PROVANA, Giovanfrancesco
PROVANA, Giovanfrancesco (Giovanni Francesco). – Nacque nel 1551 da una delle più antiche e prestigiose casate subalpine. Era infatti secondogenito di Gentina Provana dei signori di Druento, Rubbianetta e Pianezza, e di Girolamo Provana dei signori di Bussolino, conti di Castelgentile e di Collegno.
Il padre (nato nel 1498) aveva servito i re di Francia Francesco I ed Enrico II durante la quasi trentennale occupazione francese del Piemonte, conclusasi con la Pace di Cateau-Cambrésis (1559). Dopo il ristabilimento dei Savoia sul trono ducale, Girolamo Provana continuò a mantenere intensi contatti con la corte dei Valois, che non furono certo ininfluenti nella sua nomina a maestro della Casa della duchessa Margherita (la figlia del re Francesco I), andata in sposa a Emanuele Filiberto nel 1559. La tradizionale vocazione – propria della famiglia Provana – al servizio a corte venne tramandata da Girolamo ai due figli maschi. Di questi il maggiore, Bartolomeo, cavaliere mauriziano, servì il duca Carlo Emanuele I come gentiluomo di camera e di bocca, scudiere del principe di Piemonte e maggiordomo delle principesse, auditore di campo, sovrintendente delle munizioni nella guerra del Delfinato e auditore generale nella guerra per il Marchesato di Saluzzo. Non avendo discendenti, alla sua morte lasciò erede il fratello Giovanfrancesco.
Dopo aver studiato a Bologna, nel 1575 Provana si addottorò in legge nell’Università di Torino, dove ebbe come maestri i celebri giuristi Guido Panciroli e Giovanni Manuce, tra i fondatori dell’Accademia Papinianea. La sua carriera, iniziata sotto Emanuele Filiberto (che, a pochi mesi dalla morte, il 27 luglio 1579 lo nominò consigliere, senatore e prefetto di Mondovì) proseguì brillantemente con il successore Carlo Emanuele I. Il nuovo duca, dal quale Giovanfrancesco era stato confermato alla guida della prefettura monregalese, nel 1584 lo nominò referendario di Stato e nel 1588 secondo presidente della Camera dei conti.
Il Ducato si trovava allora alla vigilia di un evento decisivo per i suoi futuri assetti interni e internazionali: la presa di Saluzzo. La conquista dell’antico Marchesato, ormai da tempo passato sotto il controllo francese, aprì una lunga fase di guerra con la Francia, destinata a concludersi solamente nel 1601 con la pace di Lione che avrebbe sancito il definitivo spostamento del baricentro dei domini sabaudi al di qua delle Alpi. Le vicende militari, che ingaggiarono Carlo Emanuele per oltre un decennio, influirono anche sugli sviluppi delle fortune personali e familiari di Giovanfrancesco, direttamente impegnato, come il fratello Bartolomeo, nelle operazioni belliche. Nel 1592 gli venne infatti assegnato il titolo comitale di Cartignano (un feudo della Val Maira appartenuto al nobile saluzzese Baldassarre Berardi di San Damiano, che si era schierato con i francesi alimentando una sommossa popolare contro l’occupazione sabauda) e di Costigliole (un altro feudo marchionale). Parallelamente, il 7 dicembre 1592 ottenne altre importanti nomine (quelle di primo presidente della Camera dei conti, di presidente patrimoniale e uditore generale delle milizie) che gli spianarono la strada verso i vertici dell’amministrazione statale.
Nel 1596 fece parte della rappresentanza sabauda nella conferenza di Chiomonte, nella quale si tentò, senza successo, di addivenire con i delegati francesi a una soluzione della guerra. Le trattative che si andavano imbastendo con i ministri di Enrico IV (impegnato nella definizione della Pace di Vervins con Filippo III d’Asburgo) prevedevano anche la cessione alla Francia di alcune terre dell’antico marchesato più vicine al Delfinato, come quelle della Val Maira, nelle quali era localizzato il feudo di Cartignano. In vista di questa evoluzione della geografia politica ducale, Provana cedette Cartignano (che tornò – sia pur per breve tempo – in mano ai Berardi) e acquisì il titolo comitale di Collegno, feudo venutosi a trovare vacante per l’estinzione (avvenuta nel 1598, con la morte di Filippo Savoia-Collegno) di un ramo cadetto della stirpe sabauda che ne aveva avuto sino ad allora la signoria.
A Collegno Provana non poté stabilirsi nel castello (che versava in pessime condizioni) e fu quindi costretto ad acquistare un palazzo dal tesoriere generale Bernardino Datta; tuttavia, al pari degli altri esponenti di grandi famiglie dell’antica nobiltà feudale impegnati negli incarichi di corte e negli uffici statali, egli risiedeva abitualmente nella capitale del Ducato. A Torino (il cui consiglio comunale sin dal 1592 aveva concesso al conte di Collegno e ai suoi discendenti i diritti e i privilegi della cittadinanza) viveva in una casa situata nel distretto parrocchiale di S. Martiniano, destinata a subire, nel corso del Seicento, notevoli ampliamenti e significative trasformazioni.
Con l’avvento del XVII secolo, la carriera di Provana conobbe una decisiva ascesa. Il 1° giugno 1602 Carlo Emanuele lo nominò infatti gran cancelliere di Savoia, carica che mantenne per tutto il resto della sua vita.
Non è forse da escludere che l’assegnazione di questo prestigioso incarico sia da mettere in relazione con un prestito di 4000 scudi che fece a Carlo Emanuele nella primavera del 1601 (quando il duca, in seguito al trattato di pace con Enrco IV, dovette pagare una considerevole somma al generale François de Bonne de Lesdiguières), e che non vennero mai restituiti ma aggiunti alla somma (12.000 scudi) già stabilita, all’atto dell’infeudazione di Collegno, per l’eventuale riscatto del feudo. Il ruolo di primo piano assunto dal conte di Collegno all’interno della corte è confermato dalla menzione della sua persona nell’‘aggiunta’ al testamento di Carlo Emanuele I del 1605. Giovanfrancesco venne infatti citato dal duca, insieme a una ristretta cerchia di figure di spicco della corte (come il fratello don Amedeo, il cugino Bernardino, il marchese Carlo Filiberto d’Este e l’arcivescovo di Torino Carlo Broglia) fra i «consiglieri e tutori» dei suoi figli «di minor età», qualora il principe di Piemonte fosse venuto a mancare (Ricotti, 1865, p. 420).
Insieme a quello amministrativo e militare, un altro ambito nel quale Provana evidenziò un particolare zelo fu quello religioso. Il conte si impegnò attivamente a favore di Francesco di Sales, la cui opera di contrasto alla riforma protestante, di difesa dai pericoli dell’infiltrazione ereticale e di riconquista cattolica delle aree di Piemonte e Savoia già ‘infettate’ fu uno dei capisaldi della politica ducale. In quest’ottica va vista anche la sua affiliazione (insieme ai principi e alle più alte cariche della corte sabauda) alla confraternita della Madonna di Compassione (o dei Sette Dolori), una congregazione mariana fondata proprio su iniziativa del vescovo di Ginevra, che trovò sede nella St. Maison di Thonon e che divenne uno dei bastioni dell’ortodossia cattolica nel Ducato. La sensibilità di Giovanfrancesco Provana per la dimensione religiosa coinvolse anche la sua famiglia: tre dei sei figli maschi (avuti, insieme a due femmine, dal matrimonio con Anna Grimaldi da Carignano) furono infatti avviati alla carriera ecclesiastica.
I figli Ottavio e Antonio ricevettero insieme la tonsura, ma mentre il primo, dopo aver retto per alcuni anni (come commendatario) il priorato di S. Maria di Susa (lasciato nel 1606 al fratello) abbandonò la carriera ecclesiastica e percorse quella di corte (fu gentiluomo di camera di Carlo Emanuele I) segnalandosi specialmente all’interno dell’Ordine mauriziano (di cui divenne gran conservadore), il secondo (nato nel 1577) divenne un influente uomo di Chiesa. Ordinato sacerdote a Padova (città nella quale aveva studiato diritto, mentre gli studi teologici vennero terminati a Torino), nel 1599 Antonio fu nominato abate commendatario della Novalesa. Per la rinuncia del fratello, nel 1606 acquisì la commenda del priorato di S. Maria di Susa e della prevostura del Moncenisio. Protonotario apostolico nel 1605, in quell’anno prestò servizio a corte come consigliere di Stato e come inviato presso la Repubblica di Venezia. Nel 1622 venne nominato arcivescovo di Durazzo, mentre nel 1632 ottenne l’arcivescovado di Torino (vacante da cinque anni), che guidò sino alla morte, sopraggiunta nel 1640. Anche il penultimo figlio di Giovafrancesco, Agostino (morto nel 1639) abbracciò l’abito religioso, divenendo cappuccino (con il nome di fra Cherubino) e operando sia come missionario nelle Valli valdesi sia come lettore a Milano e in altre università. Degli altri figli, Andrea (a servizio nella corte del principe di Carignano) fu cavaliere di Malta, Filippo cavaliere mauriziano, Bartolomeo gentiluomo di bocca del duca Carlo Emanuele I e scudiere del principe Tommaso; delle due figlie, Diana sposò Girolamo della Rovere di Vinovo, mentre Argentina (nota anche come Gentina), moglie di Giacomo Saluzzo di Cardè, ebbe una relazione con il duca Carlo Emanuele I dal quale nacque don Felice di Savoia, gran croce dell’Ordine di Malta e governatore di Nizza.
Morì a Collegno il 19 agosto 1625 e venne sepolto nella chiesa di S. Tommaso a Torino.
Fonti e Bibl.: G. Galli della Loggia, Cariche del Piemonte e Paesi uniti colla serie cronologica delle persone che le hanno occupate ed altre notizie di nuda istoria dal fine del secolo decimo sino al dicembre 1798 con qualche aggiunta relativa anche al tempo posteriore, I, Torino 1798, pp. 54, 117, 370; II, Torino 1798, p. 147; P. Gioffredo, Storia delle Alpi Marittime, VI, Torino 1839, p. 383; G. Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli stati di S. M. il re di Sardegna, XVIII, Torino 1849, p. 206; E. Ricotti, Storia della monarchia piemontese, III, Firenze 1865, p. 420; Apostolat de S. François de Sales à Thonon, Lyon-Paris 1865, p. 120; G. Manuel, Memorie storiche di Dronero e della Valle di Maira, Torino 1868, pp. 130 s.; G. Cambiano di Ruffia, Memorabili dal 1542 al 1611, a cura di V. Promis, Torino 1870, pp. 146, 244, 248, 287, 297, 302; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s. 2, XIII, Napoli 1902, Provana, tavv. IX-X; C. Rosso, Il Seicento, in Il Piemonte sabaudo. Stato e territori in età moderna, a cura di P. Merlin et al.,Torino 1994, p. 197; G. Tuninetti, Il cardinal Domenico Della Rovere costruttore della cattedrale e gli arcivescovi di Torino dal 1515 al 2000. Stemmi, alberi genealogici e profili biografici, Cantalupa 2000, pp. 92-97; A. Merlotti, Disciplinamento e contrattazione. Dinastia, nobiltà e corte nel Piemonte sabaudo da Carlo II alla Guerra civile, in L’affermarsi della corte sabauda. Dinastie, poteri, élites in Peimonte e Savoia fra tardo medioevo e prima età moderna, a cura di P. Bianchi - L.C. Gentile, Torino 2006, p. 252.