CASSINI, Giovan Domenico
Capostipite di una famiglia di astronomi che legò il suo nome alle vicende dell'osservatorio di Parigi dal 1669 al 1832, nacque a Perinaldo (Pec Rignault, nella contea di Nizza sotto i Doria, sudditi feudali dei duchi di Savoia) l'8 giugno 1625 da Giacomo e da Giulia Crovesi.
Dopo essere stato affidato alle cure di uno zio materno, fu mandato a studiare a Vallebonne e a Genova, in un collegio retto dai gesuiti, quello di S. Gerolamo (1639), dove apprese filosofia, teologia e soprattutto matematica con l'ab. N. Doria. Il giovane C. pareva dimostrare una certa predisposizione per la poesia - alcuni suoi versi italiani e latini, d'argomento sacro e profano, furono pubblicati nel 1646 - ma d'improvviso la lettura di un'opera di astrologia giudiziaria, prestatagli quasi per scherzo da un ecclesiastico, risvegliò la sua curiosità; anzi vi si appassionò al punto da tentare qualche predizione, la cui riuscita invece di lusingarlo lo insospettì, sia per motivi religiosi che razionali. Dopo la lettura dell'invettiva contro gli astrologi di Pico della Mirandola, bruciò i suoi appunti astrologici, ma gli rimase un fervido interesse per gli astri. Si mise a studiare con passione l'astronomia e le scienze preliminari, compiendo progressi così rapidi da venir scelto dal Senato bolognese, su interessamento del marchese Cornelio Malvasia, per coprire la prima cattedra di astronomia dello Studio. Essa era vacante dopo la morte di B. Cavalieri, il primo che espose nelle sue pubbliche lezioni la teoria copernicana e le scoperte di Galileo; si comprende quindi l'importanza del compito al quale il C. era chiamato, a soli venticinque anni d'età.
Insieme al Malvasia osservò la cometa apparsa verso la fine del 1652, sulla quale pubblicò De cometa anni 1652 et 1653, Mutinae 1653; in quest'opera, dedicata al duca di Modena, il C. sostiene che le comete sono fortuite generazioni dovute all'ammassarsi di esalazioni della Terra e degli astri, dotate della stessa regolarità di percorso degli astri e quindi riconducibili alle leggi di quelli, anche riguardo all'età della loro formazione. Ma più tardi, dopo ulteriori ricerche, suppose che il movimento di una cometa avvenisse su una linea assai eccentrica alla Terra, tanto da essere visibile solo in prossimità del suo perigeo. Dedicatosi allo studio dei pianeti, riuscì a determinare geometricamente l'apogeo e l'eccentricità di un pianeta, problema lasciato irrisolto sia da Keplero che da J. Bouillaud. Scrisse allora al Gassendi per avere dati e osservazioni sui pianeti superiori, necessari per procedere alla soluzione di numerosi altri problemi astronomici, ad es. quello del rallentamento apparente del corso del Sole in estate, connesso con la diminuzione del suo diametro, negata da Keplero e Bouillaud. Era necessario verificare se tale diminuzione di diametro fosse proporzionale alla diminuzione di velocità, per dimostrame l'apparenza. Per compiere con esattezza tali osservazioni, :il C. pensò di costruire in S. Petronio una meridiana più precisa di quella tracciata da I. Danti un secolo prima, e riuscì a porre in effetto il suo progetto, nonostante lo scetticismo di altri matematici, con precisi calcoli riferiti in Novum lumen astronomicum ex novo heliometro, Bononiae 1654. L'anno dopo invitò pubblicamente molti astronomi ad osservare il solstizio estivo con la nuova meridiana, e dimostrò così che aveva ragione Keplero e che la variazione di velocità del Sole è in parte reale. Dopo aver pubblicato vari scritti sulla meridiana, di cui uno dedicato alla regina Cristina di Svezia, con i dati ricavati compilò delle tavole sul Sole, rese ancor più precise dopo la scoperta che la rifrazione, che aumenta l'altezza apparente degli astri all'orizzonte, giunge fino allo zenith e non solo a 45° come riteneva T. Brahe.
Ma la sua attività si rivolse presto anche ad altri campi. Quando nel 1657 Bologna mandò al papa Alessandro VII il marchese N. Tanara per decidere sulla regolazione delle acque del Po, il C. lo accompagnò, studiò la storia del fiume, compì diverse esperienze con canali di acqua corrente, pubblicò diversi scritti (tra cui Idronomia nuova, Roma 1657) ed ottenne l'incarico di sovrintendente delle acque del Bolognese. La sua dimestichezza con alti prelati e con il papa stesso, dilettante di astronomia (cui presentò nel 1659 un planisfero inciso), non impedì all'inquisitore di Modena di vietare la pubblicazione di Nova eclipsium methodus, in cui il C. esponeva il suo metodo per determinare le longitudini terrestri dall'osservazione dell'eclissi di Sole in diversi luoghi della Terra. Creato inoltre sovrintendente alle fortificazioni del forte Urbano, il C. vi predispose per il papa riparazioni ed ampliamenti. Tra Bologna, Ferrara, Ravenna e la Toscana, il C. compì una serie di ricche esperienze. Allorché nel 1664 il papa e il granduca di Toscana decisero di definire la questione del Chiana, tributario sia dell'Amo che del Tevere, il C. fu scelto assieme a V. Viviani come commissario; i sopralluoghi per il progetto idraulico costituirono l'occasione per i due scienziati di compiere osservazioni di storia naturale e di archeologia, oltre che di astronomia. La comparsa di due comete, nel 1664 e nel 1665, che il C. studiò con Cristina di Svezia (cui dedicò uno scritto relativo, Theoria motus cometae anni 1664 et 1665, Romae 1665) gli permise di prevederne il corso con il calcolo.
Come sovrintendente delle acque dello Stato pontificio (aveva rifiutato, per conservare la propria libertà d'azione, lo stato ecclesiastico offertogli dal papa), il C. era a Città della Pieve nel 1665 quando riconobbe in un'ombra su Giove un satellite, l'ottavo: primo avvio di quelle osservazioni che lo porteranno alla scoperta di altri tre satelliti (quinto, terzo e quarto) tra il 1672 e il 1684, proseguite da W. Herschel nel 1789 con la scoperta dei primi due.
Il C. dimostrò inoltre la rotazione di Giove su se stesso in 6 h e 56', cui due anni dopo aggiunse la determinazione delle rotazionì di Marte, di 24 h e 40', e di Venere, di 23 h e 21'. L'applicazione dell'ottica all'astronomia incontrò resistenze ed fficomprensioni, né mancò chi tentasse di appropriarsi delle scoperte del C., che comunque costituivano un'ulteriore prova della teoria copernicana. Difendendosi dai detrattori, egli trovava anche il tempo per occuparsi di altri problemi, dal rafforzamento del ponte Felice sul Tevere alle trasfusioni di sangue, e pqr partecipare a diverse sedute dell'Accademia del Cimento, che gli propose varie questioni sull'equilibrio dei liquidi, mentre trattava per la regolazione dei confini tra Stato pontificio e Toscana.
La pubblicazione nel 1668 delle Effemeridi dei satelliti gioviali permise agli astronomi del tempo di seguire le eclissi di tali satelliti, scoperti da Galileo senza che fossero stati determinati i periodi di eclissi. Tra gli altri se ne occupò J. Picard, membro dell'Accademia delle scienze di Parigi, creata da Colbert nel 1666; il C. divenne così nel 1668 corrispondente di quella Accademia, finché Colbert, tramite il conte Graziani, ministro del duca di Modena, non lo fece invitare in Francia con l'offerta d'una pensione del re. Ma solo dopo le insistenze del sovrano stesso, tramite l'abate di Bourlemont, presso il Senato bolognese ed il papa Clemente IX, il C. poté recarsi in Francia, dove avrebbe dovuto fermarsi solo temporaneamente. Infatti gli vennero mantenuti tutti gli incarichi e le retribuzioni, sia da parte del papa che di Bologna, per parecchi anni.
Giunse a Parigi il 4 apr. 1669, e lo stesso Luigi XIV gli mostrò il progetto dell'osservatorio in costruzione, ma il C. vi volle apportare varie modifiche, per adattare l'edificio a diventare un "grande strumento". Dopo aver abitato al Louvre, nel 1671 si trasferì presso l'osservatorio, stabilendo un preciso programma giornaliero di ricerche e rilevamenti. Già nel 1673 fu richiamato in Italia dal papa, e solo la tenacia di Colbert gli ottenne la naturalizzazione francese. In quell'anno sposò Geneviève Delaître, figlia di un luogotenente generale di Clermont-en-Beauvaisis; e il figlio Giacomo, nato nel 1677, fu educato nell'osservatorio, dove era destinato a succedergli. Volle che l'osservatorio fosse dotato dei più moderni strumenti, come i cannocchiali del Campani e del Divini, fatti eseguire appositamente in Italia; anzi volle che fossero dotati di strumenti anche viaggiatori e missionari in ogni parte del mondo, per disporre di dati sempre più precisi. Una spedizione dell'Accademia in Cayenna, dove il Richer conduceva ricerche coordinate alle sue, gli offrì prove concrete per le sue teorie sul parallasse del Sole e di Marte, avvio alla determinazione delle orbite planetarie, sull'intensità del peso terrestre decrescente dai poli all'equatore, sulle rifrazioni ecc.
La sua fama di astronomo si accrebbe dopo la predizione, in seguito ad una sola osservazione, del cammino che avrebbe tenuto una cometa apparsa nel dicembre del 1680, che a suo avviso avrebbe seguito lo "zodiaco", cioè il percorso di quella osservata da T. Brahe nel 1577. Dopo la scoperta di altri due satelliti di Saturno (sui quali pubblicò Découverte de deux nouvelles planètes autours de Saturne, Paris 1673), osservò la divisione scura nell'anello di quel pianeta che porta il suo nome. La riflessione matematica intorno ai calendari orientali, propostagli quasi per scherzo dall'ambasciatore nel Siam La Loubère, lo portò alla determinazione d'un periodo, detto lunisolare, di 11.600 anni, assai più preciso del calendario gregoriano. Nei primi anni del sec. XVIII fu consultato dalla congregazione per la modifica di quel calendario, ma egli preferì che se ne occupasse un suo nipote ed allievo, il Maraldi, che molto aveva appreso dei metodi cassiniani.
Pur resistendo alle insistenze di Cristina di Svezia, che l'avrebbe voluto a Roma per dirigere un osservatorio che aveva intenzione di costruire a villa Riario, il C. tornò in Italia nel 1695 in un breve viaggio col figlio Giacomo; proprio in quell'anno gli morì un altro figlio in una battaglia navale contro gli Inglesi. A Bologna il C. corresse gli errori che il tempo aveva apportato alla sua meridiana in S. Petronio. Tornato a Parigi, fu occupato parecchi anni nella costruzione di un'altra meridiana, molto più estesa di quella bolognese, iniziata da Picard nel 1669; il C. tracciò la parte a nord di Parigi, mentre Ph. de La Hire si occupava della parte a sud. I rapporti di collaborazione con gli astronomi e i dotti dell'Accademia furono sempre cordiali, contrariamente a quanto era avvenuto in Italia. Ma anche verso i detrattori e i plagiari delle sue scoperte egli tenne sempre un atteggiamento sereno e pacato, secondo il suo carattere. Nella Autobiografia (edita da J.-D. Cassini nel 1810, nei Mémoires), esemplare per modestia e amabilità, il C. ricorda'con commossa gratitudine gli scienziati che l'aiutarono nel lavoro e nella vita, Mariotte, Bourdelin, Boulliaud, Petit e tanti altri tra i migliori ingegni del tempo. Anche la corte lo trattò sempre con estrema cortesia, da Luigi XIV alla regina, dal duca d'Orléans al delfino, cui egli impartì anche lezioni di astronomia e fisica. Le numerosissime relazioni accademiche, pubblicate nei Mémoires de l'Academie des sciences, trovarono posto anche nel Journal des Sçavans dal 1669 al 1697. Il C. trascorse gli ultimi anni di vita cieco come Galileo (totalmente solo dal 1711), dettando tutte le sere il proprio diario ad un segretario e leggendo libri sacri. Morì a Parigi il 14 sett. 1712, a ottantasette anni.
Ordinatore degli studi astronomici in Francia, il C. diede loro un metodo e un programma di ricerche che restò alla base delle osservazioni successive. Pubblicò una quarantina di memorie nei resoconti dell'Académie Royale, cui vanno aggiunti molti inediti. Oltre alla scoperta dei quattro satelliti di Saturno e della divisione del suo anello che porta il nome del C. (per primo egli pensò che tale anello fosse costituito da miriadi di corpuscoli, come la Via Lattea), gli si devono quella della luce zodiacale (pur avendola localizzata, non pensava che facesse parte della atmosfera solare), quella della combinazione delle librazioni lunari, i metodi per determinare la posizione delle macchie solari, le prime esatte determinazioni delle rifrazioni e delle parallassi, tavole e carte astronomiche in gran numero, come quella della Luna presentata all'Accademia nel 1679. I suoilavori eliminarono definitivamente dubbi ed incertezze sui dati delle dimensioni delle orbite planetarie; i suoi studi sulle comete, sulle eclissi, sulle macchie solari diedero un contributo decisivo alle ricerche successive. Ma egli fu pure insigne geografo e topografo: fu lui a proporre la misurazione dell'arco di meridiano passante per Parigi, al fine d'un esatto rilievo topografico di tutta la Francia, lavoro completato poi dal figlio Giac omo; suo è il planisfero tracciato nella sala inferiore della torre nord dell'osservatorio parigino, che, oltretutto, divenne per merito suo un centro di raccolta di informazioni geografiche. La direzione dell'osservatorio (e la prosecuzione dei suoi studi e lavori) fu ereditata dai suoi discendenti Giacomo, Cesare Francesco, Giacomo Domenico, cui vanno aggiunti i discepoli G. F. Maraldi, F. Bianchini e F. Monti.
Le relazioni accademiche del C. sono edite in Mémoires de l'Académie des sciences de Paris, Année 1700, Paris 1761, pp. 39 ss.; 1701, ibid. 1743, pp. 50 ss., 60 s., 68 ss., 78 ss., 171 ss.., 367 ss.; 1702, ibid. 1741 pp. 15 ss., 102 s., 118, 121 ss., 216 ss.; 1703, ibid. 1720, pp. 5 ss., 23 ss., 41 ss.; 1704, ibid. 1745, pp. 142, 146 ss., 197 ss., 233 ss., 247 ss., 356 ss.; 1705, ibid. 1730, pp. 14 ss.; 1706, ibid. 1731, pp. 78 ss., 91 ss., 148 ss., 155 ss., 169 ss., 249; 1707, ibid. 1730, pp. 168 ss., 175 ss., 195 ss., 359 ss., 558 ss.; 1708, ibid. 1730, pp. 89 s., 106 s., 182 ss., 297 ss., 323 ss., 407 ss., 410 ss., 418; 1709, ibid. 1733, pp. 247 ss.; 1710, ibid. 1732, pp. 169 ss.; 1711, ibid. 1730, pp. 198, 231 ss.; 1712, ibid. 1731, pp. 48 ss.
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