COLONNA, Giovanni Andrea (Gian Andrea)
Figlio di Antonio, signore di Riofreddo, è ricordato per la prima volta il 1° febbr. 1429 nell'atto con cui Martino V concesse il vicariato di Calvi nell'Umbria ad Antonio e ai suoi figli. Per parte di madre - di cui non è noto il nome - il C. fu forse nipote di Martino V, visto che il fratello Gaspare, arcivescovo di Benevento, nei documenti pontifici è qualificato come "nepos pape"; certamente ebbe stretti legami con i Colonna di Paliano. Nel 1431, dopo la morte di Martino V, il C. fu uno dei principali istigatori della rivolta dei Colonna contro Eugenio IV che ebbe inizio il 23 aprile con un attacco contro Roma. Nella bolla di condanna Eugenio IV affermò che era stato proprio il C. a subornare Stefano di Niccolò Colonna, uno dei capi dei ribelli il primo giorno della rivolta. Il C. fu tuttavia sfortunato: nell'estate del 1431 fu catturato nei pressi dell'Aquila da un feudatario napoletano, il conte di Mareri, fedele sia alla regina Giovanna sia al papa. Dopo la conclusione della prima tregua con i Colonna, Eugenio IV chiese a Giovanna II di liberare il C. dalla prigionia.
Per un certo periodo Eugenio IV cercò di stabilire buoni rapporti con il C., la cui famiglia, occupava importanti posizioni strategiche sulla via Valeria e controllava i passi che dallo Stato pontificio immettevano nel Regno.
Il 14 genn. 1432 il papa affidò all'abate di Subiaco la difesa delle terre dei Colonna di Riofreddo contio gli attacchi degli Orsini di Tagliacozzo e Monterotondo. Il 21 sett. 1432 il camerlengo pontificio ordinò a Gian Antonio Orsini di firmare una tregua con il C. e i suoi fratelli, tregua che l'Orsini firmò controvoglia il 29 sett. 1432, ma che pare abbia avuto effetto duraturo. Sembra, infatti, che nel 1436 il C. fosse legato agli Orsini da un contratto di raccomandigia, anche se non è nota la data della sua stipula.
Contemporaneamente alla firma della tregua con gli Orsini il padre del C., Antonio, intercedeva presso il pontefice per il perdono del figlio, momentaneamente con successo: il 7 maggio 1433 il C. fu accolto di nuovo sotto la protezione della S. Sede. Ma la rottura della tregua da parte dei Colonna nell'estate dello stesso anno coinvolse il C. in un'ulteriore rivolta contro l'autorità del papa. La bolla di protezione del 7 maggio nei registri pontifici porta l'annotazione: "Fuit lacerata ista bulla per reverendum dominum Camerarium. A. de Perusio". Il 9 ott. 1433 il C. fu incluso nella nuova condanna dei Colonna e non ottenne il perdono fino all'agosto del 1435.
L'ultima azione degna di nota del C. fu l'assassinio di Ludovico di Giovanni Colonna il 12 ott. 1436. Ludovico aveva sposato la sorella del C. e i motivi del delitto sono molto oscuri.
La Mesticanza di Paolo di Lello Petrone racconta che Ardea era stata data dai Colonna di Riofreddo a Ludovico Colonna come garanzia per la dote della sorella del C., che non aveva ancora cominciato a coabitare con Ludovico ("aveva la sorella per moglie non per ciò che l'avessi toccata"). Il C. fece irruzione ad Ardea quando vi si trovava Ludovico Colonna, s'impossessò fulmineamente della rocca e uccise il cognato. La Mesticanza dà ad intendere che il C. non era capace di organizzare tale crimine per conto proprio, e che il delitto fu commesso su istigazione degli Orsini di Tagliacozzo, con i quali si dice che il C. fosse legato dal contratto di raccomandazione citato. L'intero incidente è difficile da spiegare, ma i documenti confermano sostanzialmente la storia della Mesticanza: si sa, per esempio, che Ardea nel 1432 passò effettivamente dai Colonna di Genazzano ai Colonna di Riofreddo e pertanto che per il ramo di Riofreddo era legalmente possibile dare in dote Ardea.
Non si conoscono il luogo e la data di morte del Colonna.
Il C. aveva sposato Faustina Trinci e la figlia Tradita, nata da questo matrimonio, sposò Achille Monaldeschi di Orvieto. Ambedue i matrimoni si spiegano facilmente con il gioco delle alleanze e le manovre politiche di Martino V, sotto il cui pontificato furono concordati. L'importanza politica del C. doveva essere più grande di quanto non appaia immediatamente dai documenti, se è vero, come afferma Eugenio IV, che egli fu uno dei principali istigatori della rivolta dei Colonna del 1431. Ma la sua importanza fu passeggera, ed egli concluse la sua carriera con un banale delitto che forse gli procurò qualche simpatia a Roma (si diceva che i Romani volevano che Ludovico Colonna fosse fatto a pezzi dai cani), ma che fece poco onore a chi lo attuò.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vaticano, Reg. Vat. 351, f. 90; Reg. Vat. 351, f. 90; Reg. Vat. 370, ff. 38v, 95v, 130v; Reg. Vat. 371, f. 154v; Reg. Vat. 372, f. 171v; Div. Cam. 16, f. 82; A. Theiner, Codex diplomaticus Dominii temporalis S. Sedis, III, Romae 1862, p. 322; Raynaldus, Annales Ecclesiastici post Baronum, XXVII, Parisiis 1874, ad annum 1431; La Mesticanza di Paolo di Lello Petrone, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXIV, 2, a cura di F. Isoldi, pp. 33 s.; Codice diplomatico della Città di Orvieto, a cura di L. Fumi, Firenze 1884, p. 679 nota; G. e F. Tommassetti, La Campagna romana, Roma 1910-26, IV, p. 406; P. Partner, The Papal State under Martin V, London 1958, pp. 64, 81, 195 n.