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BRAMBILLA, Giovanni Alessandro

di Ugo Baldini - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 13 (1971)
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BRAMBILLA, Giovanni Alessandro

Ugo Baldini

Nato il 15 apr. 1728 a San Zenone al Po (Pavia) da famiglia appartenente alla classe media, compì i primi studi nel villaggio natale sotto la guida di un sacerdote; frequentò poi l'università di Pavia ove, nel quinquennio 1747-52, studiò medicina con i professori Grazioli e Beretta ed effettuò la pratica ospedaliera, coltivando specialmente la chirurgia. Terminati gli studi, entrò come chirurgo nell'esercito imperiale austriaco, presso il quale svolse un duro e oscuro lavoro nel corso della guerra dei Sette anni. Nel frattempo, postosi in evidenza con una dissertazione tenuta all'università di Vienna, fu promosso chirurgo maggiore del reggimento Lacy. Due felici operazioni, una su una nobildonna e un'altra sullo stesso Lacy, comandante del reggimento, lo imposero definitivamente all'attenzione: nel 1763 fu nominato chirurgo della guardia imperiale e, l'anno successivo, chirurgo dell'arciduca Pietro Leopoldo. Nel 1765, quando questi divenne granduca di Toscana, il B. si apprestava a seguirlo, ma il fratello di Leopoldo, l'imperatore Giuseppe, ottenne che rimanesse al suo servizio.

Nello stesso anno il B. pubblicòla sua prima opera, una Lettera contro Giuseppe Bianchi, discepolo del chirurgo fiorentino Angelo Nannoni e sostenitore della teoria del maestro, per la quale il chirurgo non doveva intervenire direttamente su infiammazioni, suppurazioni e cancrene, ma preoccuparsi solo delle loro conseguenze. Avendo il Bianchi, appoggiato dal Nannoni, replicato in uno scritto del 1768, il B. tornò sull'argomento con il Saggio di riflessioni fisico-medico-chirurgiche (Milano 1769), e poi ancora nel 1775 con una lettera al medico napoletano Vivenzio, pubblicata a Milano unitamente a studi sull'uso della filaccia asciutta, sulle ulcere delle gambe, sul modo di soccorrere gli asfittici e sull'abuso dei saturnini.

Il B. era intanto divenuto consigliere dell'imperatore Giuseppe per i problemi della sanità pubblica. A lui va attribuita la prima origine delle riforme giuseppine riguardanti gli ospedali, le carceri, gli asili d'infanzia e per vecchi, le case di maternità, gli istituti di ricerca clinica e dell'apparato sanitario dell'esercito. Tramite l'imperatore, intervenne anche nella riforma dell'università di Pavia, fino allora in decadenza e ristrutturata dalla imperatrice Maria Teresa, suggerendo il conferimento di cattedre a clinici quali il Franck e lo Scarpa. I suoi incarichi ufficiali lo posero in contatto con molte delle maggiori personalità scientifiche e culturali dell'epoca: conobbe tra gli altri il Metastasio e i fratelli Verri. Ma soprattutto il B. dette particolare impulso al progresso del settore chirurgico, fino allora arretrato, mentre la scuola medica austriaca, con personalità quali Van Swieten, era allora rinomata. Nel 1780, quando Giuseppe successe a Maria Teresa negli Stati ereditari, il B., che era stato nominato capo chirurgo dello Stato Maggiore dell'esercito imperiale, fece inviare nelle scuole chirurgiche più avanzate i migliori tra i giovani medici, perché essi, al ritorno, trasmettessero agli altri le loro esperienze. Questa iniziativa si concretò poi nella fondazione della scuola medico-chirurgica militare (1781). Il B. stesso compilò l'Istruzione per la scuola e quella per l'annesso ospedale, pubblicate a Vienna nel 1784. Nel 1785 inaugurò la grande Josephs Akademie, scuola e accademia chirurgica ad alto livello scientifico. L'orazione latina da lui pronunciata in tale occasione destò in tutta Europa vive discussioni tra i clinici poiché sosteneva la superiorità della chirurgia rispetto alla medicina, potendo la prima risolvere casi che la seconda sarebbe stata impotente a guarire. L'Accademia, anch'essa aperta per suggerimento del B., fu presto equiparata alle facoltà universitarie di chirurgia e dotata di vasti laboratori e collezioni.

La grande mole di lavoro organizzativo e i molteplici incarichi non interruppero in questi anni la produzione scientifica del Brambilla. A Vienna, nel 1773, aveva già pubblicato il trattato in due volumi Sul flemmone, tradotto in italiano nel 1776-77. Nel 1780 uscì a Vienna lo Instrumentarium chirurgicum militare austriacum.

Nell'introduzione dell'opera il B. passava in rassegna le forme morbose suscettibili di trattamento chirurgico, elencando i vari tipi di intervento con notizie storiche sui loro inventori e frequenti riferimenti alla propria esperienza clinica. Il corpo dell'opera consta di sessantasette tavole, con raffigurazioni di strumenti usati dai chirurghi militari austriaci.

L'interesse storico già dimostrato nell'introduzione di quest'opera trovò espressione più ampia nella Storia delle scoperte fisico - medico - anatomico - chirurgiche fatte dagli uomini illustri italiani, di cui uscirono a Milano i primi due tomi (il secondo in due parti) dal 1780 al 1782.

I volumi pubblicati coprono il periodo storico che dal Medioevo giunge agli inizi del Seicento. Il terzo tomo doveva trattare questo secolo, e il quarto il Settecento, ma i relativi materiali andarono smarriti e l'opera rimase interrotta. La Storia è una vasta raccolta di materiali ordinati sotto i nomi dei singoli autori. L'ordinamento per schede biografiche fa sì che in essa non appaiano le ragioni interne dello sviluppo scientifico e che la narrazione non si organizzi in un tutto coerente. Tuttavia non va dimenticato che il B. si trovò di fronte, come compito immediato, proprio alla necessità di reperire quei materiali sulla base dei quali si potesse poi scrivere una storia unitaria delle discipline biologiche in Italia.

Nel 1784 il B. ottenne da Giuseppe II, come riconoscimento dei suoi meriti, il feudo di Carpiano. Ma dopo la morte del sovrano (1790) i risentimenti e le gelosie che il B. si era attirato si manifestarono con tutta evidenza. Già l'Istruzione per la scuola medico-chirurgica aveva destato a suo tempo critiche, poiché era parso che il B. fosse troppo autoritario nelle sue prescrizioni e limitasse la libertà dei docenti. Sebbene a parere del Rigoni tali accuse fossero sostanzialmente infondate, egli ne fu amareggiato e chiese e ottenne il congedo dall'imperatore Francesco II nel 1795, mantenendo però i suoi emolumenti. Si recò in seguito nelle sue proprietà in Italia, ma dopo la battaglia di Marengo si rifugiò a Pavia, dove morì il 29 luglio 1800, lasciando alla locale università i suoi libri e vari oggetti d'interesse scientifico.

Fonti eBibl.: P. e A. Verri, Carteggio, a cura di E. Greppi-A. Giulini-G. Seregni, IX, Milano 1937, p. 115; P. Metastasio, Tutte le opere, a cura di B. Brunelli, IV, Milano 1954, pp. 754, 891; G. Böcking, Discorso nei funerali di G. A. B., Pavia 1804; C. A. Rigoni, Elogio del Cav. G. A. B., Pavia 1830; E. De Tipaldo, Biogr. d. Italiani illustr., III, Venezia 1836, pp. 135-139; C. Wurzbach, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Oesterreich, II, Wien 1857, pp. 108 s.; A. Castiglioni, G. A. B. e altri medici italiani alla scuola di Vienna, in Rassegna clinico-scientifica dell'Istituto biochimico italiano, VII (1929), 3, pp. 119-124; A. Casarini, G. A. B. (1728-1800), in Profili di chirurghi militari, Roma 1930, pp. 1-5; A. Pazzini, Storia d. medicina, II, Milano 1947, pp. 258 s., 261, 263 s., 305; G. Natali, Il Settecento, Milano 1964, pp. 51, 401, 438.

Vedi anche
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