AGNELLI, Giovanni
Nacque a Villar Perosa (Torino) il 13 ag. 1866 da Edoardo e da Aniceta Frisetti. La famiglia, assai facoltosa, lo avviò alla carriera militare: entrato nel 1884 nella Scuola militare di Modena, ne usci nel 1886 col grado di sottotenente di cavalleria.
Nel 1892 abbandonò la carriera militare e si stabilì a Torino, dove allora andavano sorgendo molte nuove imprese industriali. L'A. frequentò l'officina di tricicli a motore di L. Storero e rilevò, poi, la piccola società di G. Ceirano per lo sfruttamento della vettura "Welleyes", giovandosi dell'esperienza tecnica di A. Faccioli e di V. Lancia. Quando, nell'aprile del 1899, un gruppo di pionieri dell'automobile (fra i quali il conte R. Biscaretti di Ruffia, il conte Emanuele Cacherano di Bricherasio, l'avv. C. Goria Gatti e altri) pose le basi per la creazione di una società per la costruzione e il commercio delle automobili, l'A. aderì all'iniziativa. La nuova società, che ereditava la società Ceirano, nacque ufficialmente con atto notarile dell'11 luglio dello stesso anno, col nome di S. A. Fabbrica Italiana Automobili Torino, da cui la sigla FIAT, diventata poi, con l'eliminazione d'ogni interpunzione, la ragione sociale della ditta. Essa aveva all'inizio un capitale di 800.000 lire, cinquanta operai e officine per 10.000 mq. di superficie, in corso Dante. Nel consiglio di amministrazione, allora costituito, l'A. assunse il ruolo di segretario diventando, in breve tempo, il dirigente dell'intera impresa. Da quel momento, la vita e le fortune dell'A, si confondono con quelle della FIAT.
Merito dell'A. fu di avere intuito che la motorizzazione, allora ai suoi timidi inizi, avrebbe assunto sempre maggiore importanza nella vita moderna, e di aver conseguentemente, fin dal primo momento, impostato lo sviluppo della FIAT nel senso della grande industria orientata verso la produzione in serie. L'A. promosse anche una intensa opera di propaganda del nuovo mezzo, condotta soprattutto attraverso la partecipazione, spesso vittoriosa, delle macchine FIAT alle maggiori corse automobilistiche.
Nel 1905 gli utili raggiungevano già i 4 milioni, e lo stabilimento subiva un primo ampliamento, che si rinnovò l'anno successivo, accompagnato da un'operazione finanziaria, per cui il capitale sociale fu portato a 9 milioni e la società prese la denominazione di S.A. Fabbrica Italiana Automobili FIAT, con l'A. consigliere delegato. Nello stesso anno 1906 l'A. dava vita, con un capitale di 850.000 lire, a un'officina meccanica per la costruzione dei cuscinetti a sfere (Riv) trasferita nel 1907 a Villar Perosa. I suoi prodotti acquistarono e mantennero un prestigio notevole sul mercato internazionale, sicché nel 1932 la FIAT fu prescelta dal governo sovietico per l'impianto di una fabbrica di cuscinetti a sfere e lo stesso A. si recò per l'occasione nell'U.R.S.S.
Ancora nel 1906 l'A. iniziò la costruzione di autobus, cui seguiva, alcuni anni dopo, la fondazione di una Società Italiana Trasporti Automobilistici (SITA), diretta emanazione della FIAT, che dette un primo grande impulso alla motorizzazione dei trasporti su strada. Nel luglio dello stesso anno 1906 l'A. fu poi tra i promotori, insieme ad A. Abegg, L. Bonnefon-Craponne, C. Florio ed altri, della Lega industriale di Torino, la prima in Italia.
La crisi economica, che tra il 1907 e il 1908 eliminò molte imprese concorrenti, non investì la FIAT, che, saldamente guidata dall'A., nel 1908 iniziò anzi la costruzione di motori d'aviazione e, nel 1910, dette vita a un nuovo stabilimento, il "Grandi Motori", per la costruzione dei motori Diesel industriali e marini. Nel 1909 l'A. e gli altri amministratori della FIAT erano stati rinviati a giudizio, per falsi nei bilanci e illeciti giochi di borsa: il procedimento, molto discusso, si trascinò fino al 1912, concludendosi con la piena assoluzione per gli imputati.
Nel 1911, in occasione della guerra libica, vennero costruiti i primi autocarri di uso militare, i FIAT 15ter, ai quali seguirono i 18 BL, che ebbero largo impiego, anche fuori d'Italia, nel corso della prima guerra mondiale. Nel 1912, dopo la guerra italo-turca, il capitale nominale della FIAT venne portato a 17 milioni. Nello stesso anno l'A. effettuò il suo primo viaggio negli Stati Uniti, alla cui organizzazione industriale egli guardava come a modello, e dove tornò anche nel 1935, ospite di Ford. L'ampia partecipazione della FIAT alla produzione bellica durante il primo conflitto mondiale e i grandi profitti derivati permisero all'A. un nuovo ampliamento della organizzazione:
il capitale sociale veniva così portato nel 1917 a 50 e nel 1919 a 200 milioni. Nel 1917, la FIAT incorporò le Ferriere Piemontesi Vandel e C., le Officine già Fratelli Deotto e le Industrie Metallurgiche Torino. Ancora nello stesso anno si iniziava la costruzione dello stabilimento Lingotto, entrato in funzione nel 1921. Sempre nel 1917, insieme con Riccardo Gualino, l'A. assunse la direzione della Società di navigazione italo-americana che, sorta con scopi prevalentemente commerciali, si dedicò nel 1920 alla produzione del raion: la SNIA. Frattanto la FIAT entrava anche nel campo della siderurgia.
Si delineava così quella fisionomia di industria di tipo verticale che l'A. veniva facendo assumere alla FIAT: il ciclo di produzione andava cioè dalla materia prima al prodotto finito.
Nel 1920 l'A. lasciò al suo collaboratore, ingegnere G. Fornaca, la carica di consigliere delegato ed assunse quella di presidente.
Nella Torino del dopoguerra, centro del più combattivo movimento operaio italiano, rilevante fu la funzione dell'A. come dirigente della resistenza e, poi, della controffensiva degli industriali. Dopo l'occupazione delle fabbriche da parte degli operai, sul finire del 1920, l'A. avviò trattative con le maestranze per la trasformazione della FIAT in una cooperativa di produzione: iniziativa che incontrò però diffidenza da parte operaia. Nell'anno successivo l'A. fu protagonista di una serrata che lasciò profonde tracce nel movimento operaio torinese. In pari tempo cominciò ad avvicinarsi al fascismo, di cui favorì lo sviluppo mediante un'opera di fiancheggiamenti esplicantesi, in particolare, in sovvenzioni alla stampa. Poco dopo la marcia su Roma, il 1marzo 1923, l'A. venne nominato senatore. Il 19 dicembre dello stesso anno fu tra gli stipulatori, per la Confindustria, del "patto di Palazzo Chigi" che, presidente della seduta Mussolini, segnò la capitolazione del "sindacalismo integrale" fascista, patrocinato da E. Rossoni.
Durante il periodo fascista l'A. esercitò larga influenza nella vita economica e politica del paese, avviando in modo sempre più accentuato la FIAT verso posizioni di monopolio protetto.
I dazi sulle automobili, che già si aggiravano intorno al 60% del valore, furono infatti portati nel 1930 ad aliquote superiori al 100%, applicantesi anche sulle parti staccate di automobili (cfr. E. Rossi, La questione doganale dopo la guerra, appendice ad A. De Viti De Marco, Un trentennio di lotte politiche [1894-1922], Roma s.d., p. 480). L'A. ottenne inoltre per la FIAT una ulteriore forma di protezione attraverso il contingentamento delle importazioni delle automobili straniere. Contemporaneamente il capitale nominale, che nel 1924 raggiungeva i 400 milioni, nel 1947, due anni dopo la morte dell'A., raggiunse i 4 miliardi. Con la crisi del 1929, il capitale sociale, valutato ai corsi delle azioni, che nel 1928 era di 1 miliardo e 190 milioni, nel 1933 era disceso a 466 milioni. Ma nel 1939, alla vigilia della guerra, l'A. poteva considerare la sua azienda già fuori del periodo di massima depressione, dato che il valore del capitale sociale ai corsi delle azioni era risalito a 1 miliardo 156milioni.
L'A., che aveva da tempo seguito per la FIAT una politica di autofinanziamento, ridistribuendo solo parzialmente agli azionisti i profitti generati dagli alti prezzi di vendita, si avviò in pari tempo sempre più decisamente, dopo aver dato vita al monopolio verticale già ricordato, sulla via degli investimenti nei più diversi settori produttivi. Strumento principale di tale attività di espansione finanziaria fu l'IFI (Istituto Finanziario Industriale), sorto nel 1927, presieduto dall'A., e divenuto una holding raggruppante alcune decine di società finanziarie e industriali. L'A. finì con l'accentrare nelle sue mani un numero sempre maggiore di cariche di grande rilievo nel settore economico e finanziario. Oltre quanto già ricordato, egli fu infatti presidente della Vetrococke, consigliere della SIP (Società Idroelettrica Piemonte), della STIPEL (Società Telefonica Interregionale Piemontese e Lombarda), dei Cantieri Riuniti dell'Adriatico, del Credito Italiano, ecc. L'A. fu, tra l'altro, interessato anche alla costruzione delle centrali idroelettriche di Cenischia e dei complessi alberghieri nella zona di Sestrière.
Cavaliere al merito del lavoro nel 1907, l'A. fu insignito nel 1937 della laurea in ingegneria honoris causa dal politecnico di Torino. Alla sua iniziativa si deve anche il sorgere di ospedali e di sanatori, nonché del Faro della Vittoria sul colle della Maddalena presso Torino. L'A. morì a Torino il 16 dic. 1945.
Dell'A. va ricordato un volumetto scritto in collaborazione con il Cabiati, che rappresenta un contributo ai progetti pacifisti maturati nel corso della prima guerra mondiale: G. Agnelli-A. Cabiati, Federazione europea o Lega delle Nazioni?, Torino 1918. Il volumetto, interessante anche per i diversi atteggiamenti successivamente assunti dall'A., contiene motivi di polemica verso il nazionalismo e auspica la formazione di una federazione europea come fonte di benessere economico e salvaguardia della pace. Sempre nel campo dell'attività pubblicistica, l'A. nel giugno 1932 concesse alla United Press una intervista sulla crisi, che ebbe vasta eco, e provocò poi una sua discussione con L. Einaudi. Sosteneva l'A. che la disoccupazione, di cui soffrivano molti paesi del mondo, era del tutto, o quasi, dovuta al progresso tecnico, per cui l'A. proponeva come rimedio la diminuzione generale e uniforme delle ore di lavoro in tutte le aziende. Rispondeva l'Einaudi che, innanzi tutto, la disoccupazione tecnologica non era tutta la disoccupazione, e poi che la riduzione generale delle ore di lavoro avrebbe posto ingiustamente a carico di tutti gli imprenditori il costo della disoccupazione causata da vantaggi fruiti dalle sole ditte innovatrici (vedi G. Agnelli-L. Einaudi, La crisi e le ore di lavoro, in La riforma sociale, XL [1933], pp. 1-20).
Fonti e Bibl.: Arch. stor. della Federaz. naz. dei cavalieri del lavoro (fascicolo personale); Le Officine FIAT nel decennale fascista secondo una pubblicazione ufficiale, in Lo Stato operaio, VI (1932), pp. 642-648 (è il commento a uno studio sulla FIAT pubblicato a cura dell'Ufficio internazionale del lavoro, nel II vol. delle Études sur les réalisations industrielles); G. Savino, La nazione operante (Profili e figure), Milano 1934, p. 221; A. Gramsci, Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato Moderno, Torino 1949, pp. 317, 322 (sui rapporti che l'A. ebbe nel dopoguerra con l'YMCA); Id., Il materialismo storico e la filosofia di B. Croce, Torino 1948, pp. 271-273 (sulla polemica tra l'A. e L. Einaudi); Id., L'Ordine Nuovo, 1919-1920,Torino 1954, pp. 104-105, 172-176, 345 (specie l'articolo La FIAT diventerà una cooperativa?, pubblicato sull'Avanti! del 1 ott. 1920); I cinquant'anni della FIAT, Milano 1950, passim; A. Fossati, Lavoro e produzione in Italia dalla metà del sec. XVIII alla seconda guerra mondiale, Torino 1951, pp. 336, 344 e passim; E. Rossi, I padroni del vapore, Bari 1955, passim; Artefici del lavoro italiano, Roma 1956, pp. 9-10; P. Spriano, Socialismo e classe operaia a Torino dal 1892 al 1913, Torino 1958, pp. 119-121 e passim.