ALBINO, Giovanni
Nato in Lucania, probabilmente a Castelluccio, si diede alla vita ecclesiastica, ricevendo anche un'accurata educazione umanistica alla scuola del Pontano e del Panormita, secondo quanto racconta la tradizione erudita napoletana.
Nei documenti aragonesi risulta dal 1478 bibliotecario, e poi bibliotecario maggiore, di Alfonso, duca di Calabria, che lo impiegò anche come segretario e, ben presto, come suo oratore e persona di fiducia nei più vari negoziati politici.
Fu perciò tra il 1478 e il 1487 più volte a Ferrara, a Firenze, a Urbino, a Roma: tra gli affari più importanti da lui sbrigati si ricorda il viaggio in Albania, dopo l'espulsione dei Turchi da Otranto, per ottenere la consegna del pascià di Valona, che aveva organizzato la spedizione contro Otranto e che in Albania era stato appunto sconfitto e catturato (sett. 1481), e il prestito di diecimila ducati fatto da Firenze e da Lorenzo de' Medici al re Ferrante (luglio 1484). Inoltre, egli fu tramite di re Ferrante presso Innocenzo VIII, al momento della crisi provocata dalla congiura dei baroni.
La sua abilità di diplomatico e le sue qualità di letterato gli conciliarono la stima e l'amicizia, tra gli altri, di Lorenzo de' Medici, che lo chiamò "caro quanto fratello",e di papa Innocenzo VIII; lo resero carissimo ai sovrani aragonesi, per il cui intervento fu nominato abate commendatario di S. Pietro di Piedimonte in Caserta e di S. Angelo a Fasanella, in Lucania.
Ritiratosi nella quiete della terra natia, intraprese a scrivere sulla base dei suoi ricordi e dei molti documenti, che, secondo l'uso dell'epoca, eran rimasti presso di lui, una storia dei suoi tempi tra gli anni 1478 e 1495, divisa in sei libri, di cui due andarono perduti assai presto, come ci informa il nipote dell'A., Ottavio Albino, nell'edizione delle opere dello zio del 1598. I quattro libri superstiti, De bello Hetrusco (1478-1480), De bello Hydruntino (1480-81), De bello intestino (1486-87), De bello gallico (1494-95), sono interessanti sia come diretta testimonianza della partecipazione dell'A. agli avvenimenti, sia come espressione, assai spesso, del punto di vista e degli interessi della corte aragonese; meno alto il valore letterario, perché il paludamento umanistico di cui l'A. avvolge il racconto dei fatti non raggiunge il livello dell'arte nè il significato di opera storica, che superi la cronaca.
Dell'attività letteraria dell'A, sono anche testimonianza una raccolta di sentenze ricavate dalle Vite parallele di Plutarco messe insieme nel 1481 e giunte fino a noi in due manoscritti, l'Oratio composta nel 1494 in occasione dell'incoronazione di Alfonso d'Aragona (pubblicata dallo stesso A. nel 1495) e infine il ricordo di alcune sue composizioni poetiche.
Dalla quiete e dagli studi lo distolse l'invasione francese di Carlo VIII, che gli confiscò i beni "come notorio rubello"; ciò significa che l'A. rimase fedele ai suoi sovrani anche nell'avversa fortuna. Al ritorno degli Aragonesi ebbe un beneficio proprio a Castelluccio, ma dové renderlo al precedente possessore, che aveva fatto ricorso al re. Dopo queste vicende, del dicembre 1497, nulla più noi sappiamo di lui.
I quattro libri superstiti sopra ricordati, col titolo complessivo Ioannis Albini Lucani De gestis regum Neapolitanorum, qui extant libri quatuor, furono editi a Napoli nel 1589 "apud Iosephum Cacchium" da Ottavio Albino, che vi aggiunse un'appendice di documenti, che sono in realtà i resti dell'archivio personale dell'A., perché raccoglie solo lettere, dispacci ed atti riguardanti direttamente l'Albino. Questa edizione fu ristampata integralinente nel tomo V della Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell'istoria generale di Napoli, a cura di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
Fonti e Bibl.: Regis Ferdinandi Primi Instructionum Libri, a cura di L. Volpicelli, Napoli 1916 (con l'indicazione della bibliografia precedente), pp. 219 s. e passim; A. Altamura, L'Umanesimo nel Mezzogiorno d'Italia, Firenze 1941, pp. 108-109; C. Porzio, La congiura dei baroni, a cura di E. Pontieri, Napoli s.d. [ma 1958], pp. LII s., CXIX s.