GIOVANNA da Signa
Originaria di Signa, presso Firenze, e figlia di poveri pastori del contado, non conosciamo la sua data di nascita, che è da collocare presumibilmente nella seconda metà del sec. XIII; restano prive di fondamento le date proposte nei secoli passati dagli eruditi. Le scarse notizie che abbiamo su G. provengono esclusivamente da un'anonima Vita tardotrecentesca.
G. trascorse l'infanzia accudendo il gregge del padre e già in quei primi anni altri giovani pastori della zona riconobbero il suo particolare potere nel controllo dei fenomeni atmosferici. La grandine infatti non colpiva i suoi armenti né quelli di quanti le si rifugiavano accanto.
Giunta all'adolescenza, G. sentì il richiamo alla vita eremitica e scelse un eremitaggio - poi conosciuto come il "Beatino" - situato poco a sud di Signa, presso il ponte sull'Arno lungo il quale passa la strada che conduce a Pistoia.
Con la scelta di questa eremitica vita - di cui si ignorano le concrete caratteristiche - G. si inserisce in una precisa tipologia di vita religiosa particolarmente diffusa tra Toscana e Romagna nella prima metà del XIV secolo: quella di "cellane" e recluse non legate a nessun ordine religioso e che, nel caso di G. almeno, decisero di vivere a una certa distanza dalla chiesa della loro comunità d'origine.
Segnata da alcuni miracoli taumaturgici nei confronti di persone e animali, la vita di G. trascorse indisturbata e nascosta ai più sino alla fine: solo un piccolo gruppo di donne, favorite dalla vicinanza delle loro case e attratte dalla santità della romita, si andarono poco a poco radunando intorno a lei, senza che per questo si possa parlare di un vero e proprio beghinaggio nei pressi dell'eremo. Con ogni probabilità è proprio a queste donne che si deve la prima diffusione del culto di G., che con la metà del '300 diverrà la Beata di Signa, accentuando le sue caratteristiche di protettrice della comunità rurale ivi residente.
Incerto è l'anno della sua morte: stando alla data riportata da uno dei sarcofagi che nel corso del XV secolo ne accolsero le spoglie, G. morì nel 1307; nonostante nessuna prova smentisca questa data, essa pare un po' troppo precoce rispetto all'affermazione del culto alla metà del '300. Sembra dunque più prudente ipotizzare un anno compreso tra il 1306 e il 1348. G. fu sepolta presso la chiesa parrocchiale dedicata a s. Giovanni Battista, riferimento essenziale per gli eremiti di ogni tempo, e proprio qui nel 1348 si decise la costruzione di una cappella a lei dedicata.
La Vita anonima fu composta tra il 1383 e il 1396, sotto il probabile influsso della confraternita dedicata a G. che nel frattempo si era costituita; è stata edita una prima volta a cura di S. Mencherini: Beatae Iohannae de Signa vita et miracula, in Id., Vita e miracoli della beata G. da S., in Archivum Franciscanum historicum, X (1917), 3-4, pp. 378-386; e quindi nel 1925 a cura di H. Delehaye, in Acta sanctorumNovembris, IV, Bruxellis 1925, pp. 280-288. Successivamente A.A. Canal la trascrisse come se si trattasse di un testo inedito: Vita e miracoli della beata G. da S., in Carmelus, XXVI (1979), pp. 169-178. Il testo è suddiviso in ventisette brevi capitoli, tra cui il primo dedicato agli anni che precedettero la scelta eremitica e l'ultimo incentrato sul costituirsi, da parte di alcuni abitanti di Signa, della ricordata confraternita, la cosiddetta Opera della Beata, i cui aderenti si dedicavano espressamente alle cure materiali e spirituali degli appestati nel territorio fra Signa ed Empoli. Per il resto, in un alternarsi piuttosto disordinato, i miracoli in vitam e post mortem si susseguono per tutto lo scritto, sebbene ai secondi sia dedicato uno spazio decisamente più ampio, tanto che più che di una Vita sarebbe forse corretto parlare di una raccolta di miracoli: gli stessi si ritrovano illustrati nel prezioso ciclo di affreschi che decorano la cappella di G. nella chiesa parrocchiale di Signa. Le due pareti furono terminate nel 1441 e nel 1462 a opera rispettivamente di Bicci di Lorenzo e di suo figlio Neri di Bicci, e costituiscono la più completa testimonianza di un ciclo dedicato a un santo locale non canonizzato nel XV secolo: segno indiscusso del vigore con cui il culto di G. si era andato imponendo, soprattutto in occasione delle gravi ondate di peste che colpirono la regione a più riprese a partire dal 1348. In effetti, è proprio con la guarigione dalla peste, nel 1348, di una certa Nuta da Signa che G. si propose ai suoi compaesani come colei che sana dal contagio: questo miracolo è considerato il fondamento del culto di G. (cfr. Dalarun), che da quel momento ricevette un notevole impulso, attestato in quello stesso anno anche dalla decisione a proposito della costruzione della cappella a lei dedicata, nonché dalla costituzione della Opera della Beata. La presenza del corpo santo - una potente reliquia esposta a più riprese - presso la chiesa di S. Giovanni Battista dovette favorire non poco il nuovo culto.
Strettamente locale, la fama di santità di G. si mantenne nel tempo: tra il XV e il XVI secolo diversi autori di area fiorentina (ricordati dal Mencherini: Baldovino de' Baldovini, n. 21 p. 378; A. Stefani, n. 10 p. 375; G. Dati, n. 13 p. 376) le dedicarono componimenti poetici ispirati alla Vita trecentesca, finché sul volgere del Cinquecento il raccoglitore di vite di santi toscani S. Razzi notava (p. 511) come: "Per buono spazio dintorno a Firenze […] quando senz'altro si dice semplicemente La Beata, per una certa eccellenza, s'intende di essa Beata Giovanna".
A partire dal XVI secolo, inoltre, furono diverse le famiglie religiose che rivendicarono a sé la figura di G.: particolarmente intenso restò lo scontro tra francescani e vallombrosani.
Il decreto di conferma del culto ab immemorabili giunse tuttavia solo nel 1798 a opera di Pio VI.
Fonti e Bibl.: S. Razzi, Vita della beata G. da S., cavata da una antica scritta a mano, in Vite de' santi, e beati toscani de' quali insino à hoggi comunemente si ha cognizione, Fiorenza 1593, pp. 511-515; F. Soldani, Ragguaglio istorico della beata G. da S., romita vallombrosana, Firenze 1741; G.M. Brocchi, Della beata G. da S. vergine secolare romita, in Vite de' santi e beati fiorentini, Firenze 1752, I, 2, pp. 350-382; M. Lastri, Memorie appartenenti alla vita ed al culto della beata G. romita da S. raccolte e pubblicate in onore della solennissima festa che si celebra in onore di lei nel dì 10, 11 e 12 maggio del presente anno, Firenze 1761; Mariano da Firenze, Compendium chronicarum Ordinis fratrum minorum [sec. XVI], in Archivum Franciscanum historicum, III (1911), p. 304; G. Bronzini, La Vita della beata G. da S. di Giuliano Dati, in La Bibliofilia, LI-LIII (1951-53), pp. 49-56; G. Kaftal, Joan of S., in Saints in Italian art. Iconography of the saints in Tuscan painting, Firenze 1952, coll. 540-549; Jeanne de S., in Les vies des saints et des bienheureux selon l'ordre du calendrier, XI, Paris 1954, p. 286; J. Dalarun, Jeanne de S., ermite toscane du XIVe siècle, ou la sainteté ordinaire, in Mélanges de l'École Française de Rome. Moyen Âge, XCVIII (1986), 1, pp. 161-199; D. Russo, Jeanne de S., ou l'iconographie au féminin. Étude sur les fresques de l'église de Signa (milieu du XVe siècle), ibid., pp. 201-218; A. Vauchez, La santità nel Medioevo, Bologna 1989, ad ind.; A. Benvenuti Papi, In castro poenitentiae. Santità e società femminile nell'età medievale, Roma 1990, ad ind.; Bibliotheca sanctorum, VI, col. 559; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXVII, col. 949.