SUSIO, Giovan Battista
– Nacque a Mirandola nell’autunno del 1519 da Camilla de Ruola e da Giampietro Baraldi.
Il padre, originario di Carpi, nel 1516 si era ritirato a Mirandola a causa di un delitto commesso dal fratello Battista, cambiando il suo cognome in Susio, essendo la famiglia oriunda di Susa.
Giovan Battista si sposò con Ippolita Ruggieri, dalla quale ebbe quattro figli, Cleante, Sergio, Livia e Vittoria.
Studiò medicina all’Università di Ferrara sotto la guida del celebre medico e botanico Antonio Musa Brasavola, per poi continuare gli studi a Bologna alla fine degli anni Trenta con il medico pavese Matteo Corte, a difesa del quale compose i tre libri del De venis edirecto secandis; in quibus Matthaei Curtij praeceptoris sui sententia defenditur (Cremona, Conti, 1559, ripubblicata lo stesso anno a Basilea con titolo mutato in Liber de sanguinis mittendi ratione), un trattatello medico sul sistema venoso e sulla circolazione sanguigna in cui Susio sostenne le tesi del suo maestro confutando altri medici del tempo, Andrea Turini, Benedetto Vittori, Vittore Trincavella e Andrea Vesalio. A Bologna Susio rimase per almeno cinque anni per poi trasferirsi in area veneta, dove perfezionò la sua cultura filosofica e scientifica, prima a Padova, come attesta una lettera a Giorgio Belmosto del 22 marzo 1542 (Tiraboschi, 1784, p. 147), poi a Venezia; dalla Serenissima indirizzò il 9 marzo 1543 una lunga lettera a Federico Badoer, nella quale affrontava il tema «del fine et dell’officio della nobiltà» (Lettere volgari..., 1558, cc. 92r-93v), e il 14 agosto dello stesso anno una lettera a Ludovico Dolce a nome del vescovo Giovanni Grimani, patriarca di Aquileia, di cui era medico e segretario, che rispondeva a una consolatoria di Dolce per la morte di Marco Grimani (Dolce, 2015, p. 212). Nel frattempo, da una lettera di Corte a Susio, scritta da Firenze il 9 ottobre 1544 (De venis edirecto secandis..., cit., c. 4r), si apprende che Corte sollecitò Susio a raggiungerlo all’Università di Pisa; questi rifiutò scegliendo di rimanere nella città lagunare – dove iniziò a progettare e discutere con altri letterati locali un’opera sul duello – alternando diversi soggiorni a Mirandola.
Risulta attestato, tra il gennaio del 1546 e il dicembre del 1550, uno scambio epistolare con Pietro Aretino, che definisce il corrispondente «di spirito dottamente mirabile» (Aretino, 2001, p. 83). Stando ai dati superstiti, la corrispondenza consta di quattro lettere, tre di Aretino e una di Susio, da cui traspaiono confidenza e intimità. Degno di nota l’invio da parte di Aretino di un sonetto di lode (Susio, il vostro intelletto veramente) in risposta a uno ricevuto da Susio (pp. 94 s.).
Dalla lettera di Susio diretta ad Aretino (Roma, 20 dicembre 1550, in Lettere scritte a Pietro Aretino, 2004, pp. 302 s.) risulta la sua presenza nell’Urbe nel 1550; vi rimase almeno fino al 1551, impegnandosi in diverse conversazioni di argomento cavalleresco con l’amico Antonio Bernardi, che, al contrario di lui, considerò il duello una pratica legittima del gentiluomo disonorato. Nell’estate del 1550 fu convocato dall’Inquisizione romana per alcuni chiarimenti in materia di fede, nel maggio del 1551 fu rinchiuso in carcere e torturato per sospetto di eresia, infine il 22 marzo 1553 dovette abiurare a Roma insieme a numerosi valdesiani napoletani (Firpo - Marcatto, 1998, p. 165). Nel 1553 ritornò a Mirandola, dove nel 1554 compose Della ingiustizia del duello et di coloro che lo permettono, sottoponendolo, come ci informa una lettera di Susio al conte Fulvio Rangone (19 gennaio 1555) premessa alla princeps giolitina dell’opera (Venezia 1555), alla lettura di Ludovico Castelvetro, di Gabriele Cesano e di Bartolomeo Cavalcanti.
Negli anni Cinquanta del Cinquecento, con il Concilio di Trento in fieri, il dibattito sulle vertenze di onore raggiunse un vertice grazie a una serie di trattati e dialoghi, favorevoli o contrari, che godettero di una fortuna editoriale ampia, anche europea, in virtù di una serie di traduzioni. Il Della ingiustizia del duello di Susio, stampato a Venezia nel 1555 da Giolito con dedica al re di Francia Enrico II, spicca tra i testi che si opposero alla pubblicistica cavalleresca a favore del duello edita nei primi anni Cinquanta del secolo: dal Duello di Girolamo Muzio (1550) al Duello regolato a le leggi de l’onore di Fausto da Longiano (1551), al Dialogo dell’onore di Giovan Battista Possevino (1553).
Nella prefazione dell’opera Susio allontanò possibili accuse di plagio, ricordando di avere letto l’omologo scritto di Antonio Massa, Contra usum duelli (1554), donatogli dal conte Fulvio Rangone, soltanto dopo aver composto il proprio trattato, e rievocando il dibattito sul duello tenuto con altri gentiluomini a Venezia, Roma e Mirandola. Affermò anche di aver letto pubblicamente anni prima, entro un circuito ristretto di sodali, stralci della propria opera, nella quale la critica al duello veniva sviluppata non soltanto in prospettiva religiosa ma anche in chiave umanistica, stigmatizzando i principi morali che ammettevano la legittimità del duello e le pretese dei duellisti. Il primo libro si concludeva con un elenco di dieci ragioni contro il duello, il secondo e il terzo libro erano invece dedicati alla confutazione delle tesi di due sostenitori della pratica del duello, il Puteo e il Possevino, che avevano difeso il duello sia da un punto di vista giuridico (Puteo) sia filosofico (Possevino). L’ingiuria ricevuta andava sanata interpellando la magistratura, perché, secondo Susio, «l’onor adunque s’acquista e si mantiene e si ricupera con l’operazioni virtuose e secondo le diritte leggi» (Della ingiustizia..., p. 22); soltanto in un caso il duello può essere ammesso: quando serve a evitare un danno allo Stato.
Verso il 1562 da Mirandola raggiunse Mantova, dove si legò fino alla morte a Cesare Gonzaga, prima, e al figlio di questi Ferrante II Gonzaga, poi; qui fu ascritto all’Accademia degli Invaghiti. È nota la sua partecipazione, tra il 1562 e il 1568, a una celebre vertenza d’onore che vide fronteggiarsi le famiglie bolognesi dei Desideri e degli Ercolani; la raccolta in due volumi di Tutte le scritture successe tra il Conte Hercole Hercolani et M. Carlo Antonio Desiderii (edita verso il 1564) ne riunisce i principali documenti, tra i quali una lettera di Susio, dove prendeva le parti di Ercolani, che si rifiutava di battersi con il rivale e ribadiva l’illiceità del duello cavalleresco (Cavina, 2003, pp. 402-408).
Controversie cavalleresche di questo genere non furono insolite nella vita di Susio, reputato un ‘professore d’onore’; dopo aver scritto un Parere intorno alle cose passate fra ’l Signor Ferrante Averoldi il figlio Brisciano, et il Signor Nicolò Chierogatti vicentino, rispose polemicamente a Muzio, autore di una Replica al Sig. Dottor Susio, con una Lettera in difesa di se stesso da alcune imputationi dategli dal S. Mutio Iustinopolitano sotto spetie di confutar un suo Parere, intorno alle cose prima passate fra ’l S. Ferrando Averoldo et il S. Nicolò Chieregatto, scritta da Mantova il 15 agosto 1563 ed edita senza indicatori tipografici con dedica a Ferrante Averoldo. La polemica, incentrata sul rifiuto da parte di Chieregatti di duellare con Averoldo, è testimoniata da una miscellanea della Biblioteca nazionale di Roma conservata nel fondo Levi (Duel. I 8 I 15), che riunisce i testi relativi alla vertenza: al di là delle posizioni sostenute, gli scritti dei due polemisti offrono una efficace sintesi dei tipi di duello allora in voga. Anche in questa Lettera Susio ribadì la sua condanna del duello, considerato una «cosa da bestie» (Lettera in difesa di se stesso, p. 14).
Nel settembre del 1560 fu chiamato a deporre nel processo inquisitoriale di Pietro Carnesecchi (Firpo - Marcatto, 1998, pp. 164-169). L’attività medica è testimoniata da un nuovo scritto, questa volta in volgare, di interesse ematologico, il Trattato [...] che sia giovevole rimedio il trarre del sangue nelle volgari varuole, ferse e petecchie, edito a Venezia (de’ Franceschi) nel 1571. Nel 1574 uscì alla luce l’Oratione al Christianissimo et invittissimo Henrico III re di Francia e di Polonia (Rossinello, Mantova) che Susio avrebbe dovuto recitare a Mirandola in occasione del passaggio in città di Enrico III, mentre nel 1576 fu stampato a Mantova (Ruffinello) il Libro del conoscere la pestilenza, seguito da un secondo volume edito (Turlini) a Brescia nel 1579, che si pronunciava distesamente sulle cause dell’epidemia di peste propagatasi a Mantova nel 1575.
Tra gli amici vi fu anche Diomede Borghesi, che con Susio affrontò varie discussioni sull’italiano volgare in casa di Curzio Gonzaga. In una lettera scritta da Padova il 14 dicembre 1580 Borghesi ne apprezzò non soltanto le doti di «medico» e «filosofo eccellente», ma anche quelle di «oratore» e «poeta illustre», elogiando la «gravità di concetti e purità di stile» (Borghesi, 1584, c. 17v). Il giudizio di Borghesi si basava su un gruppo di rime circolate manoscritte (Tiraboschi, 1784, pp. 153 s. e Sul Tesin..., 2002, pp. 73 s.), e solo in parte edite in alcune miscellanee dell’epoca, da cui si delinea la fisionomia di un petrarchista colto e tecnicamente dotato.
Morì il 21 maggio 1583 all’età di 63 anni. Nel chiostro della chiesa di S. Francesco a Mantova, dove fu seppellito, si conserva un epitaffio in suo onore.
Fonti e Bibl.: Lettere volgari di diversi nobilissimi huomini et eccellentissimi ingegni, scritte in diverse materie..., II, Venezia 1558, cc. 92r-93v; La prima parte delle lettere del sig. Diomede Borghesi..., Padova 1584, cc. 17v-18v; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese o notizia della vita e delle opere degli scrittori natii degli Stati del Serenissimo Signor Duca di Modena, V, Modena 1784, pp. 146-155; F. Erspamer, La biblioteca di Don Ferrante. Duello e onore nella cultura del Cinquecento, Roma 1982, ad ind.; P. Aretino, Lettere, a cura di P. Procaccioli, III, Roma 1999, p. 465, V, 2001, pp. 83, 94-95, 385 s., VI, 2002, p. 49; M. Firpo - D. Marcatto, I processi inquisitoriali di Pietro Carnesecchi (1557-1567), Città del Vaticano 1998, ad. ind.; Sul Tesin piantaro i tuoi laureti. Poesia e vita letteraria nella Lombardia spagnola (1535-1706) (catal.), Pavia 2002, pp. 73 s.; M. Cavina, Il duello giudiziario per punto d’onore. Genesi, apogeo e crisi nell’elaborazione dottrinale italiana (sec. XIV-XVI), Torino 2003, ad ind.; Lettere scritte a Pietro Aretino, a cura di P. Procaccioli, II, Roma 2004, pp. 302 s.; M. Cavina, Il sangue dell’onore. Storia del duello, Roma-Bari 2005, ad ind.; L. Dolce, Lettere, a cura di P. Procaccioli, Manziana 2015, ad ind.; P.G. Riga, Sulla paternità del Dialogo dell’honore di Giovan Battista Possevino, in Atti e memorie dell’Arcadia, 2016, n. 5, pp. 89-105.