Soderini, Giovan Battista
Nacque nel 1484, da Paolantonio (1448-1499), potente e ambizioso aristocratico fiorentino, fratello maggiore di Piero (→ Soderini, Piero), nonché cugino di Lorenzo il Magnifico. Si addottorò presso lo Studio fiorentino (Verde 1977, pp. 649-50). Nel 1512, dalla restaurazione medicea, fu costretto all’esilio con altri esponenti della famiglia; venne poi riammesso in città, grazie ai provvedimenti di clemenza seguiti all’elezione di Leone X (Giovanni de’ Medici). Sospettato di complicità nella congiura di Iacopo da Diacceto (→ Cattani da Diacceto, Iacopo), nel 1522, dovette fuggire da Firenze. Rinnovata la Repubblica (1527), fu nominato commissario del contingente spedito a combattere, a fianco dei francesi, nel Napoletano; venne catturato dagli spagnoli e morì a Burgos nel 1528. Fu amico di Francesco Ferrucci e Donato Giannotti (Dionisotti 1980, p. 76).
I suoi buoni rapporti con M. sono attestati già nel 1502 (lettere di B. Buonaccorsi a M., 3, 15 e 26 novembre [accenna al matrimonio di due sorelle di S.]). Il 12 settembre 1506 una lettera di S. – che allude enigmaticamente alle diverse disposizioni, entro lo stesso governo fiorentino, nei riguardi dell’Ordinanza militare («Se soprastate a tornare infino a gennaio, aren di voi in un tratto lo scoppio et il baleno; e pur si vorrebbe scendere a scaglione a scaglione», Lettere, p. 135) – raggiunge M. «a Perugia, o dove sia» al seguito di Giulio II. La lettera si presenta «in pappafico» (M. a G.B. Soderini, 13-21 sett. 1506, Lettere, p. 135), cioè ‘mascherata’ dalla sigla Io. B. che sostituisce la firma. Nondimeno, M. riconosce il mittente e risponde con i celebri Ghiribizzi al Soderino (→): il coperto raffronto di S. fra chi procede, nelle cose di Stato, con la velocità del «baleno», e chi invece scende «a scaglione a scaglione», è sviluppato da M. (alla luce dei recentissimi fatti di Perugia: Giulio II, inerme e imprudente, ha imposto il suo volere a Giampaolo Baglioni →) in una dottrina del ‘riscontro’ fra il modo di procedere di ciascuno e i tempi in cui egli si trovi a operare, sola condizione del successo o dell’insuccesso; fino alla conclusione – paradossale per un teorico dell’arte dello Stato – che non si possa «consigliar persona né pigliar consiglio da persona, eccetto un consiglio generale che ognun facci quello che li detta l’animo e con audacia» (Lettere, p. 136). Non si sa se dalla minuta dei Ghiribizzi M. traesse una qualsiasi bella copia per S.: a lui, a ogni modo, destina il capitolo ternario “Di Fortuna” (→ Capitoli) che dei Ghiribizzi riprende l’argomento e, in parte, lo spirito.
Bibliografia: M. Martelli, I Ghiribizzi a Giovan Battista Soderini, «Rinascimento», 1969 [ma 1971], 9, pp. 147-80 (a p. 153 le notizie biografiche); R. Ridolfi, P. Ghiglieri, I Ghiribizzi al Soderini, «La bibliofilia», 1970, pp. 53-74; A.F. Verde, Lo Studio fiorentino (1473-1503). Ricerche e documenti, 3° vol., Pistoia 1977, pp. 649-50; C. Dionisotti, Machiavellerie, Torino 1980; G. Sasso, Niccolò Machiavelli, 1° vol., Bologna 1993, pp. 228-40.