MEDICI, Giovan Carlo
de’. – Nacque a Firenze il 3 giugno 1611, secondo figlio maschio e terzogenito del granduca di Toscana Cosimo II e di Maria Maddalena d’Austria.
Ebbe una buona formazione culturale, analoga a quella del fratello maggiore Ferdinando (nato un anno prima di lui); come il fratello Leopoldo, studiò matematica sotto la guida di Famiano Michelini, apprese il francese e il tedesco e ricevette un’educazione musicale. Nel febbraio 1628 accompagnò Ferdinando in un viaggio diplomatico attraverso l’Italia e l’Austria, che si concluse a Praga, dove i due principi furono ricevuti dall’imperatore Ferdinando II d’Asburgo. In agosto fecero ritorno a Firenze e nei primi mesi del 1629 ebbero inizio trattative per il matrimonio del M. con Anna Carafa di Stigliano, figlia di Antonio duca di Mondragone e di Elena Aldobrandini.
La Carafa aveva ereditato un colossale patrimonio composto di vasti stati feudali nel Mezzogiorno e dei beni dell’ava paterna Isabella di Vespasiano Gonzaga di Sabbioneta. Le trattative matrimoniali si trascinarono a lungo e si conclusero nel gennaio 1633 con un nulla di fatto per l’opposizione del potente ministro di Filippo IV, Gasparo Guzmán conte duca de Olivares che, dopo la morte della figlia Maria, volle far sposare Anna al suo ex genero don Ramiro Núñez de Guzmán, duca di Medina de las Torres, al quale conferì, nel 1637, l’alta carica di viceré di Napoli.
Probabilmente per essere risarcito dello smacco subito con il mancato matrimonio, nell’ottobre 1638 il M. ricevette dal presidente del Consiglio d’Italia, Carlo Doria duca di Tursi, la carica di generalissimo del Mare di Spagna. Nel giugno 1640 insorse la Catalogna e, alla fine del 1641, si progettò di inviare la flotta per chiudere Barcellona, già assediata da terra, anche dalla parte del mare. Nell’agosto 1642, dunque, il M. partì da Livorno alla volta della Catalogna, al comando di una flotta composta da navi toscane e del Viceregno. La spedizione fu un disastro dal punto di vista sia militare sia politico. Pertanto, tornato in Toscana alla fine del 1642, il M. chiese l’esonero dalla carica (che, peraltro, almeno formalmente, mantenne fino alla morte). Nel 1643 ebbe per l’ultima volta a che fare con questioni militari quando, durante la guerra di Castro, fu provveditore dell’esercito toscano e, insieme con il fratello granduca, Ferdinando II, visitò più volte le truppe nel teatro di guerra.
Di lì a un anno, alla morte di Urbano VIII nel 1644, il cardinale Carlo de’ Medici, zio del M., ebbe un ruolo importante nell’elezione di Innocenzo X. Quale ricompensa per l’attivo impegno dispiegato in conclave, e anche per il sicuro orientamento antibarberiniano dei Medici, nel concistoro del 14 nov. 1644 il M. fu creato cardinale diacono e il 20 marzo 1645 ricevette il titolo di S. Maria Nuova (mutato il 6 marzo 1656 in quello di S. Giorgio al Velabro). A questa decisione contribuì anche il fatto che al granduca Ferdinando II, sposato dal 1634 con Vittoria Della Rovere, nell’agosto del 1642 era nato un erede, il futuro Cosimo III. Garantita la continuità dinastica, risultava auspicabile per il M. la carriera ecclesiastica.
Rientrato a Firenze nel giugno 1645, il M. vi rimase a lungo e tornò a Roma solo nel 1655 per partecipare al conclave in cui Fabio Chigi fu eletto papa con il nome Alessandro VII, evento al quale i due cardinali Medici cooperarono attivamente. In quello stesso anno il M., insieme con il cardinale Federico d’Assia, fu nominato legato presso la regina Cristina di Svezia che, convertitasi al cattolicesimo, giunse a Roma in dicembre. Rientrato a Firenze verso la metà di giugno 1656, il M. non fece più ritorno a Roma.
Investito talvolta di qualche incarico diplomatico dal granduca, come quando nel 1649 si recò a Finale Ligure per omaggiare Marianna d’Austria, figlia dell’imperatore Ferdinando III, che andava a Madrid sposa di Filippo IV, non si hanno tracce di un suo reale contributo alla politica toscana, e già nel 1653 l’ambasciatore di Lucca Federigo Lucchesini scriveva nella sua relazione da Firenze che il M. si mostrava «alieno dalli negotii della città» (Relazioni inedite, p. 191). Giovanni Spada, che fu ambasciatore di Lucca a Firenze per sei anni, nel 1659 dichiarò invece che il M. ebbe mano per un periodo «nella direttione dei politici negotii dello stato, tanto politici quanto economici», ma che il suo governo era risultato «odiosissimo ai popoli per le deliberazioni che, da esso promosse, si prendevano in aggravio considerabile dei sudditi» (ibid.) e che per questo il M. era stato progressivamente disimpegnato da ogni cura politica. Per quanto riguarda le sue tendenze politiche, lo stesso Spada parla di una sua inclinazione verso la Spagna (ibid., p. 199). Secondo le fonti, i rapporti con il fratello granduca andarono nel tempo raffreddandosi. Dopo la morte del M. circolò la voce che Ferdinando avesse temuto «il di lui strano umore» e che non avesse mai avuto «il di lui affetto» (Firenze, Biblioteca nazionale, Capponi, 233: Vita del cardinal G. C., c. 100v; Arch. di Stato di Firenze, Misc.Medicea, 458, ins. 14).
Cultore di scienze, di botanica e di lettere, il M. fu uno dei più importanti collezionisti d’arte e mecenati dell’Italia del suo tempo. Impiegò Francesco Albani, Giovanni da San Giovanni (Mannozzi), Angelo Michele Colonna, Agostino Mitelli per la decorazione della sua residenza di Mezzomonte presso Impruneta (acquistata nel 1629), nella quale collocò il primo nucleo della sua collezione: circa 250 quadri (soprattutto nature morte e ritratti di famiglia) di autori allora molto apprezzati, come il citato Giovanni da San Giovanni, Cesare Dandini e Giovanni Bilivert. Fece affrescare – da A.M. Colonna, A. Mitelli e Pietro da Cortona (Berrettini) – la nuova residenza del casino in via della Scala, datagli in usufrutto dal granduca nel 1640. In questa sede, nel 1644, dopo la vendita ai Corsini della villa di Mezzomonte, collocò la sua raccolta di opere d’arte, allora notevolmente arricchita. Quando poi, alla morte dello zio Lorenzo de’ Medici nel 1648, entrò in possesso della villa di Castello, lasciò nel casino di via della Scala le opere di maggior pregio, trasferendo nella nuova residenza le nature morte e i paesaggi dei pittori fiorentini contemporanei. Impiegò inoltre per la sistemazione di un appartamento a lui concesso in un’ala di palazzo Pitti l’architetto Ferdinando Tacca e i pittori Iacopo Chiavistelli, Andrea Ciceri (Ciseri) e Salvator Rosa. Fine conoscitore, il M. si procurò nel corso degli anni centinaia di opere di diversa scuola, epoca e provenienza: la sua straordinaria collezione di quadri comprendeva opere di Raffaello, Antonio Allegri detto il Correggio, Francesco Mazzola detto il Parmigianino, Francesco Albani, Pieter Paul Rubens, Piero di Cosimo, Paolo Caliari detto il Veronese, Nicolas Poussin, Guido Reni.
Appassionato di teatro fin dalla prima gioventù, a partire dagli anni Trenta, assecondato dai fratelli Mattias e Leopoldo, gestì con grande abilità l’organizzazione degli spettacoli pubblici a Firenze. Nell’estate 1635, in compagnia dello zio Lorenzo, fece un viaggio nell’Italia settentrionale proprio al fine di seguire alcuni spettacoli teatrali che si tenevano a Modena, Bologna, Parma e Venezia. Nel 1637 sovrintese ai festeggiamenti pubblici per le nozze del fratello granduca con Vittoria Della Rovere, celebrate tre anni prima in forma privata. Nel 1648, alla morte di Lorenzo, assunse la protezione dell’Accademia dei Concordi, un sodalizio di nobili amanti del teatro, che nel 1650 prese il nome di Immobili e si trasferì nel teatro del Cocomero. Per loro il M. fece costruire il teatro alla Pergola, inaugurato nel 1657. Nel teatro del Cocomero, lasciato libero dagli Immobili, dal 1656 trovò posto un’altra accademia protetta dal M., quella artigiana dei Sorgenti. Fu inoltre protettore delle Accademie degli Instancabili, degli Improvvisi e dei Percossi di Salvator Rosa (al servizio del M. dal 1641 al 1649).
Gli eccessi nel mangiare e nel bere minarono la salute del M., che morì il 23 genn. 1663 nella sua villa di Castello. Fu sepolto nella basilica di S. Lorenzo e orazioni funebri in suo onore furono pronunciate da Giovan Lorenzo Pucci e Alessandro Segni.
Nel 1637 nacque il figlio naturale Alberto, avuto con Margherita Salvetti, moglie di Giannozzo di Giulio Cepparelli. Morto senza lasciare testamento, il M. lasciò debiti per più di 135.000 scudi. Pochi giorni dopo la sua scomparsa, Ferdinando II mise all’asta tutti i suoi beni per pagare i numerosi creditori. In poche settimane venne dispersa una collezione di più di 570 quadri, mobili, libri, sculture, vetri di Murano. Noto per essere uomo «di natura vivace», ebbe fama di essere «capace di intraprendere qualunque resolutione, ancorché ardita» (Lucchesin in Relazioni inedite, p. 191).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 3890, 3894-3895, 3989 (lettere del M. a Ferdinando II e alla segreteria); 5288, 5341-5344, 5359-5362, 5370, 5376, 5383 (minute di lettere del M., 1644-1661); 5133-5134, 5282-5287, 5293, 5295-5297, 5301-5312, 5314-5340, 5345-5358, 5364-5369, 5371-5372, 5374-5380, 5384 (lettere di diversi al M., 1627-1663); 5392 (lettere del M. a Mattias de’ Medici, 1628-59); 5055, 5057 (lettere del M. ai residenti in Spagna); 5300 (lettere della segreteria del M.); 1496-1512, 1514 (carteggio di Desiderio Montemagni, segretario del M.); 2697 (note di conti e inventari); 5385 (registri, inventari, note di provisionati); 5178, 5279b (suppliche); M. Costa, Istoria del viaggio d’Alemagna del serenissimo gran duca di Toscana Ferdinando secondo…, Venezia s.d. (ma 1638); Relazioni inedite di ambasciatori lucchesi alle corti di Firenze…, a cura di A. Pellegrini, Lucca 1901, passim; S. Mamone, Serenissimi fratelli principi impresari. Notizie di spettacolo nei carteggi medicei. Carteggi di G.C. de’ M. e di Desiderio Montemagni suo segretario (1628-1664), Firenze 2003; S. Bardazzi, Istoria del viaggio di Alemagna del serenissimo granduca di Toscana Ferdinando II, in IGonzaga e l’Impero. Itinerari dello spettacolo, a cura di U. Artioli - C. Grazioli, Firenze 2005, pp. 175-195; Vita del gran principe Ferdinando di Toscana, Firenze 1867, pp. 28-36; G. Pieraccini, La stirpe de’ Medici di Cafaggiolo. Saggio di ricerche sulla trasmissione ereditaria dei caratteri biologici, Firenze 1947, II, 2, pp. 240-291; S. Mascalchi, Anticipazioni sul mecenatismo del cardinale G.C. de’ M. e suo contributo alle collezioni degli Uffizi, in Gli Uffizi: quattro secoli di una galleria. Atti del Convegno internazionale di studi…1982, a cura di P. Barocchi - G. Ragionieri, Firenze 1982, pp. 41-82; Id., G.C. de’ M.: an outstanding but neglected collector in seventeenth century Florence, in Apollo, CXX (1984), pp. 268-272; T. Megale, Il principe e la cantante. Riflessi impresariali di una protezione, in Per Ludovico Zorzi, a cura di S. Mamone, in Medioevo e Rinascimento, VI (1992), pp. 211-233; B. Ricci, Il Tedeschino, overo Difesa dell’arte del cavalier del piacere, Firenze 1995, ad ind.; P. Barocchi, Ferdinando II da Firenze a Praga nel 1628, in Studi in onore del Kunsthistorisches Institut in Florenz per il suo centenario 1897-1997, Pisa 1996, pp. 305-324; N. Michelassi, Il lieto umor peccante. G.C. de’ M. «regio protettore» delle accademie e dello spettacolo fiorentino nel Seicento, tesi di laurea, Università degli studi di Firenze, a.a. 1996-97; S. Mascalchi, Il Granducato di Ferdinando II (1628-1670). Il cardinale G.C. (1611-1663), in Il giardino del granduca. Natura morta nelle collezioni medicee, a cura di M. Chiarini, Torino 1997, pp. 104-136; N. Michelassi, Il teatro del Cocomero di Firenze uno stanzone per tre accademie (1651-1665), in Studi secenteschi, XL (1999), pp. 149-184; S. Mamone, Il sistema dei teatri e le accademie a Firenze sotto la protezione di G.C., Mattias e Leopoldo principi impresari, in Teatro e spettacolo nella Firenze dei Medici: modelli dei luoghi teatrali. Atti del Convegno…2001, a cura di E. Garbero Zorzi - M. Sperenzi, Firenze 2001, pp. 83-97; Id., Accademie e opera in musica nella vita di G.C., Mattias e Leopoldo de’ Medici, fratelli del granduca Ferdinando, in Lo stupor dell’invenzione: Firenze e la nascita dell’opera. Atti del Convegno internazionale di studi…2001, a cura di P. Gargiulo, Firenze 2001, pp. 119-138; N. Michelassi, Memorie dal sottopalco. G.C. de’ M. e il primo teatro della Pergola (1652-1663), in Studi secenteschi, XLIII (2002), pp. 347-355; L. Marescalchi, La Muletta. Vicende costruttive e percorsi di vita quotidiana, in Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia, a cura di S. Bertelli - R. Pasta, Firenze 2003, pp. 181-215; S. Mamone, Most serene brothers-princes-impresarios. Theater in Florence under the management and protection of Mattias, G.C. and Leopoldo de’ Medici: l’«affaire Sardelli», in Journal of Seventeenth Century Music, IX (2003), <http://sscm-jscm.press.uiuc.edu/jscm/v9/no1/Mamone.htm> (febbraio 2009); N. Michelassi, «Regi protettori» e «virtuosi trattenimenti»: principi medicei e intellettuali fiorentini del Seicento tra corte, teatro e accademia, in Naples, Rome, Florence: une histoire comparèe des milieux intellectuels italiens (XVIIe-XVIIIe siècles), a cura di J. Boutier - B. Marin - A. Romano, Rome 2005, ad ind.; Il cardinale G.C., Mattias e Leopoldo, 1628-1667, a cura di P. Barocchi - G. Gaeta Bertelà, Firenze 2007.
S. Villani