ALBERGOTTI, Giovanni
Aretino, figlio di Guiduccio di Lando, entrò nell'Ordine benedettino, divenendo abate del monastero di S. Maria in Firenze. Dottore in diritto canonico, vicario spirituale del vescovo di Firenze dal 1361 al 1364 e priore del monastero di Croci presso Arezzo, fu al seguito del cluniacense cardinale Androino de la Roche, nominato legato apostolico in Lombardia nel 1363, al posto di Egidio Albornoz, nel tentativo di comporre la lotta con Bernabò Visconti.
Nel 1364, l'A., incaricato da Urbano V, riuscì mediante accordo tra le parti, a far sgomberare dalle truppe di Milano il territorio vercellese, occupato durante un conflitto tra Galeazzo Visconti e Giovanni Fieschi, vescovo di Vercelli. Fu ancora inviato papale presso Bernabò Visconti tra il 1364 ed il 1365, per esprimere il disappunto di Urbano V per le vessazioni cui erano sottoposte le comunità del Bresciano da parte di Bemnabò, pur dopo la conclusione della pace tra la Chiesa ed i Visconti, stipulata il 13 marzo 1364. Nel 1369 ottenne da Carlo IV di Boemia la liberazione di Marco di Pier Saccone e di Lodovico di Lealetto di Pietramala, i quali erano stati imprigionati nelle Stinche dai Fiorentini dopo l'occupazione del castello di Ranco.
Succeduto Anglico Grimoard, fratello del papa, ad Androino de la Roche, l'A. fu il suo uomo di fiducia, continuando a svolgere azioni di carattere diplomatico-militare specialmente in Umbria, nel quadro della ricostituzione dello Stato della Chiesa. Nel 1368 fu a capo delle milizie che sconfissero e catturarono Giovanni Hawkwood, che Bernabò Visconti aveva mandato in aiuto ai Perugini sollevatisi contro la Chiesa e nel 1369 occupò Castiglione Aretino, Mammi e Largnano. Divenuto vescovo di Arezzo il 18 luglio 1371, succedendo a lacopo de Militibus, s'adoperò affinché venisse conferito a Coluccio Salutati l'incarico di cancelliere del Comune. Riaccesosi il contrasto tra la Chiesa ed il Visconti, per l'espansionismo milanese su Reggio e Modena, e fallito ogni tentativo di compromesso pacifico, l'A. fu praticamente legato pontificio presso Amedeo VI, che si era unito alla Chiesa in una nuova lega antiviscontea, per la questione della successione dei Paleologhi del Monferrato. In tale ufficio l'A. si distinse particolarmente, dal 1373 in poi, durante l'assedio posto a Vercelli, caduta nell'autunno di quell'anno. Conclusasi tra la fine del 1374 ed i primi del 1375 una tregua, l'A. rimase in Lombardia sino alla primavera 1375, dopo aver esercitato anche uffici di amministrazione religiosa: era stato vicario generale in spiritualibus et temporalibus della diocesi di Novara nel 1374 e amministratore del monastero benedettino di S. Stefano a Vercelli nel 1375. Catturato da non meglio identificati avversari, come si ricava da una lettera di Gregorio XI, del 5 maggio 1375, fu liberato dopo poco ad Avignone dove, al principio dell'estate 1375, morì.
Nel 1373 aveva donati una mitria con perle e pietre preziose ed un pastorale alla cattedrale di Arezzo: segno di sollecitudine per una diocesi mai personalmente governata.
Fonti e Bibl.: Per l'attività dell'A, quale legato e diplomatico: J. M. Vidal, in Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., I, coll. 1400-1401, con rinvio a lettere inedite dell'Arch. vaticano; Bartolomeo di Ser Gorello, Cronica dei fatti di Arezzo in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XV, I, a cura di A. Bini e G. Grazzini, pp. 65 n. 4, 6g n. 2, 73 n. 4; Epistolario di Coluccio Salutati, a cura di F. Novati, I, Roma 1891, in Fonti per la Storia d'Italia, XV, p. 145 n. 1; A. Segre, I dispacci di Cristoforo da Piacenza, in Arch. stor. ital., p. 5, XLIII (1909), p. 65; F. Cognasso, Il Conte Verde, Torino 1930, p. 214; G. Mollat, Deux frères mineurs..., in Arch. Francisc. Hist., XLVIII (1955), p. 58.