LAMA (della Lama), Giovan Bernardo
Nacque a Napoli in una data imprecisata, comunque collocabile nel primo trentennio del secolo XVI, da Matteo, o Maczeo, pittore documentato nella città partenopea dal 1540 al 1557 (Zezza; Leone De Castris, 1996, che costituiscono i testi di riferimento per la ricostruzione della biografia del Lama).
De Dominici riferiva come il L. fosse nato "circa l'anno del Signore 1508" (p. 114); ma il dato non può essere preso in considerazione se non in maniera dubitativa. Le notizie fornite sul L. nelle sue Vite non sono infatti del tutto attendibili, a cominciare dalla data di morte riferita al 1579 (p. 123), quando invece nei documenti l'artista risulta ancora attivo fino alla fine del secolo. Circa la sua formazione, si dovette svolgere tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta del Cinquecento, non, come scriveva De Dominici, presso Giovanni Antonio D'Amato il Vecchio prima, e Andrea Sabatini e Polidoro Caldara da Caravaggio poi (pp. 115-117), ma più plausibilmente nella bottega del padre. Qualche anno prima, mentre l'eco delle posizioni di Polidoro e Marco Cardisco era ancora viva, erano giunti a Napoli Giorgio Vasari, Raffaellino del Colle e Francesco Roviale, e con loro il nuovo linguaggio che aveva già conquistato Roma. E furono proprio Vasari e i modi tosco-romani, opportunamente filtrati dall'espressionismo lacrimoso e compassionevole di Luis de Vargas, a condizionare le prime prove del Lama.
La prima data riconducibile all'attività del L., riguarda la pala con la Crocifissione, realizzata per la cappella Altomare in S. Maria delle Grazie a Caponapoli. Tale pala si fa risalire intorno al 1558, in base all'anno riportato nella lapide posta, a lavori ultimati, nella stessa cappella (Previtali, p. 89).
Della lunetta, ancora per la cappella Altomare, con la Resurrezione, sebbene probabilmente realizzata su disegno del L. (già Londra, collezione Geiger), dovrebbe ritenersi piuttosto autore il pittore Giovan Maria Cacace, cui risultano intestati alcuni pagamenti in data 10 settembre e 14 nov. 1600.
All'epoca il L. doveva godere di una certa fama, se gli si vogliono attribuire anche gli affreschi, ormai guasti, dell'attuale Congrega di S. Restituta dei Neri al duomo di Napoli con Storie di s. Gennaro e santi. Si tratta del ciclo decorativo del Tesoro Vecchio, voluto da Maria di Toledo e databile al 1557, che prevedeva anche una decorazione in stucco, messa in opera con ogni probabilità dallo stesso Lama.
Ancora alla fine degli anni Cinquanta dovrebbero datarsi le quattro Storie di Maria nella volta della cappella Pinelli in S. Domenico Maggiore. Più tarda (forse del settimo decennio), anche se ancora legata ai modi patetici degli esordi, sembra essere invece la Deposizione di Cristo di S. Giacomo degli Spagnoli, da collocarsi accanto all'Andata al Calvario per l'oratorio della Congrega della Disciplina della S. Croce, oggi a Capodimonte. Una datazione agli anni Sessanta deve ipotizzarsi per il Battesimo di Cristo al duomo, per il Cristo portacroce del Museo diocesano di Salerno e per la michelangiolesca Pietà, identificabile con la pala eseguita per la cappella Amodio in S. Giovanni Maggiore.
Nei decenni successivi continuano a essere documentati pagamenti e commissioni al L., anche se le opere a essi riferibili sono andate perdute o non furono poi effettivamente realizzate dall'artista.
Nel 1567 il pittore fiammingo Hendrick van der Broeck, conosciuto anche con il nome di Arrigo di Malines, concordò con Maria Di Capua, monaca a S. Gaudioso, la realizzazione di alcune pitture murali destinate alla chiesa del convento, promettendo innanzitutto di ultimare il fregio cristologico cominciato dal L. (Filangieri, 1888, IV, p. 477). Nel 1569 l'umanista Ascanio Persio scrisse una lettera al L., chiedendo informazioni circa una scultura raffigurante una Venere, commissionata da Anton Vincenzo Bucca e destinata a decorare una fontana (Turchi, p. 523).
Agli anni Settanta devono forse datarsi alcune opere attribuite al pittore e destinate alla provincia (la Circoncisione della parrocchiale di S. Luca a Praiano e l'Incredulità di s. Tommaso per la chiesa di S. Maria Maddalena ad Atrani, entrambe ispirate a due dipinti di Marco Pino di medesimo soggetto); al decennio successivo risalgono con ogni probabilità l'Ascensionedi Cristo, con larga presenza di ritratti, e la Decollazione del Battista per S. Gregorio Armeno, la Circoncisione per la chiesa del Gesù delle Monache e la Deposizione di Cristo per quella dei Ss. Severino e Sossio.
Primeggia in questo periodo l'attività condotta per il complesso della Ss. Annunziata, pressoché completamente distrutto nel Settecento a seguito di un incendio.
Il 7 giugno 1560 Giovan Battista Sersale versò al L. 35 ducati, in saldo dei 50 promessi, per una "cona d'altare" raffigurante forse un S. Giovanni Battista e destinata alla cappella di famiglia (Leone De Castris, 1996, p. 332). Il L. avrebbe poi disegnato il lavabo della sacrestia scolpito da Geronimo D'Auria (1577) e l'organo posto sopra la cappella dei Pellegrini, realizzato da Nunzio Maresca nel 1590. Ma l'accordo per la sua impresa più significativa all'Annunziata fu stipulato in data 13 apr. 1584, quando il pittore fu incaricato di provvedere alla messa in opera di un'Annunciazione da collocarsi al centro dell'"intempiatura" o "soffitta" della chiesa, da lui stesso progettata. Il L. si impegnò a fornire i disegni per gli stucchi, potendo valersi di tutti i collaboratori necessari per la loro esecuzione, dall'intaglio alla doratura, e a sovrintendere al cantiere. L'opera, secondo gli accordi, doveva essere compiuta entro la fine del mese di maggio (D'Addosio, 1913, p. 238). Il 3 nov. 1578 si impegnò con i governatori della Ss. Annunziata a consegnare, entro il 14 aprile dell'anno successivo, una pala d'altare non meglio descritta, già iniziata su commissione dell'ormai defunta Laura d'Avalos, per la chiesa di S. Andrea di Amalfi (ibid.).
Gli anni Ottanta segnano il momento di maggior successo per il L.: celebrato da poeti e letterati - l'artista è identificabile nel Giovan Bernardo pittore del Candelaio di Giordano Bruno, e i contemporanei ne ricordano il "colorir delicato", la capacità di ritrarre al naturale, le doti di scultore in creta e in stucco, incisore in rame e miniaturista - il pittore conquistò anche da un punto di vista formale un rinnovato vigore che gli derivò certo dall'avvicinamento all'arte del più talentuoso Silvestro Buono. Questi era legato al L. da un rapporto di parentela ancora non chiarito: in alcuni pagamenti destinati al L. (7 genn. 1567, 4 sett. 1573, 30 genn. 1579 e 20 apr. 1595) Buono è citato come suo nipote; certo è che negli anni successivi fra i due vi fu un proficuo rapporto di collaborazione.
Nuovi pagamenti permettono di ricostruire l'attività del L. sul finire di quel decennio. Il 20 settembre e il 12 dic. 1588 Cristofaro Roppullo e Bartolomeo Cimino, mastri di S. Andrea, provvedevano a versare al L. due acconti per la pala con la Vocazione dei ss. Pietro e Andrea, dipinta per la cappella di S. Andrea nel cortile della chiesa di S. Pietro ad Aram, e ora in deposito presso la soprintendenza per i Beni artistici e storici di Napoli. Il 1° settembre dell'anno successivo Caterina Caracciolo gli versò 40 ducati per una pala con i misteri del rosario, destinata alla chiesa di S. Patrizia, da identificarsi con la Madonna del Rosario già nella chiesa di S. Maria del Buon Consiglio. Il dipinto fu probabilmente realizzato in collaborazione con Buono, come dimostrerebbe l'altro pagamento del 2 ag. 1591, corrisposto "in solidum" ai due pittori dalla badessa Vittoria Di Somma in nome della committente.
Anche per l'ultimo decennio del Cinquecento i documenti sull'attività del L. non mancano (D'Addosio, 1913, pp. 239 s.), anche se le opere sono andate perdute o non sono sempre rintracciabili con certezza. Fanno eccezione, tra l'altro, l'Incoronazione della Vergine per la collegiata di S. Michele a Solofra, firmata e datata al 1594, forse di nuovo in collaborazione con Buono, e la Ss. Trinità e santi della chiesa omonima a Caramanico, saldata il 25 giugno 1596 da Bernardo di Colonna (Pasculli Ferrara).
Il 13 nov. 1590 riscosse 40 ducati da Isabella Mastrogiudice per una pala da collocarsi nella sua cappella, nel monastero di S. Efrem Nuovo, ovvero la Concezione dei Cappuccini. Dal saldo, corrispostogli in data 22 apr. 1592 a mezzo di Paulino di Lauro, si apprende che il dipinto, forse identificabile con il polittico oggi nella chiesa dell'Immacolata degli Oblati a Maddaloni, doveva rappresentare un "San Francesco delle stimiti" (Leone De Castris, 1996, p. 333). Per la Concezione dei Cappuccini la società Buono-Lama si assicurò un gran numero di commissioni; ma l'edificio andò distrutto in un incendio nel 1840 e con esso la maggior parte delle opere. Il 15 apr. 1592 Muzio Villano della Ss. Concezione di Mercato San Severino pagò al pittore 25 ducati come caparra per un'Immacolata Concezione con i "Misteri soliti", oggi nella chiesa di S. Antonio, in cui sarebbe nuovamente riscontrabile la partecipazione di Buono. Nell'accordo si erano stabiliti le misure del dipinto, il compenso totale, ammontante a 120 ducati, e la consegna dell'opera finita entro il mese di agosto (D'Addosio, 1913, p. 239). Nel 1594 il L. promise alla badessa Maria Maddalena Tuttavilla una Trinità con colomba a rilievo dorato e delle figure di Angeli serafini, da collocarsi "sopra le due quinte del arcotravo Maggiore" della chiesa del monastero di S. Maria Regina Coeli: per l'impresa percepì un acconto di 30 ducati in data 8 marzo e dovette attenersi al disegno fornitogli dalla stessa badessa (ibid., pp. 239 s.). Il 4 nov. 1598 la principessa Squillace, a mezzo di Lucrezia Martirano della Quadra, versò a Giovan Bernardo Buono, figlio di Silvestro, 16 ducati circa per "un quadro della Madonna di Riggio" e 12 ducati, il 9 dic. dello stesso anno, al L. direttamente, in acconto per altri tre dipinti di soggetto non specificato, da realizzarsi con il socio e saldati il 2 ag. 1599 con 24 ducati (D'Addosio, 1919).
L'ultima notizia documentaria sull'attività del L. risale al 28 giugno 1600 ed è relativa a un pagamento di 11 ducati, disposto da Giovan Tommaso Borrello per conto di Giovanni Russo e incassato da Giovan Bernardo Buono, forse riferibile alla "cona" (non meglio identificabile) realizzata per la chiesa di S. Maria delle Grazie di Cerreto Sannita, opera per la quale il L. aveva riscosso 14 ducati da Cesare Miroballo l'8 luglio 1592.
Del L., che il 13 ott. 1593 era stato iscritto fra i consoli e maestri della corporazione e cappella di S. Luca dei pittori, doratori, rotellari e cartari, non si conoscono né la data né il luogo di morte.
Le fonti ricordano che fu sepolto nella chiesa del Gesù delle Monache, ma non si indica neppure il decennio della sua scomparsa. Secondo De Dominici (p. 126), la moglie Costanza fece apporre sul luogo della sepoltura una lapide commemorativa, anch'essa sparita. Ebbe una figlia, pittrice anch'essa, di cui si ignora il nome, che sposò probabilmente un allievo del padre, Pompeo Landulfo (ibid.).
Fonti e Bibl.: F. Turchi, Delle lettere facete, II, Venezia 1575, pp. 378 s., 523; B. De Dominici, Vite dei pittori scultori ed architetti napoletani, II, Napoli 1742, pp. 114-126; G. Filangieri, Documenti per la storia le arti e le industrie delle provincie napoletane, II, Napoli 1884, pp. 84, 147, 155; III, ibid. 1885, p. 403; IV, ibid. 1888, pp. 109-111, 425, 477 s.; VI, ibid. 1891, pp. 34-37; Id., Indice degli artefici delle arti maggiori e minori…, II, Napoli 1891, pp. 34-37; G.B. D'Addosio, Documenti inediti di artisti napoletani del XVI e XVII secolo, in Arch. stor. per le provincie napoletane, XVIII (1913), 1, pp. 238-240; n.s., V (1919), 4, pp. 394 s.; A. Borzelli, Intorno al pittore napoletano Gian B. della L., Napoli 1939; R. Causa, Pittura napoletana dal XV al XIX secolo, Bergamo 1957, p. 24; G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel Vicereame, Torino 1978, ad indicem; M. Pasculli Ferrara, Un Silvestro Buono sopravvissuto ai "moderni" restauri architettonici e un Gio. B. L. da salvare, in Napolinobilissima, XXVIII (1989), pp. 166-168; P. Leone De Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli: 1573-1606. L'ultima maniera, Napoli 1991, ad indicem; A. Zezza, G.B. L.: ipotesi per un percorso, in Bollettino d'arte, LXXVI (1991), 70, pp. 1-30; P. Leone De Castris, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1992, p. 744; Id., Pittura del Cinquecento a Napoli: 1540-1573. Fasto e devozione, Napoli 1996, ad indicem (regesto a pp. 332-334, con bibl.); R. Pinto, La pittura napoletana. Storia delle opere e dei maestri dall'età antica ai nostri giorni, Napoli 1998, pp. 143, 173-176, 179, 181, 185, 188, 202, 208, 247; P. Leone De Castris, Museo e Gallerie nazionali di Capodimonte. Dipinti dal XIII al XVI secolo. Le collezioni borboniche e post-unitarie, Napoli 1999, ad indicem; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, pp. 245 s.