LENGUEGLIA, Giovanni Agostino della
Nacque a Poggiolo, piccolo borgo nell'entroterra di Albenga, nella riviera ligure di Ponente, dove si trovava il castello di famiglia, probabilmente nel 1608, da Ettore e Margherita d'Aste. Fratello minore di Carlo, fu battezzato con il nome di Giovanni.
Scarse le notizie certe sulla sua vita: terzogenito, fu fatto entrare da adolescente nella Congregazione somasca; fece professione il 1° giugno 1625 a S. Maiolo in Pavia e fu ordinato sacerdote nel collegio Clementino di Roma, nel dicembre 1631. Intanto aveva compiuto studi filosofici e teologici con ottimo profitto, tanto che fu incaricato di insegnare nello stesso collegio Clementino, dove rimase per qualche anno. Poi fu inviato nella comunità di S. Maria Maddalena a Genova, dove incominciò l'attività di predicatore e oratore che costituiva la sua più profonda vocazione e che è testimoniata da numerosi scritti. Tra di essi, sono importanti soprattutto la silloge delle Orazioni sacre (Milano 1648) - in cui è compreso anche il Panegirico per la vigilanza di s. Carlo, precedentemente pubblicato autonomamente con il titolo Le notti diurne (ibid. 1647) -, i "ragionamenti morali" recitati in S. Maria Maddalena e raccolti in Nabucco trasformato (ibid. 1648) e Le lagrime d'Israele piangente sopra l'Eufrate (ibid. 1649). In queste opere è evidente la buona cultura del L., che ricorre spesso a reminiscenze classiche e notazioni erudite; ciò vale in modo particolare per i "ragionamenti", intessuti da citazioni dai Salmi (e tutte le Lagrime prendono spunto dal salmo Super flumina Babylonis). Tra i temi più frequenti nel L. oratore e omileta si può ricordare la celebrazione dei santi, che è alla base dei panegirici Il monte Etna (Lodi 1640), "per san Bassiano vescovo e protettore di Lodi", e Il fonte del guiderdone (Pavia 1648), "per l'acque miracolosamente impetrate dal beato padre Gerolamo Miani".
Postumi apparvero due libri, entrambi curati da G. Malfanti, confratello e amico carissimo del L.: Avvento e sacre meteore (Genova 1670), una raccolta di "prediche e sermoni nelle solennità di tutti i santi sino alla festa degl'innocenti", e Prediche quaresimali (ibid. 1671). Completa la produzione oratoria il discorso funebre per C. Doria, stampato con il titolo Il valore e la pietà nella silloge Funerale celebrato dalla famiglia Doria (ibid. 1651). Va segnalato inoltre che il L. aveva in programma di pubblicare numerosi altri volumi di carattere omiletico, il cui elenco si legge nella dedicatoria dell'Avvento.
All'interno della Congregazione il L. rivestì un ruolo di primo piano nella provincia ligure: fu eletto vocale nel 1647, definitore negli anni 1653-57, provinciale nel 1665 (ma rifiutò la mansione), e infine nel 1668 consigliere della provincia. Intanto Luigi Moncada, principe di Paternò, lo aveva nominato istitutore del figlio Ferdinando, ruolo che lo costrinse a vivere negli anni 1654-59 a Valenza (tale soggiorno ha fatto supporre a più di uno studioso che il L. sia morto in Spagna, notizia del tutto infondata). A questa fase della sua vita sono legate due opere: La staffetta privata (Genova 1656) e Ritratti della prosapia et heroi Moncadi nella Sicilia (Valenza 1657).
La Staffetta è una raccolta di lettere indirizzate a Malfanti; esemplate su modelli epistolari classici (nell'avviso ai lettori si indica a riguardo Sidonio Apollinare), le trenta lettere descrivono con dovizia di citazioni erudite i luoghi visitati e attuano la celebrazione della casa Moncada. Quest'ultimo è il tema esclusivo dei Ritratti, in cui si delineano trentuno figure di personaggi appartenuti alla nobile famiglia siciliana e vissuti a partire dalla fine del XIII secolo.
Agli anni spagnoli risale anche il volgarizzamento del Panegyricus Traiano imperatori di Plinio il Giovane (Reale di Valenza 1657), opera che conobbe una notevole fortuna editoriale.
Nell'aprile 1668 il L. fu colto da un malore mentre partecipava al capitolo generale dell'Ordine; si ritirò ad Albenga, dove morì nel marzo 1669. Fu seppellito, per sua volontà, accanto alla madre, in S. Domenico d'Albenga e sul monumento funebre venne posto un epitaffio scritto dal fratello Carlo.
L'intensa attività letteraria del L. - il quale ebbe rapporti con l'Accademia genovese degli Addormentati, ma anche con quella romana degli Umoristi e fu in contatto con letterati di primo piano, come A.G. Brignole Sale e A. Aprosio - diede altri frutti, oltre a quelli già ricordati. Il prediletto tema della vita dei santi è alla base di tre narrazioni agiografiche: Lodi ed azioni di s. Paola Romana (Genova 1638), Narrazione intorno la vita ed azioni della beata Lucrezia Cademosti (Milano 1640), e Vita di s. Lutgarde (Genova 1660).
Inoltre, nel volume del Fonte del guiderdone, oltre al panegirico si raccoglievano due testi poetici dedicati allo stesso miracolo: il poemetto in sestine Le terme emiliane (già uscito autonomamente nel 1643 a Venezia), e l'ode Per un fonte, che scaturì da una pietra a' prieghi del b. Gerolamo Emiliano. Infine, un'ode celebrativa di un miracolo di s. Antonio da Padova compare insieme con la Vita del santo, pubblicata da L. Assarino (Venezia 1652). Il L. fornì anche un'altra prova poetica: suoi sonetti sono infatti inclusi nel volume Anastasis Corticis Peruviae, seu Chinae Chinae defensio di Sebastiano Bado (Genova 1663).
Testi poetici erano anche inseriti nell'orditura dell'opera probabilmente più importante del L., Le sere dell'Adda (Milano 1639). Si tratta di una serie di quattro dialoghi intrecciati da quattro personaggi eruditi in serate passate in riva al fiume (ambiente descritto secondo i più tipici canoni del locus amoenus). I discorsi rappresentati nelle Sere ricordano da vicino - per quanto riguarda i temi, improntati a un'oziosa pedanteria - certe cicalate accademiche assai comuni nel Seicento (per esempio, si discute se sia meglio la caccia o la pesca, oppure stare fermi o in movimento). La forza dell'opera, secondo l'autore, doveva risiedere nella "varietà di componimenti e di stili" (p. 8), ciò che spiega la continua alternanza di prosa e versi.
Il L. si cimentò anche con la storiografia, nelle Guerre de' Genovesi contro Alfonso re di Aragona (Genova 1643). Il testo appare lontano da un qualsiasi intento di verità storica, eccessivo com'è nel celebrare le vittorie della Repubblica genovese contro gli Aragonesi negli scontri di Corsica (1420) e Gaeta (1435). L'opera deve molto al De bello Hispaniensi di G. Bracelli (1448), certamente conosciuto dal L. nella fortunata edizione del 1573; secondo Rossi ne costituirebbe addirittura "una traduzione, ora letterale, ed ora parafrastica" (p. 311). Va anche menzionata una Storia encomiastica della casa di Cordova: dell'opera, nonostante venga citata in più di un repertorio seicentesco, non sono note edizioni.
Crescimbeni riporta la notizia, priva però di fondamento, secondo cui il L. avrebbe stampato alcune opere, non meglio specificate, sotto il nome di un nipote (nome che non viene peraltro precisato). Lo stesso Crescimbeni attribuisce al L. la paternità delle Elegie e canzoni pubblicate dal fratello Carlo, ma anche in questo caso senza cogliere nel segno.
L'insieme della produzione del L. sembra aderire pienamente al gusto del concettismo barocco, di cui comunque non pare abbracciare le forme più oltranziste. Peraltro, Conrieri ha messo in luce il fatto che, secondo un letterato acuto come F.F. Frugoni che ne apprezzava l'opera, il L. avrebbe vissuto nella seconda parte della sua vita una vera e propria conversione letteraria, che lo avrebbe portato a rinnegare il precedente barocchismo. Ma per valutare la lettura frugoniana, che a prima vista non appare rispondente alla realtà, sarebbe necessaria una serrata analisi testuale, a tutt'oggi non ancora compiuta, dato l'interesse piuttosto scarso che circonda attualmente l'opera del Lengueglia. Essa, viceversa, era piuttosto considerata nel Seicento, come prova tra l'altro la discreta fortuna editoriale conosciuta dalle Sere e da molti dei testi oratori.
Fonti e Bibl.: R. Soprani, Li scrittori della Liguria e particolarmente della Maritima, Genova 1667, pp. 136 s.; M. Giustiniani, Gli scrittori liguri, Roma 1667, pp. 300 s.; A. Aprosio, La Biblioteca Aprosiana, Bologna 1673, pp. 536, 578 s.; A. Oldoini, Athenaeum Ligusticum, Perusiae 1680, pp. 304 s.; G.M. Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia, Venezia 1730-31, IV, p. 163; F.S. Quadrio, Storia e ragione d'ogni poesia, Milano 1752, II, p. 308; VI, p. 195; VII, p. 12; F. Soria, Memorie storico-critiche degli storici napolitani, II, Napoli 1781, p. 347; G. Cottalasso, Saggio sull'antico ed attuale stato della città d'Albenga, Genova 1820, pp. 183, 195; G.B. Spotorno, Storia letteraria della Liguria, Genova 1824-58, III, pp. 171 s.; V, p. 28; G. Rossi, Storia della città e della diocesi d'Albenga, Albenga 1870, pp. 311 s.; G. Mira, Bibliografia siciliana, I, Palermo 1875, p. 509; G. Cevasco, Breviario storico di religiosi illustri della Congregazione somasca, Genova 1898, pp. 77 s.; L. Volpolicella, I libri dei cerimoniali della Repubblica di Genova, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XLIX (1921), pp. 243, 261, 264, 274; A. Stoppiglia, Statistica dei padri somaschi, I, Genova 1931, pp. 262-268; D. Conrieri, Poetica e critica di Francesco Fulvio Frugoni, in Giorn. stor. della letteratura italiana, CLI (1974), pp. 187 s.; M. Tentorio, Per la storia dei pp. somaschi in Como, Genova 1979, p. 13; C. Longo Timossi, Il contributo dei chierici regolari somaschi alla riforma cattolica nella Repubblica di Genova nella prima metà del secolo XVII, in Somascha, X (1985), pp. 44-51; G.G. Musso, La cultura genovese nell'età dell'umanesimo, Genova 1985, p. 67; C. Jannaco - M. Capucci, Storia letteraria d'Italia. Il Seicento, a cura di A. Balduino, Padova 1986, p. 618; E. Taddeo, Le "favole tratte dal vero" di Maiolino Bisaccioni, in Studi secenteschi, XXX (1989), p. 105; La letteratura ligure. La Repubblica aristocratica (1528-1797), Genova 1992, pp. 19, 65, 189, 222; A. Sana, La libreria del Frugoni, in Studi secenteschi, XXXIV (1993), pp. 177, 221; S. Cabibbo, Un'opera storico-encomiastica nella Sicilia del Seicento: i "Ritratti della prosapia et heroi Moncadi" di A. della L., in Città e feudo nella Sicilia moderna, a cura di F. Benigno - C. Torrisi, Caltanissetta-Roma 1995, pp. 137-152; G.L. Bruzzone, G.A. della L., in Riviera dei fiori, L (1996), 2, pp. 15-32; Id., Della L., G.A., in Diz. biogr. dei Liguri, a cura di W. Piastra, IV, Genova 1998, pp. 580 s.; M. Maira Niri, La tipografia a Genova e in Liguria nel XVII secolo, Firenze 1998, ad indicem.