendo fine all’anarchia e si avviava a riformarlo anche con l’aiuto delle scienze e tecnologie occidentali. Dotto tramite di conoscenza dei mondi lontani, Sidoti fu dimenticato nella prigione di Edo, mentre «singularidades» (su eventi prodigiosi, stima dell’imperatore, conversioni, ingressi clandestini di altri missionari sulla sua scia) prendevano a circolare nelle Filippine e in Cina (Ripa, 1832, p. 290; Agostino da Madrid, 1718, pp. 38, 44; Torcivia, 2017, pp. 117-124). Ma nel marzo 1714 i due servitori che gli erano stati assegnati decisero di autodenunciarsi per aver trasgredito le leggi dell’Impero lasciandosi battezzare da Sidoti. La condanna a morte fu inevitabile: il sacerdote e i due discepoli Chôsuke e Haru furono calati in tre buche poco più grandi dei loro corpi, alimentati quotidianamente, ma senza aria, nella putredine.
Sidoti morì il 27 novembre 1714, o in un giorno imprecisato tra l’ottobre e il dicembre. Trecento anni dopo, il 24 luglio 2014 a Bunkyō-ku, municipio di Tokyo dove era collocata la residenza-prigione dei cristiani (in un sito già individuato dal missionario e studioso salesiano Renato Tassinari), vennero ritrovati resti umani che approfonditi esami scientifici identificarono poi con il sacerdote e con i due giapponesi uccisi con lui.
Fonti e Bibl.: Gli scritti di Sidoti sono censiti e riprodotti in M. Torcivia, G.B. S. Missionario e martire in Giappone, Soveria Mannelli 2017, pp. 139-173; a Torcivia si rimanda anche per l’ampia bibliografia e sitografia, aggiornata al 2017; le fonti in lingua giapponese sono indicate in: R. Tassinari, The end of Padre Sidotti. Some new discoveries, in Monumenta Nipponica, 1942, vol. 5, n. 1, pp. 246-253; T. Furui, L’ultimo missionario. La storia segreta di G.B. S. in Giappone, Milano 2017.
Relazione del Viaggio dall’Isola di Tenariff nelle Canarie fino a Pondisceri nella Costa di Coromandel di Monsignor Carlo Tommaso Maillard de Tournon…, Roma 1704; Lettera scritta da Pondisceri a' 10 di Febbraio 1704, dal dottore Giovanni Borghesi della missione spedita alla China dalla Santità di N.S. Papa Clemente XI, Roma 1705; Agostino da Madrid, Breve relazione estratta da varie lettere… sopra l’arrivo nella città di Manila, partenza per l‘Impero del Giappone, arrivo, e dimora in quello dell’Abate Gio. Battista Sydoti con un esatto diario del viaggio…, Roma 1718; D. Bernini, Vita del ven. cardinale d. Gius. Maria Tomasi de' chierici regolari…, Roma 1722, pp. 83 s.; P.-F.-X. de Charlevoix, Histoire et description générale du Japon…, II, Paris 1736, pp. 483-485; Memorie storiche dell’Eminentiss. Monsignor Cardinale di Tournon…, I, Venezia 1761, pp. 167-204; O.Z. van Haren, Recherches historiques sur l'état de la religion chrétienne au Japon: Relativement à la Nation hollandaise, Londres 1778, pp. 179-181; Juan de la Concepción, Historia general de Philipinas… , VI, Sampaloc 1788, pp. 77-83; M.J.-P. Picot, Mémoires pour servir à l'histoire ecclésiastique pendant le dix-huitième siècle, I, Paris 1806; Lettre du père Faure, Missionnaire de la Compagnie de Jésus, in Lettres édifiantes et curieuses écrites des Missions etrangères. Nouvelle édition. Mémoire des Indes, XI, Toulouse 1810, pp. 216-277 (in partic. 220-224, 232 s.); M. Ripa, Storia della fondazione della Congregazione e del Collegio de’ Cinesi…, I, Napoli 1832, pp. 275, 287-292, 295; S.R. Brown, Sei-Yoö Ki-Bun (Annals of the Western Ocean). An account of a traslation of the japanese manuscript, in Journal of the North China Branch of the Royal Asiatic Society, n.s., II (1865), pp. 53-84, III (1866), pp. 40-62; L. Debroas, La mission du Japon, Tours 1902, p. 28; A. Brou, L’Abbé Jean-Baptiste Sidotti, confesseur de la Foi. Mort à Yedo en 1715, in Revue d’histoire des missions, XIV (1937), pp. 367-379, XV (1938), pp. 80-91; W.B. Wright, The capture and captivity of Père Giovanni Battista Sidotti in Japan from 1709 to 1715, in Transactions of the Asiatic Society of Japan, 1939, vol. 9, parte 2, pp. 156-172; L. Pedot, La S. C. de Propaganda Fide e le missioni del Giappone (1622-1838)…, Vicenza 1946, pp. 332 s.; P. Rubio Merino, Don Diego Camacho y Ávila, Arzobispo de Manila y de Guadalajara de México (1695-1712), Sevilla 1958, p. 425; M. Vié, Histoire du Japon, des origines à Meiji, Paris 1969; D.D. O. Cary, History of Christianity in Japan…, Part I, capp. VII-VIII, Rutland-Tokyo 1976, ad vocem; A. Tollini, G.B. S. (1668-1715) missionario siciliano in Giappone, in Ho Theológos, VI (1979), 23, pp. 91-110; M. Debergh. Les débuts des contacts linguistiques entre l'Occident et le Japon. Premiers dictionnaires des missionnaires chrétiens au Japon au XVIe et au XVIIe siècles, in Langages, XVI (1982), 68, pp. 27-44; A. Abad Pérez, El Abad Sidoti y sus obras pías al servicio de las misiones (1707-1715), in Missionalia Hispanica, XL (1983), 117, pp. 109-119; K.W. Nakai, Shogunal politics: Arai Hakuseki and the premises of Tokugawa rule, Cambridge, Mass., 1988, pp. 328 s.; D.J. Lu, Japan: a documentary history, New York 1997, pp. 254 s.; R. Contarini, Ricerche su Sidotti e Seiyō Kibun, dattiloscritto, pre-1998, in Centro Documentazione Saveriani Roma (https://centro-documentazione.saveriani.org, ad vocem [12 novembre 2019]); I. Higashibaba, Christianity in early modern Japan: Kirishitan belief and practice, Leiden-Boston-Köln 2001, cap. 6; A. Reyes Manzano, Mitos y leyendas sobre las relaciones hispano-japonesas durante los siglos XVI-XVII, in Brocar: Cuadernos de investigación histórica, 2005, n. 29, pp. 53-76; R. Contarini - A. Luca, L’ultimo missionario, l’abate G.B. S. e la sua scomparsa in Giappone nel 1708, Milano 2009; M. Mancini, Retrodatazioni di nipponismi in italiano, in Plurilinguismo multiculturalismo apprendimento delle lingue. Confronto tra Giappone e Italia, a cura di S. Ferreri, Viterbo 2009, pp. 63-86; K. Paramore, Ideology and Christianity in Japan, London-New York 2009, pp. 105-111; R. Arimura, Las misiones católicas en Japón (1549-1639): análisis de las fuentes y tendencias historiográficas, in Anales del Instituto de Investigaciones Estéticas, 2011, vol. 33, n. 98, pp. 55-106; M.M. Manchado López, «Desamparo en que con la vida, se pierde el alma» 1. Las controversias en torno a la obra pía del Abad Sidoti… (Filipinas, 1705-1740), in Revista de Indias, 2011, vol. LXXI, n. 252, pp. 415-448; B. Dubois, Réalité et imaginaire, le Japon vu par le XVIIIe siècle français, tesi di dottorato, Université de Bourgogne, Dijon, 2012, cap. D; T. Iannello, Shogun, komojin e rangakusha. Le Compagnie delle Indie e l'apertura del Giappone alla tecnologia occidentale nei secoli XVII-XVIII, Padova 2012, pp. 90, 105; A. Coello de la Rosa, Los conflictos jurisdiccionales entre los arzobispos de Manila y los jesuitas por las doctrinas de indios (siglos XVI-XVIII), in Boletín Americanista, LXIII (2013), 67, pp. 105-124; E. Menegon, Culture di corte a confronto: Legati pontifici nella Pechino del Settecento, in Papato e politica internazionale nella prima età moderna, a cura di M.A. Visceglia, Roma 2013, pp. 563-600; A. Reyes Manzano, La Cruz y la Catana: relaciones entre España y Japón (Siglos XVI-XVII), Logroño 2014; J. de Viera y Clavijo, Noticias de la Historia general de las Islas Canarias (1783), in Id., Obras completas, IV, a cura di M. de Paz Sànchez, Santa Cruz de Tenerife 2016, p. 333; J.Á. del Barrio Muñoz, Mestizos, niseis, y náufragos: la continuidad de la presencia japonesa en Filipinas, 1650-1766, in Kyōtogaikokugodaigaku Kiyō (Bollettino della Kyoto University of Foreign Studies), 2017, vol. 17, pp. 1-30; C. Molteni, Il ritratto ritrovato di Itō Sukemasu Mancio e la scoperta dei resti di Giovanni Battista Sidotti. Sguardi sull’Asia…, a cura di C. Bulfoni - E. Lupano - B. Mottura, Milano 2017, pp. 19-33; C. Pelliccia, Le donne del Seiyo Kibun (1715) di Arai Hakuseki nella traduzione italiana di Lorenzo Contarini, in Donne, cultura e società nel panorama lusitano e internazionale (Secoli XVI-XXI), a cura di M.A. Rossi, Viterbo 2017, pp. 109-143.