RISTORI, Giovanni Alberto.
– Nacque da Tommaso e Catarina, entrambi attori, probabilmente a Vienna nel 1693: «da Vienna» e ventiduenne lo dichiara un passaporto rilasciato a Dresda il 28 dicembre 1715 (Żórawska-Witkowska, 1997, p. 191).
La qualifica di «bolognese» attribuitagli già da Quadrio (1744) andrà riferita all’ambiente della formazione, come confermerebbe un’annotazione di Stefano Benedetto Pallavicino, stretto collaboratore di Ristori, che proponendolo nel 1732 per un impiego lo vantava esponente «della scuola di Bologna» (Lindgren-Timms, 2003, pp. 43; inattendibile l’annotazione «di Venezia» sul manoscritto della cantata Verdi colli e piagge amene nella British Library). In assenza di prove documentarie, resta comunque difficile collocare la nascita del compositore, stante il mestiere del padre, capocomico d’una compagnia itinerante.
Ventenne, nell’estate 1713 Ristori debuttò al teatro Obizzi di Padova col dramma pastorale del conte Otto Mandelli Pallade trionfante in Arcadia, ripreso al S. Samuele di Venezia, se non già nell’autunno (quando fu probabilmente recitato in prosa) sicuramente nel carnevale successivo. Seguì a ruota, dal 9 novembre 1713 al S. Angelo di Venezia, l’Orlando furioso, dramma di Grazio Braccioli. Salutata da grande successo (superò forse le 40 recite), la partitura venne impiegata da Antonio Vivaldi (che proprio nel 1713 aveva assunto col padre l’impresa del S. Angelo) per approntare la sua prima opera veneziana, l’Orlando furioso nel carnevale 1714, in scena dal 26 dicembre con alcune pagine della versione originaria di Ristori, utilizzata come base anche per le tournées di diverse compagnie. Nell’autunno Ristori 1714 allestì un Pigmalione al teatro Manfredini di Rovigo.
Alla figura del padre, che aveva firmato la dedicatoria del suo primo dramma, è legato il passo decisivo nella vicenda biografica e professionale del compositore. Nel dicembre 1715 Ristori raggiunse Dresda, aggregato come musicista alla compagnia del padre, già al servizio (fino al 1691) del precedente principe elettore Giovanni Giorgio III. Nel febbraio 1716 la compagnia venne inviata a Varsavia dal re Augusto II 'il Forte'. Questi firmò, l’11 febbraio 1717, il decreto di nomina a «compositeur de la musique italienne», con decorrenza 1° gennaio e stipendio di 600 talleri. Ristori operò dunque come compositore e maestro della Cappella polacca di dodici elementi (ne fecero parte anche Johann Joachim Quantz e Franz Benda), costituita nel 1717 per intrattenere il re nei soggiorni a Varsavia. Plausibilmente per quella compagine ridotta vide la luce la serie di intermezzi confezionati attorno al 1720: Serpilla e Serpollo (esemplati sulle scene buffe del Pastor di Corinto e degli intermezzi Dameta e Selvaggia di Alessandro Scarlatti), Delbo e Dorina, Despina, Simone e Trespolo, Lisetta e Castagnaccio, forse anch’essi sviluppati da modelli preesistenti; senz’altro autonomi i più tardi Fidalba ed Artabano, 1730 circa, recitati dai coniugi Margherita e Cosimo Ermini, reclutati nel 1725. Nel febbraio 1718 Ristori si trasferì col suo ensemble a Dresda per allestire il dramma Cleonice, in scena al castello di Moritzburg il 15 agosto; all’inizio del 1719 era di nuovo a Dresda per i festeggiamenti per le nozze del principe ereditario Federico Augusto.
L’11 febbraio 1720 il re lo comandò a Dresda, sostituendolo con Louis André a Varsavia, dove si sarebbe istallata una compagnia francese di danzatori. La decisione andrà messa in relazione con l’esigenza di impiegare Ristori nell’ambito della musica da chiesa, nel comporre e dirigere musiche proprie e altrui nelle celebrazioni liturgiche di corte. L’attestazione più antica risale al Corpus Domini 1721 (12 giugno), quando Ristori diresse messa e Te Deum, così come anche, il 26 ottobre, il Te Deum per la nascita del principe Giuseppe; il 17 aprile, anniversario della scomparsa dell’imperatore Giuseppe I, diresse nel 1722 e nel 1723 altrettanti requiem. La mancanza di documentazione per il resto del 1723 si potrebbe spiegare con un’assenza di Ristori da Dresda in relazione alla ripresa della Cleonice a Verona per la fiera d’autunno.
Certamente Ristori rientrò in Polonia nel 1725 per la prima visita del principe ereditario a Varsavia (dicembre 1725 -settembre 1726), che mobilitò le compagnie di attori italiani e francesi e nuove forze musicali, sebbene non sia pacifico stabilire i termini del soggiorno del compositore: attestato a Varsavia il 31 marzo, il 15 aprile dovette dirigere a Dresda la musica d’una prima messa e l’11 settembre 1725, in occasione di un pellegrinaggio al santuario di Mariaschein (oggi Bohosudov) in Boemia, diresse una «pulcherrimam musicam [...] cum castratis et regiis musicis» (Poppe, 2004, p. 309).
Di nuovo in Sassonia perlomeno dall’inizio di giugno 1726, il 2 settembre, grazie a nuove forze vocali tra cui i coniugi Ermini, fece eseguire nel castello suburbano di Pillnitz sull’Elba, per il ritorno del principe ereditario da Varsavia, la commedia pastorale Calandro. Il successo del lavoro è dimostrato, prima ancora che dall’allestimento in Russia nel 1731, dalla ripresa del 10 febbraio 1728 a Dresda alla presenza del re di Prussia Federico Guglielmo e del principe ereditario Federico (il futuro ‘Grande’), che chiese copia della partitura al compositore. Tra le prime commedie musicali in Germania, il titolo inaugurò il sodalizio col poeta di corte Pallavicino, rinnovato il 25 febbraio 1727 con una seconda commedia, Un pazzo ne fa cento, dal Don Chisciotte. Il Venerdì santo 12 aprile 1727 venne eseguito, e giudicato «eleganter compositum» (Poppe, 2004, pp. 309), il primo oratorio di Ristori, che ne scrisse probabilmente in tutto tre: L’Adamo, eseguito sicuramente il 12 aprile 1743 dalle voci bianche della Cappella reale (ma risalente forse già al 1727 o al 1729); La sepoltura di Cristo, attestato il 1° aprile 1741 da un’annotazione del principe Federico Cristiano, ripreso nel 1744 e 1749, ed erroneamente intitolato nell’Ottocento La deposizione di Cristo sull’unica partitura superstite (Dresda, Sächsische Landes- und Universitätsbibliothek, Mus. 2455-D-2, erroneamente datata al 1732); infine La Vergine annunziata, registrato dal catalogo della musica di corte del 1765 ma oggi perduto (Ágústsson, 2012, pp. 92-94).
Venuto a mancare il 16 luglio 1729 il maestro della cappella reale Johann David Heinichen, invano Ristori si candidò a succedergli. Trascorsi a Varsavia l’estate 1729 e l’autunno 1730, per ordine del re il 30 dicembre 1730 partì coi comici italiani diretti dal padre (sei cantanti, nove musicisti e il poeta di corte) per Mosca, raggiunta il 15 febbraio 1731. La compagnia vi rimase tutto l’anno per intrattenere la zarina Anna, preziosa alleata di Dresda, proponendo in agosto, per l’onomastico di Augusto II, la serenata Dovresti, o mio core, e riprendendo l’11 dicembre il Calandro, che fu così la prima opera italiana rappresentata in terra russa. Nel gennaio 1732, poco prima di rientrare a Varsavia, la compagnia soggiornò alcune settimane a Pietroburgo.
Ancor prima che la morte di Augusto II il 1° febbraio 1733 portasse alla liquidazione della Cappella polacca, le prospettive dovevano apparire scoraggianti, se già il 3 settembre 1732 Pallavicino aveva cercato di procurargli un posto alla Royal Academy di Londra, proponendolo a Giuseppe Riva come «bravo musico, compone con naturalezza, fa bene da chiesa, ed è ottimo accompagnatore di cembalo», oltre che in grado di «rifrigger quell’opere che di quando in quando fanno venire d’Italia» (Lindgren-Timms, 2003, pp. 42 s.).
La scomparsa a Dresda del Cammer-organist Christian Petzoldt il 28 maggio 1733 permise tuttavia a Ristori, che già il 30 maggio aveva proposto le proprie Litaniae de Sanctissima Trinitate alla chiesa di corte, di assumerne, con nomina del 12 ottobre, il ruolo, ambìto ancorché subordinato a maestro di cappella e Konzertmeister (in orchestra sedeva al secondo cembalo) e con conseguente, significativa riduzione dello stipendio a 450 talleri. A seguito di suppliche reiterate – Ristori doveva mantenere i cinque figli (un sesto era morto infante) avuti dalla moglie Maria, fiorentina, di quattro anni più giovane e già sposata nel 1715, nonché i propri genitori (all’epoca del viaggio a Napoli, 1739, tre figli studiavano a Roma, Venezia e Napoli); dal 1° gennaio 1736 l’assegno era ritornato a 600 talleri e con decreto del 21 agosto 1737 aveva raggiunto la cifra considerevole di 800 talleri, la stessa percepita da Jan Dismas Zelenka. Come «compositore di camera» (con questa qualifica lo cita nel 1738 la Gazzetta di Napoli: Magaudda-Costantini, 2009, appendice, p. 584) poteva offrire, in corrispondenza delle assenze del maestro di cappella Johann Adolf Hasse, che mancò da Dresda per tutto il biennio 1735-36, un valido contributo in teatro ma soprattutto in chiesa (di musica da chiesa Ristori aveva continuato a occuparsi anche a Varsavia, dove nel 1732 e 1733 aveva composto due lavori oggi perduti; il 17 febbraio 1736 si ascoltò invece a Dresda uno dei Duetti per la Quadragesima, Divoti affetti alla passione di Nostro Signore per soprano, contralto, tiorba e organo; ed. a cura di B. Schrammek, Beeskow 2004).
La Cappella polacca venne ripristinata nel 1735 da Augusto III, figlio e successore del 'Forte' sul trono di Polonia, con considerevole ampliamento degli organici vocale e strumentale. A Varsavia, in mancanza d’un teatro, Ristori propose al sovrano e alla corte, riannodando la collaborazione con Pallavicino e col concorso delle migliori voci della Cappella reale di Dresda, tre serenate a quattro: la cantata Si disarmi quest’altiero per il compleanno della regina, l’8 dicembre 1735, il componimento per musica Su l’incudine sonora per il secondo onomastico del re, il 5 marzo 1736, e Dai crini omai scuotete, «versi cantati in Varsavia» per l’anniversario dell’incoronazione della zarina Anna, il 9 marzo 1736.
Sempre nel 1736 fu possibile anche tornare a calcare le scene. Il 10 agosto Ristori allestì infatti al teatro di corte il dramma Le fate, libretto di Pallavicino dal Furioso, per festeggiare il rientro del re dai due anni di soggiorno a Varsavia, dove aveva consolidato la recente acquisizione della corona polacca. Il 7 ottobre il genetliaco del sovrano si celebrò alla palazzina di caccia di Hubertusburg con l’azione scenica Arianna. Un anno più tardi Händel introdusse nel pasticcio Didone abbandonata (Londra, 13 aprile 1737), le arie Tiranna, tu ridi e Mira virtù che troppo dalle Fate e Quel pastor che unendo al suono dall’ultima serenata varsaviana, portate con sé dal contraltista Domenico Annibali che ne era stato interprete. Mira virtù che troppo entrò con testo cambiato anche nell’Arianna in Creta di Händel allestita sempre nel 1737 a Brunsvick (ms. a Wolfenbüttel, Herzog August-Bibliothek, Cod. Guelf. 301 Mus.).
Il rientro di Hasse nel gennaio successivo mise tuttavia la parola fine alle ambizioni teatrali di Ristori a Dresda. La circostanza fu plausibilmente tra le concause della decisione di recarsi a Napoli, dove era andata sposa a re Carlo di Borbone la principessa sassone Maria Amalia, già dal 1733 allieva di Ristori, come anche le sue cinque sorelle minori (tali lezioni quotidiane sono forse all’origine degli Esercizi per l’accompanimento). Finanziato dalla corte, il 20 ottobre 1738 Ristori raggiunse con la moglie Napoli, dov’era atteso come «uomo di gran conto e d’età matura» (Ágústsson, 2012, p. 66). Al seguito della neoregina apparteneva, nel ruolo prestigioso (e oneroso) di terza 'camerista', Cecilia, figlia diciottenne di Ristori, i cui progetti matrimoniali finirono per danneggiare la reputazione del padre. Le nozze (poi effettivamente celebrate con i sovrani di Napoli per testimoni) col giovane conte Bernardino Bolza, erano infatti invise, per la patente disparità di rango, ai genitori di entrambi i giovani e alla corte di Dresda, ma incoraggiate da Maria Amalia, affezionata alla propria camerista, quasi sua coetanea, cui fornì la dote. Nel biennio napoletano a Ristori venne affidato dal ministro sassone conte Joseph Anton Gabaleon von Wackerbarth-Salmour il compito delicato della spia, che il compositore svolse regolarmente grazie all’accesso privilegiato, col pretesto della pratica musicale, alla regina, altrimenti isolata a Palazzo reale.
A Napoli Ristori poté dedicarsi di nuovo al teatro maggiore. Festeggiato con imprecisate musiche sue il quattordicesimo compleanno della regina il 24 novembre, allestì sempre al San Carlo due drammi metastasiani: il 23 dicembre 1738 Temistocle, con un cast che includeva il Caffarelli, Vittoria Tesi e Angelo Amorevoli, e il 29 dicembre 1739 Adriano in Siria, con Amorevoli, Francesco Tolve e Giovanni Manzoli, col prevedibile compiacimento della stampa e con quello, assai meno scontato, del re (cfr. Magaudda-Costantini, 2009, p. 53; Ágústsson, 2012, pp. 70 s., 86).
Già vessato dai debiti in Sassonia, a Napoli Ristori versò in condizioni economiche difficili, senza rendite tranne il compenso per le due opere e un vestito donatogli dalla regina, costretto ad abitare una stanza da un amico. Se ne lagnò in una petizione al primo ministro conte Heinrich von Brühl il 6 giugno 1739, provocando l’irritazione del re, che gli contestò il mancato adempimento dell’incarico di maestro delle figlie a Dresda, per il quale «presentemente il Ristori è pagato» (Ágústsson, 2012, pp. 85, 97 s.).
Sicuramente a Napoli fino all’estate 1740, il 24 marzo 1741 si trovava nuovamente a Dresda con un carico di manoscritti della più recente musica da chiesa napoletana, tra cui il Miserere di Leo, lo Stabat Mater e le due messe di Pergolesi. Dopo il difficile biennio napoletano, il nuovo decennio portò a un progressivo miglioramento della posizione di Ristori a Dresda, ormai – in presenza di Hasse – prevalentemente nell’orbita della musica da chiesa. Reintegrato come maestro delle principesse, istruttore delle voci bianche, scomparso Zelenka nel dicembre 1745, il 4 febbraio 1746 venne nominato con Johann Michael Breunich compositore di musica da chiesa, con l’incarico della direzione della Cappella di corte: i due si spartirono, 400 talleri a testa, lo stipendio del collega defunto. Con 1200 talleri complessivi Ristori risultò così, salvo Hasse, il musicista meglio retribuito della Cappella.
Con l’arrivo a corte della principessa bavarese Maria Antonia Walpurgis venne alloggiato presso la residenza dei principi ereditari (il Kurprinzenpalais, oggi Taschenbergpalais); nel 1750, costretto a trasferirsi in concomitanza con la prima gravidanza della principessa, venne indennizzato col rimborso dell’alloggio. Sempre nel 1750 fu infine nominato vicemaestro di cappella. Oltre che in Federico Cristiano, Ristori trovò in Maria Antonia Walpurgis, musicista e compositrice, un’interlocutrice fondamentale. Di lei intonò nel 1748 le cantate Didone abbandonata e Lavinia a Turno, e nel 1749 Nice a Tirsi. Memorabile fu poi la serata del 2 gennaio 1749, quando presentò la festa di camera I lamenti d’Orfeo, lavoro di congedo dalla corte del successore di Pallavicino, Giovanni Claudio Pasquini (il testo piacque al Metastasio: Metastasio, 1951, III, p. 369), cui seguì l’esibizione della principessa, che «chanta plusieurs airs».
All’ultimo decennio di Ristori risalgono due ulteriori soggiorni a Varsavia, nel 1746 e nel 1748. Durante il primo, il 7 ottobre si celebrò il genetliaco del re ivi soggiornante con la serenata La liberalità di Numa Pompilio, frutto della breve ma feconda collaborazione con Pasquini: i due produssero quattro lavori nell’arco d’un solo anno. Se la serie fu plausibilmente inaugurata nel corso del 1746 dalla festa di camera Trajano, l’8 dicembre proseguì con la festa teatrale Diana vendicata per il compleanno della regina, per concludersi il 7 gennaio 1747 con la festa di camera Amore insuperabile, proposta, per le nozze del delfino con Maria Josepha di Sassonia, presso l’ambasciatore di Francia, duca di Richelieu.
Morì a Dresda il 7 febbraio 1753.
Il catalogo di corte del 1765 dà conto dell’entità, allora sostanzialmente integra, della produzione di Ristori, che includeva 20 tra messe e sezioni di messe, 3 requiem, riproposti anche più volte tra il 1722 e il 1730, e numerose composizioni da chiesa minori (litanie, mottetti, inni, antifone, salmi, cantici), oltre alla musica strumentale (un concerto per oboe e due sinfonie celebrative, entrambe del 1736). Consumata prevalentemente a Dresda, perlomeno fino al termine della Guerra dei sette anni, la produzione di Ristori è attestata anche in centri periferici dell’Europa centrale, come i monasteri della Slesia (cfr. Jeż, 2012). Di conseguenza, oggi si conserva principalmente a Dresda, Berlino e Praga, mentre è quasi nulla nelle biblioteche italiane.
Alla morte del compositore la vedova ricevette, con ordine del 15 marzo 1753, una cospicua pensione di 400 talleri, mentre la regina Maria Josepha dispose l’acquisto delle musiche di Ristori. Sulla base di quanto sopravvissuto al rogo del Kurprinzenpalais nel 1760, Mengelberg ne redigette un catalogo pubblicato nel 1916 in appendice (pp. 143-151) all’unico studio complessivo sul compositore, che ne abbraccia tanto il teatro (pp. 16-79) quanto la musica da chiesa (pp. 86-137); molta di quest’ultima andò poi dispersa durante il secondo conflitto mondiale.
Fonti e Bibl.: S.B. Pallavicino, Opere, III, Venezia 1744, pp. 135-236 (Un pazzo ne fa cento); F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, III, 2, Milano 1744, p. 520; Berlin, Staatsbibliothek, Hss: J.G. Schürer, Catalogo della Musica di Chiesa, Dresden 1765, http://hofkirchecatalogo1765.mcm.unimelb.edu.au/ (7 febbraio 2018); J.-B. de La Borde, Essai sur la musique ancienne et moderne, III, Paris 1780, p. 228 ; E.L. Gerber, Historisch-biographisches Lexicon der Tonkünstler, II, Leipzig 1792, col. 296; M. Fürstenau, Zur Geschichte der Musik und des Theaters am Hofe zu Dresden, Dresden 1862, II, pp. 95 s., 119 s., 126, 161-163, 218, 245; C. Mennicke, Hasse und die Brüder Graun als Symphoniker, Leipzig 1906, pp. 385, 394, 411, 451, 507; C.R. Mengelberg, G. A. R. Ein Beitrag zur Geschichte italienischer Kunstherrschaft in Deutschland im 18. Jahrhundert, Leipzig 1916; P. Metastasio, Tutte le opere, a cura di B. Brunelli, III, Milano 1951, p. 369; O. Landmann, Quellenstudien zum Intermezzo comico per musica und zu seiner Geschichte in Dresden, diss., Rostock 1972, I, pp. 108, 244-46, 258; R. Strohm, Italienische Opernarien des frühen Settecento (1720-1730), II, Köln-Graz 1976, pp. 247 s.; A. Chodkowski, Il bolognese G. A. R. e la Polonia, in Teatro, festa, spettacolo, luogo teatrale tra rinascimento e barocco nell'ottavo incontro con la musica italiana e polacca, Bologna 1979, pp. 197-206; H.-G. Ottenberg, G. A. R. (1692-1753), in The symphony in Dresden, New York-London, Garland, 1984, pp. XXII s.; O. Landmann, Die komische italienische Oper am Dresdner Hof in der ersten Hälfte des 18. Jahrhunderts, in Schriftenreihe der Hochschule für Musik Carl Maria von Weber, IX Sonderheft, a cura di G. Stephan - H. John, Dresden 1985, pp. 121-138 ;R. Strohm, Essays on Handel and Italian opera, Cambridge 1985, pp. 285 s.; W. Horn, Die Dresdner Hofkirchenmusik 1720-1745, Stuttgart 1987; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, VI, Torino 1988, p. 370; D. Freeman, Newly found roots of the Don Juan tradition in opera, in Studi musicali, XXI (1992), p. 134; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, Cuneo 1994, I, p. 442; The New Grove dictionary of Opera, London 1994, III, 1349 s.; W. Hochstein, Der verschollene Komponist: G. A. R. und sein Anteil am Dresdner Hofkirchenrepertoire, in Zelenka-Studien II, a cura di G. Gattermann - W. Reich, Sankt Augustin 1997, pp. 59-100; W. Reich, Exzerpte aus dem Diarium Missionis S.J. Dresden, ibid., pp. 360, 373; S. Seiferling, Calandro, commedia per musica, note al CD G. A. R., Calandro. Eine Oper für Pillnitz, Batzdorfer Hofkapelle, Bietigheim-Bissingen 1997; A. Żórawska-Witkowska, Muzyka na dworze Augusta II w Warszawie, Warszawa 1997, pp. 55, 84-91, 96, 98, 100, 114 s., 121 s., 144-147, 185-194, 197-199, 298-301, 305-309, 318 s., 329 s., 340 s.; The new Grove dict. of music and musicians, London-New York 2001, XXI, pp. 443-445; L. Lindgren - C. Timms, The correspondence of Agostino Steffani and Giuseppe Riva, 1720-1728, and related correspondence with J.P.F. von Schönborn and S.B. Pallavicini, in Royal Musical Association research chronicle, XXXVI (2003), pp. 42 s.; G. Poppe, Dresdner Hofkirchenmusik von 1717 bis 1725, in Jahrbuch - Ständige Konferenz mitteldeutsche Barockmusik, VI (2004), pp. 308-312; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIV, Kassel 2005, coll. 191-196; G. Poppe, Das “Te Deum laudamus” in der Dresdner Hofkirchenmusik, in Archiv für Musikwissenschaft, LXIII (2006), pp. 195-199, 202; Id., Kontinuität oder Neubeginn: zur Anfangssituation der Ära Hasse in Dresden, in Johann Adolf Hasse in seiner Zeit, a cura di R. Wiesend, Stuttgart 2006, pp. 306 s.; Id., Ein weiteres Faszikel aus dem Diarium Missionis Societatis Jesu Dresdae wiederaufgefunden, in Die Oberlausitz - eine Grenzregion der mitteldeutschen Barockmusik, a cura di P. Wollny, Beeskow 2007, p. 195, 197 s., 201, 203 s.; C. Fischer, Instrumentierte Visionen weiblicher Macht: Maria Antonia Walpurgis’ Werke als Bühne politischer Selbstinszenierung, Kassel 2007, p. 156; E. Selfridge Field, A new chronology of Venetian opera and related genres, 1660-1760, Stanford 2007, pp. 314-319, 567; A. Żórawska-Witkowska, G. A. R. and his Serenate at the Polish court of Augustus III, 1735-46, in Music as social and cultural practice. Essays in honour of Reinhard Strohm, a cura di M. Bucciarelli - B. Joncus, Woodbridge 2007, pp. 139-158; R. Strohm, The Operas of Antonio Vivaldi, Firenze 2008, pp. 64, 122-135, 456; O. Landmann, Über das Musikerbe der Sächsischen Staatskapelle, Dresden 2009, http://nbn-resolving.de/urn:nbn:de:bsz:14-qucosa-25559 (7 febbraio 2018); A. Magaudda - D. Costantini, Musica e spettacolo nel Regno di Napoli attraverso lo spoglio della “Gazzetta” (1675-1768), Roma 2009, p. 53; appendice, pp. 584, 599; C. Bacciagaluppi, Rom, Prag, Dresden: Pergolesi und die neapolitanische Messe in Europa, Kassel 2010, pp. 56, 137, 171-177, 194, 266; J.B. Stockigt, The court of Saxony-Dresden, in Music at German courts 1715-1760, a cura di S. Owens - B.M. Reul - J.B. Stockigt, Woodbridge 2011, pp. 34, 45; A. Żórawska-Witkowska, The Saxon court of the kingdom of Poland, ibid., pp. 56-66; P. Kreisig, Neapel - Wien - Dresden. Die Commedia per musica als höfische Oper, in Die Musikforschung, LXIV (2011), pp. 256 s.; Id., Londoner Opernunternehmen und Dresdner Hofoper: Händels Sängerinszenierung im Vergleich, in Händel-Jahrbuch, LVIII (2012), pp. 54-56; A. Żórawska-Witkowska, Die Karriere von Domenico Annibali und seine Händelschen Opernrollen, ibid., pp. 64-67; J. Ágústsson, G. A. R. at the court of Naples 1738-1740, in Studi Pergolesiani, 2012, n.8 pp. 53-100; T. Jeż, The Reception of Neapolitan music in the monastic centres of Baroque Silesia, ibid., pp. 348, 351 s., 362, 365 s.; G. Poppe, Ein Sohn des Thomaskantors in der kursächsischen Residenzstadt, in Wilhelm Friedemann Bach und die protestantische Kirchenkantate nach 1750, a cura di W. Hirschmann - P. Wollny, Beeskow 2012, pp. 73 s.; J. Ágústsson - J.B. Stockigt, Records of catholic musicians, actors and dancers at the court of August II, 1723-32, in Royal Musical Association research chronicle, XLV (2014), pp. 30-33, 41, 45, 49, 53, 56, 60, 64, 74; A. Giust, Cercando l’opera russa, Milano 2014, pp. 7-13, 388 s.; R. Mellace, Johann Adolf Hasse, Beeskow 2016, pp. 42, 67, 94, 273, 289, 303.