VIOTTI, Giovan Battista
– Nacque il 12 maggio 1755 nel villaggio di Fontanetto, a sud di Vercelli. Il padre, Felice Antonio Viotto (1714-1784), fabbro, teneva bottega in quella che sin dalla fine del secolo precedente era la casa dei Viotto. Poco si sa della madre, Maria Magdalena Milano (1728-1763), di famiglia locale. Morì prima che il ragazzo compisse otto anni; di lì a pochi mesi Felice si risposò con Teresa Maria Musetti (1742-1793?), originaria della vicina Trino. Giovan Battista era il sesto di nove figli di primo letto, di cui soltanto Anna Adelaide (nata nel 1748) e Giuseppe (1763) superarono l’infanzia.
Secondo la biografia di Viotti stilata da Giovanni Battista Negri (1810, Archivio parrocchiale di S. Martino Vescovo, Fontanetto Po), già a otto o nove anni il fanciullo suonava il violino. Nel 1766 fu condotto a Torino, nella famiglia di Anna Gabriella Enrichetta Caresana, marchesa di Voghera, come compagno musicale del figlio diciottenne, il principino Alfonso dal Pozzo della Cisterna. Dai registri contabili e da altri documenti della famiglia dal Pozzo della Cisterna (Archivio di Stato di Biella) risulta che Viotti, «suonatore del principe», cominciò a prendere lezioni di violino attorno ai primi di giugno del 1767 dal «signor Celoniat» (non si sa di quale dei vari violinisti Celoniat si trattasse). Dallo stesso archivio traspare che il principe continuò a patrocinare Viotti anche dopo ch’egli ebbe lasciato l’Italia, e fino almeno al 1784.
A fine del 1769 o a inizio del 1770 Viotti si mise alla scuola di Gaetano Pugnani, un allievo di Giovanni Battista Somis, a sua volta allievo di Arcangelo Corelli. Nel 1773 entrò nell’orchestra del teatro Regio, terzo leggio dei secondi violini per sei anni; e forse suonò anche al Carignano, dove si dava l’opera buffa. A fine del 1775 fu chiamato nell’orchestra della Real Cappella e Camera, arruolato il 5 marzo 1776, probabilmente nella fila delle viole il primo anno, indi come settimo e ultimo leggio dei violini primi.
È possibile che Viotti abbia seguito Pugnani in Inghilterra, vuoi nel 1767 vuoi nel 1773, ma le fonti tacciono. Dopo una tournée di due anni in Europa al fianco di Pugnani – dal dicembre del 1779 al dicembre del 1781 furono a Ginevra, Berna, Dresda, Berlino-Potsdam, Varsavia, Pietroburgo, Mosca – proseguì per Parigi. Il 17 marzo 1782 al Concert spirituel eseguì il proprio Concerto per violino n. 1: con altre dieci esibizioni, oltre alle beneficiate per sé stesso e per altri, si affermò come il violinista di punta del momento. Il 20 maggio 1782 suonò a Versailles al cospetto della regina Maria Antonietta e del granduca Paolo di Russia e consorte. In più, si produsse sovente in salotti privati di Parigi, in aggiunta alle matinées domenicali offerte nella casa che dal 1786 egli divise con Luigi Cherubini. Fu forse a capo dell’orchestra privata del principe Henri-Louis-Marie de Rohan-Guémené, cui dedicò il suo secondo Concerto, di certo non oltre il settembre del 1782, quando Guémené fece bancarotta.
A detta di Negri, nell’estate del 1783 Viotti tornò a Fontanetto, ma forse si trattò dell’estate precedente. Il 2 aprile 1783 fu iscritto come «frère à talent» alla loggia massonica di Saint-Jean d’Écosse du Contrat Social. Nel 1783 si produsse per sedici volte nel Concert spirituel, oltre che in varie beneficiate, sempre eseguendo i propri Concerti. Dopo l’8 settembre 1783 smise di suonare in pubblico ed entrò al servizio della regina di Francia, con una pensione di 150 lire sterline: la notizia, finora non suffragata da una documentazione diretta, è riportata nel Précis de la vie de J.-B. Viotti stilato dal lui medesimo nel 1798 (London, Royal College of Music, Viotti Papers, ms. 4118). Nel 1786 il nome di Viotti risulta nell’annuario della loggia massonica Olympique de la Parfaite Estime (Societé olympique): si dice ch’egli ne avrebbe diretto l’orchestra di quando in quando, ma di nuovo mancano documenti certi.
Nel 1788, assieme a Léonard Autié, il parrucchiere della regina, divenne coamministratore di un nuovo teatro d’opera, il Théâtre de Monsieur, che aprì i battenti il 26 gennaio 1789 nel palazzo delle Tuileries, forte di ben tre compagnie: una italiana per l’opera buffa (il successo più duraturo), una per l’opéra-comique e una per il teatro di parola francese. L’orchestra costituita da Viotti venne reputata la migliore di Parigi; ne fecero parte Pierre Rode (allievo suo) e Pierre Baillot. Cherubini fu ingaggiato nel 1789 in qualità di compositore residente. Viotti promosse una serie di concerti durante le festività religiose del 1791 e del 1792, nei quali i suoi allievi Paul Alday e Rode si produssero nei suoi Concerti. Tra marzo e maggio del 1789, con il sostegno di un gruppo di investitori, tentò invano di acquisire il controllo dell’Académie royale de musique, ossia l’Opéra. Dopo essere stato ospitato per un anno (1790) nella Salle des Variétés, alla Foire Saint-Germain, sulla Rive gauche, il Théâtre de Monsieur si trasferì in una sala di recente costruzione in rue Feydeau: e di questa strada il teatro assunse il nome quando, con la Rivoluzione, dové mutare l’intitolazione originaria. Nel settembre del 1792 la compagnia italiana venne sciolta. Ma Viotti era già fuggito il 21 o 22 luglio alla volta dell’Inghilterra.
A Londra fu il violino solista in tutti e dodici i concerti organizzati da Johann Peter Salomon negli Hanover Square Rooms (febbraio-maggio 1793), oltre che in una beneficiata. Poco dopo la traversata della Manica incontrò William e Margaret Chinnery, una coppia inglese alla quale rimase poi legato per la vita: e nel 1799 andò addirittura ad abitare nella loro dimora sul limitare della metropoli, Gilwell House. William, impiegato al Tesoro, collezionava vasi antichi e si dilettava del violoncello; Margaret era una pianista provetta, molto sollecita dell’educazione dei tre figli, i gemelli George e Caroline (nati nel 1791) e Walter (1793), cui il musicista italiano concorse attivamente.
Viotti si esibì di nuovo nei concerti di Salomon della stagione 1794, oltre che in diverse beneficiate; in aprile suonò anche in quattro concerti nella stazione termale di Bath. Sul finire del 1794 fu nominato direttore reggente del King’s Theatre di Londra, e nel 1795 diresse la serie di concerti denominata Opera Concert, dove si produsse almeno cinque volte, oltre alle beneficiate. Si prese poi un anno di pausa, dedicandosi al commercio di vini dall’estero. A fine del 1796 divenne «Leader of the Band and Director of the Orchestra» del King’s Theatre, ossia primo violino e direttore stabile, tanto per l’opera quanto per il cartellone dei concerti: tenne tale carica anche nella stagione 1797-98 fino a febbraio, quando, in seguito allo Alien bill (legge sui forestieri), gli fu ingiunto di lasciare l’Inghilterra, con il pretesto di presunte sue trame giacobine.
Trascorse l’esilio a Schönfeld, presso Amburgo, in casa di un amico, ma ritornò in Inghilterra quasi certamente nel 1799, e di certo entro il 1801. Sospesa ogni attività pubblica, continuò a prendere parte alle serate musicali ebdomadarie in casa dei Chinnery, così come aveva sempre fatto almeno sin dal 1794. Molti dei più rinomati musicisti del giorno vi presero parte, tra loro Muzio Clementi, Giovanni Battista Cimadoro, i pianisti Nicolas-Joseph Hüllmandel e Friedrich Kalkbrenner, i violinisti Salomon e Feliks Janiewicz, i violoncellisti John Crosdill e Charles Jane Ashley, il contrabbassista Domenico Dragonetti, e i cantanti Giuseppina Grassini, Angelica Catalani, Giuseppe Naldi, Giuseppe Viganoni e Manuel García.
Nel 1811 Viotti ottenne la cittadinanza britannica. Nel 1813 fu tra i fondatori e tra i direttori eletti della Philharmonic Society. Fino al 1815 vi figurò come orchestrale, fu il primo violino in tre concerti e prese parte a quattro esecuzioni di musica da camera, presentando i propri quartetti d’archi e un trio d’archi, nonché un quintetto di Luigi Boccherini. Tuttavia, a lungo andare disilluso della Society, tentò, con Clementi e altri, di costituire una società rivale che comprendesse una Royal Academy of Music, ma il progetto sfumò e il legame di Viotti con la Society s’affievolì viepiù: il 1817 fu il suo ultimo anno da direttore.
Nell’estate del 1802, dopo la pace di Amiens tra Francia e Gran Bretagna, Viotti e i Chinnery furono a Parigi per due mesi e mezzo. Il musicista poté riallacciare vecchie amicizie e fece musica da camera con Rode, Baillot e altri. Dal 1814 al 1818, in compagnia di Margaret, fece annualmente un viaggio sul continente, di solito a Parigi. Nel 1818, pare, il commercio di vini fallì; l’annuncio della bancarotta comparve sul Times il 21 febbraio 1820.
Il 30 ottobre 1819 Viotti fu nominato directeur dell’Opéra, ossia congiuntamente di ambo i teatri, l’Académie royale de musique e il Théâtre-Italien. Ricoprì l’incarico fino al 1° novembre 1821; è possibile ch’egli sia rimasto il direttore in carica del Théâtre-Italien, almeno formalmente, ancora per alcuni mesi. Nel febbraio del 1820 l’assassinio di Carlo Ferdinando d’Artois, duca di Berry, all’Opéra fu un duro colpo. Tolto l’ottimo incontro delle opere buffe di Gioachino Rossini e dell’Otello all’Italien, e nonostante l’apertura di una nuova sede dell’Opéra in rue Le Peletier il 16 agosto 1821, la gestione di Viotti fu giudicata un mezzo insuccesso. Il 1° maggio 1821 fu decorato con il grado di cavaliere della Legion d’onore.
Gli ultimi anni di vita furono tormentati dai problemi di salute, dalle difficoltà finanziarie e dagli sforzi per ottenere dall’Académie royale una pensione di 6000 franchi: obiettivo a quanto pare raggiunto. Il 13 dicembre 1822 fece testamento, lasciando tutti i suoi beni a Margaret Chinnery, compreso il suo Stradivari, quasi certamente quello che aveva acquistato nel 1810, ora nella collezione della Royal Academy of music londinese. Nel testamento si rammarica di non poter restituire all’amica e patrocinatrice il prestito di 24.000 franchi concessogli per investirli nel commercio dei vini.
Morì il 3 marzo 1824 nella casa londinese di Portman square, affittata assieme a Margaret.
Viotti ebbe un carattere forte, dai modi a volte perentori, ma costante nelle amicizie. Nella sua cerchia era detto semplicemente ‘Amico’. La rete delle conoscenze strette era assai vasta, e in aggiunta ai personaggi già menzionati abbracciava i compositori Joseph Haydn, Jan Ladislav Dussek (dapprima amico in Parigi, indi collega in Londra), Francesco Bianchi, maestro di contrappunto, accompagnamento e canto di Caroline Chinnery, e Ferdinando Paer, direttore musicale del Théâtre-Italien, la pianista Hélène marchesa di Montgéroult, il violoncellista Jean-Louis Duport, il giornalista e diplomatico Hugues-Bernard Maret, duca di Bassano, l’abate André Morellet, economista, encyclopédiste e traduttore, che a Parigi teneva un ambito salon musicale, svariati membri dell’Assemblea Costituente, il banchiere Jean-Frédéric Perregaux, i poeti William Spencer (forse l’amico più intimo di Viotti al di là dei Chinnery), Samuel Rogers e Thomas Moore (adattò la melodia del secondo tempo del Concerto n. 5 di Viotti ai propri versi Love thee, dearest), i collezionisti e connaisseurs d’arte Thomas Hope e Richard Payne Knight, i pittori François Gérard ed Élisabeth Vigée-Lebrun (un suo ritratto di Viotti, del 1805 circa, è a Casale Monferrato, collezione privata), Madame de Genlis (Stéphanie-Félicité du Crest), Madame de Staël (Anne-Louise-Germaine Necker), e diversi membri dell’aristocrazia inglese, tra i quali Adolfo, duca di Cambridge, con il quale Viotti spesso faceva musica da camera (gli dedicò una raccolta di duetti di violino e il Concerto n. 27). Era anche in buoni rapporti con il fratello del duca, il principe reggente e futuro re Giorgio IV, ospite con il suo violino nelle soirées date a Brighton. Di tutti gli amici musicisti di Viotti, il più stretto fu Baillot, che lo ammirava come uomo e come artista: fecero spesso musica da camera assieme.
A due riprese nel corso della carriera il violinista Viotti decise di sospendere le esibizioni in pubblico per vari anni, e più di una volta manifestò una profonda insoddisfazione come musicista professionista, ma per tutto l’arco della vita trasse appagamento dalla musica fatta en petit comité.
Per certi versi la sua carriera può considerarsi un parziale fallimento: a conti fatti, suonò in pubblico per poco più di sei anni, le sue fortune come direttore teatrale furono altalenanti, fallì negli affari (a differenza dagli amici Clementi e Cherubini) e morì pieno di debiti, dopo aver visto tramontare la propria fama.
Eppure, in quanto esecutore, compositore e insegnante, Viotti può forse dirsi il violinista più influente d’ogni tempo. In una lettera del 1810 Dussek vanta Viotti come «le père créateur du violon» (Lister, 2009, p. 169), e Louis Spohr, dieci anni dopo, lo qualificò come «père de tous les violons» (ibid.). Fu Viotti, più di qualsiasi altro solista, a trasmettere ai posteri la grande tradizione dell’arte violinistica italiana e del suo repertorio, una tradizione risalente a Corelli. Il corrispondente londinese della Berlinische musikalische Zeitung così ne descrisse la maniera (29 giugno 1793): «un suono vigoroso e pieno, scioltezza indescrivibile, purezza, precisione, luci ed ombre congiunte nella più deliziosa semplicità». Il 5 gennaio 1820 la Allgemeine musikalische Zeitung lipsiense menzionò Viotti come «il primo e più classico violinista in Europa», sebbene egli non si fosse più esibito in pubblico da cinque anni.
Oltre alle proprie composizioni Viotti suonò assai spesso musiche di Boccherini. A Parigi e Londra suonò in pubblico soltanto i propri Concerti, fuorché alla Philharmonic Society. I primi diciannove Concerti furono composti a Parigi, i restanti dieci in Inghilterra. Baillot (1825), poi echeggiato da altri, osservò che nelle composizioni del periodo londinese, «tanto più gradevoli quanto meno audaci», Viotti aveva «rinunciato alle difficoltà troppo ardimentose delle sue prime opere» (p. 8). Nel contempo svariati suoi Concerti londinesi ostentano una certa inclinazione preromantica sia nel lirismo sia in talune sperimentazioni formali, come, nel n. 21, la ripresa, nel finale, d’una melodia in modo minore già enunciata nel primo movimento.
I Concerti di Viotti, come quelli di Rode e di Rodolphe Kreutzer, esercitarono un notevole influsso tanto su Ludwig van Beethoven (il Concerto per violino del 1806) quanto su Nicolò Paganini (il secondo e il quarto Concerto nonché il Grande concerto in Mi minore). Si è voluta rintracciare qualche impronta dell’influenza di Viotti nel Concerto per violino di Johannes Brahms e nel suo Doppio concerto per violino e violoncello. Si deve in parte proprio all’apprezzamento espresso da Brahms se sin dal tardo Ottocento il Concerto n. 22 è la più conosciuta tra le opere di Viotti.
Il musicista vercellese compose diciotto quartetti per archi; in tre di essi il flauto può rimpiazzare il primo violino. Si osserva un’evidente virata dello stile cameristico negli ultimi quartetti (catalogo di White, 1985, II:13-15), composti nel 1812 (dedicati al fratellastro Giovanni Andrea, detto André): qui per la prima volta Viotti sposa il modello di Haydn, articolato in quattro movimenti tra cui un minuetto al secondo o al terzo posto, e una più marcata propensione verso lo stile quartettistico viennese. I ventuno trii per archi sono per due violini e violoncello, con il primo violino trattato in genere da solista, il secondo in funzione di accompagnamento e il violoncello come semplice parte di basso. I trentasei duetti per violino e i sei duetti per violoncello, destinati a livelli differenti di abilità amatoriale, spaziano dal genere del duo facile a quello del duo concertant. Le quindici sonate per violino sono concepite con un basso non cifrato (Sonates à violon seul et basse), hanno dunque un carattere piuttosto conservatore, sebbene poi contengano alcune tra le sue pagine più squisite. Molte opere di Viotti furono arrangiate per vari organici, sia da lui stesso sia da altri; e svariati suoi Concerti per violino videro la luce come Concerti per pianoforte, vuoi in simultanea con la pubblicazione della forma originale, vuoi addirittura anni e anni prima. Certe recenti attribuzioni a Viotti di diverse opere finora sconosciute, come pure di una Marseillaise, non trovano conferma documentaria.
Tra gli allievi di Viotti vi furono, a Parigi, Jean-Baptiste Cartier, Alday, August Durand (Duranowski) e Rode, di tutti il più illustre; a Londra, Philippe Libon, Nicolas Mori, François Fémy e André Robberechts. Esecutori della levatura di Baillot, Kreutzer (entrambi insegnanti influenti) e George Bridgetower furono direttamente influenzati dalla sua tecnica violinistica; altri lo furono di riflesso, come Spohr (tramite Rode).
Negli ultimi anni di vita Viotti avviò la stesura di una Opinion sur la manière d’enseigner et d’apprendre à jouer du violon, rimasta incompiuta (facsimile in F.-A. Habeneck, Méthode théorique et pratique de violon, Paris 1835 ca., pp. 25-27, 33-35). Una genealogia ideale del lascito tecnico-stilistico di Viotti si lascia individuare, di maestro in allievo, fino ai giorni nostri, in particolare nella scuola violinistica franco-belga e in quella tedesca. Capostipiti della scuola violinistica francese, istituzionalizzata nel Conservatoire di Parigi (1795), furono Rode, Baillot e Kreutzer: la loro Méthode de violon, pubblicata dal Conservatoire nel 1803, e L’art du violon (1835) di Baillot – trattati entrambi influentissimi – hanno formalizzato e in un certo senso canonizzato la scuola violinistica cui essi stessi appartennero. Pagine di Viotti continuarono a essere incluse in testi didattici per tutto l’Otto e il primo Novecento. Da allora, tuttavia, tolto il Concerto n. 22, che continua a fruire di un certo saltuario favore nel repertorio, le opere di Viotti non incontrano più l’apprezzamento e la popolarità di cui godevano all’epoca del compositore.
Fonti e Bibl.: G.B. Viotti, Mémoire au Roi, Paris 1789; A.-M. d’Eymar, Anecdotes sur V., Paris 1798; G. De Gregory, Istoria della vercellese letteratura ed arti, IV, Torino 1824; P. Baillot, Notice sur J.-B. V., Paris 1825; E. Miel, V., in Biographie universelle ancienne et moderne, Paris 1827; P. Baillot, L’art du violon, Paris 1835; A. Pougin, V. et l’École moderne de violon, Paris 1888; P. Scazzoso, Appunti per uno studio sulla posizione storica di G. V., Milano 1942; R. Giazotto, G.B. V., Milano 1956; B. Schwarz, Beethoven and the French violin school, in Musical Quarterly, XLIV (1958), pp. 431-447; C. White, Toward a more accurate chronology of V.’s violin concertos, in Fontes Artis Musicae, XX (1973), pp. 111-124; B. François-Sappey, Pierre-Marie-François de Sales Baillot (1771-1842) par lui-même, in Recherches sur la musique française classique, XVIII (1978), pp. 127-211; J.-L. Quoy-Bodin, L’Orchestre de la Société Olympique en 1786, in Revue de musicologie, LXX (1984), pp. 95-107; C. White, G.B. V. (1755-1824): a thematic catalogue of his works, New York 1985; Id., From Vivaldi to V.: a history of the early classical violin concerto, New York 1992; S. McVeigh, Concert life in London from Mozart to Haydn, Cambridge 1993; Id., V.’s concert no. 22: Brahms’s favourite concerto, in The Strad, CV (1994), pp. 343-347; R. Raina, Nuovi documenti biografici su G.B. V., in Nuova Rivista musicale italiana, XXVIII (1994), pp. 251-256; M.H. Schmid, Ein Violinkonzert von V. als Herausforderung für Mozart und Haydn, in Mozart-Studien V (1995), pp. 149-171; C. White, V., G.B., inThe new Grove dictionary of music and musicians, XXVI, London 2001, pp. 766-771; W. Lister, New light on the early career of G.B. V., in Music & Letters, LXXXIX (2002), pp. 419-425; A. Di Profio, La révolution des Bouffons, Paris 2003; W. Lister, “Suonatore del Principe”: new light on V.’s Turin years, in Early Music, XXXI (2003), pp. 232-246; D. Yim, V. and the Chinnerys. A relationship charted through letters, Aldershot 2004; R. Moffa, «Vo triste tacito». Le peregrinazioni di G.B. V., Lucca 2005; M. Dellaborra, G.B. V., Palermo 2006; G.B. V.: a composer between the two revolutions, a cura di M. Sala, Bologna 2006; M. Sala, V., G.B., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XVII, Kassel 2007, coll. 25-33; W. Lister, Amico. The life of G.B. V., Oxford 2009; G.B. V., «professione musicista». Sguardo sull’opera, lo stile, le fonti, a cura di M. Dellaborra, Roma 2017; D. Yim, Dangerous liaisons. New light on the reasons for the expulsion of the violinist G.B. V. from Britain in 1798, in Nineteenth-Century Music Review, XV (agosto 2018), 2, pp. 163-187.