MAZENTA, Giovanni Ambrogio
MAZENTA (Magenta), Giovanni Ambrogio (al secolo Giovanni). – Nacque a Milano nel 1565, da Ludovico e da Caterina Bottigella. Dal 1581 studiò al collegio Borromeo di Pavia; proseguì con gli studi giuridici all’Università di Pisa fino al 1588. Nel 1590 entrò nel Collegio dei giureconsulti e, nello stesso anno, nell’Ordine dei barnabiti, o chierici regolari di S. Paolo, con il nome di Giovanni Ambrogio; venne ordinato sacerdote nel 1594.
All’interno della Congregazione assunse presto cariche di governo e svolse incarichi di responsabilità; in particolare venne coinvolto nella progettazione di chiese e collegi, contemporaneamente al più anziano architetto barnabita L. Binago. Era presente inoltre in tutte le fasi di programmazione e realizzazione delle fondazioni barnabitiche, riassumendo in sé le figure di committente e di architetto. Lo studio dell’architettura del M. è reso difficile dal fatto che la maggior parte dei suoi progetti non sono stati realizzati oppure ciò è avvenuto a distanza di anni, e che le opere costruite mentre era in vita sono in genere frutto degli interventi progettuali di più architetti e delle scelte dei superiori dell’Ordine. Si possono riconoscere alcuni caratteri peculiari dell’architettura ecclesiastica barnabitica, che anche il M. contribuì a elaborare, come la frequente adozione di impianti centrici, che costituisce un segno distintivo dell’Ordine, e l’attenzione alla traduzione nell’architettura degli aspetti funzionali e liturgici, che porta alla codificazione di alcuni elementi, solo in parte ripresi fedelmente dalle istruzioni borromaiche (per esempio la disposizione del tabernacolo sull’altare maggiore, le dimensioni del coro e l’adozione di pilastri doppi contenenti confessionali, vani di servizio con passaggi riservati fra le cappelle e scalette per le cantorie). In particolare il M. si dedicò allo studio dello spazio destinato ai fedeli e al pulpito, collocato nella navata, a testimonianza dell’importanza attribuita alla predica. Nei suoi progetti sperimentò, oltre allo sviluppo longitudinale delle chiese a quincunx e ottagonali (come S. Caterina a Napoli, S. Paolo a Macerata, S. Carlo ad Arpino), l’introduzione di un asse trasversale o di uno spazio centrale nell’aula delle chiese longitudinali, tramite l’adozione di un transetto in corrispondenza della campata mediana, più larga delle altre, o con l’uso di colonne libere o di una copertura differenziata (per esempio S. Paolo a Bologna, S. Marco a Novara, S. Carlo a Roma, S. Carlo a Napoli e le chiese non barnabitiche S. Pietro e S. Salvatore a Bologna).
A Pisa, dove fu preposito dal 1599 al 1602 e dal 1603 al 1606, progettò inizialmente la trasformazione della chiesa medievale di S. Frediano, a tre navate, in un’aula voltata, ma realizzò di fatto, nel 1605, una semplice ristrutturazione della chiesa e del collegio. Per S. Alessandro a Milano eseguì un progetto (1595 circa) per il collegio e la chiesa a pianta longitudinale, con aula a due campate quasi quadrate; la costruzione fu poi realizzata su progetto di Binago; successivamente il M. si occupò della facciata, della cupola e del collegio.
Nei primi anni del Seicento il M. lavorò anche all’esterno dell’Ordine. Partecipò al concorso per il tabernacolo di S. Maria presso S. Celso a Milano; sebbene manchino riscontri documentari, dovette essere incaricato da Ferdinando I de’ Medici del progetto di una parte delle fortificazioni di Livorno e dovette redigere un progetto per la cappella dei principi in S. Lorenzo a Firenze.
A Bologna, dove fu preposito dal 1602 al 1603 e dal 1611 al 1612, il M. redasse, con F. Ambrosini, architetto della Fabbrica, un progetto per la cattedrale di S. Pietro, in base al quale cominciò la ricostruzione (1605) che prevedeva un’aula a tre campate con la centrale più larga delle altre. L’impianto del M. fu sostanzialmente alterato dal progetto definitivo di N. Donati del 1614. Per S. Salvatore dei canonici regolari del Ss. Salvatore a Bologna il M. progettò nel 1605 una chiesa a pianta longitudinale in cui l’aula prevedeva la campata mediana, più larga delle altre due, coperta da crociera, affiancata da quattro colonne libere e aperta su alte cappelle che all’esterno sembravano formare un secondo transetto.
La costruzione, iniziata nel 1605 probabilmente già modificata rispetto al primo progetto (otto colonne lungo l’aula, presbiterio largo quanto il corpo della chiesa) da T. Martelli, architetto della Fabbrica, venne interrotta dopo alcuni anni per contestazioni al progetto. I riferimenti che il M. dichiarò di aver scelto appartengono all’architettura romana (basilica di Massenzio e terme di Diocleziano), ma sono evidenti, come anche in altre opere, le influenze di G.B. Alberti, A. Palladio, O. Nonni, detto il Mascherino, P. e D. Tibaldi.
Il progetto della chiesa di S. Paolo Decollato a Bologna è frutto della coprogettazione di Binago e del M. (dal 1605), che si occuparono anche del collegio; alla prima proposta del M., che prevedeva un’aula centralizzata seguita da un profondo coro, venne preferita un’aula unica, con transetto cupolato e pilastri doppi, preceduta da facciata con portico (eliminato nei progetti dal 1609).
Fra il 1606 e il 1608 redasse progetti per alcune fondazioni barnabitiche: a Spoleto si occupò del completamento della chiesa di S. Maria di Loreto, dell’apparato decorativo della S. Casa di Loreto e del collegio; a Napoli eseguì il rilievo del sito e un progetto per la chiesa di S. Caterina a Spina Corona; ad Asti progettò la chiesa e il collegio di S. Martino; a Novara il collegio e la chiesa di S. Marco (poi eseguita su progetto di Binago); ad Acqui la chiesa di S. Paolo (attribuita al M. dagli storici dell’Ordine, con intervento di Binago).
Dal 1612 al 1617 fu padre generale, contribuendo, grazie alle capacità diplomatiche e alle sue relazioni, all’espansione dell’Ordine. Successivamente assunse cariche che gli consentirono di svolgere, fra l’altro, il ruolo di supervisore dell’attività edilizia dell’Ordine e di viaggiare: fu assistente (1617-20, 1626-29 e 1630-35) e visitatore (1620 e 1629). Continuò a eseguire progetti per le fondazioni barnabitiche: a Vigevano progettò il collegio e la chiesa dei Ss. Paolo e Carlo (1614, con intervento di Binago); a Sanseverino l’altare di S. Maria dei Lumi (1614) e si occupò della cupola e forse del collegio; a Foligno progettò, in lotti esecutivi determinati dalla disponibilità del sito, la chiesa di S. Carlo (1616 e 1628, con intervento di Binago); a Napoli eseguì progetti per la chiesa di S. Carlo alle Mortelle (1616) e la chiesa e il collegio di S. Maria in Cosmedin (1629); a Lodi progettò la chiesa S. Giovanni (1618); a Macerata la chiesa e il collegio di S. Paolo (1622-27, con interventi di Binago e di A. Ursuzio, direttore dei lavori); a Fossombrone la chiesa e il collegio di S. Carlo (1625); ad Arpino la chiesa e il collegio dei Ss. Carlo e Filippo (1626); a Milano eseguì progetti per il collegio di S. Barnaba (1628) e per l’area antistante.
Per la chiesa di S. Carlo ai Catinari a Roma il M. partecipò alla prima idea progettuale (1611), che fu rielaborata da F.M. Richino e approvata nel 1612: prevedeva la campata centrale quadrata, con quattro colonne libere, coperta da volta a crociera o a vela. La versione definitiva del 1614, alla cui scelta partecipò anche il M., è una pianta a quincunx longitudinalizzata, con una grande cupola; il M. redasse inoltre progetti per il collegio. Il progetto della cupola e la direzione dei lavori spettano invece a R. Rosati.
Nel 1615 il M. propose una pianta ovale per la chiesa di S. Paolo alla Colonna a Roma, non realizzata; mentre un progetto ad aula unica, con i bracci del transetto cupolato chiusi da esedre, che richiama le palladiane S. Giorgio e Redentore a Venezia, fu redatto da Binago sulla base di un’idea del M. (1625 circa) e testimonia l’interesse del M. per le architetture di Palladio, che conosceva direttamente. Fra il 1623 e il 1626 il M. fu preposito della chiesa di S. Paolo.
Per il cardinale Francesco Barberini scrisse (1624 circa) una relazione sul restauro del portico del Pantheon, redasse (1630 circa) un progetto e una relazione per il restauro di S. Giovanni in Laterano (pubblicate in G. Boffito - F. Fracassetti, Il collegio S. Luigi dei padri barnabiti in Bologna. Notizie e documenti, Firenze 1925, pp. 33-39) e intorno al 1635 narrò in Alcune memorie de’ fatti di Leonardo da Vinci a Milano e de’ suoi libri (pubblicate a cura di G. Ravasi, Alpignano 1991) le vicende dei tredici manoscritti di Leonardo, di cui era entrato fortuitamente in possesso nel 1588. Nel 1629 il M. fornì una consulenza sulla chiesa di S. Petronio a Bologna.
Si occupò costantemente delle attività culturali dell’Ordine: tentò più volte di aprire un’accademia di belle arti e curò la decorazione delle chiese (proponendo spesso l’iconografia delle opere) in diretto contatto con i maggiori pittori contemporanei soprattutto bolognesi. Contribuì, in rapporto con la corte del cardinale Ludovico Ludovisi, a importare a Roma la nuova tendenza classicista, in pittura e anche in architettura. Nel 1631 assunse nuovamente il governo dell’Ordine, alla morte del padre generale, come vicario generale (1631-32); venne poi nominato vicario provinciale di Lombardia (1632-35) e vicario della provincia romana (1635).
Il M. morì a Roma il 23 dic. 1635.
I fratelli del M., il primogenito Guido e Alessandro, furono esperti di arte, architettura e ingegneria. Nel 1677 in palazzo Mazenta a Milano vi erano una collezione di quadri e una biblioteca (con i più importanti trattati di architettura) i cui primi nuclei risalivano alla loro generazione.
Guido, laureato in legge nel 1584, fu ammesso nel 1586 nel Collegio dei giureconsulti; nel 1600 fu eletto fra i sessanta decurioni; nel 1605 divenne vicario di provvisione e uno dei quattro vicari generali dello Stato di Milano. Come prefetto della Fabbrica di S. Lorenzo, si occupò del progetto per la cupola di M. Bassi (1589). Nel 1598 realizzò gli apparati per il passaggio da Milano di Margarita d’Austria. Venne consultato sui progetti per il duomo di Brescia (1603) e si occupò dalla Fabbrica dell’Ambrosiana (1605). Si trasferì a Venezia nel 1608. Con P. Morigia, G. Borsieri e G.B. Galliani si adoperò per fondare l’Accademia dell’Aurora, dedicata alla pittura (1610). Istituì un lascito alla Fabbrica del duomo per promuovere l’insegnamento della scultura. Morì a Venezia l’11 febbr. 1613.
Alessandro (1566-1630) compì gli studi giuridici a Pisa; nel 1590 divenne canonico ordinario della metropolitana di Milano; fu protonotario apostolico nel 1591, arcidiacono del duomo nel 1610, vicario generale delle monache nel 1626, arciprete della cattedrale nel 1627. Fu consigliere e uomo di fiducia in gran parte delle iniziative artistiche di F. Borromeo, nella formazione della sua raccolta di quadri e nella costruzione della Biblioteca Ambrosiana. Si occupò costantemente della Fabbrica del duomo. Fu preposto al progetto dei teleri sulla vita di C. Borromeo (1602-04) e dell’apparato per la sua canonizzazione (1609). Con G. Bernasconi fu responsabile della maggior parte degli edifici del Sacro Monte sopra Varese (1604-19). Contribuì a formulare le regole dell’Accademia Ambrosiana. Si deve a lui la scelta di Richino per incarichi a Milano e nella diocesi.
Fonti e Bibl.: G. Govi, Alcune memorie di G.A. Mazzenta intorno a Leonardo da Vinci e a’ suoi manoscritti, in Il Buonarroti, s. 2, VIII (1873), pp. 341-350; IX (1874), pp. 164-169; XII (1877-78), pp. 45-51; A. Favaro, Gilberto Govi (1826-1889) ed i suoi scritti intorno a Leonardo da Vinci, Roma 1923, pp. 177-208; G. Boffito, Scrittori barnabiti, II, Firenze 1933, pp. 451-463; G. Mezzanotte, Gli architetti L. Binago e G.A. M., in L’Arte, LX (1961), 4, pp. 231-294; N. Gauk-Roger, The architecture of the Barnabite Order 1545-1659: with special reference to L. Binago and G.A. M., diss., University of Cambridge 1977; F. Repishti, «[…] ma il men che porti l’arte». Norma e prassi nell’architettura dei chierici regolari di S. Paolo, in L’architettura del collegio tra XVI e XVIII secolo in area lombarda, a cura di G. Colmuto Zanella, Milano 1996, pp. 37-54; V. Milano, I fratelli Mazenta negli episcopati di Gaspare Visconti e Federico Borromeo, in Quadriportico e pronao della basilica di S. Maria Nuova in Abbiategrasso. Atti del Convegno internazionale di Abbiategrasso… 1998, in Arte lombarda, n.s., 2001, n. 131, pp. 67-72; V. Milano, G.A. M. (1565-1635): architetto e «superiore» dell’Ordine barnabitico, diss., Università degli studi di Roma «La Sapienza», a.a. 2000-01; L. Binago e la cultura architettonica dei barnabiti. Atti del Convegno…, Milano… 2001, a cura di M.L. Gatti Perer, in Arte lombarda, n.s., 2002, n. 134 (si vedano in particolare i seguenti contributi: A.M. Matteucci Armandi, G.A. M. e il dibattito a Bologna sulla «colonna libera», pp. 45-54; V. Milano, La fondazione barnabitica di Macerata, pp. 54-62; M. Pigozzi, G.A. M. architetto a Bologna, pp. 63-78; R. Rugolo, Palladio, Binago e M., pp. 85-90; G. Cantone, La chiesa napoletana di S. Carlo a Le Mortelle, pp. 104-115; E. Ricciardi, I barnabiti a Napoli e la chiesa di S. Maria in Cosmedin a Portanova, pp. 116-126; K. Takahashi, M. e G. Reni, pp. 174-179); E. Ricciardi, I barnabiti a Napoli: G.A. M. e la chiesa di S. Caterina Spina Corona, in Ricerche sul ’600 napoletano, XX (2002 ma 2009), pp. 147-160; J. Stabenow, La pianta centrale nell’architettura di un Ordine religioso: i barnabiti tra Cinquecento e Seicento, in La pianta centrale nella Controriforma e la chiesa di S. Alessandro in Milano (1602). Atti del Convegno…, Milano… 2002, a cura di F. Repishti - G.M. Cagni, in Barnabiti Studi, 2002, n. 19, pp. 133-155; Storia dell’architettura italiana. Il Seicento, a cura di A. Scotti Tosini, Milano 2003, ad ind.; L. Giacomini, La «lauta» dimora dei Mazenta a Milano: trasformazione di un modello abitativo tra Cinquecento e Seicento, in Aspetti dell’abitare e del costruire a Roma e in Lombardia tra XV e XIX secolo, a cura di A. Rossari, Milano 2005, pp. 205-219; A. Ranaldi, Il controverso progetto di G.A. M. per la chiesa del S. Salvatore a Bologna, in Palladio, n.s., XIX (2006), 37, pp. 39-64.