GIOVENARDI, Giovan Paolo
Nacque da Giovenardo e da Lucia Arcangeli, affittuari della mensa vescovile di Rimini, il 3 giugno 1708, nel fondo di Casale, appartenente alla pieve di San Vito.
Il suo primo maestro fu lo zio, don Gaudenzio Giovanardi; in seguito compì il corso di umanità presso i gesuiti a Rimini. Intrapresi gli studi di filosofia nel collegio dei minimi, passò poi alla scuola pubblica che il medico, filosofo e grecista Giovanni Bianchi (più noto come Janus Plancus / Iano Planco) aveva aperto presso la propria abitazione a Rimini, e nella quale si sarebbero formati alcuni dei principali eruditi romagnoli dell'epoca (G. Garampi, G.C. Amaduzzi). Il G. studiò greco, filosofia, medicina e anatomia, discipline nelle quali si mostrò particolarmente versato, tanto da diventare l'assistente prediletto del maestro. Seguì contemporaneamente il corso di teologia presso il locale seminario; nel 1731 fu ordinato sacerdote e divenne cappellano dei padri teatini nella chiesa riminese di S. Antonio. Passò quindi al servizio dello zio Gaudenzio, il quale era stato nominato arciprete della chiesa dei Ss. Vito e Modesto, e contemporaneamente accettò l'impiego di pubblico maestro dalla Comunità di Sant'Arcangelo (tra i suoi allievi fu anche Gaetano Marini). Nel 1739 si addottorò in filosofia presso lo Studio di Bologna. Fu nominato priore della collegiata di Sant'Arcangelo e vicario vescovile foraneo di Sant'Arcangelo e Savignano; nel 1749, in seguito alla morte dello zio, prese possesso della chiesa matrice dei Ss. Vito e Modesto.
Da quel momento la vita del G. fu interamente spesa nell'attività pastorale, nella cura della chiesa parrocchiale (nel 1763 diede avvio alla costruzione della nuova chiesa, alla quale lavorò per vent'anni) e nella difesa degli interessi del suo plebanato. A tal fine sostenne decennali liti con i titolari delle chiese filiali di S. Vito e con i celestini di Rimini. In particolare, nella prima lite De maioribus et de praecedentiis la sua tenacia e i suoi cordiali rapporti con prelati influenti della Curia, primo fra tutti il cardinale Giuseppe Garampi, spinsero la congregazione dei Riti a ritornare sulle decisioni di prima istanza e finalmente, nel 1775, a pronunciarsi in favore del Giovenardi.
Alle esigenze della pastorale e della gestione della pieve e della chiesa deve essere ricondotta la maggior parte delle opere a stampa del G.: Risposta… al memoriale presentato da don Francesco Bartolucci arciprete di S. Giustina… (Roma 1762); Sinodi riminesi ne' quali si esprime l'indole, la natura, e la forma de' plebenati della diocesi e… le prerogative che hanno le chiese plebane, e le preminenze e i diritti che competono agli arcipreti o pievani (Cesena 1775); Riflessioni apologetiche… sopra le seguenti decisioni emanate dalla sagra congreg. dei Riti gli anni 1768 e 1775 in Ariminem praementiarum… (ibid. 1781). Composto dall'avvocato L. Bentivegni ma direttamente ispirato dal G., è il memoriale Alla santità di nostro signore papa Clemente XIV (Roma 1772), con una preziosa Appendice documentaria.
Parallelamente all'impegno pastorale, per tutta la vita il G. prese attivamente parte alla vita culturale di Rimini. Nel 1745 divenne socio dell'Accademia dei Lincei restaurata per iniziativa del Bianchi, nella quale recitò alcune dissertazioni di argomento antiquario e scientifico sull'identificazione dell'antico fiume Rubicone. La disputa - che da un secolo impegnava gli eruditi non solo romagnoli - si trasformò in lite giudiziaria quando il G., preso possesso di S. Vito, posto sulla sponda orientale dell'Uso, fece apporre la lapide "Hic Italiae finis quondam Rubicon" e fu chiamato in causa dalla Comunità di Cesena. Solo nel 1756 la lite si concluse con la sconfitta dei Cesenati.
Anche nelle Osservazioni intorno le aurore boreali vedutesi le sere de' 10 e 29 di marzo 1739 (pubblicate nella Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, XXI, Venezia 1740, pp. 185-193), puramente descrittive, il G. si mostra debitore del suo maestro sia nei temi di ricerca, sia nella filosofia osservativa che ne costituisce l'assunto metodologico fondamentale. Il debito del G. nei confronti del meccanicismo del Bianchi emerge con chiarezza nella sua più interessante dissertazione, pronunciata nel 1761 nell'accademia promossa dal vescovo di Rimini L. Valenti, Sopra l'utilità dell'arte, o sia Scienza medica per bene esercitare l'officio di parroco specialmente di campagna. Intesa a contestare il divieto di esercitare la medicina imposto dal diritto canonico agli ecclesiastici regolari e secolari, la dissertazione è occasione per il G. di polemizzare contro il perdurante aristotelismo in favore della filosofia moderna e di proporre una concezione dell'uomo e della natura influenzata dal cartesianesimo. L'obiettivo principale del G. resta comunque quello di un miglioramento del profilo culturale del clero e di una sua più fattiva presenza tra la popolazione.
Fu data alle stampe (Venezia 1777) anche l'Orazione funebre in lode di mons. Giovanni Bianchi… recitata… nel palazzo pubblico di Arimino il dì 5 decembre 1776 il giorno dopo l'anniversario, ispirata ad analoghi motivi in favore di un moderato illuminismo.
Il G. morì a Rimini il 18 nov. 1789. Il nipote Giovenardo, già suo coadiutore dal 1785, gli successe nel possesso della chiesa dei Ss. Vito e Modesto, ove fece apporre una lapide in memoria dello zio.
Fonti e Bibl.: Rimini, Arch. diocesano, C.III.35-V.35; V.III.36-V.36 8 (atti della visita ad limina condotta nel 1753-54 dal vescovo di Rimini mons. M.A. Zoglio, in cui il G. funse da segretario); D.VI.49-VV-49 (documenti relativi al possesso di S. Vito). La dissertazione Sopra l'utilità dell'arte, o sia Scienza medica è conservata a Rimini, Bibl. Gambalunghiana, Sala chiusa mss., 509, op. 2 (e, in copia, Ibid., Fondo Gambetti, Miscellanea manoscritta riminese, sub voceGiovenardi, Giampaolo: il fondo comprende anche lettere e altri documenti relativi al G.), e a Roma, Bibl. Angelica, ms. 2293, cc. 231-252; Rimini, Bibl. Gambalunghiana, Fondo Gambetti: G. Giovenardi, Lettere autografe al dott. Giovanni Bianchi (101 lettere del G. dal 1727 al 1768). Nell'Accademia dei Filopatridi di Savignano sul Rubicone è conservato l'ampio carteggio (dal 1769 al 1789) con l'amico G.C. Amaduzzi. Rimini, Bibl. Gambalunghiana, Sala chiusa mss., Apografi, Miscellanea Ariminensis, t. I, op. 39, cc. 144-148, Notizie più rimarchevoli della vita e dei vari uffici e stati per i quali passò il dott. d. G. G., già arciprete dell'antichissima pieve e chiesa matrice di S. Vito; Ibid., Sala chiusa mss., 375, cc. 57-59, A. Bianchi, Notizie di uomini illustri riminesi; Novelle letterarie (Firenze), VI (1745), coll. 845 s.; VIII (1757), col. 118; ibid., n.s., VII (1776), coll. 39 s., 579; G. Bianchi, Due lettere sopra il Rubicone degli antichi…, in Nuova Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, II, Venezia 1756, pp. 325, 339 s., 352; R. Daltri, Oratione sull'amor della patria…, Cesena 1808, pp. 33-36; C. Tonini, La coltura letteraria e scienti-fica in Rimini dal secolo XIV ai primordi del XIX, II, Rimini 1884, pp. 452-458; L. Giovenardi, I Giovenardi nei 122 anni successivi di possesso della chiesa matrice dei Ss. Vito e Modesto diocesi di Rimini, Gatteo 1892, pp. 13-28, 39-56; G. Gasperoni, Settecento italiano, I, L'abate Giovanni Cristoforo Amaduzzi, Padova 1941, pp. 33, 135, 235; M. Collina, Il carteggio letterario di uno scienziato del Settecento, Firenze 1957, p. 55; C. Curradi, Pievi del territorio riminese nei documenti fino al Mille, Rimini 1984, pp. 217 s., 225-256; G. Rimondini, La chiesa plebale dei Ss. Vito e Modesto, in S. Vito e S. Giustina. Contributi per la storia locale, a cura di C. Curradi, Rimini 1988, p. 123 e passim; P. Meldini, Il medico di parrocchia. Giampaolo G. e il dibattito su scienza e sacerdozio nel Settecento, ibid., pp. 173-187.