FONDULO (Fonduli), Giovan Paolo
Nacque intorno alla metà del sec. XVI nel Cremonese, forse a Castelleone, dove si era stabilita la famiglia - discendente da Cabrino Fondulo, signore di Cremona agli inizi del Quattrocento - alla quale si suppone che il F. sia appartenuto (Lancetti, 1827; cfr. Vargas, 1988). Apprese i primi rudimenti dell'arte dal pittore cremonese A. Campo (Campi) che, nella Cremona fedelissima (1585), ne ricorda l'alunnato nella sua bottega prima del trasferimento in Sicilia.
È opinione concorde che il F. sia giunto nell'isola al seguito di Francesco d'Avalos, marchese di Pescara e viceré di Sicilia dal 1568 al 1571. Di certo nell'ottobre del 1568 egli era a Palermo, chiamato insieme con Simone di Wobreck per stimare alcune pitture e grottesche eseguite dal pittore romano B. Marocco nel palazzo reale (Di Marzo, 1899). Era domiciliato nel quartiere di Seralcaldi, dove aveva tenuto bottega Vincenzo da Pavia e dove risiedevano il Marocco e Simone di Wobreck, dalla moglie del quale il F. fu nominato esecutore testamentario alla morte del marito (Guastella, 1985): dovette, quindi, intrattenere stretti rapporti con questi pittori, consolidati dal comune interesse nei confronti dell'arte di Vincenzo da Pavia.
Le opere rimaste e le notizie dei suoi lavori - che testimoniano un'attività fortunata, svolta sempre in ambito palermitano, se si esclude un breve spostamento a Burgio nel 1583 - si scaglionano a partire dal 1572, quando il F. completò, firmandolo e datandolo, il Transito della Vergine nella chiesa del Carmine di Sciacca, lasciato incompiuto da Vincenzo da Pavia alla sua morte (1557).
Con quest'opera, dai caratteristici toni freddi del colore, il F. inaugura una maniera che risente dell'adesione alla pittura raffaellesca, mediata dalla conoscenza delle incisioni di M. Raimondi. Questo processo è evidente nella Sacra Famiglia e santi, firmata e datata 1573, eseguita per la chiesa di S. Domenico in Castelvetrano ed ora nell'arcivescovado di Mazara del Vallo (Grasso, 1984), e nella copia del cosiddetto Spasimo di Sicilia (Andata al Calvario) di Raffaello, compiuta un anno più tardi per la stessa chiesa. Nelle opere di questo periodo, oltre agli esiti raffaelleschi, assimilati da questo ambiente e più genericamente dalle stampe, permangono anche tracce del suo alunnato presso il Campi e della cultura lombarda di origine, particolarmente evidenti nel Crocifisso tra s. Tommaso e la Maddalena nella chiesa di S. Domenico a Palermo del 1573 (Bottari, 1962).
Le opere di Castelvetrano, eseguite su commissione di Carlo Aragona e Tagliavia, primo principe di Castelvetrano, rappresentano l'avvio di un rapporto con la committenza ufficiale del Senato e della corte viceregia per l'esecuzione di molte imprese, oggi non più esistenti. Lo stesso principe, infatti, gli commissionò nel 1577 la decorazione dei palchi della cappella Palatina, e il viceré Marcantonio Colonna nel 1581 gli affidò la decorazione di sedici sedili per la camera delle Muse in palazzo reale.
Agli inizi del suo mandato il Colonna aveva commissionato al pittore, per commemorare la liberazione dalla peste, la pala per la Confraternita di S. Rocco raffigurante la Vergine in gloria con i ss. Rocco, Vincenzo Ferrer, Eulalia, Maria Maddalena, Onofrio e Sebastiano e, nella predella, l'aristocrazia palermitana in ginocchio, capeggiata dallo stesso Colonna. In quest'opera, firmata e datata 1578, si palesano evidenti rapporti, formali e compositivi, con la pala raffigurante S. Rocco libera Palermo dalla peste (conservata nel Museo diocesano), attribuita a Simone di Wobreck. Per l'assimilazione di elementi fiamminghi, derivati dai contatti con Simone di Wobreck, al F. è stato riconosciuto anche un S. Sebastiano, nella chiesa di S. Agostino, databile intorno al 1578 (Famà, 1986), già attribuita a G. Alvino. Altre testimonianze della sua partecipazione alle imprese decorative cittadine sono l'appalto, assunto nel 1591 insieme con i pittori G. Alvino e M. Smiriglio, per eseguire le pitture nella sala del Consiglio a palazzo pretorio (Guastella, 1985), e la partecipazione alle decorazioni per l'arco trionfale in occasione dell'ingresso a Palermo nel 1592 del viceré Enrico de Guzmán conte di Olivares.
Nell'atrio del palazzo senatorio il F. esegui i riquadri ad affresco raffiguranti il Crocifisso con i ss. Francesco, Costantino, Elena e Maria Maddalena e la Madonna del Rosario con i ss. Andrea, Domenico, Cristina e Ninfa, tuttora in loco, in cui è da leggersi, probabilmente, un intervento incrociato con l'Alvino, suggerito dalla commistione tra i caratteri compositivi schematici e la maniera calligrafica, peculiari al F., ed il più morbido modularsi dei ritmi e della materia pittorica propri all'Alvino (ibid.).
Della produzione di carattere religioso del F., per lo più consistente in pale d'altare eseguite per le maggiori chiese cittadine, fanno parte il Martirio di s. Caterina in S. Maria la Nuova, del 1584; l'Annunciazione in S. Maria di Portosalvo, del 1586; la pala con S. Diego e storie della sua vita, nella chiesa dei minori osservanti di Palermo, del 1589, replicata nel 1593 per la chiesa di S. Maria di Gesù inferiore a Messina (Grosso Cacopardo, 1821; La Farina, 1834), oggi perduta.
Non si conosce l'anno di morte del F., documentato a Palermo sino al 1592, ma attivo fino al 1594, anno in cui si data il S. Bartolomeo nello studio (Pugliatti, 1988, p. 521).
Fonti e Bibl.: A. Campo, Cremona fedelissima ... (1585), Milano 1645, III, pp. 197 s.; G. Zaist, Notizie istor. de' pittori, scultori ed architetti cremonesi, Cremona 1774, pp. 45 s.; G. Grosso Cacopardo, Mem. de' pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal sec. XII al sec. XIX, Messina 1821, pp. 88 s.; V. Lancetti, Cabrino Fondulo, Milano 1827, pp. 367-370; C. La Farina, Intorno alle belle arti e gli artisti fiorite in varie epoche a Messina ... ordinate in più lettere, Messina 1834, pp. 31-36; G. Di Marzo, La pittura in Palermo nel Rinascimento, Palermo 1899, p. 290; Id., Vincenzo da Pavia, detto il Romano, pittore in Palermo nel Cinquecento, Palermo 1916, pp. 109 s.; G.B. Ferrigno, Lo Spasimo di Raffaello e il pittore cremonese G.P. F., in Il Vomere (Marsala), 9e 16ag. 1936; S. Bottari, L'arte in Sicilia, Messina-Firenze 1962, pp. 60, 104; G. Falcetta, Un pittore cremonese nella Sicilia del Cinquecento, G.P. F., in Cremona, 1981, 3, pp. 19-28; S. Grasso, in XII Catalogo di opere d'arte restaurate, a cura di V. Scuderi, Palermo 1984, pp. 77-80; C. Guastella, Ricerche su Giuseppe Alvino detto il Sozzo e la pittura a Palermo alla fine del Cinquecento, in Contributi alla storia della cultura figurativa nella Sicilia occidentale tra la fine del XVI e gli inizi del XVIII secolo, Racalmuto 1985, pp. 48-50, 52, 55, 59, 63 s., 66; G. Famà, Nuove riflessioni sul pittore Giuseppe Alvino detto il "Sozzo", in Quaderni dell'Istituto di storia dell'arte medievale e moderna. Facoltà di lettere e filosofia università di Messina (1983-84), 1986, pp. 15 s.; T. Pugliatti, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, 1, pp. 520-522, 526; C. Vargas, ibid., II, pp. 717 s. (con bibl.); E. De Castro, in L. Sarullo, Diz. degli artisti siciliani. Pittura, Palermo 1993, pp. 208 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 160.