GIOVANNI ANGELO da Camerino
Non si conosce la data di nascita di questo pittore. Il più antico documento che lo riguarda è una missiva del 17 marzo 1451, inviatagli a Firenze dal suocero Ansovino di maestro Pietro, un ricco mercante camerte, presso Cosimo de' Medici, di cui il pittore era ospite, per sollecitarne il rientro in patria. Dal testo si desume che l'artista era partito dalla città natia, in cerca di fortuna, insieme con il pittore Giovanni di Piermatteo (Giovanni Boccati) e che doveva aver avuto stretti rapporti con i Varano, signori della città marchigiana. Il 3 aprile G., in viaggio verso le Marche, inviò da Siena una lettera di congedo a Giovanni de' Medici, figlio di Cosimo, in quel momento a Petriolo. Il 17 aprile scrisse ancora all'amico fiorentino, per proporgli, tra l'altro, in moglie la tredicenne figlia di Battista Chiavelli, signore di Fabriano, e di donna Guglielmina, imparentata ai Varano. La firma che chiude la lettera, "Iohan(n)i Angelo d(')Antonio depintore da Camerino qual sonava de lioto", nel ricordo forse dei momenti sereni trascorsi a Firenze, ben prova la familiarità con i Medici, peraltro giustificata dal delicato incarico assegnatogli dai Chiavelli e dai Varano. Gli ultimi due documenti riguardanti il maestro lo segnalano nel 1460 a Camerino, ove viveva e lavorava.
Muovendo da questi esigui dati documentari, resi noti da Gaye e Feliciangeli, e da un fondamentale contributo di Offner del 1939, Zeri, in un emblematico studio del 1961, proponeva di riconoscere in G. il cosiddetto Maestro delle Tavole Barberini, il pittore dal nome convenzionale, coniato da Venturi (1913), cui Offner aveva assegnato la Natività della Vergine del Metropolitan Museum di New York e la Presentazione della Vergine al tempio del Museum of fine arts di Boston, entrambe provenienti da Urbino e conservate nella raccolta romana dei Barberini fino al 1935, l'AnnunciazioneKress della National Gallery di Washington e il Crocefisso della collezione Cini di Venezia, oggi nella Galleria nazionale delle Marche a Urbino. All'esiguo catalogo già Zeri, nel 1953, aveva aggiunto quattro dipinti: un'Annunciazione nell'Alte Pinakothek di Monaco, un S. Giovanni Battista nel palazzo apostolico di Loreto e due opere conservate a Milano, il S. Pietro della Pinacoteca di Brera e il S. Francesco dell'Ambrosiana.
L'accurato esame di queste otto tempere permise a Zeri di sottolineare la complessa cultura dell'artista: l'affinità con Giovanni Boccati, già intuita da Cavalcaselle; i legami fiorentini con Filippo Lippi e con Domenico Veneziano (Domenico di Bartolomeo), studiato anche attraverso i suoi perduti lavori perugini; le relazioni con Piero Della Francesca e Giovanni di Francesco; la componente padovana e ferrarese, notevolmente ridimensionata rispetto alla lettura di Offner; nonché l'eco albertiana evidenziata dalle architetture delle Tavole Barberini. Lo studioso proponeva, inoltre, di attribuire alla stessa mano anche la cosiddetta Alcova di Federico da Montefeltro, conservata nella terza sala dell'appartamento della Jole nel palazzo ducale di Urbino, collocandola, insieme con le Tavole Barberini, attorno al 1470, tra gli ultimi lavori del pittore. L'Alcova è stata però in seguito datata tra il 1459 e il 1460 e messa in relazione con gli affreschi della cosiddetta camera picta, la seconda sala dell'appartamento della Jole, eseguiti da Giovanni Boccati in occasione delle nozze di Federico da Montefeltro e Battista Sforza (Ciardi Duprè Dal Poggetto). Alla decorazione di questo importante ambiente avrebbe preso parte anche il Maestro delle Tavole Barberini, affrescando i Putti nella lunetta che sovrasta il camino: gli unici dipinti contro uno sfondo azzurro solcato di cirri, una sorta di cifra distintiva dell'artista, che verosimilmente a ridosso di quelle date dovette eseguire anche le due tavole urbinati, oggi migrate in America. Tale datazione, inoltre, sarebbe perfettamente compatibile con gli ultimi documenti pervenutici su G., risalenti al 1460.
Intorno agli stessi anni Zampetti (1988) datava in via dubitativa anche i Fregi dipinti nella facciata del cortile del palazzo ducale di Camerino, fatto rinnovare da Giulio Cesare da Varano. I riquadri a finto rilievo, con soggetti allegorici ormai appena leggibili, presentano, infatti, strettissime analogie con quelli eseguiti nelle solenni architetture delle celeberrime tempere Barberini.
Alla produzione grafica del maestro sono stati ricondotti due fogli nel Nationalmuseum di Stoccolma (Meller - Hokin; Christiansen, 1993) e uno nel Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi (Angelini, 1986).
Sebbene la critica abbia sostanzialmente riconosciuto come omogeneo il catalogo riunito intorno al cosiddetto Maestro delle Tavole Barberini, non è stata accolta unanimemente la proposta di identificarlo con Giovanni Angelo. A parte qualche isolato parere, il nome che raccoglie più sostenitori, suggerito per primo da Venturi (1893), è quello del domenicano Bartolomeo Corradini, o della Corradina, detto fra Carnevale, il pittore urbinate documentato tra il 1445 e il 1484 tra Firenze e Urbino, ma anch'egli privo di opere certe. L'attribuzione delle due tavole a fra Carnevale in un inventario seicentesco della raccolta Barberini (Lavin) e la scoperta di due documenti, che attestano la presenza del pittore nella bottega fiorentina di Filippo Lippi (De Angelis - Conti), hanno rilanciato nel corso di questi ultimi trent'anni l'ipotesi identificativa a favore del maestro urbinate (Battisti; Christiansen, 1979; Kanter), con alcune significative integrazioni al catalogo dell'artista (Bellosi; Benati).
La mancanza di dati assolutamente probanti a favore dell'una o dell'altra ipotesi induce, tuttavia, a lasciare sotto il nome convenzionale di Maestro delle Tavole Barberini il nucleo storico di dipinti riconosciutogli, mantenendo G. in quell'affollato limbo di artisti documentati, ma ancora in cerca di opere certe. Soltanto nuove acquisizioni documentarie, che studi attualmente in corso sembrano annunciare, potrebbero, infatti, contribuire in modo decisivo alla soluzione di questo problema identificativo.
La data di morte di G. non è nota.
Fonti e Bibl.: G. Gaye, Carteggio inedito d'artisti, I, Firenze 1839, p. 161; G.B. Cavalcaselle - J.A. Crowe, Storia della pittura in Italia, VIII, Firenze 1898, p. 269; A. Venturi, Nelle pinacoteche minori d'Italia, in Arch. stor. dell'arte, VI (1893), pp. 416-418; B. Feliciangeli, Documenti relativi al pittore G. d'Antonio da C., in Arte e storia, XXIX (1910), pp. 366-371; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, 2, Milano 1913, p. 108; R. Offner, The Barberini Panels and their painter, in Medieval studies in memory of A. Kingsley Porter, Cambridge, MA, 1939, pp. 205-253; F. Zeri, Il Maestro dell'Annunciazione Gardner, in Bollettino d'arte, XXXVIII (1953), p. 131; M. Meiss, Contributions to two elusive masters, in The Burlington Magazine, CII (1961), pp. 57-61; F. Zeri, Due dipinti, la filologia e un nome. Il Maestro delle Tavole Barberini, Torino 1961; E. Battisti, Piero della Francesca, Milano 1971, I, pp. 314 s., 501-503, n. 360; II, pp. 56, 100; M.A. Lavin, Seventeenth-century Barberini documents and inventories of art, New York 1975, p. 158 nn. 13-14; L. De Angelis - A. Conti, Un libro antico della sagrestia di S. Ambrogio, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, VI (1976), pp. 97-109; K. Christiansen, For Fra Carnevale, in Apollo, CIX (1979), pp. 198-201; Italian painting. A catalogue of the collection of the Metropolitan Museum of art. Sienese and Central Italian schools, a cura di F. Zeri - E. Gardner, New York 1980, pp. 36-40; P. Meller - J. Hokin, The Barberini Master as a draughtsman?, in Master Drawings, XX (1982), pp. 239-246; M.G. Ciardi Duprè Dal Poggetto, I pittori camerinesi: G. da C. (il "Maestro delle Tavole Barberini"), in Urbino e le Marche prima e dopo Raffaello (catal.), a cura di M.G. Ciardi Duprè Dal Poggetto, Firenze 1983, pp. 43-49; P. Dal Poggetto, ibid., pp. 50-55; A. Angelini, Disegni italiani del tempo di Donatello (catal.), Firenze 1986, pp. 43 s.; R. Battistini, Pittura del Quattrocento nelle Marche, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano 1987, II, pp. 398-402; Id., Maestro delle Tavole Barberini, ibid., pp. 681 s.; P. Zampetti, Pittura nelle Marche. Dalle origini al primo Rinascimento, I, Firenze 1988, pp. 393-396; F. Sangiorgi, Fra' Carnevale e la tavola di S. Maria della Bella a Urbino, in Notizie da Palazzo Albani, XVIII (1989), 2, pp. 15-21; L. Bellosi, Fra Carnevale, in Pittura di luce. Giovanni di Francesco e l'arte fiorentina di metà Quattrocento (catal.), a cura di L. Bellosi, Milano 1990, p. 135; A. Angelini, ibid., p. 136; P. Dal Poggetto, Il "Maestro delle Tavole Barberini": chi era costui?, in Piero e Urbino. Piero e le corti rinascimentali (catal., Urbino), a cura di P. Dal Poggetto, Venezia 1992, pp. 301-315; E. Daffra, in Pinacoteca di Brera. Scuole dell'Italia centrale e meridionale, a cura di F. Zeri, Milano 1992, pp. 155-157; K. Christiansen, A Drawing for fra Carnevale, in Master Drawings, XXXI (1993), pp. 363-367; A. De Marchi, Pedanterie pierfrancescane, in Prospettiva, 1993, n. 72, pp. 91 s.; C. Gilbert, The function of the Barberini Panels, in Studi per Pietro Zampetti, a cura di R. Varese, Ancona 1993, pp. 146-152; L.B. Kanter, Italian painting in the Museum of fine arts Boston, I, Boston 1994, pp. 211-214; S. Valeri, Aspetti del Quattrocento pittorico marchigiano. Gli artisti di Camerino e le urbinati Tavole Barberini, in Quattrocento in pittura nell'Italia centrale, Roma 1994, pp. 68-81; Id., Un maestro in prospettiva, in Art e dossier, 1995, n. 104, pp. 30-33; D. Benati, Il "Maestro delle Tavole Barberini": un ritratto, in Nuovi Studi. Rivista di arte antica e moderna, I (1996), pp. 25-28; P. Zampetti, Marche, in Pittura murale in Italia. Il Quattrocento, a cura di M. Gregori, Bergamo 1996, p. 56; M. Minardi, Sotto il segno di Piero: il caso di Girolamo di Giovanni e un episodio di pittura di corte a Camerino, in Prospettiva, 1998, nn. 89-90, p. 36 n. 30.