ALCOZER (Algozier), Giovanni
Nato a Palermo il 4 nov. 1776, da Francesco, fu, dopo il Meli, se non il maggiore poeta dialettale, certamente quello che produsse di più e trattò le forme e i temi più diversi. Avviato alla carriera ecclesiastica, fu ordinato sacerdote nel 1800. Entrato presto nella considerazione dei più rinomati scrittori e poeti del tempo, fu eletto membro dell'Accademia Siciliana, che, fondata a Palermo nel 1790, Sotto il patronato del principe G. Lanza di Trabia, si proponeva, come scopo principale, di elevare a dignità di lingua il dialetto siciliano, e di quell'Accademia, che si diceva anche "Nazionale" (s'intende, della "nazione" siciliana), fu con il Meli e con I. Scimonelli uno dei maggiori esponenti. Nel 1807, quando s'inaugurò il secondo periodo di quel sodalizio, toccò all'A. di recitare un capitolo, dato poi alle stampe, che servi d'offerta all'apertura dell'Accademia, tenuta allora in casa del conte V. Castelli, principe di Torremuzza (cfr. Capitulu chi s'invia d'offerta intra l'apertura di l'Accademia Siciliana, chi si tenni intra la casa di lu conti D. Vincenzu Castelli di Torremuzza,Palermo 1807). Ma, nel proposito di dare dignità di lingua al dialetto siciliano, sebbene fosse esplicitamente detto nelle "leggi" dell'Accademia, dettate dallo stesso Meli, che non si dovessero trattare argomenti politici (come era pure detto che non si dovevano trattare argomenti teologici), era implicito il concetto che alla Sicilia, per la sua particolare formazione storica, spettasse anche un particolare reggimento politico che la dividesse da Napoli. Sicché quell'Accademia fu anche una fucina in cui si venne alimentando il sentimento separatista che presto doveva sboccare nella rivoluzione del 1820-21 e, più ancora, in quella del '48. È appunto questo il sentimento animatore del discorso tenuto dall'A. (naturalmente in dialetto siciliano) in quell'Accademia in difesa dell'isola contro i denigratori. E quello fu il periodo della maggiore fortuna dell'A., avendo potuto, già molto lodato e ammirato, pubblicare, a Palermo nel 1814, l'ode La paci di Cereri ed Oretu e, l'anno successivo, un primo volume di Poesie Siciliane,dedicato al Gravina (Palermo 1815).
Dopo i primi entusiasmi, l'Accademia, che si sosteneva principalmente sulla personalità del Meli, nel 1818 si spense, sopravvivendo al grande poeta appena tre anni, ma l'A. non cessò di coltivare la musa siciliana, sebbene non con la stessa fortuna di prima, non tanto per le occupazioni assunte (il 23 sett. 1823 fu nominato rettore della seconda Scuola militare in Monreale e, nel 1828, parroco di S. Silvestro nel forte di Castellammare in Palermo), quanto per le stesse vicende politiche e le grandi calamità che s'abbatterono sull'isola. Infatti, prima per la crisi seguita alla rivoluzione del 1820-21 e per il grave perturbamento morale ed economico arrecato in tutta l'isola dal colera del 1837, poi per i fatti del 1848-49 e ancora per il colera del 1854, non poté aver luogo, come era nei desideri del poeta, la nuova stampa delle Poesie Siciliane,di cui furono dati alla luce solo due fascicoli, nè fu mai pubblicata un'edizione completa delle opere poetiche di lui, che, pertanto, si conservano, ancor oggi inedite, presso la Biblioteca comunale di Palermo. Nè solo in ciò ebbe avversa la sorte, perché, essendo stato, per le sue tendenze separatiste, eletto pari nel Parlamento siciliano del 1848, ed essendosi, poi, nella reazione, rifiutato di ritrattare la firma apposta all'atto di decadenza della dinastia dei Borboni dal trono di Sicilia, benché ormai vecchio, venne rimosso dall'ufficio di parroco. Trascorse gli ultimi anni della sua esistenza malandato in salute, tra grandi stenti e quasi dimenticato da tutti, e morì a Palermo il19 ag. 1854.
Le opere poetiche dell'A, raccolte in due grossi volumi, comprensivi dei componimenti già pubblicati, si conservano manoscritte presso la Biblioteca comunale di Palermo ai segni Qq -H-282 e 283. Il primo volume, dal tit olo Poesie Siciliane,contiene Farndi, Sonett i, Idillii, Sa tiri, Odi, Ditirambi, Inni e Poe sie Bernesche; il secondo volume, dal titolo Prose e versi italiani e pochi latini,contiene venti capitoli d'un romanzo incompleto, l'inizio d' un racconto del tempo del colera in Palermo nel 1837 e altri scritti. Presso la medesima biblioteca, ai segni Qq -H - 217, n. 9, si conserva, pure ms., il Discursu in di/isa di la Sicilia contrachiddi chi la disprezzanu priccM è isula;in Omaggio dei Palermitani al professore naturalista F. Ferrara,Palermo 1840, pp. 83-86, fu pubblicato l'Innu a la Natura.
Bibl.:Per le notizie biografiche: Palermo, Bibl. com., G. Priolo Alcozer, Intorno alla vita ed alle opere di G. A., cenni del nipote materno,ms. Qq - H - 284; G.Di Marzo, Manoscritti della Bibl. com. di Palermo indicati e descritti,I, Palermo 1894, pp. 377-80; per un esame complessivo della sua opera: R. Anastasi-G. Campagna, G. A. poeta siciliano,in Arch. stor. siciliano,n.s., XXXIV (1909), pp. 87-128, e N. Bisanti, G. A. poeta siciliano,Palermo 1933; per il carattere dell'Accademia Siciliana: S. Re Foti, Le Accademie a Palermo nel seicento e nel settecento,Palermo 1921, pp. 99-102 (vi si pubblicano le "leggi"dell'Accademia dettate dal Meli); G. Santangelo, Lineamenti di storia della letteratura in Sicilia dal sec. XIII ai nostri giorni,Palermo 1952,pp. 76-77. Cfr. inoltre A. Narbone, Bibliografia sicola sistematica,II, Palermo 1851, p. 109; IV, ibid. 1855, pp. 168, 526; G. Salvo Cozzo, Giunte e correzioni alla lettera A della bibliografia siciliana di G. M. Mira,Palermo 1881, p. 47. Per alcuni giudizi di contemporanei: Giornale di Scienze, Lettere ed Arti,Palermo 1836.