PERANDA, Giovan Francesco
PERANDA, Giovan Francesco. – Nacque intorno al 1529 a Ponte di Valtellina. Nulla sappiamo della famiglia tranne che ebbe un cugino, Giovanni Battista Peranda, consigliere presso il Collegio dei medici chirurghi a Venezia.
Studiò probabilmente legge a Perugia. La sua fama nei circoli letterari fu abbastanza precoce visto che una sua canzone e sei sonetti si trovano nel volume Delle rime di diversi (Venezia, Al segno del pozzo, 1553).
Il sonetto Voi, che lunge dal volgo ite sovente è un’invocazione a coloro che indagano i segreti della natura e di Dio, affinché conducano a esplorare le ragioni delle vicende umane. Un altro sonetto canta le lodi di una Nigella, la cui bellezza scatena l’ira del Petrarca e della sua Laura. La canzone Notte, che dentro al tuo silenzio accogli unisce le suggestioni michelangiolesche del sonetto alla notte e quelle del Della Casa del sonetto al sonno. Il terzo sonetto descrive la crudeltà della ninfa Siringa verso l’innamorato Alcippo, un altro è dedicato a un amico, Ascanio, da poco scomparso. L’ultimo è anch’esso un sonetto funebre, dedicato a una donna non identificata.
Altri sonetti funebri si trovano nella silloge Rime… in morte della Signora Irene… di Spilimbergo (Venezia, D. e G.B. Guerra, 1561). Partecipò inoltre alla pubblicazione Odi diverse di Orazio volgarizzate raccolte da Giovanni Narducci (Venezia 1605).
La vocazione di Peranda tuttavia non fu poetica, ma politica. Nel 1561 era segretario presso il giovane cardinale Francesco Gonzaga. Alla morte di Pio IV nel 1565, Gonzaga entrò in conclave e lo volle con sé. Quando ai primi di gennaio 1566 il cardinale Francesco morì improvvisamente, Peranda si ritrovò senza un padrone. Lasciata Mantova, decise di stabilirsi a Roma e vendette le sue proprietà, incluso un beneficio di S. Martino ai Monti. Probabilmente già dai tempi delle raccolte poetiche, Peranda era in contatto con il patrizio veneziano Domenico Venier. A lui si rivolse per offrirgli i suoi servizi (nel 1573 gli comunicò la notizia della morte del comune amico Giovanni Battista Amalteo, raccomandandogli i familiari).
Non essendo riuscito a entrare nella Cancelleria pontificia, Peranda offrì i suoi servizi al cardinale Niccolò Caetani. Presso i Caetani visse il resto della sua vita che, priva di fatti eclatanti, rappresenta il prototipo del segretario barocco disposto a farsi una sola persona con le esigenze del proprio padrone.
L’entrata in servizio coincise con un momento importante nella storia dei Caetani poiché con Niccolò, per la prima volta dopo circa un secolo e mezzo, un Caetani era stato elevato al cardinalato. Prima dell’arrivo di Peranda l’archivio di famiglia era amministrato da Niccolò Caetani con l’aiuto di un cancelliere. Con il cardinalato, la famiglia separò l’archivio in due sezioni. Una rimase a Cisterna ed era amministrata dal duca, e l’altra, che riguardava l’attività del cardinale di famiglia, a Roma (dopo Niccolò, per almeno un secolo i Caetani avrebbero sempre avuto un rappresentante nel S. Collegio) ed era considerata più importante poiché il cardinale poteva seguire in Curia gli interessi della famiglia. Si trattò di un riordino importante, del quale Peranda fu il principale artefice.
Peranda si occupò anche dell’educazione dei nipoti di Niccolò, Enrico e Camillo. Inviava loro lettere con dettagliate informazioni su quanto accadeva a Cisterna e a Roma; riferiva i particolari delle feste, dei banchetti e degli ospiti in visita (Lettere, 1601, pp. 41 s.); le notizie «di qualche momento» che si susseguivano a Roma. Si adoperò per la causa di precedenza nelle aule di scuola che vedeva opporsi gli Orsini ai Caetani e che suscitò un certo rumore (pp. 6-9); si dette da fare per ottenere il permesso di lettura di un libro richiesto dai ragazzi, la raccolta enciclopedica dello svizzero Theodor Zwinger, Theatrum vitae humanae. Severamente proibito dalle autorità ecclesiastiche, il libro dovette passare attraverso le maglie della censura prima che i due giovani lo potessero consultare.
Si adoperò inoltre affinché Onorato, fratello maggiore dei Caetani, imparentato con i Colonna attraverso il matrimonio con Agnesina, potesse partire al comando del cognato Marcantonio in difesa dell’isola di Cipro assediata dai Turchi.
La lettera al cugino affinché lo aiutasse a trovare un medico per il cardinale Niccolò Caetani è un’interessante descrizione delle qualità umane e professionali richieste a un chirurgo di corte, il salario e i benefici che venivano offerti. Allo stesso cugino si rivolse con urgenza perché intercedesse per alleviare le condizioni della detenzione di un certo Livio Celini di Foligno, condannato l’anno prima al carcere a vita sotto la gravissima imputazione di tramare contro il governo veneziano.
Alla sua morte, il cardinale Niccolò lasciò a Peranda il beneficio semplice della chiesa dei SS. Agostino e Stefano nell’arcivescovato di Capua, con una rendita di circa 150 scudi. Tolte due piccole pensioni che riceveva da Mantova, essa rappresentò per Peranda la principale fonte di reddito (Lettere, 1601, p. 87). Passò poi al servizio del giovane Enrico Caetani. Quando questi fu inviato come legato pontificio in regioni difficili, prima a Bologna, tormentata dal banditismo, poi in Francia subito dopo l’assassinio di Enrico III (1589), poté contare sul consiglio di Peranda, il quale gli inviava costantemente da Roma informazioni e suggerimenti su quanto si andava dicendo a proposito del suo governo, sulle decisioni da prendere e sui modi da tenere per non urtare la sensibilità dei bolognesi, pur dovendo imporre il volere del papa.
Il volume delle lettere e la corrispondenza conservata nell’Archivio privato della famiglia Caetani a Roma mostrano la vastità dei contatti coltivati da Peranda. Egli servì come segretario altre personalità, tra cui l’arcivescovo di Napoli Annibale Di Capua e fu in contatto con letterati e segretari, italiani e non, come l’aragonese Juan de Verzosa.
Sembra sia stato un uomo generoso, calmo di carattere, apprezzato dai giovani di casa anche in età matura e dagli amici, che lo seguirono fino agli ultimi giorni. La sua vita familiare non fu tuttavia felice: sopravvisse a due figli, sebbene non risultano notizie di un matrimonio.
Verso la fine della vita, ormai quasi cieco, Peranda dettò a un aiutante norme per la scrittura delle lettere. Divise i destinatari in superiori, pari e inferiori e per ciascuna categoria raccomandò l’uso di uno stile particolare: breve, ma non da tralasciare l’umiltà con i superiori; maggior indugio si poteva usare con i pari, a cui era lecito scoprire il proprio affetto; con un misto di brevità e dolcezza si poteva scrivere agli inferiori. In generale, raccomandava chiarezza, verisimilitudine e brevità.
Negli ultimi anni Peranda fu afflitto da attacchi di nevrosi, soffrì una semiparesi e perse molti dei suoi beni per aver garantito la cambiale di un amico. La data della morte è da porsi tra il 1602 e il 1612.
La notorietà di Peranda è dovuta principalmente al suo libro di lettere, stampato in numerose edizioni. Le Lettere del signor Gio. Francesco Peranda. Divise in due parti, la prima delle quali contiene lettere di materia di stato, scritte da lui a suo nome, et per suoi privati interessi, et offici a diversi amici, et signori suoi. Et la seconda contiene lettere di diverse materie, a cura di Gian Giacomo Tosi, assistente dell’autore, uscirono a Venezia presso Giovambattista Ciotti nel 1601, con dedica a Cornelia Orsini, figlia di Virginio e di Giovanna Caetani. Seguirono le ristampe di Ciotti negli anni 1604, 1606, 1610, 1614, 1616, 1619, 1627 e, sempre a Venezia, per Bernardo Giunti, Ciotti e compagni nel 1609; poi a Terni, per lo stampatore Tommaso Guerrieri, a istanza di Vincenzo Castellani, nel 1620 (un esemplare a Manchester, John Rylands Library, Bullock Collection, 1519). Sempre a Venezia seguirono le ristampe di Barezzo Barezzi: 1621, 1623, 1625, 1630; a Milano, quella di Pellegrino Bidelli nel 1621. Infine, due edizioni veneziane per cura di Giovanni Battista Brinis, stampate dagli eredi di Girolamo Imberti, nel 1646 e nel 1647. Dopo questa ondata di edizioni, le lettere di Peranda furono inserite in collezioni di lettere di altri segretari: L’idea del segretario di Bartolomeo Zucchi (Venezia 1600 e 1606) e il Segretario italiano ouero scelta di lettere di scrittori moderni cioè del Peranda, Visdomini, Lanfranco, Bentivogli et d’altri (Roma 1652).
Il volume di Peranda segnò il principio del genere delle lettere di segretari, che Traiano Boccalini stigmatizzò come «ingombra scanzie» nel XII dei suoi Ragguagli di Parnaso, in cui Peranda chiede di essere ammesso in Parnaso offrendo ad Apollo il suo libro di lettere (si deve a Giovan Vittorio Rossi la falsa informazione che egli abbia avuto un ruolo nella stesura dei Ragguagli di Parnaso di Boccalini). Nell’edizione del 1623 il volume delle Lettere del signor Gio. Francesco Peranda, distinte sotto capi, et con gli argomenti a ciascuna lettera divenne un manuale consultabile secondo molteplici modi di lettura. Si apre con un Racconto delle sentenze e delle moralità contenute in questo volume, contenente aforismi di prudenza e di morale: «Abbracciar cause ingiuste riesce malissimo nelle corti come nei giudizi», «L’amicizie i mezzi e le dipendenze vagliono per sé sole poco a tirar innanzi un soggetto»; sull’animo umano: «Animi alterati una volta non tornano mai più sinceri o più facilmente si mutano»; consigli di etichetta: «Arcivescovi legati non usano il pallio se non in quella provincia nella quale sono in un tempo istesso legati e arcivescovi»; questioni di precedenza: «I baroni romani precedono a quelli del Regno di Napoli, non essendo i napoletani di regno o stato libero, i romani sì». Segue la Tavola dei nomi dei destinatari e la Tavola dei capi contenuti nella presente opera, con la divisione delle lettere in amorose, di biasimo, di complimento, di lamento, di giustificazione, eccetera.
Annibale Di Capua fu il destinatario di due istruzioni redatte da Peranda. La prima, quando fu inviato a Praga come nunzio straordinario per congratularsi con l’imperatore Rodolfo II per la sua elezione nel 1576. La seconda, per la nunziatura ordinaria a Venezia, nel 1577. Stampate nel Thesoro politico (Colonia 1589), le scritture sono una chiara combinazione tra l’uso della letteratura precettistica sul comportamento e la lezione machiavelliana sulla necessità della menzogna per interessi superiori. La prima istruzione riflette inoltre l’importanza pratica della fisiognomica per la comprensione del carattere degli uomini politici, perciò nella sua istruzione Peranda raccomandava di scorgere tutti i segni del comportamento che potessero fornire un qualche indizio, come le espressioni del volto, i gesti, la voce, il camminare. Una terza istruzione, più famosa, redatta nel 1590 per Pietro Caetani quando fu inviato in Fiandra al servizio di Alessandro Farnese (stampata nel Thesoro politico, Milano 1601), insiste sulla licenza a dissimulare. Ebbe una circolazione inglese degna di nota, in quanto fu tradotta e ristampata nel Settecento. La sola scrittura di Peranda a essere censurata dalle gerarchie ecclesiastiche nel 1605 fu l’istruzione al nunzio a Venezia contenuta nel Thesoro politico (1589), probabilmente perché insisteva apertamente sulla necessità di nascondere i malumori di Roma per la politica veneziana di compromesso con il Turco.
Opere. Instruttione data ad un prelato mandato alla corte dell’imperatore e Instruttione a N. nuntio di SS. alla serenissima republica di Venetia, in Thesoro politico, Colonia 1589 (copie manoscritte nella Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. Lat., 13464, cc. 104r-122r; Londra, British Library, Harley, 3466, cc. 69r-83r); Instruttione all’illustrissimo Pietro Caietano quando andò in Fiandra, in Tesoro politico, Milano 1601, p. 502; in inglese Instructions for Young Gentlemen; or The Instructions of Cardinall Sermonetta to his Cousen Pietro Caetano at his First Going into Flanders to the Duke of Parma to Serve Phillip, King of Spain, Oxford 1633; Manual of Prudential Maxims for Statesmen and Courtiers: With Instructions for Youth, Gentlemen and Noblemen. By Sir Walter Raleigh, Lord Treasurer Burleigh, and Cardinal Simonetta, the second edition, London s.d., pp. 57-99 (copie manoscritte della redazine inglese British Library, Additional, 34216, c. 50: The Instructions of Cardinall Sermonetta [Enrico Caetani] to his cozen Pietro Caetano, at his first going into Flanders to the Duke of Parma to serve Philipp King of Spain; 8376, cc. 1-34; Harley, 1877, c. 33; 4228, c. 98; Sloane, 1710, cc. 19-22; in italiano, Londra, British Library, Cotton Galba, C.VII, c. 16).
Fonti e Bibl.: G. Nicio Eritreo (G.V. Rossi), Pynachoteca imaginum illustrium, Coloniae Agrippinae 1645, ad nomen; G. Ghilini, Teatro di huomini letterati, Venezia 1647, ad nomen; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione di ogni poesia, II, Bologna-Milano 1741, p. 359; G. Caetani, Domus Caietana. Storia documentata della famiglia Caetani, II, San Casciano Val di Pesa 1933, passim; J.W. Woś, Istruzione per Annibale di Capua presso la corte imperiale (1576), in Rivista di studi crociani, X (1973), pp. 448-452; A. Gardi, Il cardinale Enrico Caetani e la legazione di Bologna (1586-1587), in Quaderni della fondazione Camillo Caetani, Roma 1985; E. Baldini, Origini e fortuna del Thesoro Politico alla luce di nuovi documenti dell’Archivio del Sant’Uffizio, in Cultura politica e società a Milano, a cura di F. Buzzi - C. Continisio, Milano 2000, pp. 155-175; J. de Verzosa, Epístolas, a cura di E. del Pino Gonzáles, III, Madrid 2006, pp. 971-975; S. Testa, From the bibliographical nightmare to a critical bibliography, in Electronic British Library journal, I (2008), pp. 1-33 (‹http://www.bl.uk/ eblj/2008articles/article1.html›).